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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

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Nota comparativa tra statuto di Roma e altri laziali<br />

305<br />

casate nobiliari romane (Orsini, Colonna, Annibaldi, Albertini,<br />

Savelli, Capponi, Caetani e altre) dovevano giurare obbedienza al<br />

popolo romano e soprattutto di non dar rifugio nei propri castelli<br />

a delinquenti e banditi. Fermamente si tutelano le proprietà dei<br />

popolari da prevaricazioni e soprusi da parte di nobili (I, 82, 114).<br />

In materia penale talora la pena è notevolmente inasprita se il reato<br />

è commesso da nobili o baroni: l’adulterio con donna onesta era<br />

punito in 300 lire di pena se a commetterlo fosse un popolano, ma la<br />

pena saliva a 500 lire se cavaliere e a 1.000 lire se barone (II, 257).<br />

Il favoreggiamento in omicidio è punito in 200 lire se popolano, 400<br />

lire se cavaliere, 1.000 lire se barone (II, 10). E molte altre sono<br />

le fattispecie all’insegna di simile disparità sanzionatoria (ad es. II,<br />

12, 23, 38, 41, 91), in cui emerge anche la peculiarità romana di<br />

distinguere tra nobili minori e baroni 20 . Al di fuori di tali specifiche<br />

previsioni poi, in via generale, è previsto per i nobili il raddoppio<br />

della pena (II, 53) e la quadruplicazione della stessa in caso di reati<br />

accertati tramite inquisitio (II, 5). Nessun abitante di Roma o suoi<br />

castelli poteva giurare fedeltà vassallatica a nobili, né apporre alla<br />

propria abitazione stemmi nobiliari (II, 200).<br />

Anche nel coevo statuto di Viterbo si prevede il raddoppio<br />

delle pene per offese commesse da nobili o loro sottoposti ai danni<br />

di popolani (III, 132). È previsto il divieto di vendere immobili a<br />

baroni, sotto pena di ben 500 lire (III, 155), anche per l’acquirente.<br />

Qui inoltre il Podestà e gli altri ufficiali comunali erano tenuti a<br />

difendere i popolari ed i loro possedimenti da indebite occupazioni<br />

da parte di nobili (II, 69), ad ogni popolare era fatto obbligo di<br />

aiutare e soccorrere altri popolari offesi da un nobile (IV, 4) ed i<br />

nobili erano tassativamente esclusi dal Consiglio comunale e dalle<br />

maggiori cariche di governo cittadine (IV, 142) 21 . Ad Alatri (II, 33)<br />

20<br />

Sul tema si veda S. Carocci, Una nobiltà bipartita. Rappresentazioni<br />

sociali e lignaggi preminenti a Roma nel Duecento e nella prima metà<br />

del Trecento, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo e<br />

Archivio Muratoriano, 95 (1989), pp. 71-122.<br />

21<br />

Altre norme anti-magnatizie nello statuto viterbese sono III, 147 e 169;<br />

IV 11 e 47.

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