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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

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304<br />

Alessandro Dani<br />

pontificie che intervenivano a disciplinare singoli aspetti e problemi.<br />

Si tratta di aspetti storico-giuridici rilevanti, sui quali però non è<br />

certo possibile qui soffermarsi.<br />

Nel complesso possiamo dire che gli statuti delle altre città laziali<br />

considerati sono diversi per struttura e anche per contenuti, pur nei<br />

limiti di quelle similitudini di forme e soluzioni normative dovute,<br />

oltre che al diritto comune, ad una ormai pluri-secolare circolazione<br />

tanto dei testi quanto di ‘tecnici’ esperti nella redazione statutaria<br />

(doctores legum, ma soprattutto notai). Diverse, pur entro un diffuso<br />

modello organizzativo urbano popolare ispirato a principi comuni,<br />

sono le cariche comunali, talvolta anche nel nome.<br />

Come in molti altri Comuni del Quattrocento vi sono norme<br />

‘anti-magnatizie’, cioè volte a preservare l’istituzione comunale<br />

e gli equilibri sociali di cui essa era espressione dall’ingerenza di<br />

famiglie nobiliari che, con la loro forza economica, le loro clientele e<br />

protezioni, avrebbero potuto acquisire il controllo politico sulla città.<br />

Qui, a Roma, si avverte netta la persistenza di previsioni risalenti al<br />

secondo Trecento, cioè al periodo di stabile governo popolare 18 e<br />

si rimane anzi francamente sorpresi di trovare una normativa antimagnatizia<br />

così netta in un <strong>Comune</strong> in cui da circa 70 anni si ritiene<br />

conclusa l’esperienza del regime popolare 19 .<br />

Lo statuto di Roma vieta ai baroni l’ingresso in Campidoglio<br />

e, qualora fossero lì convenuti in giudizio, dovevano limitarsi ad<br />

inviare i propri avvocati e procuratori (I, 135). Gli esponenti di molte<br />

18<br />

Su tale periodo della storia istituzionale è d’obbligo rinviare ai puntuali<br />

e documentati studi di S. Notari, La Roma del secondo Trecento: un nuovo<br />

interesse nella storiografia, in Clio, 24 (1988), pp. 617-644; Id., Senza<br />

Papa. La città di Roma nel Trecento: economia, società, istituzioni, in<br />

Tradizione e Magistero. Santa Caterina da Siena, Catalogo della Mostra,<br />

Roma 2010, pp. 61-64. Dopo circa un secolo di supremazia baronale, a<br />

metà Trecento vari fattori favorirono l’avvento del regime popolare (1358-<br />

1398): i principali furono la perdurante assenza del Papa, la crisi demografica<br />

dovuta alle epidemie di peste e quella economica.<br />

19<br />

Così A. Esch, Dalla Roma comunale alla Roma papale: la fine del libero<br />

<strong>Comune</strong>, in Archivio della Società romana di storia patria, 130 (2007), pp.<br />

1-16.

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