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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
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272<br />

Paolo Scaccia Scarafoni<br />

del comune, o comunque con una sensibile apertura delle istituzioni<br />

comunali ai ceti che non si erano identificati col consolato.<br />

In questo quadro va vista la costituzione “Romana mater” del 28<br />

settembre 1295, con cui Bonifacio VIII conferma - a tutti i comuni<br />

di Campagna che ne siano in effettivo possesso per privilegio o<br />

consuetudine - la giurisdizione civile e criminale di prima istanza,<br />

con i relativi proventi, e stabilisce il principio della prevenzione fra<br />

i giudici comunali e quelli della curia provinciale, proibendo quelle<br />

prevaricazioni fino allora ricorrenti da parte del rettore e dei suoi<br />

officiali, come denuncia lo stesso Bonifacio VIII in un passo di<br />

questa costituzione 44 . La “Romana mater” assume particolare rilievo<br />

per Veroli, che, priva di specifici privilegi, aveva dovuto sostenere<br />

una dura controversia giudiziaria contro il rettore della provincia agli<br />

inizi degli anni ‘80, per veder riconosciuta la propria giurisdizione<br />

criminale su basi meramente consuetudinarie 45 .<br />

44<br />

Cfr. G. Falco, I comuni, cit., p. 551s; P. Colliva, Il cardinale Albornoz,<br />

lo Stato della Chiesa, le «Constitutiones Aegidianae» (1353-1357), Bologna<br />

1977, p. 283ss; G. Floridi, La “Romana mater” di Bonifacio VIII e le<br />

libertà comunali nel basso Lazio, Guarcino 1985, pp 3-31.<br />

45<br />

Dal ferimento - instrumentis ferreis - di Pietro Eremita di Bauco, ad<br />

opera di Nicola Scottus di Veroli, presso le mura dell’abbazia di Casamari,<br />

scaturisce una vertenza fra Veroli e Giffredo, rettore provinciale, intorno<br />

alla giurisdizione criminale del comune; il reo viene messo in ceppi dal<br />

magistrato di Veroli, ma il rettore della provincia avoca il giudizio e - visto<br />

il diniego da parte del comune, che rivendica la sua antica giurisdizione<br />

- lancia la scomunica; a seguito di questa, la città si appella alla Sede<br />

apostolica, allegando che i suoi consoli e podestà hanno esercitato da tempo<br />

immemorabile la giustizia criminale «quandoque suspendio, quandoque<br />

erutione oculorum, quandoque fustigatione, quandoque combustione,<br />

quandoque pecunialiter, prout delicti qualitas exigebat», e ciò anche nei<br />

confronti dei forestieri, per delitti commessi nel suo territorio; in data 1282<br />

agosto 4, investito del giudizio, Bernardo Iohannini, uditore di Camera,<br />

delega Crescenzo, vescovo di Alatri, per l’esame delle testimonianze; il<br />

vescovo suddelega questo compito a Stefano, canonico alatrino e cappellano<br />

del card. di S. Giorgio al Velabro; al termine, a nome dell’uditore di<br />

Camera, la sentenza definitiva viene pronunziata dal magister Giovanni<br />

de Papa, che decide a favore del comune di Veroli. Almeno fino al sec.

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