Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
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Il Comune di Veroli nel tardo Medioevo 267 del corpo statutario, secondo l’accennato costume d’introdurre le riforme alla fine dei libri. Del resto, per una delle cinque rubriche mancanti nel manoscritto statutario alla fine del primo libro, la 47, Modus distribuendi salem, si ha la sicurezza che si tratti di una riforma del 1465, perché se ne rinviene la cedula (uso la terminologia della rubrica 31 del libro I, De electione statutariorum), sia pur in una trascrizione erudita del secolo XVIII 28 . Gli statuti pervenuti e la diplomatica comunale del secolo XIV La storia del comune di Veroli è considerata da Giorgio Falco come esemplare per il periodo consolare nel Lazio meridionale: la prima menzione dei consoli si ha nel 1134 ed è la più antica di Campagna e Marittima; a cominciare dal 1147 si manifestano le attribuzioni giurisdizionali dei consoli; e dal 1152 emerge il loro collegamento col notariato cittadino, forse anche la potestà di creare i notai 29 . Peraltro, è indubbio che – come in quasi tutto il Lazio meridionale – a Veroli l’accesso al consolato rimanga un’esclusiva della nobiltà 28 A. Campanari, fondo cartaceo, unità 389, «Memorie antiche e buone». Una cedula originale è conservata nella Biblioteca Giovardiana, perg. P. LI (già 922 dell’Archivio Spani Molella in Veroli): [1516, Veroli]-1517 gen. 3, Frosinone, riforme statutarie concernenti divieto di possedere più di due maiali a persona e obbligo di eleggere podestà unicamente dottori in legge; reca approvazione con firma autografa del luogotenente della provincia, Zaccaria vescovo eletto di Assisi. Si noti che, di questa riforma del 1516-17, non c’è traccia nel testo statutario pervenutoci tanto attraverso la trascrizione del 1540, quanto attraverso l’edizione a stampa Statutum seu leges, cit. 29 Cfr. G. Falco, I comuni, cit., pp. 448, 450; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IX au XIII siècle, Rome 1974, p. 116; J. C. Maire Vigueur, Comuni e signorie in Umbria, Marche e Lazio, in Comuni e signorie nell’Italia nordorientale e centrale: Lazio, Umbria e Marche, Lucca, Torino 1987, pp. 321-582: 383; C. Carbonetti Vendittelli, Per un contributo alla storia del documento comunale nel Lazio dei secoli XII e XIII. I comuni delle provincie di Campagna e Marittima, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Age, 101 (1989), 1, pp. 95-132: 117s.

268 Paolo Scaccia Scarafoni urbana, cioè quel ceto di proprietari fondiari e giurisperiti per tradizione familiare (notai, procuratori, giudici), che costituiscono l’asse portante delle autonomie civiche già dalla seconda metà del secolo XI – come ben evidenzia il Falco – e ancora nel comune consolare del Duecento svolgono un ruolo insostituibile grazie alla competenza nei pubblici affari e alla prestazione dell’oneroso servizio armato a cavallo, vera forza d’urto delle truppe cittadine 30 . A differenza da altre città, questa situazione non risulta innescare contrasti civili. Inizialmente il collegio consolare verolano risulta composto da tre membri, poi in sintonia con una generale tendenza alla diminuzione del numero durante la seconda metà del secolo 31 , i consoli sono in due negli atti fra il 1166 e il 1181. Viceversa, poi, sono quattro nel 1217 e sei nel 1228. La cifra di sei è l’ultima che sia attestata e, in argomento, pare opportuno richiamare il diffuso orientamento dell’epoca a far coincidere il numero dei consoli con quello dei rioni cittadini o con un suo multiplo, uso rimasto lungamente costante nei comuni laziali, giacché risponde alla doppia esigenza di assicurare un’adeguata rappresentatività dei magistrati attraverso la loro estrazione da tutte le zone urbane e di realizzare, «grazie a una ripartizione molto equilibrata della popolazione tra i differenti quartieri», la partecipazione alla scelta dei consoli 32 . Per Veroli, sono del 1195 le memorie più antiche della partizione della città in rioni, che sono chiamati scripte, nome che si ritrova negli statuti pervenutici e che sembra derivare da elenchi di popolazione redatti a scopi amministrativi e probabilmente militari 33 . Peraltro, non si conosce il 30 Sul ruolo della nobiltà cittadina nelle istituzioni comunali del Lazio meridionale, cfr. G. Falco, I comuni, cit., pp 437-441, 445s, 491-550 passim; J. C. Maire Vigueur, Comuni e signorie, cit., pp 365-368, 397-418 passim; Id., Nobiltà e popolo nei comuni del Lazio meridionale, in Il Lazio meridionale tra Papato e Impero al tempo di Enrico VI, Roma 1991, pp 203-213 passim. 31 Cfr. J. C. Maire Vigueur, Comuni e signorie, cit., p. 416. 32 Cfr. ibidem. 33 Capitolare di S. Andrea, pergg. 167, 181 (pubblicate in C. Scaccia Sca-

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Paolo Scaccia Scarafoni<br />

urbana, cioè quel ceto di proprietari fondiari e giurisperiti per<br />

tradizione familiare (notai, procuratori, giudici), che costituiscono<br />

l’asse portante delle autonomie civiche già dalla seconda metà del<br />

secolo XI – come ben evidenzia il Falco – e ancora nel comune<br />

consolare del Duecento svolgono un ruolo insostituibile grazie<br />

alla competenza nei pubblici affari e alla prestazione dell’oneroso<br />

servizio armato a cavallo, vera forza d’urto delle truppe cittadine 30 .<br />

A differenza da altre città, questa situazione non risulta innescare<br />

contrasti civili.<br />

Inizialmente il collegio consolare verolano risulta composto da tre<br />

membri, poi in sintonia con una generale tendenza alla diminuzione<br />

del numero durante la seconda metà del secolo 31 , i consoli sono in<br />

due negli atti fra il 1166 e il 1181. Viceversa, poi, sono quattro nel<br />

1217 e sei nel 1228. La cifra di sei è l’ultima che sia attestata e,<br />

in argomento, pare opportuno richiamare il diffuso orientamento<br />

dell’epoca a far coincidere il numero dei consoli con quello dei<br />

rioni cittadini o con un suo multiplo, uso rimasto lungamente<br />

costante nei comuni laziali, giacché risponde alla doppia esigenza<br />

di assicurare un’adeguata rappresentatività dei magistrati attraverso<br />

la loro estrazione da tutte le zone urbane e di realizzare, «grazie a<br />

una ripartizione molto equilibrata della popolazione tra i differenti<br />

quartieri», la partecipazione alla scelta dei consoli 32 . Per Veroli, sono<br />

del 1195 le memorie più antiche della partizione della città in rioni,<br />

che sono chiamati scripte, nome che si ritrova negli statuti pervenutici<br />

e che sembra derivare da elenchi di popolazione redatti a scopi<br />

amministrativi e probabilmente militari 33 . Peraltro, non si conosce il<br />

30<br />

Sul ruolo della nobiltà cittadina nelle istituzioni comunali del Lazio meridionale,<br />

cfr. G. Falco, I comuni, cit., pp 437-441, 445s, 491-550 passim;<br />

J. C. Maire Vigueur, Comuni e signorie, cit., pp 365-368, 397-418 passim;<br />

Id., Nobiltà e popolo nei comuni del Lazio meridionale, in Il Lazio<br />

meridionale tra Papato e Impero al tempo di Enrico VI, Roma 1991, pp<br />

203-213 passim.<br />

31<br />

Cfr. J. C. Maire Vigueur, Comuni e signorie, cit., p. 416.<br />

32<br />

Cfr. ibidem.<br />

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Capitolare di S. Andrea, pergg. 167, 181 (pubblicate in C. Scaccia Sca-

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