Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Lo Jus pascendi nello Statuto di Veroli 257 garantire il diritto di pascolo ai pastori della comunità 16 . Possiamo trovare altre corrispondenze tra le disposizioni statutarie cui si fa riferimento e alcuni articoli del Libro Quinto (casi straordinari) dello Statuto. In particolare gli Articoli 30 e 53 in cui si garantisce il pascolo libero nei boschi del Comune e si punisce la pratica illegale delle ‘cese’ 17 . Con il termine cese si identificavano 16 Ivi: «anche da zelanti e da pastori si pretende appunto non poter farsi simil ristretta de beni, anche a seconda delle suddette Risoluzioni Consiliari, ma che solo debba operarsi la disposizione statutaria prefissata in ciascheduna sorta de danni in qualunque genere de beni». 17 Statutum, seu leges municipales communis ciuitatis Verularum, cit.. R. 30 - Quod Pascua Sylvarum vendantur. Pascua Sylvarum communis Verulanis, vendantur unicuique emere volenti per praepositos, qui Potestatem habent ipsa vendere, & concedere plus offerenti cautionem prius habita, & primo pecunia recepta ab illis personis que dicta pascua emere volet, tam desolutionem totius pretii, quod promittunt, quam etiam defoluendis poenis, & bannis, quas, & quem incurrerent siue cum eorum bestiis sive et sine occasione damnorum datorum, vel dandorum in rebus communis praedicti, vel specialium personarum ipsius, & teneantur foluere poenam, sicut soluunt Verulanus, si contra formam Statutorum per ipsos, vel bestias eorum factum […] bestiae hominum civitatis Verulane possint pascua recipere in Sylvis praedictis, & Potestas teneatur hoc facere bannire per civitatem Verulanam, qui vero praepositi teneantur dictas sylvas, & pascua ter in anno, videlicet, femel de Mense Maii, Iunii, & Iulli, & si non ipsis Sylvis inuenerint aliquas bestias teneantur proposito iuramento accusare» […]. Statuto di Veroli, Libro Quinto, Art. 30 da D. Zinanni, Statuti di Veroli, cit., p. 30. «Art. 30 – Sui pascoli boschivi. I pascoli dei boschi del Comune devono essere venduti a chiunque li chiede. Gli appositi incaricati hanno il potere di assegnarli al maggiore offerente, dopo che costui ha versato la cauzione in denaro, sia per il pagamento totale del prezzo convenuto, sia per i danni che le sue bestie possono arrecare ai beni del Comune o di privati cittadini, a norma degli articoli che trattano delle bestie che arrecano danno. Tuttavia le bestie dei verolani possono pascolare liberamente nei boschi del comune e a tal fine il Podestà è tenuto a far gettare il bando per la città. Gli incaricati sono tenuti ad ispezionare i boschi tre volte l’anno, a maggio, giugno e luglio e se trovano delle irregolarità debbono farne denuncia secondo il giuramento prestato».

258 Marco Di Cosmo i terreni boschivi ridotti a coltura in maniera “autonoma” dai proprietari terrieri, pratica in questo caso espressamente vietata dallo Statuto negli articoli citati, e dunque richiamata dalle parti come pratica illegale e punibile. Oltre alle motivazioni di natura “legale” e consuetudinaria contenute nello Statuto, il Governatore aggiunge, di seguito, altri motivi per cui tali comportamenti costituirebbero un danno per l’economia e per la comunità verolana. Tale controversia infatti, si pone in un momento storico molto particolare. A metà del ‘700 Veroli, come altri comuni limitrofi, assisteva a una grande crescita demografica, e a un conseguente accrescimento dei fabbisogni della popolazione. Per questo motivo venivano ‘vestiti’ e ristretti anche terreni posti in collina e montagna, che le disposizioni statutarie non prevedevano come riservati alla coltivazione. Se da un lato queste misure ‘autonome’ erano una risposta alle crescenti esigenze della popolazione, d’altro canto tali operazioni si scontravano con gli interessi dei pastori, poiché andavano a limitare le prerogative del libero pascolo. In questo senso, seguendo le ragioni dei pastori, il Governatore aggiunge che, permettendo tale autonoma «ristretta dei beni», si assisterebbe ad una eccessiva limitazione del pascolo, e dunque ad una conseguente diminuzione del numero di animali. Il Governatore inoltra alla Consulta le proprie osservazioni, giudicando illegale la pratica dei cittadini verolani, poiché «a nessuno possa competere di restringere autonomamente i propri beni, ma che in tutto debba rispettarsi le disposizioni statutarie» 18 . Ivi, p.339. «Art. 53 – Le cese presso i boschi comunali Chiunque ha dei possessi presso i boschi del Comune, non può fare delle “cese” in alcun modo. Chi contravviene incorre in una penale di 10 libbre di multa. Si creda.». 18 BG, b. 5370. Lettera del Governatore Ravizza alla Sacra Congregazione del Buongoverno in data 9 ottobre 1741: «imperòcchè se venisse permessa la ristretta de Beni, oltre il rendersi angusto il Pascolo, per cui ne deriverebbe la diminuzione del numero degli animali, ed in conseguenza anche del dazio […] che nell’anno esige questa Comunità, soggiacerebbero inoltre essi Pastori alla spesa della compra de Pascoli da Particolari, e alle pene a

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Marco Di Cosmo<br />

i terreni boschivi ridotti a coltura in maniera “autonoma” dai<br />

proprietari terrieri, pratica in questo caso espressamente vietata dallo<br />

Statuto negli articoli citati, e dunque richiamata dalle parti come<br />

pratica illegale e punibile.<br />

Oltre alle motivazioni di natura “legale” e consuetudinaria<br />

contenute nello Statuto, il Governatore aggiunge, di seguito, altri<br />

motivi per cui tali comportamenti costituirebbero un danno per<br />

l’economia e per la comunità verolana.<br />

Tale controversia infatti, si pone in un momento storico molto<br />

particolare. A metà del ‘700 Veroli, come altri comuni limitrofi,<br />

assisteva a una grande crescita demografica, e a un conseguente<br />

accrescimento dei fabbisogni della popolazione. Per questo motivo<br />

venivano ‘vestiti’ e ristretti anche terreni posti in collina e montagna,<br />

che le disposizioni statutarie non prevedevano come riservati alla<br />

coltivazione. Se da un lato queste misure ‘autonome’ erano una<br />

risposta alle crescenti esigenze della popolazione, d’altro canto<br />

tali operazioni si scontravano con gli interessi dei pastori, poiché<br />

andavano a limitare le prerogative del libero pascolo.<br />

In questo senso, seguendo le ragioni dei pastori, il Governatore<br />

aggiunge che, permettendo tale autonoma «ristretta dei beni», si<br />

assisterebbe ad una eccessiva limitazione del pascolo, e dunque ad<br />

una conseguente diminuzione del numero di animali.<br />

Il Governatore inoltra alla Consulta le proprie osservazioni,<br />

giudicando illegale la pratica dei cittadini verolani, poiché «a nessuno<br />

possa competere di restringere autonomamente i propri beni, ma che<br />

in tutto debba rispettarsi le disposizioni statutarie» 18 .<br />

Ivi, p.339. «Art. 53 – Le cese presso i boschi comunali<br />

Chiunque ha dei possessi presso i boschi del <strong>Comune</strong>, non può fare delle<br />

“cese” in alcun modo. Chi contravviene incorre in una penale di 10 libbre<br />

di multa. Si creda.».<br />

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BG, b. 5370. Lettera del Governatore Ravizza alla Sacra Congregazione<br />

del Buongoverno in data 9 ottobre 1741: «imperòcchè se venisse permessa<br />

la ristretta de Beni, oltre il rendersi angusto il Pascolo, per cui ne deriverebbe<br />

la diminuzione del numero degli animali, ed in conseguenza anche del<br />

dazio […] che nell’anno esige questa Comunità, soggiacerebbero inoltre<br />

essi Pastori alla spesa della compra de Pascoli da Particolari, e alle pene a

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