Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Lo Jus pascendi nello Statuto di Veroli 251 Continua poi aggiungendo che la combinazione di pene contenuta negli articoli dello statuto ha come obiettivo quello di tutelare i terreni coltivati, affinché non venissero distrutti col pascolo “universale”, cioè indiscriminato, senza regolazione alcuna 7 . Insuper nulla bestia pecudina, caprina, porcina, bubalina, vaccina, intret infra defensas pastine, videlicet, a Fonte Syluetre, exeundo per viam qua itur recte ad vineam Sancti Andree, exeundo ad fontem Ioanni Bovis […] qui contrafecerit ad eum supra solvat dominus, feu pastor ipsarum communi Verulano sollos decem, a decem vero, infra pro unaquaque denarios duodecim, & in omnibus casibus predictus solvat tantundem domino loci, & damnum emendet, de nocte vero, poena duplicentur, liceat tamen unicuique Verulano, in domo sua, vel quam laborat intra confines praedictos impune bestias retinere ...». Dall’edizione dello statuto edito e tradotto da D. Zinanni, Statuti di Veroli, Roma 1983, pp. 342-343: Art.59 - Confini per il pascolo - «De defensis cesarum plane pastine et buzanilli» «Nessuna bestia di alcun genere può pascolare in nessun periodo dell’anno entro le terre delle cese e cioè dalla fonte di s. cesareo alla casa di Bartolomeo Giovanni Nicola, di là alla casa di Giacomo, al frantoio Simoli […] Inoltre le pecore, le capre e i porci, nei mesi di luglio, agosto e settembre non possono pascolare entro i confini dalla pianura e cioè dalla fonte di S. Cesareo andando in linea retta fino all’inizio delle terre di Giovanni Normanno […] Per di più; le pecore, le capre, i porci, i bufali e le vaccine, non vadano entro i confini dei vigneti e cioè dalla fontana dei Silvestri, attraverso la via che conduce al vigneto di S. Andrea, alla fontana di Giovanni Bove [...] Il padrone del bestiame che contravviene paga 12 denari fino a 10 capi e per un numero maggiore 10 solli oltre il risarcimento del danno ed una somma uguale alla multa pagata deve al padrone del luogo. Di notte tutte le penali sono doppie. È tuttavia permesso ad ogni verolano tenere in casa sua impunemente le proprie bestie». 7 BG, b. 5370, lettera dei Consiglieri e Magistrato della città di Veroli alla Sacra Congregazione del Buon Governo, in data 18 aprile 1744. «Questa combinazione di pene temporanea non può ridursi ad altro fine, che il voler vedere il territorio totalmente vestito, e ben coltivato, non mai per dar campo a cittadini di distruggerlo col pascolo universale a seconda del desiderio di taluni pochi, ma non già che Consiglieri, quali benché possiedino de molti stabili nel territorio li medesimi sono anco Proni del Bestiame, e li

252 Marco Di Cosmo Sembra davvero difficile, in questa sede, valutare con esattezza le ragioni dell’una e dell’altra parte. Entrambe le parti, infatti, miravano a mantenere le proprie priorità, l’una richiedendo maggiore libertà di pascolo, l’altra restringendo queste libertà fino a modalità che, partendo dallo Statuto, allargavano in maniera eccessive le loro prerogative. L’ultima parte della difesa dei consiglieri menziona espressamente un altro articolo dello Statuto, chiamato in causa poiché tale articolo sarebbe stato in contraddizione con un’altra disposizione dello Statuto stesso, in cui si legge che chiunque può disporre liberamente dei propri beni 8 . È un chiaro riferimento alla Rubrica 9, Libro 4 dello Statuto di Veroli, che qui riportiamo nella versione latina originale, e nella traduzione italiana: «Rub. IX – Quilibet possit dare licentiam de rebus suis. Quilibet verulanus possit unicuique dare licentia colligendi fructis et poma sua ubicumque existentia, aut domino bestiarum pascendi in quibuscumque bonis et rebus suis et nullus habita licentia huiusmodi ad aliquam poenam statutariam tenatur, dummodo de ipsa licentia ante collectionem hiuiusmodi pomorum, et fructuum vel pabulo bestiarum, ex actis communis constiterit». «Art.9 – Chiunque può disporre delle sue cose Ogni verolano può dare a chi vuole il permesso di raccogliere i frutti dei suoi possessi e di farvi pascere le bestie. Nessuno, dopo aver avuto il permesso, incorre in penalità, purché sia stato registrato negli atti del Comune». La parte di Statuto chiamata in causa riguarda in realtà una preme mandenerse si li terreni, che li propri bestiami». 8 Ivi: «pure questa medesima determinazione statutaria di pene temporanee fa a calci con altra disposizione di esso medesimo Statuto al Lib 4, Rub 9, chiaramente si legge: Quilibet verulanus possit unicumque dare licentia colligendi fructis et poma sua ubicumque existentia, aut bestias pascendi in quibuscumque bonis, sicchè la facoltà di pascere illibe stat penis del Padrone, e non della Communità quale rubrica può vedersi nel medesimo Statuto».

Lo Jus pascendi nello Statuto di Veroli<br />

251<br />

Continua poi aggiungendo che la combinazione di pene contenuta<br />

negli articoli dello statuto ha come obiettivo quello di tutelare i terreni<br />

coltivati, affinché non venissero distrutti col pascolo “universale”,<br />

cioè indiscriminato, senza regolazione alcuna 7 .<br />

Insuper nulla bestia pecudina, caprina, porcina, bubalina, vaccina, intret<br />

infra defensas pastine, videlicet, a Fonte Syluetre, exeundo per viam qua<br />

itur recte ad vineam Sancti Andree, exeundo ad fontem Ioanni Bovis […]<br />

qui contrafecerit ad eum supra solvat dominus, feu pastor ipsarum communi<br />

Verulano sollos decem, a decem vero, infra pro unaquaque denarios<br />

duodecim, & in omnibus casibus predictus solvat tantundem domino loci,<br />

& damnum emendet, de nocte vero, poena duplicentur, liceat tamen unicuique<br />

Verulano, in domo sua, vel quam laborat intra confines praedictos<br />

impune bestias retinere ...».<br />

Dall’edizione dello statuto edito e tradotto da D. Zinanni, Statuti di Veroli,<br />

Roma 1983, pp. 342-343: Art.59 - Confini per il pascolo - «De defensis<br />

cesarum plane pastine et buzanilli»<br />

«Nessuna bestia di alcun genere può pascolare in nessun periodo dell’anno<br />

entro le terre delle cese e cioè dalla fonte di s. cesareo alla casa di Bartolomeo<br />

Giovanni Nicola, di là alla casa di Giacomo, al frantoio Simoli […]<br />

Inoltre le pecore, le capre e i porci, nei mesi di luglio, agosto e settembre<br />

non possono pascolare entro i confini dalla pianura e cioè dalla fonte di S.<br />

Cesareo andando in linea retta fino all’inizio delle terre di Giovanni Normanno<br />

[…] Per di più; le pecore, le capre, i porci, i bufali e le vaccine, non<br />

vadano entro i confini dei vigneti e cioè dalla fontana dei Silvestri, attraverso<br />

la via che conduce al vigneto di S. Andrea, alla fontana di Giovanni<br />

Bove [...]<br />

Il padrone del bestiame che contravviene paga 12 denari fino a 10 capi e<br />

per un numero maggiore 10 solli oltre il risarcimento del danno ed una<br />

somma uguale alla multa pagata deve al padrone del luogo. Di notte tutte<br />

le penali sono doppie. È tuttavia permesso ad ogni verolano tenere in casa<br />

sua impunemente le proprie bestie».<br />

7<br />

BG, b. 5370, lettera dei Consiglieri e Magistrato della città di Veroli alla<br />

Sacra Congregazione del Buon Governo, in data 18 aprile 1744. «Questa<br />

combinazione di pene temporanea non può ridursi ad altro fine, che il voler<br />

vedere il territorio totalmente vestito, e ben coltivato, non mai per dar campo<br />

a cittadini di distruggerlo col pascolo universale a seconda del desiderio<br />

di taluni pochi, ma non già che Consiglieri, quali benché possiedino de<br />

molti stabili nel territorio li medesimi sono anco Proni del Bestiame, e li

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