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Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale

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Vallecorsa: oliveti e normativa statutaria<br />

245<br />

ai danni che i suini (chiamati semplicemente neri 10 ) continuamente<br />

provocavano alle piante si fece leva su alcuni articoli dello Statuto.<br />

I componenti del Consiglio Comunale si schieravano su posizioni<br />

diverse: alcune drasticamente negative (richiamando il cap. 76,<br />

che non permetteva di tenere detti animali), altre più possibiliste<br />

(richiamando il cap. 77, che permetteva il possesso delle bestie<br />

soltanto se confinate entro rimesse) 11 .<br />

I rapporti fra agricoltori e allevatori non erano certo facili, laddove<br />

si legge che, non solo gli animali andavano vagando liberamente nelle<br />

terre senza nessun attenzione, ma che i loro padroni «per alimentarli e<br />

ingrassarli» avrebbero volutamente derubato «castagni ed altri frutti<br />

nei terreni altrui esistenti, non solo in questo territorio, ma anche nei<br />

territori convicini, il che poteva e può cagionare continue risse e la<br />

morte di più di uno» 12 .<br />

10<br />

Cfr. Colonna, Vallecorsa II, Corrispondenza 1742-1775. Documento<br />

dell’8 ottobre 1759. «[…] simili animali fossero rigorosamente banditi<br />

dal luogo abitato, perché avrebbero certamente recato infezione all’aria,<br />

e generato morbi perniciosi agli abitanti, tanto più, che il territorio, come<br />

dissi, è parimenti ristretto, e circondato da valli, e monti, privo perciò della<br />

ventilazione dei venti, e segregazioni rispettivamente dell’esalazioni;<br />

e che di più andato liberi per l’abitato avrebbero potuto recare disturbi e<br />

specialmente in occasioni di processioni di delazione del Ss.mo viatico agli<br />

infermi, e di altre funzioni sacre, che quivi si fanno».<br />

11<br />

Ivi. Comunque la situazione espressa nella lettera è lunga e animosa.<br />

Vengono riproposti alcuni episodi ai quali la Comunità si appella. Si fa<br />

l’esempio di quanto accaduto nel 1746, quando si tentò di introdurre gli<br />

animali nell’abitato (il cap. 76 in questo caso era servito all’espulsione<br />

delle bestie); si fa poi menzione di un altro avvenimento, dell’anno successivo<br />

1747, quando – per ottenere il permesso di introdurre gli animali – si<br />

scrisse alla Sacra Consulta che, dopo aver esaminato gli Statuti, aveva ripetuto<br />

l’ordine di espulsione. Il contesto non era stabile: quando i terrazzani<br />

riuscivano ad ottenere il permesso (appellandosi evidentemente al cap. 77),<br />

lo stesso veniva – talvolta con editto – revocato.<br />

12<br />

Ivi, dossier allegato al documento del giorno 8 ottobre 1759.<br />

Quindi si rese nota «la relazione della affissione» dell’«Editto nei luoghi<br />

soliti fatta dal censore in pubblica forma. Item quod nullus possit bestias<br />

porcinas facere seu retinere in castro Vallicursae sive eius territorio ultra

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