Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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26.09.2017 Views

Rossana Fiorini Vallecorsa: oliveti e normativa statutaria Al fine di studiare la fonte statutaria del Comune di Vallecorsa 1 , 1 Vallecorsa fu assoggettata ai Caetani di Fondi (famiglia nobiliare di Bonifacio VIII), ottenendo con essi solidità e stabilità. In quegli anni un particolare processo di affrancazione dalla tutela centrale portò alla concessione degli Statuti alle varie comunità locali – che comunque si limitavano a definire le competenze dei vari organi e disciplinavano i rapporti di convivenza tra i cittadini. Il primo Statuto di cui si ha memoria a Vallecorsa è del 1327, concesso proprio dai Caetani e rimasto in vigore, con qualche necessario aggiustamento, finanche sotto la Signoria dei Colonna. La copia in nostro possesso corrisponde ad una stesura del 1531, approvata nel 1545 – di cui si conserva oggi, presso la Biblioteca dell’Archivio di Stato di Roma e presso l’Archivio Storico Comunale di Vallecorsa, una riproduzione fotostatica. Tale fonte normativa è stata oggetto di edizione e studio da parte di Arcangelo Sacchetti (cfr. A. Sacchetti, Vallecorsa nella signoria di casa Colonna, Vallecorsa 1990, pp. 265-317 e Id, Vallecorsa nella signoria baronale dai Caetani ai Colonna: organi e vicende della Comunità nel distretto feudale del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio, Vallecorsa 2005, pp. 265-338). L’Archivio di Stato di Roma custodisce anche una copia del 1856 che riporta però soltanto proemio ed indice, mentre non si sono mai rintracciate né l’originale né altra copia presso l’archivio storico del Comune, malgrado il Sacchetti riferisca comunque di aver lavorato su una «copia fotostatica autentica» di proprietà dell’Amministrazione comunale. Le notizie sulla conservazione delle carte sono incerte e non meglio precisabili, ma è indiscutibile che lo Statuto studiato dal Sacchetti debba essere quello «scritto da Antonello Mancino nel 1531» nel quale era assai probabilmente confluita la redazione statutaria precedente, risalente al 1327, di cui si perde completamente traccia nella seconda metà del XVIII secolo. Lo Statuto vedrà il suo progressivo spegnimento per via degli improvvisi ribaltamenti istituzionali, che, iniziati nel 1798, porteranno alla definitiva soppressione dei diritti feudali nel 1816, quando Filippo III Colonna “rinunciò” ad essi a seguito delle condizioni “vessatorie” fissate con il motu

240 Rossana Fiorini si sono presi in esame documenti che provengono dal fondo della Congregazione del Buon Governo presso l’Archivio di Stato di Roma e dalla Corrispondenza degli Affari dei Feudi dell’Archivio Colonna della Biblioteca del Monumento Nazionale di Santa Scolastica di Subiaco. Le pratiche studiate comprendono missive, memoriali e resoconti riguardanti la particolare tutela che la Comunità, anche attraverso la normativa statutaria, riservava agli oliveti 2 e agli albereti. I documenti incontrati affrontano inoltre le dispute verificatesi fra agricoltori e pastori, soprattutto durante i Consigli Pubblici. All’origine del conflitto fra agricoltori e pastori concorsero importanti fattori, fra i quali deve essere annoverato ovviamente l’incremento della popolazione e la recinzione dei coltivi come pure la nuova rotazione che nel complesso escludevano i pastori dall’uso dei terreni soggetti ad una più intensa coltivazione. Tale documentazione risale alla metà del XVIII secolo. Il Comune di Vallecorsa è ricco di uliveti coltivati in tipici terrazzamenti costruiti su muri a secco, denominati “macére”, un’opera molto particolare che si distribuisce lungo tutta la superficie collinare che circonda l’abitato. La conformazione fisica del territorio, impervio e arido, così come l’esposizione, l’altitudine e il posizionamento dei terreni, in cui non ristagna l’umidità, fanno di Vallecorsa posto principe per l’olivo – che non richiedendo molta terra si può coltivare anche in terreni pietrosi e di scarso spessore – ma ostacolano la coltivazione di altre piantagioni. proprio di Pio VII. 2 Alcuni tipi di coltivazione, come quella dell’ulivo, hanno richiamato l’attenzione degli storici. L’uso di queste piante offre spesso un’interessante documentazione circa i sistemi di vita delle popolazioni del tempo e le condizioni climatiche delle aree prese in considerazione. Pagine significative sulla coltivazione e sull’impiego dell’olio l’oliva – dall’uso alimentare e medico a quello sacro – sono state scritte da Giovanni Cherubini. L’olio d’oliva era fonte plurifunzionale, utilizzato anche per l’illuminazione, specialmente di ambienti sacri e di luoghi pubblici, per la lavorazione dei tessuti, per la confezione del sapone, per la medicina e la farmacopea. Cfr. G. Cherubini, L’Italia rurale del basso Medioevo, Bari-Roma 1985.

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Rossana Fiorini<br />

si sono presi in esame documenti che provengono dal fondo della<br />

Congregazione del Buon Governo presso l’Archivio di Stato di Roma<br />

e dalla Corrispondenza degli Affari dei Feudi dell’Archivio Colonna<br />

della Biblioteca del Monumento Nazionale di Santa Scolastica di<br />

Subiaco.<br />

Le pratiche studiate comprendono missive, memoriali e resoconti<br />

riguardanti la particolare tutela che la Comunità, anche attraverso la<br />

normativa statutaria, riservava agli oliveti 2 e agli albereti. I documenti<br />

incontrati affrontano inoltre le dispute verificatesi fra agricoltori<br />

e pastori, soprattutto durante i Consigli Pubblici. All’origine del<br />

conflitto fra agricoltori e pastori concorsero importanti fattori,<br />

fra i quali deve essere annoverato ovviamente l’incremento della<br />

popolazione e la recinzione dei coltivi come pure la nuova rotazione<br />

che nel complesso escludevano i pastori dall’uso dei terreni soggetti<br />

ad una più intensa coltivazione.<br />

Tale documentazione risale alla metà del XVIII secolo.<br />

Il <strong>Comune</strong> di Vallecorsa è ricco di uliveti coltivati in tipici<br />

terrazzamenti costruiti su muri a secco, denominati “macére”,<br />

un’opera molto particolare che si distribuisce lungo tutta la<br />

superficie collinare che circonda l’abitato. La conformazione fisica<br />

del territorio, impervio e arido, così come l’esposizione, l’altitudine<br />

e il posizionamento dei terreni, in cui non ristagna l’umidità, fanno<br />

di Vallecorsa posto principe per l’olivo – che non richiedendo molta<br />

terra si può coltivare anche in terreni pietrosi e di scarso spessore –<br />

ma ostacolano la coltivazione di altre piantagioni.<br />

proprio di Pio VII.<br />

2<br />

Alcuni tipi di coltivazione, come quella dell’ulivo, hanno richiamato l’attenzione<br />

degli storici. L’uso di queste piante offre spesso un’interessante<br />

documentazione circa i sistemi di vita delle popolazioni del tempo e le<br />

condizioni climatiche delle aree prese in considerazione. Pagine significative<br />

sulla coltivazione e sull’impiego dell’olio l’oliva – dall’uso alimentare<br />

e medico a quello sacro – sono state scritte da Giovanni Cherubini. L’olio<br />

d’oliva era fonte plurifunzionale, utilizzato anche per l’illuminazione, specialmente<br />

di ambienti sacri e di luoghi pubblici, per la lavorazione dei<br />

tessuti, per la confezione del sapone, per la medicina e la farmacopea. Cfr.<br />

G. Cherubini, L’Italia rurale del basso Medioevo, Bari-Roma 1985.

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