Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Ripi: alcuni casi di danno dato negli statuti comunitativi 209 nozioni circa la molitura. Al tempo del vetusto statuto del 1331 alcune disposizioni favoriscono il passaggio di coloro che rientrano nottetempo dai mulini, senza che essi rispettino peraltro l’ultimo suono della “scarana”. Si denota però un vuoto normativo perché non esistono delle regole che disciplinino la materia, né tanto meno si indica in quale mola sia consentita la molitura stessa. Il nostro documento, redatto nell’agosto 1635 dal governatore di Ripi, fa riferimento alle istanze che l’affittuario della Mola di Ripi e l’erario Conti avevano avanzato durante il mese precedente. Apprendiamo dalla lettura 10 che lo stesso governatore aveva inviato cancelliere e mandatario per riconoscere i trasgressori Gregorio Bucciarelli e Francesco Costantini, colti in flagrante mentre «erano andati di notte e tornavano di nascosto con doi some di farina, che […] avevano macinato alla Mola di Frosinone» 11 . I due, dopo la loro confessione, risultarono condannati alla pena della perdita della farina e delle bestie trainanti (che furono vendute); e in più una multa di cinquanta scudi ciascuno. Tale testimonianza palesa un netto e chiaro cambiamento sopraggiunto all’interno della normativa 12 . 10 Colonna, Ripi III EA, Corrispondenza 1635. Il Governatore di Ripi scrive al Principe Colonna, la lettera è datata 20 agosto 1635. «[…] mandai il cancelliere e mandatario, per riconoscere quelli, che andavano a macinare il grano alle mole fuori del Stato, con fraude et interesse grande de esso affittuario». 11 Ibidem. 12 Ibidem. «[…] ricondotti nella corte et havutane prima la loro confessione furono condannati nella pena della perdita della farina et bestie che le portavano et scudi 50 ciascuno, contenuta nel banno pubblicato a istanza dello stesso affittuario in tempo dell’auditore Pietra […] et ora confirmato per banno […] dall’auditore Zeferini, quale ha dichiarato esser compreso nella confirmatione predetta». Gli art. VIII e XXVII dello Statuto citavano il mulino, ma non specificavano affatto però quale dovesse essere la Mola in cui recarsi per l’attività della macinatura. Il primo riguardava il “coprifuoco” ed esentava coloro che ritornavano di notte dal mulino. Il secondo imponeva di aprire le porte a coloro che ritornavano dalla molitura anche dopo la mezzanotte. Non vi erano altre specifiche o delle prescrizioni che indicassero il divieto di andare in altri mulini.

210 Rossana Fiorini Dai documenti reperiti – inerenti espressamente il danno dato – apprendiamo che con un bando, pubblicato a partire dal 1747, vi era stato un inasprimento delle pene dello stesso 13 . Infatti dalla Corrispondenza Colonna un documento 14 riferisce che per i danni arrecati alla Macchia detta Colle Marte la normativa comminava la carcerazione. Il capitano Giovanni Galloni ragguaglia il Governatore Masi di Pofi circa la carcerazione di Felice Di Stefano, Raimondo Di Stefano e Paolino Battaglini, colti a tagliare tre alberi di cerro nella detta macchia, «luogo in cui non è permesso da Vostra Eccellenza di potervi recidere neppure un arboscello» 15 . A parere del Galloni il danno risultava ingente. Altro caso verificatosi di danno alla macchia fu poi quello della selva di Colle Lisi, per cui sempre il capitano Galloni – previa informativa al Governatore di Pofi – otteneva il pagamento di «otto bollettini» relativi al «dovuto emolumento» 16 . Si può certamente denotare dunque un irrigidimento normativo per i 13 Ivi, Corrispondenza 1748-1765. Da un documento indirizzato al Principe Colonna da un suo vassallo (il cui nominativo non è stato possibile reperire) apprendiamo infatti che il Governatore di Ripi aveva trasmesso la copia di una risoluzione consiliare e di un bando «fatto pubblicare sino dall’anno 1747 dove si accrescono le pene contro i dannificanti, quale augumento […] ma supplico […] di avvertire che in detto bando la distribuzione delle pene per un terzo si applica al padrone del terreno, dove siegue il danno, et in questo io non convengo». Lo stesso dunque riteneva che al “dannificato” poteva «bastare […] di esser risarcito del pregiudizio patito con la refettione del danno, e non deve essere in lucro di partecipare anche del terzo della pena»; nella sua dichiarazione egli proseguiva dicendo che il terzo della pena disposto nel bando di nuova pubblicazione si dovesse «applicare alla camera baronale». E dunque invitava alla discussione dell’argomento durante il successivo Consiglio Pubblico. 14 Ivi, Corrispondenza 1777. Il foglio è indirizzato al Principe Colonna, datato 16 dicembre 1777 a firma del Luogotenente Giovanni Gallone. In alto a sinistra riporta la seguente dicitura: «Il capitano Galloni riferisce la carcerazione di certi trovati a danneggiare in quella macchia». 15 Ibidem. 16 Colonna, Ripi III EA, Corrispondenza 1778. Il Luogotenente Giovanni Gallone al Principe Colonna. Agosto 1778.

Ripi: alcuni casi di danno dato negli statuti comunitativi<br />

209<br />

nozioni circa la molitura. Al tempo del vetusto statuto del 1331<br />

alcune disposizioni favoriscono il passaggio di coloro che rientrano<br />

nottetempo dai mulini, senza che essi rispettino peraltro l’ultimo<br />

suono della “scarana”. Si denota però un vuoto normativo perché<br />

non esistono delle regole che disciplinino la materia, né tanto meno<br />

si indica in quale mola sia consentita la molitura stessa. Il nostro<br />

documento, redatto nell’agosto 1635 dal governatore di Ripi, fa<br />

riferimento alle istanze che l’affittuario della Mola di Ripi e l’erario<br />

Conti avevano avanzato durante il mese precedente. Apprendiamo<br />

dalla lettura 10 che lo stesso governatore aveva inviato cancelliere<br />

e mandatario per riconoscere i trasgressori Gregorio Bucciarelli e<br />

Francesco Costantini, colti in flagrante mentre «erano andati di notte<br />

e tornavano di nascosto con doi some di farina, che […] avevano<br />

macinato alla Mola di Frosinone» 11 . I due, dopo la loro confessione,<br />

risultarono condannati alla pena della perdita della farina e delle bestie<br />

trainanti (che furono vendute); e in più una multa di cinquanta scudi<br />

ciascuno. Tale testimonianza palesa un netto e chiaro cambiamento<br />

sopraggiunto all’interno della normativa 12 .<br />

10<br />

Colonna, Ripi III EA, Corrispondenza 1635. Il Governatore di Ripi scrive<br />

al Principe Colonna, la lettera è datata 20 agosto 1635. «[…] mandai il<br />

cancelliere e mandatario, per riconoscere quelli, che andavano a macinare<br />

il grano alle mole fuori del Stato, con fraude et interesse grande de esso<br />

affittuario».<br />

11<br />

Ibidem.<br />

12<br />

Ibidem. «[…] ricondotti nella corte et havutane prima la loro confessione<br />

furono condannati nella pena della perdita della farina et bestie che le<br />

portavano et scudi 50 ciascuno, contenuta nel banno pubblicato a istanza<br />

dello stesso affittuario in tempo dell’auditore Pietra […] et ora confirmato<br />

per banno […] dall’auditore Zeferini, quale ha dichiarato esser compreso<br />

nella confirmatione predetta». Gli art. VIII e XXVII dello Statuto citavano<br />

il mulino, ma non specificavano affatto però quale dovesse essere la Mola<br />

in cui recarsi per l’attività della macinatura. Il primo riguardava il “coprifuoco”<br />

ed esentava coloro che ritornavano di notte dal mulino. Il secondo<br />

imponeva di aprire le porte a coloro che ritornavano dalla molitura anche<br />

dopo la mezzanotte. Non vi erano altre specifiche o delle prescrizioni che<br />

indicassero il divieto di andare in altri mulini.

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