Storia Comune
Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale
Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
Biblioteca di Latium, 21
Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale
Pofi: Statuto e patrimonio boschivo 199 risultavano essere comunque molto restrittive, rigide e severe 22 . Prima dell’emanazione dello Statuto infatti (così sembra evincersi dal Capitolo) l’allevamento dei suini era ammesso anche dentro le Mura del Comune di Pofi: tuttavia gli inconvenienti che ne erano derivati, avevano suggerito di adottare qualche limitazione al libero vagare degli stessi. Inoltre l’incremento demografico e il restringimento dei terreni adibiti a coltivazione erano stati ulteriore causa dei continui aumentare «le pene contro gli animali bovini, specialmente quando sotto gli occhi dei loro padroni danneggiassero, le biave, e grani altrui». Ovviamente si intendeva rimetter «lo statuto alla qualità, e condizione de’ tempi, e non li tempi alle determinazioni dello statuto; […] molte leggi, che utili erano alla venerabile antichità, disutili affatto col rivolgimento degli anni, e cangiamento de costumi divennero, e perciò furono da legislatori o rinnuovate in parte, o del tutto abolite, o sostituite in luogo loro alcune leggi più confacevoli, e precise. Si aggiunge poi che i danni studiosamente commessi, partecipando molto del criminale, devono purgarsi con una pena più grave, e per conseguenza raddoppiandosi rispetto a medesimi». Sono eloquenti le parole di Notari in proposito: «L’inasprimento delle pene o, comunque, la generalizzata ricerca di una maggiore efficacia sanzionatoria, parrebbe in certi casi conseguire anche all’introduzione di colture erbacee destinate al bestiame e alla correlata sottrazione di varie tipologie di fondi, ‘banditi’ – anche temporaneamente – al pascolo collettivo». Cfr. S. Notari, Per una geografia statutaria del Lazio: il rubricario degli statuti comunali della provincia storica di Campagna, in Rivista Storica del Lazio, 13-14 (2005-2006), 22, Le comunità rurali e i loro statuti (secolo XII-XV), Atti dell’VIII Convegno del Comitato italiano per gli studi e le edizione delle fonti normative, Viterbo 30 maggio – 1 giugno 2002, a cura di A. Cortonesi e F. Viola, pp. 46-47, 53-55, 83. 22 Si occupavano di disciplinare le azioni delle bestie suine il cap. LIII del Libro II Damnorum Datorum, aggiunta posteriore e di difficile lettura, e il cap. LXII del Libro IV Extraordinarium, che si riesce a leggere solo in alcune parti. Le parti leggibili recitano: «[…] se vengano trovati dei porci a far danno in qualunque luogo del territorio di Pofi, tanto i detti porci del Castello di Pofi che dei forestieri […] a tutti i padroni o padrone sia lecito ammazzare un solo porco alla volta […] soltanto riportando un quarto di detto porco alla Corte di detto luogo e in giornata, sia lecito al padrone che ha subito il danno […]». Cfr. F. M. Campoli, Pofi, cit., pp. 130-141, 151- 152.
200 Rossana Fiorini danneggiamenti. Il territorio di Pofi oltre ad essere piuttosto ridotto, è ricco di macchie e boscaglie, per cui risultava difficoltoso tenere gli animali alla larga da tali zone per molto tempo, e proprio su questo il peso della normativa statutaria, così come ricordava il Governatore nella suddetta missiva: «onde si vede che saviamente ha provveduto lo statuto con dar facoltà di pascolare tutte le selve doppo detta festività, et anche nella propria selva communitativa, con la licenza però de contestabili» 23 . Il problema legato agli animali non è relativo solamente al pascolo, ma anche al semplice transito degli stessi, e si ricollega anche alle pratiche della semina. Per poter seminare bisogna attraversare i boschi ed è noto che il popolo potesse adempiere a tale attività a partire dal giorno di S. Andrea. Senza diritto di pascolo, non sussiste neanche quello di passaggio, risulta difficile dunque raggiungere i campi e si deve far ricorso alla discrezione dei padroni delle selve. Inoltre si incorrerebbe nella segnalazione da parte dei guardiani, come già accadeva quando si attraversavano strade maestre. Se poi si considera che la Macchia è a disposizione dei padroni fino alla data del Carnevale, il popolo ha anche il contingente danno di veder terminare il periodo della semina. Non bisogna dimenticare che, tra le varie attività economiche cui l’uomo si può dedicare, l’agricoltura è l’unica che non permette l’esasperazione dei ritmi produttivi, poiché è necessariamente vincolata da precise leggi biologiche. Per tali ragioni la Comunità prosegue la lite «intentatagli contro da detti particolari padroni della selva» 24 richiedendo che il pascolo nel bosco, che aveva sempre rappresentato uno jus Commune, torni ad essere libero e alieno dal diritto della proprietà privata 25 . 23 BG, b. 3591. Dalla missiva del governatore De Nobili datata 25 settembre 1746. 24 Ibidem. 25 Ivi. Da un ulteriore documento (annesso alla detta lettera del governatore De Nobili e datato 10 settembre 1746, firmato “li zelanti della Terra di Pofi”) apprendiamo i che vassalli si rivolgono al Buon Governo affinché si proibisca di utilizzare «il denaro del pubblico nella lite, che si sostiene a nome della Communità contro la Chiesa, ed altri possessori delle selve
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Sono eloquenti le parole di Notari in proposito: «L’inasprimento delle pene<br />
o, comunque, la generalizzata ricerca di una maggiore efficacia sanzionatoria,<br />
parrebbe in certi casi conseguire anche all’introduzione di colture<br />
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S. Notari, Per una geografia statutaria del Lazio: il rubricario degli statuti<br />
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edizione delle fonti normative, Viterbo 30 maggio – 1 giugno 2002, a cura<br />
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Si occupavano di disciplinare le azioni delle bestie suine il cap. LIII del<br />
Libro II Damnorum Datorum, aggiunta posteriore e di difficile lettura, e<br />
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alcune parti. Le parti leggibili recitano: «[…] se vengano trovati dei porci<br />
a far danno in qualunque luogo del territorio di Pofi, tanto i detti porci del<br />
Castello di Pofi che dei forestieri […] a tutti i padroni o padrone sia lecito<br />
ammazzare un solo porco alla volta […] soltanto riportando un quarto di<br />
detto porco alla Corte di detto luogo e in giornata, sia lecito al padrone che<br />
ha subito il danno […]». Cfr. F. M. Campoli, Pofi, cit., pp. 130-141, 151-<br />
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