Storia Comune

Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale. Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco. Biblioteca di Latium, 21 Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Gli statuti comunali antichi del Lazio meridionale.
Gli statuti dei comuni del Sistema bibliotecario e documentario Valle del Sacco.
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Minorare i consiglieri a Morolo 167 particolarmente, però, l’assenza, all’interno dello Statuto, di queste norme o di interventi che andavano a modificarle. Sebbene non si tratti dello stesso periodo storico, nel tardo medioevo queste decisioni possedevano una fisionomia propria e dunque una esistenza separata rispetto allo Statuto: «Cambiamenti anche radicali negli uffici, nella composizione dei consigli, nel ruolo e nelle modalità di nomina dei magistrati vennero stabiliti da commissari pontifici, rettori provinciali, governatori, luogotenenti e, ancora più spesso, dagli stessi comuni, in modo autonomo o su pressione del papato. Né si esitava, in queste riforme, a sancire e regolare i nuovi rapporti di soggezione alla Chiesa. La casistica è amplissima, e diversa da città in città. Di particolare interesse sono le deliberazioni prese dalle commissioni incaricate di procedere all’imborsazione 6 . Oltre ad indicare i nominativi dei futuri consiglieri e degli ufficiali del comune, spesso questi gruppi di cittadini preminenti emanavano una dettagliata normativa sul numero, le competenze e gli obblighi delle cariche imborsate, e sui margini di intervento attribuiti ai rettori e agli altri rappresentanti pontifici. “Capitoli del bussolo”, “reformationes” dei “cives bruxularii”, “capitoli del reggimento”, “imbuxulatu” e analoghe deliberazioni si distaccavano talora con ampiezza dal dettato degli statuti. […] E tuttavia questi interventi, di norma, non venivano recepiti dagli statuti. Restavano confinati nei registri delle riformagioni, oppure, anche quando ne uscivano, avevano spesso una fisionomia a sé, di singolo quaderno o pergamena destinati a una conservazione separata. Solo in una minoranza di casi si provvedeva alla trascrizione in appendice al volume degli statuti, e solo in via del tutto eccezionale si sentiva la necessità di una loro integrazione organica» 7 . 6 L’imborsazione è la funzione del ‘mettere in borsa’, o ‘nell’urna’, le schede contenenti i nomi dei candidati ai vari uffici, scritti a uno a uno in altrettanti biglietti, tramite i quali poi si procedeva all’estrazione a sorte di un numero uguale alle cariche da coprire. 7 S. Carocci, Regimi signorili, statuti cittadini e governo papale nello Sta-

168 Matteo Maccioni La scelta di abolire il Consiglio popolare per privilegiare la formazione di un Consiglio ristretto di trenta persone, i cui partecipanti sono selezionati sulla base delle abilità e del censo, è tesa a garantire un maggior grado di competenza, affidabilità, concretezza e chiarezza a questo organo. Già nella copia delle rimostranze fatte dagli “zelanti” di Morolo, datata 7 gennaio 1783, si richiede espressamente la proibizione dei Consigli popolari in favore della formazione di un Consiglio ristretto di trenta persone. L’autore della missiva, rivolgendosi al Governatore, scrive che, poiché è sempre più difficile riuscire a convocare il Consiglio popolare e farlo svolgere in modo regolare e utile alla comunità locale, è divenuto indispensabile procedere alla creazione di un Consiglio di trenta persone formato da persone qualificate e da lui approvate 8 . In realtà, già in precedenti documenti, datati 1780-1782, sono to della Chiesa (XIV e XV secolo), in Signori, regimi signorili e statuti nel tardo medioevo. VII Convegno del Comitato italiano per gli studi e le edizioni delle fonti normative, Ferrara 5-7 ottobre 2000, Bologna 2003, pp. 245-269, distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, pp. 17-18. Come già segnalato, questo esempio riguarda il periodo medievale mentre il nostro caso è relativo all’età moderna. Spesso le consuetudini si sono iterate nel tempo; del resto il nostro caso morolano dimostra che a decidere del “governo” locale è il principe e non gli abitanti di Morolo. 8 Colonna, Morolo III LB, Corrispondenza (1778-1795), rimostranze degli zelanti della Comunità di Morolo al Governatore, 7 gennaio 1783: «Di più la supplicano, che voglia anche proibire li Consegli popolari perché per convocarli bisogna procedere con gravatorj, e violenza de Birri; dovendo per tal difficoltà più volte trasferire negozj più rimarchevoli, donde poi ne sono provenuti grandi pregiudizij. Quando poi è adunata tal fatta di Consiglieri tutti rozzi, e dall’infima Plebe non ne nasce che confusione per motivo primario, che si deve adunare il Consiglio in giorno di festa nell’ora tarda doppo pranzo per commodo de Medesimi, quando che tutti sono fori di senno per il vino. Sperando dunque dall’innata bontà di V(ostra) E(ccellenza) che voglia ordinare, che si venga a stabilire il Conseglio almeno di Trenta persone le più qualificate, e Probbe, quali non mancano in Tal Paese, se bene La magior parte di questi siano Chierici pure attenderebbero di bona voglia al pubblico vantaggio qualora non fossero riprovati dall’E(ccellenza) V(ostra)».

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Matteo Maccioni<br />

La scelta di abolire il Consiglio popolare per privilegiare<br />

la formazione di un Consiglio ristretto di trenta persone, i cui<br />

partecipanti sono selezionati sulla base delle abilità e del censo,<br />

è tesa a garantire un maggior grado di competenza, affidabilità,<br />

concretezza e chiarezza a questo organo. Già nella copia delle<br />

rimostranze fatte dagli “zelanti” di Morolo, datata 7 gennaio 1783, si<br />

richiede espressamente la proibizione dei Consigli popolari in favore<br />

della formazione di un Consiglio ristretto di trenta persone. L’autore<br />

della missiva, rivolgendosi al Governatore, scrive che, poiché è<br />

sempre più difficile riuscire a convocare il Consiglio popolare e farlo<br />

svolgere in modo regolare e utile alla comunità locale, è divenuto<br />

indispensabile procedere alla creazione di un Consiglio di trenta<br />

persone formato da persone qualificate e da lui approvate 8 .<br />

In realtà, già in precedenti documenti, datati 1780-1782, sono<br />

to della Chiesa (XIV e XV secolo), in Signori, regimi signorili e statuti<br />

nel tardo medioevo. VII Convegno del Comitato italiano per gli studi e le<br />

edizioni delle fonti normative, Ferrara 5-7 ottobre 2000, Bologna 2003,<br />

pp. 245-269, distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, pp. 17-18.<br />

Come già segnalato, questo esempio riguarda il periodo medievale mentre<br />

il nostro caso è relativo all’età moderna. Spesso le consuetudini si sono<br />

iterate nel tempo; del resto il nostro caso morolano dimostra che a decidere<br />

del “governo” locale è il principe e non gli abitanti di Morolo.<br />

8<br />

Colonna, Morolo III LB, Corrispondenza (1778-1795), rimostranze degli<br />

zelanti della Comunità di Morolo al Governatore, 7 gennaio 1783: «Di più<br />

la supplicano, che voglia anche proibire li Consegli popolari perché per<br />

convocarli bisogna procedere con gravatorj, e violenza de Birri; dovendo<br />

per tal difficoltà più volte trasferire negozj più rimarchevoli, donde poi ne<br />

sono provenuti grandi pregiudizij. Quando poi è adunata tal fatta di Consiglieri<br />

tutti rozzi, e dall’infima Plebe non ne nasce che confusione per motivo<br />

primario, che si deve adunare il Consiglio in giorno di festa nell’ora<br />

tarda doppo pranzo per commodo de Medesimi, quando che tutti sono<br />

fori di senno per il vino. Sperando dunque dall’innata bontà di V(ostra)<br />

E(ccellenza) che voglia ordinare, che si venga a stabilire il Conseglio almeno<br />

di Trenta persone le più qualificate, e Probbe, quali non mancano in<br />

Tal Paese, se bene La magior parte di questi siano Chierici pure attenderebbero<br />

di bona voglia al pubblico vantaggio qualora non fossero riprovati<br />

dall’E(ccellenza) V(ostra)».

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