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CULTURA<br />
MAX FERRERO / AGF<br />
RECENSIONE<br />
D’AUTORE<br />
GIAN LUCA<br />
FAVETTO<br />
BOLAÑO:<br />
LA MIA PATRIA<br />
SONO I FIGLI<br />
E LE PAROLE<br />
Nelle interviste raccolte in L’ultima<br />
conversazione lo scrittore cileno<br />
svela ossessioni, passioni, letture.<br />
E la sua idea <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so: «Venezia»<br />
ultima conversazione sono<br />
cinque. Cinque interviste a<br />
L’ Roberto Bolaño che <strong>di</strong>cono le<br />
idee, le ossessioni, le passioni,<br />
le letture, il talento e la poesia <strong>di</strong><br />
questo scrittore nato in Cile, vissuto in Messico e in<br />
Spagna, abitato <strong>di</strong> libro in libro (I detective selvaggi,<br />
Puttane assassine, 2666) dalla folle necessità <strong>di</strong><br />
scrivere, morto a cinquant’anni nel 2003. Più poesia<br />
che altro per lo sguardo che mostra sulle cose, sui<br />
fatti della vita e della letteratura, per il modo <strong>di</strong><br />
raccontare e raccontarsi, per come fa suonare le<br />
parole anche solo in una chiacchiera, rispondendo<br />
a delle domande, e nell’ottima traduzione <strong>di</strong> <strong>Il</strong>de<br />
Carmignani risulta così naturale, così evidente da<br />
far pensare che tutte le interviste Bolaño le abbia<br />
rilasciate in italiano.<br />
<strong>Il</strong> libro è uscito da Sur insieme a Tre, un volume<br />
che contiene appunto tre poemetti, eppure c’è più<br />
poesia, sguardo e temperamento, più intima necessità,<br />
in questa raccolta <strong>di</strong> considerazioni, confessioni,<br />
proposizioni. Considerato uno scrittore <strong>di</strong> culto<br />
dai suoi fedeli lettori, Bolaño riconosce che ogni<br />
romanzo, come la vita, è un susseguirsi <strong>di</strong> racconti,<br />
<strong>di</strong> storie che vanno intrecciandosi. Richiama Stendhal<br />
e annota: «Tutta la letteratura è uno<br />
specchio, ma questo specchio non se ne<br />
sta quieto, si muove su una strada. E<br />
sullo specchio si riflettono via via le cose<br />
che succedono lungo la strada, e ogni<br />
cosa può restare in sospeso con un punto<br />
interrogativo o può finire».<br />
Finire. Per l’e<strong>di</strong>zione messicana <strong>di</strong><br />
Playboy gli domandano come è fatto il<br />
para<strong>di</strong>so. E lui: «Come Venezia, spero, un<br />
posto pieno <strong>di</strong> italiane e italiani, un posto<br />
che si usa e consuma, un posto che sa che nulla<br />
dura per sempre, nemmeno il para<strong>di</strong>so». E così,<br />
quando gli chiedono che cos’è la patria, risponde<br />
che la sua patria sono i suoi due figli, Lautaro e<br />
Alexandra. Poi aggiunge: «E forse, ma solo in seconda<br />
battuta, certi istanti, certe strade, certi volti o<br />
scene o libri che porto dentro <strong>di</strong> me e che un giorno<br />
<strong>di</strong>menticherò, che poi è la cosa migliore da fare con<br />
la patria». Sa bene, Bolaño, e lo sa da scrittore, da<br />
poeta, da persona, che se esiste una patria è fatta<br />
dalle storie nostre mescolate con quelle che ascoltiamo<br />
e dalle parole che scegliamo per <strong>di</strong>rle.<br />
*Roberto Bolaño, L’ultima conversazione, traduzione<br />
<strong>di</strong> <strong>Il</strong>de Carmignani, Sur pp. 128, euro 15<br />
I COMING OUT I<br />
STORIE DI GAY.<br />
IN RIVOLTA<br />
O RICONCILIATI<br />
La fuga nasce sempre da una costellazione<br />
<strong>di</strong> sentimenti: si scappa per amore,<br />
per o<strong>di</strong>o, dolore, ma si scappa anche<br />
per sopravvivere quando non si ha altra<br />
possibilità.<br />
Lo sa bene Di<strong>di</strong>er Eribon, che in Ritorno<br />
a Reims (Bompiani, traduzione <strong>di</strong> Annalisa<br />
Romani, pp. 224, euro 18) narra il dolore<br />
del proprio passato: giovane gay in un<br />
paesino del nord-est francese, cresce scoprendo<br />
la vergogna <strong>di</strong> sentirsi indesiderato.<br />
A trent’anni dalla fuga dalla casa natale,<br />
vi torna dopo la morte del padre o<strong>di</strong>ato.<br />
Attraverso le parole della madre, i<strong>di</strong>er –<br />
<strong>di</strong>venuto intanto un celebre sociologo<br />
impegnato per i <strong>di</strong>ritti civili – riporta alla<br />
memoria l’incomunicabilità con i fratelli,<br />
la scoperta della cultura come via <strong>di</strong> fuga,<br />
l’omofobia del paese. Tuttavia, proprio nel<br />
riesumare le istantanee del passato <strong>di</strong><br />
fronte alla donna – ormai solo l’ombra<br />
della madre insensibile che è stata – l’autore<br />
si riconcilia con se stesso e ripara lo<br />
strappo al cuore da cui sono sempre passati<br />
il dolore e la rabbia, oggi <strong>di</strong>luiti dallo<br />
scoprirsi in pace con le proprie origini e<br />
perciò in qualche modo salvo.<br />
Di salvezza, invece, non c’è traccia in<br />
Canzone d’amore da un tempo <strong>di</strong>fficile<br />
<strong>di</strong> Ronald M. Schernikau (L’Orma, traduzione<br />
<strong>di</strong> Stefano Jorio, pp. 120, euro 11).<br />
Lungi dall’essere e<strong>di</strong>ficante, Schernikau<br />
scrive un deflagrante romanzo che, come<br />
un grido, è urgente e <strong>di</strong>sperato e ha fretta.<br />
<strong>Il</strong> flusso <strong>di</strong> coscienza del narratore, un’ininterrotta<br />
frase nervosa senza maiuscole,<br />
si situa al <strong>di</strong> là della grammatica<br />
proprio come lo scrittore tedesco, nella<br />
sua vita, si è posto al <strong>di</strong> sopra dei pregiu<strong>di</strong>zi<br />
della società. Vita breve, tuttavia.<br />
Come Hervé Guibert e Pier Vittorio Tondelli,<br />
sarà ucciso dall’Aids nel 1991, a<br />
soli quarant’anni; e proprio come per<br />
loro, il mito Schernikau rimarrà vivo per<br />
le generazioni a venire.<br />
All’apparenza inconciliabili, il grido <strong>di</strong><br />
Schernikau e la fuga <strong>di</strong> Eribon sono due<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> sopravvivere al proprio<br />
mondo uccidendo freu<strong>di</strong>anamente i padri:<br />
che, delle colpe umane, è la più preziosa<br />
da raccontare. (angelo molica franco)<br />
86 . IL VENERDÌ . 14 LUGLIO <strong>2017</strong>