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Il Venerdi di Repubblica Luglio 2017

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CULTURA<br />

MAX FERRERO / AGF<br />

RECENSIONE<br />

D’AUTORE<br />

GIAN LUCA<br />

FAVETTO<br />

BOLAÑO:<br />

LA MIA PATRIA<br />

SONO I FIGLI<br />

E LE PAROLE<br />

Nelle interviste raccolte in L’ultima<br />

conversazione lo scrittore cileno<br />

svela ossessioni, passioni, letture.<br />

E la sua idea <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so: «Venezia»<br />

ultima conversazione sono<br />

cinque. Cinque interviste a<br />

L’ Roberto Bolaño che <strong>di</strong>cono le<br />

idee, le ossessioni, le passioni,<br />

le letture, il talento e la poesia <strong>di</strong><br />

questo scrittore nato in Cile, vissuto in Messico e in<br />

Spagna, abitato <strong>di</strong> libro in libro (I detective selvaggi,<br />

Puttane assassine, 2666) dalla folle necessità <strong>di</strong><br />

scrivere, morto a cinquant’anni nel 2003. Più poesia<br />

che altro per lo sguardo che mostra sulle cose, sui<br />

fatti della vita e della letteratura, per il modo <strong>di</strong><br />

raccontare e raccontarsi, per come fa suonare le<br />

parole anche solo in una chiacchiera, rispondendo<br />

a delle domande, e nell’ottima traduzione <strong>di</strong> <strong>Il</strong>de<br />

Carmignani risulta così naturale, così evidente da<br />

far pensare che tutte le interviste Bolaño le abbia<br />

rilasciate in italiano.<br />

<strong>Il</strong> libro è uscito da Sur insieme a Tre, un volume<br />

che contiene appunto tre poemetti, eppure c’è più<br />

poesia, sguardo e temperamento, più intima necessità,<br />

in questa raccolta <strong>di</strong> considerazioni, confessioni,<br />

proposizioni. Considerato uno scrittore <strong>di</strong> culto<br />

dai suoi fedeli lettori, Bolaño riconosce che ogni<br />

romanzo, come la vita, è un susseguirsi <strong>di</strong> racconti,<br />

<strong>di</strong> storie che vanno intrecciandosi. Richiama Stendhal<br />

e annota: «Tutta la letteratura è uno<br />

specchio, ma questo specchio non se ne<br />

sta quieto, si muove su una strada. E<br />

sullo specchio si riflettono via via le cose<br />

che succedono lungo la strada, e ogni<br />

cosa può restare in sospeso con un punto<br />

interrogativo o può finire».<br />

Finire. Per l’e<strong>di</strong>zione messicana <strong>di</strong><br />

Playboy gli domandano come è fatto il<br />

para<strong>di</strong>so. E lui: «Come Venezia, spero, un<br />

posto pieno <strong>di</strong> italiane e italiani, un posto<br />

che si usa e consuma, un posto che sa che nulla<br />

dura per sempre, nemmeno il para<strong>di</strong>so». E così,<br />

quando gli chiedono che cos’è la patria, risponde<br />

che la sua patria sono i suoi due figli, Lautaro e<br />

Alexandra. Poi aggiunge: «E forse, ma solo in seconda<br />

battuta, certi istanti, certe strade, certi volti o<br />

scene o libri che porto dentro <strong>di</strong> me e che un giorno<br />

<strong>di</strong>menticherò, che poi è la cosa migliore da fare con<br />

la patria». Sa bene, Bolaño, e lo sa da scrittore, da<br />

poeta, da persona, che se esiste una patria è fatta<br />

dalle storie nostre mescolate con quelle che ascoltiamo<br />

e dalle parole che scegliamo per <strong>di</strong>rle.<br />

*Roberto Bolaño, L’ultima conversazione, traduzione<br />

<strong>di</strong> <strong>Il</strong>de Carmignani, Sur pp. 128, euro 15<br />

I COMING OUT I<br />

STORIE DI GAY.<br />

IN RIVOLTA<br />

O RICONCILIATI<br />

La fuga nasce sempre da una costellazione<br />

<strong>di</strong> sentimenti: si scappa per amore,<br />

per o<strong>di</strong>o, dolore, ma si scappa anche<br />

per sopravvivere quando non si ha altra<br />

possibilità.<br />

Lo sa bene Di<strong>di</strong>er Eribon, che in Ritorno<br />

a Reims (Bompiani, traduzione <strong>di</strong> Annalisa<br />

Romani, pp. 224, euro 18) narra il dolore<br />

del proprio passato: giovane gay in un<br />

paesino del nord-est francese, cresce scoprendo<br />

la vergogna <strong>di</strong> sentirsi indesiderato.<br />

A trent’anni dalla fuga dalla casa natale,<br />

vi torna dopo la morte del padre o<strong>di</strong>ato.<br />

Attraverso le parole della madre, i<strong>di</strong>er –<br />

<strong>di</strong>venuto intanto un celebre sociologo<br />

impegnato per i <strong>di</strong>ritti civili – riporta alla<br />

memoria l’incomunicabilità con i fratelli,<br />

la scoperta della cultura come via <strong>di</strong> fuga,<br />

l’omofobia del paese. Tuttavia, proprio nel<br />

riesumare le istantanee del passato <strong>di</strong><br />

fronte alla donna – ormai solo l’ombra<br />

della madre insensibile che è stata – l’autore<br />

si riconcilia con se stesso e ripara lo<br />

strappo al cuore da cui sono sempre passati<br />

il dolore e la rabbia, oggi <strong>di</strong>luiti dallo<br />

scoprirsi in pace con le proprie origini e<br />

perciò in qualche modo salvo.<br />

Di salvezza, invece, non c’è traccia in<br />

Canzone d’amore da un tempo <strong>di</strong>fficile<br />

<strong>di</strong> Ronald M. Schernikau (L’Orma, traduzione<br />

<strong>di</strong> Stefano Jorio, pp. 120, euro 11).<br />

Lungi dall’essere e<strong>di</strong>ficante, Schernikau<br />

scrive un deflagrante romanzo che, come<br />

un grido, è urgente e <strong>di</strong>sperato e ha fretta.<br />

<strong>Il</strong> flusso <strong>di</strong> coscienza del narratore, un’ininterrotta<br />

frase nervosa senza maiuscole,<br />

si situa al <strong>di</strong> là della grammatica<br />

proprio come lo scrittore tedesco, nella<br />

sua vita, si è posto al <strong>di</strong> sopra dei pregiu<strong>di</strong>zi<br />

della società. Vita breve, tuttavia.<br />

Come Hervé Guibert e Pier Vittorio Tondelli,<br />

sarà ucciso dall’Aids nel 1991, a<br />

soli quarant’anni; e proprio come per<br />

loro, il mito Schernikau rimarrà vivo per<br />

le generazioni a venire.<br />

All’apparenza inconciliabili, il grido <strong>di</strong><br />

Schernikau e la fuga <strong>di</strong> Eribon sono due<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> sopravvivere al proprio<br />

mondo uccidendo freu<strong>di</strong>anamente i padri:<br />

che, delle colpe umane, è la più preziosa<br />

da raccontare. (angelo molica franco)<br />

86 . IL VENERDÌ . 14 LUGLIO <strong>2017</strong>

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