13.09.2017 Views

Il Venerdi di Repubblica Luglio 2017

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

DOLCEVITA<br />

IL VENERDÌ SPORTIVO<br />

suo personaggio, irascibile, rissoso, strafottente,<br />

provocatore. Di questo dualismo<br />

tanto si sa e tanto s’è detto. Solo che adesso<br />

il cinema lo porta fuori dalla platea<br />

sportiva e lo <strong>di</strong>lata.<br />

Borg e McEnroe erano <strong>di</strong>vergenti,<br />

ognuno la risposta all’altro. <strong>Il</strong> primo, svedese,<br />

senza una vera cultura né tra<strong>di</strong>zione<br />

tennistica alle spalle nel suo Paese, era<br />

sbucato da un piano <strong>di</strong>dattico <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione<br />

dello sport nelle scuole, voluto dalla<br />

socialdemocrazia andata al governo.<br />

Giunse tra noi, più o meno insieme allo<br />

sciatore Stenmark e alle canzoni degli<br />

Abba, a prometterci che la Svezia non sarebbe<br />

stata più un argomento a cena nelle<br />

case della upper class, non era più soltanto<br />

Ingmar Bergman e Olof Palme. La Svezia<br />

con Borg <strong>di</strong>ventava pop. L’altro, newyorchese,<br />

era invece l’ultimo frutto della stessa<br />

terra <strong>di</strong> Tilden, Budge e Kramer. Un<br />

patrimonio genetico nazionale da campione.<br />

Un regolarista da una parte, con la<br />

sua ripetitività ossessiva da fondo campo,<br />

quasi robotica, alla ricerca dell’errore altrui;<br />

un fantasista dall’altra, una mano<br />

sinistra baciata dagli dei, un interprete<br />

sontuoso del più classico fra gli stili <strong>di</strong><br />

gioco, la battuta e<br />

la <strong>di</strong>scesa a rete.<br />

Eppure – bisognerà<br />

saperlo prima<br />

<strong>di</strong> andare a sederci<br />

al buio in sala<br />

– ciascuno a modo<br />

suo un eretico.<br />

McEnroe stava accompagnando<br />

il<br />

gioco <strong>di</strong> volo<br />

dall’età della leggerezza<br />

a quella<br />

dell’energia. <strong>Il</strong> tocco<br />

sotto rete non<br />

sarebbe stato più<br />

BORG PORTÒ<br />

LE TEENAGER<br />

SUI CAMPI.<br />

ERA L’ELEGANZA<br />

CONTRO LA<br />

CONCRETEZZA<br />

una carezza possibile solo con un piumino<br />

per cipria. McEnroe, le sue volée, iniziava<br />

a spingerle. Si era assunto il compito<br />

<strong>di</strong> iniettare l’energia del futuro dentro<br />

i gesti del passato, rivoluzionando pure<br />

condotte e atteggiamenti in campo. Insultava<br />

arbitri e avversari, sfasciava racchette,<br />

avrebbe gridato sul muso <strong>di</strong> un<br />

giu<strong>di</strong>ce la frase «You cannot be serious»,<br />

non puoi <strong>di</strong>re sul serio. Viveva ogni chiamata<br />

dubbia come una bestemmia contro<br />

Lo sponsor:<br />

«Avevo 14 anni,<br />

quel giorno<br />

non mi staccai<br />

dalla tv»<br />

WIMBLEDON (LONDRA). COME CAPITA<br />

PER QUEGLI EVENTI CHE LASCIANO IL SEGNO<br />

NELLA MEMORIA, GIUSEPPE LAVAZZA<br />

RICORDA PERFETTAMENTE DOVE SI TROVAVA<br />

IL 5 LUGLIO 1980. «AVEVO 14 ANNI ED ERO<br />

IN VACANZA AD ALASSIO CON I MIEI<br />

GENITORI. QUEL GIORNO NIENTE SPIAGGIA,<br />

NON MI STACCAI DALLA TV FINCHÉ BORG<br />

NON VINSE LA FINALE». TRENTASETTE ANNI<br />

DOPO L’IMPRENDITORE PIEMONTESE<br />

È A WIMBLEDON: LAVAZZA È SPONSOR<br />

DAL 2011 DEL TORNEO (E DI TUTTI QUELLI<br />

DEL GRANDE SLAM). «TIFAVO PER BORG<br />

E PER IL SUO STILE» DICE LAVAZZA. «PENSAVA<br />

SOLO A GIOCARE E QUANDO FINIVA TORNAVA<br />

AD ALLENARSI. NON LO VEDEVI GIOIRE<br />

PER IL PUNTO PRESO NÉ PER QUELLO<br />

PERDUTO. NON MOLLAVA MAI, GLACIALE».<br />

MCENROE, COME CONFESSÒ ALCUNI ANNI<br />

DOPO, PENSAVA DI AVERE LA PARTITA<br />

IN MANO, MA «BORG, CON IL PASSARE<br />

DELLE ORE, ERA FISICAMENTE SEMPRE<br />

PIÙ FORTE, INSTANCABILE». MA CHI SONO<br />

I BORG E I MCENROE DI OGGI? «FEDERER<br />

E NADAL» DICE LAVAZZA «RICORDANO<br />

LO SVEDESE. COME L’AMERICANO<br />

INVECE NON C’È NESSUNO. PER IL SUO<br />

PESSIMO CARATTERE LA PRIMA VOLTA<br />

CHE VINSE WIMBLEDON NON LO FECERO<br />

NEMMENO SOCIO ONORARIO. QUANDO<br />

LO VINSE PER LA SECONDA VOLTA<br />

GLI INGLESI FURONO PERÒ COSTRETTI<br />

A CEDERE». (MARCO ROMANI)<br />

<strong>di</strong>o, e non c’era altro <strong>di</strong>o al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> lui.<br />

Era per tutti «il monello», per gli in<strong>di</strong>gnati<br />

tabloid inglesi «un moccioso».<br />

Borg era persino più innovatore, ma<br />

per altri versi. In campo era <strong>di</strong>ventato un<br />

riferimento assoluto imponendo al mondo<br />

l’uso del top spin (la palla colpita dal<br />

basso verso l’alto con un movimento <strong>di</strong><br />

polso) e il rovescio a due mani. Borg era il<br />

Concilio Vaticano II nella immutabile<br />

chiesa del tennis. Come se non bastasse<br />

la rivoluzione tecnica, ne fece anche lui<br />

una seconda estetica. Fu il primo a intuire<br />

che sull’erba servivano scarpe <strong>di</strong>fferenti<br />

da quelle da sempre indossate, impose<br />

una suola <strong>di</strong>fforme, facendo la fortuna<br />

<strong>di</strong> un’azienda trevigiana fino a quel<br />

momento specializzata in scarponi da<br />

montagna, la Diadora. Aveva capelli lunghi<br />

legati da una fascia, una magliettina<br />

attillata, all’epoca made in Italy pure<br />

quella: Fila oggi è <strong>di</strong> proprietà coreana.<br />

Diventò il primo a portare le teenager sui<br />

campi da tennis, a farle urlare, a mettere<br />

sul fuoco una pentola in cui bolliva eccitazione,<br />

si presentò come una scossa sexy<br />

in una gita della parrocchia. <strong>Il</strong> tennis in<br />

televisione è arrivato perché tutti potessero<br />

vedere Borg. E le palline gialle, nel<br />

tennis, sono arrivate perché quella partita<br />

del 5 luglio 1980 fece capire a quel<br />

mondo <strong>di</strong> conservatori che, se volevano<br />

stare in tv, ecco, allora in tv le palline<br />

bianche non si riuscivano a vedere.<br />

L’eleganza contro la concretezza. Un<br />

conflitto esemplare, più <strong>di</strong> Coppi-Bartali,<br />

<strong>di</strong> Ali-Frazier e dell’Hunt-Lauda visto in<br />

Rush. Borg generò un mucchio <strong>di</strong> imitatori,<br />

<strong>di</strong> McEnroe si è sempre riconosciuta<br />

l’unicità. Unico pure nell’accogliere la<br />

notizia che un film avrebbe indagato<br />

dentro le loro vite, circostanza che deve<br />

averlo inquietato non poco alla vigilia<br />

dell’uscita della sua seconda autobiografia.<br />

Andrew Anthony, nel recensirla l’altra<br />

settimana per The Observer, si è chiesto<br />

perché dovrebbe interessarci qualcosa<br />

delle sue partite tra vecchie glorie: «Quante<br />

vite meritano due libri?». McEnroe risponderebbe:<br />

la mia. Con Vanity Fair s’è<br />

sfogato all’inizio delle riprese: «Non so se<br />

hanno intenzione <strong>di</strong> girare tutto il film<br />

senza venire a parlarmi, forse non gli interessa,<br />

non credo che sia possibile. La-<br />

Beouf mi pare una buona scelta: molti gli<br />

danno del matto, allora dovrebbe funzionare.<br />

Anche se non ricordo un solo film <strong>di</strong><br />

tennis ben riuscito. Sono tutti orribili». La<br />

comme<strong>di</strong>a romantica Wimbledon, con<br />

Paul Bettany e Kirsten Dunst, ebbe Pat<br />

Cash come controfigura perché non è<br />

semplice insegnare a un attore come<br />

stare in campo e colpire la palla, mentre<br />

in Match point <strong>di</strong> Woody Allen il tennis<br />

era lo sfondo non l’argomento.<br />

Questo Borg/McEnroe, come <strong>di</strong>ce il suo<br />

76 . IL VENERDÌ . 14 LUGLIO <strong>2017</strong>

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!