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CONTROMANO<br />
CURZIO MALTESE<br />
L’ITALIA SMEMORATA<br />
CHE SI INDIGNA PER GLI SBARCHI<br />
el cosiddetto <strong>di</strong>battito<br />
sulla crisi dei migranti,<br />
N in breve precipitato<br />
nel solito pollaio<br />
a caccia <strong>di</strong> consensi, sono arrivate<br />
parole <strong>di</strong> buon senso da parte<br />
<strong>di</strong> Emma Bonino, testimone <strong>di</strong><br />
un’epoca in cui la politica ancora<br />
pensava invece <strong>di</strong> twittare scemenze<br />
a getto continuo. La madre dei<br />
ra<strong>di</strong>cali ha invitato tutti a fare uso<br />
<strong>di</strong> una facoltà ormai desueta, la<br />
memoria, dunque a in<strong>di</strong>gnarsi certo<br />
del crudo egoismo <strong>di</strong> Francia e<br />
Spagna, ma anche a riflettere sugli<br />
errori dell’Italia. Non vi sarebbe<br />
neppure bisogno <strong>di</strong> andare troppo<br />
in<strong>di</strong>etro nel tempo, ma solo <strong>di</strong><br />
ripercorrere la strategia suicida<br />
degli ultimi tre o quattro anni. In<br />
principio era Mare Nostrum. Sulla<br />
scia emotiva dell’ennesima trage<strong>di</strong>a<br />
al largo <strong>di</strong> Lampedusa, il governo<br />
Letta ebbe nell’ottobre del 2013<br />
questa grande e generosa intuizione.<br />
In pochi mesi, grazie al lavoro <strong>di</strong><br />
marina e aeronautica, furono<br />
salvate 150 mila vite, conquistando<br />
all’Italia per una volta l’ammirazione<br />
del mondo intero e l’entusiastico<br />
riconoscimento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> organizzazioni<br />
internazionali, dall’Onu ad<br />
Amnesty. A quel punto il nostro<br />
Paese sarebbe potuto andare a<br />
Bruxelles per battere davvero i<br />
pugni sul tavolo, e chiedere che<br />
Mare Nostrum <strong>di</strong>ventasse un<br />
progetto europeo, magari affiancato<br />
dall’apertura <strong>di</strong> corridoi umanitari,<br />
dunque finanziato con i miliar<strong>di</strong><br />
necessari da tutta l’Unione. Questo<br />
se avessimo una classe <strong>di</strong>rigente<br />
all’altezza. L’Italia del governo<br />
Renzi ha invece chiuso Mare<br />
Nostrum perché «costava troppo» –<br />
salvare vite è in effetti spesso<br />
antieconomico, per quanto<br />
infinitamente meno costoso che<br />
salvare banchieri – e ha accettato <strong>di</strong><br />
aderire al fallimentare programma<br />
europeo Triton. Nel contempo, come<br />
ricorda Bonino, «siamo stati noi,<br />
fra il 2014 e il 2016, a chiedere<br />
all’Europa che gli sbarchi<br />
avvenissero tutti sulle nostre coste,<br />
violando il trattato <strong>di</strong> Dublino».<br />
Questo mirabile cocktail <strong>di</strong> miopia e<br />
autolesionismo è stato sfruttato<br />
dalla Germania, che una classe<br />
<strong>di</strong>rigente ce l’ha. Si è giunti dunque<br />
alla vergogna dell’accordo fra Ue<br />
e Turchia per chiudere le rotte dei<br />
Balcani. I miliar<strong>di</strong> che noi avremmo<br />
dovuto chiedere e ottenere con<br />
ragione, in cambio <strong>di</strong> una vera<br />
azione umanitaria, li abbiamo dati<br />
al governo fascista <strong>di</strong> Ankara, per<br />
creare lager, finanziare il fanatismo<br />
islamista e spostare i flussi verso<br />
le nostre coste. Ora <strong>di</strong> fronte<br />
alla preve<strong>di</strong>bilissima emergenza,<br />
il governo italiano scopre <strong>di</strong> colpo<br />
che sarebbe stato meglio aprire<br />
anche i porti <strong>di</strong> Francia e Spagna,<br />
che naturalmente se ne guardano<br />
bene e sventolano le firme italiane<br />
sui trattati, e che i 200 milioni<br />
<strong>di</strong> mancia elargiti dall’Europa<br />
a Roma sono un insulto rispetto<br />
ai 6 miliar<strong>di</strong> destinati a Erdogan.<br />
<strong>Il</strong> prossimo passo sarà dare sol<strong>di</strong><br />
anche al governo libico,<br />
che non esiste e, dove opera, fa<br />
rimpiangere il caos. Ecco la storia<br />
dell’emergenza sbarchi. Una storia<br />
molto italiana, e un po’ italiota.<br />
SCOPERTINE<br />
MARCO FILONI<br />
scopertine@repubblica.it<br />
WALTER BENJAMIN<br />
GENIO CON DUE VOLTI<br />
Un volto che in molti riconoscono:<br />
montatura esile che <strong>di</strong>verrà spessa<br />
con gli anni, capelli arruffati, baffi novecenteschi,<br />
sigaretta in mano. Un’espressione<br />
mesta, mai un sorriso. <strong>Il</strong><br />
viso <strong>di</strong> Walter Benjamin è un’icona per<br />
alcuni suoi ritratti. La sua effigie, come<br />
ha scritto lo stu<strong>di</strong>oso Massimo Palma,<br />
fa <strong>di</strong> lui un «valore in esposizione» con<br />
cui identificare due categorie: il genio<br />
e la vittima (il filosofo ebreo-tedesco fu<br />
entrambe le cose). Ritroviamo una <strong>di</strong><br />
queste foto, scattata da Germaine<br />
Krull nel 1926, nella copertina <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Buondonno, <strong>Il</strong> soggetto rivoluzionario.<br />
Attualità <strong>di</strong> Walter Benjamin,<br />
pubblicato da Ombre corte. E qui l’autore<br />
vuol proprio liberarsi <strong>di</strong> alcuni luoghi<br />
comuni, restituire il ruolo che gioca<br />
il «soggetto politico»<br />
nell’opera <strong>di</strong> Benjamin,<br />
al <strong>di</strong> là della ricezione<br />
(«la fama postuma» <strong>di</strong><br />
cui parlava anche Hannah<br />
Arendt) dopo la<br />
sua morte, da suicida,<br />
nel 1940. Un libro che<br />
riesce nei suoi intenti.<br />
Per osservare la foto, in<br />
copertina, e non pensare<br />
solo a un santino.<br />
6 . IL VENERDÌ . 14 LUGLIO <strong>2017</strong>