Il Venerdi di Repubblica Luglio 2017

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OPERETTA PLÁCIDO DOMINGO IL 21 LUGLIO SI ESIBIRÀ ALL’ARENA DI VERONA CON LO SPETTACOLO ANTOLOGÍA DE LA ZARZUELA. SOTTO, IL LOGO DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA, CHE ORGANIZZA IL FESTIVAL LIRICO di Giuseppe Videtti Il Maestro racconta oltre mezzo secolo di carriera (con 3.900 recite). Al festival di Verona canterà arie di zarzuela, il genere con cui iniziò. Seguendo il padre e la madre FOTO ENNEVI ONACO. Nella hall di un lussuoso albergo, Plácido Domingo, 76 anni, gigante M della lirica, l’Otello più longevo (225 volte; una storica recita a Vienna lasciò Sir Laurence Olivier sbigottito), mattatore dei Tre Tenori, una seconda giovinezza come baritono, non passa inosservato. È l’ora del tè, alcuni gentlemen si alzano e chinano il capo in segno di rispetto, come davanti a un santo in processione; le signore si scambiano cenni d’intesa – nessuno azzarda una richiesta d’autografo, troppo plebeo. Allegro, carismatico, sempre pronto a condire la conversazione con esclamazioni saporite e risate generose, Domingo (almeno 147 ruoli e oltre 100 opere incise), è cosciente del potere che ha sul suo pubblico. «Meglio sistemarci sul «PAVAROTTI retro, in una zona in penombra, se HA RINSALDATO vogliamo parlare tranquillamente» sussurra alla cameriera con IL MIO LEGAME CON L’ITALIA. TRA NOI C’ERA crestina e grembiulino che si affanna a scovare un cozy corner per UNA COMPLICITÀ STRAORDINARIA» il Maestro. Lui non fa in tempo a informarci delle sue frenetiche attività – la direzione della Los Angeles Opera, la gestione del concorso Operalia per giovani talenti (a Los Angeles, Valencia e Washington), un Macbeth a Madrid che è la sua recita numero 3.900, un’Antología de la Zarzuela all’Arena di Verona il 21 luglio – che una bella signora con la fisionomia di una matura Lauren Bacall appare dal nulla e implora un selfie. Parlano brevemente in tedesco, lingua che Domingo conosce benissimo, come l’italiano, l’inglese, il francese e il russo, oltre allo spagnolo, ovviamente. 14 LUGLIO 2017 . IL VENERDÌ . 105

SPETTACOLI NELL’ARENA «Sono felice di festeggiare i cinquant’anni dal mio debutto a Vienna e a Berlino. Eh sì, canto da tanto, tanto tempo. Alla Scala debuttai quarantotto anni fa, quando già avevo cantato al Met» esordisce. La prova del fuoco, cosa ricorda? «Un’immensa emozione, era Ernani, diretta dal maestro Votto, regia di Giorgio De Lullo. Come dimenticare? La prima, il 7 dicembre. Ero nel teatro con più storia e tradizione alle spalle. Solo a guardare le statue di Verdi, Puccini, Donizetti, Rossini e Bellini provai un brivido, per non parlare della valanga di cantanti leggendari che avevano calcato quelle scene…». Avrebbe mai immaginato all’epoca di poter festeggiare mezzo secolo di carriera? «Non facevo previsioni né progetti, mi godevo il successo, un teatro dopo l’altro, una produzione dopo l’altra. Ed eccomi qua. Gli ultimi vent’anni sono passati in un soffio». All’Arena di Verona presenterà un programma di zarzuelas. Vuole spiegare lei di cosa si tratta? «È il mio primo amore. Un genere musicale che prende il nome dal palazzo dei reali di Spagna, a Madrid (così chiamato perché edificato nel 1638 in una zona piena di erbacce, zarzas appunto). Erano operette che si rappresentavano a corte, concepite in regioni e dialetti diversi tra loro, alcune in Andalusia, altre in Catalogna, altre in Castiglia o Salamanca o Aragona. Alla base della storia c’è il triangolo amoroso, ma non si arriva mai alla tragedia. Nelle zarzuelas il lieto fine è d’obbligo, anche per l’immancabile coppia comica inserita nel plot. L’intrigo può anche essere scontato, ma la musica è sempre di grande qualità, tutt’altro che facile; non può immaginare quanto sia arduo cominciare a cantare dopo i lunghi recitativi. A Verona eviteremo i dialoghi, ci saranno solo arie, duetti e danze». Sarà un tuffo nel passato, la zarzuela è un tesoro di famiglia. «I miei genitori ne erano grandi interpreti, mio padre come baritono e mia madre come soprano. Non fecero una grande carriera in Spagna perché emigrarono in Messico, quando io avevo otto anni, nel ’49». A lei, bambino, dispiacque abbandonare la Spagna? «Non mi rendevo conto di quel che succedeva. Era un’avventura, mi divertiva l’inflessione con cui i messicani parlavano spagnolo, i compagni di scuola mi prendevano in giro, per loro ero un alieno. I bambini, si sa, sono cattivi, ma dopo un po’ al bullismo feci il callo. Mi consolavano le sortite in teatro, il contatto quotidiano con la compagnia: il fine settimana assistevo anche a tre rappresentazioni di seguito. Lì nacque la mia passione per la musica». La sfiorò mai l’idea di fare un lavoro diverso SOPRA, L’ARENA DI VERONA, DOVE DOMINGO, 76 ANNI, TENORE, BARITONO E DIRETTORE D’ORCHESTRA, HA DEBUTTATO NEL 1969. IN BASSO, IL CANTANTE SPAGNOLO NEL RUOLO DI LOHENGRIN ALLA STAATSOPER DI AMBURGO NEL 1968 GETTY IMAGES da quello dei suoi genitori? «Mai! Sono nato per questo, mai avuto dubbi. Mio padre sperava che diventassi un pianista, io invece m’immaginavo direttore d’orchestra, e occasionalmente dirigevo i piccoli ensemble che accompagnavano le zarzuelas. Vivo in teatro da quando avevo otto anni». Quando cominciò a coltivare la voce? «A 14 anni cominciai a cantare nella compagnia, fino al giorno in cui affrontai una piccola parte da solista nel Coro de los Repatriados di Gigantes y Cabezudos (canta sottovoce: Por la patria te dejé, ay de mí! y con ansia allí pensé solo en ti. Y hoy, ya loco de alegría, ¡ay, madre mia! me veo aquí). Venne giù il teatro, mi fecero ripetere quell’aria tre volte. Mia madre, che era in camerino, rimase fulminata dalla padronanza che avevo sfoggiato, e poco dopo debuttai in una zarzuela ambientata in Olanda che si chiama Molinos de viento. Precoce in tutto: mi sposai a sedici anni (ma durò pochissimo), diventai padre a diciassette. Avevo bisogno di lavorare, per sbarcare il lunario suonavo il pianoforte nei caffè. Infine feci il provino per un musical famosissimo, Mi bella dama (My Fair Lady), al Teatro dell’opera di Città del Messico. Lì qualcuno notò la mia impostazione operistica, preparai qualche aria da baritono ma mi dissero: “Domingo, lei è un tenore!” Non avevo niente di pronto e improvvisai Amor ti vieta dalla Fedora di Giordano con una stecca clamorosa sull’acuto. Mi dissero: «SÌ, CANTO DA TANTO, TANTO TEMPO. E CONTINUERÒ FINCHÉ AVRÒ VOCE: IL PALCO È LA MIA DROGA» “Anche con la stecca si è rivelato un buon tenore”. Mi offrirono la parte del Borsa in Rigoletto, poi il Dialogo delle Carmelitane e il Boris Godunov. E così è an- ALAMY / IPA 106 . IL VENERDÌ . 14 LUGLIO 2017

OPERETTA<br />

PLÁCIDO DOMINGO<br />

IL 21 LUGLIO SI ESIBIRÀ<br />

ALL’ARENA DI VERONA<br />

CON LO SPETTACOLO<br />

ANTOLOGÍA<br />

DE LA ZARZUELA.<br />

SOTTO, IL LOGO<br />

DELLA FONDAZIONE<br />

ARENA DI VERONA,<br />

CHE ORGANIZZA<br />

IL FESTIVAL LIRICO<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Videtti<br />

<strong>Il</strong> Maestro racconta oltre mezzo<br />

secolo <strong>di</strong> carriera (con 3.900 recite).<br />

Al festival <strong>di</strong> Verona canterà arie<br />

<strong>di</strong> zarzuela, il genere con cui iniziò.<br />

Seguendo il padre e la madre<br />

FOTO ENNEVI<br />

ONACO. Nella hall <strong>di</strong> un lussuoso albergo,<br />

Plácido Domingo, 76 anni, gigante<br />

M della lirica, l’Otello più longevo (225<br />

volte; una storica recita a Vienna lasciò<br />

Sir Laurence Olivier sbigottito), mattatore dei Tre<br />

Tenori, una seconda giovinezza come baritono, non<br />

passa inosservato. È l’ora del tè, alcuni gentlemen<br />

si alzano e chinano il capo in segno <strong>di</strong> rispetto, come<br />

davanti a un santo in processione; le signore si<br />

scambiano cenni d’intesa – nessuno azzarda una<br />

richiesta d’autografo, troppo plebeo. Allegro, carismatico,<br />

sempre pronto a con<strong>di</strong>re la conversazione<br />

con esclamazioni saporite e risate generose, Domingo<br />

(almeno 147 ruoli e oltre 100 opere incise), è cosciente<br />

del potere che ha sul suo<br />

pubblico. «Meglio sistemarci sul<br />

«PAVAROTTI retro, in una zona in penombra, se<br />

HA RINSALDATO vogliamo parlare tranquillamente»<br />

sussurra alla cameriera con<br />

IL MIO LEGAME<br />

CON L’ITALIA.<br />

TRA NOI C’ERA<br />

crestina e grembiulino che si affanna<br />

a scovare un cozy corner per<br />

UNA COMPLICITÀ<br />

STRAORDINARIA» il Maestro. Lui non fa in tempo a<br />

informarci delle sue frenetiche<br />

attività – la <strong>di</strong>rezione della Los<br />

Angeles Opera, la gestione del concorso Operalia<br />

per giovani talenti (a Los Angeles, Valencia e Washington),<br />

un Macbeth a Madrid che è la sua recita<br />

numero 3.900, un’Antología de la Zarzuela all’Arena<br />

<strong>di</strong> Verona il 21 luglio – che una bella signora con<br />

la fisionomia <strong>di</strong> una matura Lauren Bacall appare<br />

dal nulla e implora un selfie. Parlano brevemente in<br />

tedesco, lingua che Domingo conosce benissimo,<br />

come l’italiano, l’inglese, il francese e il russo, oltre<br />

allo spagnolo, ovviamente.<br />

14 LUGLIO <strong>2017</strong> . IL VENERDÌ . 105

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