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Tennis Italiano

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INTERVISTA: FLAVIA PENNETTA REPORTAGE: TENNIS SAVED MY LIFE. IN CARCERE<br />

AGOSTO-SETTEMBRE 2017 - MENSILE - ANNO 88 - N. 9<br />

p.i. 29/07/2017 ISSN 0393-0890<br />

€ 5,50<br />

in Italia<br />

LA RIVISTA DI TENNIS PIÙ ANTICA AL MONDO<br />

Roger Federer,<br />

classe 1981,<br />

ha vinto il suo<br />

ottavo titolo a<br />

Wimbledon e<br />

diciannovesimo<br />

dello Slam<br />

ROGER FEDERER<br />

IMMORTALE!<br />

TENNISITALIANO.IT


© 2017 adidas AG. adidas, the 3-Bars logo and the 3-Stripes mark are registered trademarks of the adidas Group. Stella McCartney is a trademark owned by Stella McCartney Limited, used with permission.<br />

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è distributore ufficiale in Italia, Germania e Austria<br />

per le categorie adidas <strong>Tennis</strong> e adidas <strong>Tennis</strong> Teamwear<br />

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ditoriale<br />

the Speaker’s corner<br />

A Londra è un’area dell’angolo nord orientale di Hyde Park, vicino a Marble Arch, un luogo dove si svolgono discorsi pubblici e dibattiti. Ha<br />

ospitato oratori famosi come Karl Marx, Lenin e George Orwell, ed è un notevole esempio del concetto di libertà di opinione dato che qualsiasi<br />

persona può presentarsi senza essere annunciata e parlare su praticamente qualsiasi argomento desideri. Ora, i social network sono diventati lo<br />

Speaker’s Corner dei giorni nostri, con risultati spesso preoccupanti. Come nel caso degli haters, nel tennis e nello sport in generale.<br />

«MUORI DI CANCRO, SEI UNA MERDA, AMMAZZATI, FAI SCHIFO, TI PRENDO E TI<br />

SPACCO IL CRANIO, TI AMMAZZO, TUA MADRE È UNA T***A, TUA MADRE FA I<br />

B*****I, FROCIO, PRIMA O POI TI TROVO, SPERO TU MUOIA»<br />

Spiattellando ogni parola, anche la più volgare, Stefano Napolitano ha esternato alcune delle<br />

offese ricevute via social network. Strumenti come Facebook e Twitter hanno appiattito i<br />

rapporti sociali: non c’è più alcuna verticalità, tutti possono (s)parlare, protetti dal presunto<br />

anonimato. In una delle sue frasi più famose, Umberto Eco disse che i social network<br />

hanno dato voce a «legioni di imbecilli». Nel mondo del tennis, e dello sport in generale, si<br />

è andati oltre: quando ci sono di mezzo i soldi e un sistema difficilmente controllabile come<br />

le scommesse, l’imbecillità va di pari passo con la pericolosità. E dunque capita che tanti<br />

scommettitori delusi se la prendano con i giocatori stessi, colpevoli semplicemente di aver<br />

onestamente perso una partita su cui qualcuno aveva puntato molti soldi. Dalla frustrazione<br />

alle offese, il passo è breve. Peccato che dall’altra parte del monitor ci sia una persona con le<br />

sue debolezze e fragilità. Può capitare di trovare una persona con le spalle larghe come Stefano<br />

Napolitano, ma c’è anche chi ne soffre al punto di andare in corto circuito con il cervello. È<br />

successo a Rebecca Marino, classe 1990, ex ottima giocatrice canadese che non ce l’ha fatta e<br />

si è arresa al cyberbullismo, alle minacce degli haters, scommettitori delusi che le avevano<br />

augurato la morte soltanto per aver perso un match. In un’intervista al New York Times, disse:<br />

«Si dice che pietre e bastoni possano rompere le ossa, mentre le parole no. Non è così: le parole<br />

fanno male, molto male». Si prese uno stop di sette mesi, ma non è più tornata. Per fortuna ha<br />

trovato la sua strada e ha ripreso a fare sport, dedicandosi al canottaggio. Il timore è che nei<br />

meandri del web ci siano altri casi come quello di Rebecca Marino, incapaci però di denunciare<br />

insulti e minacce, anche perché i vari social network non appaiono così collaborativi,<br />

impauriti di perdere like e follower. L’iceberg fa emergere chi ha la personalità per ribaltare i<br />

rapporti psicologici (vedi Napolitano), ma non sappiamo cosa si nasconde dietro. Il problema è<br />

però di difficile risoluzione perché la tecnologia consente di bloccare gli account sgraditi, ma è<br />

una forma di difesa molto debole perché, chiuso un account, se ne possono attivare altri dieci.<br />

A quel punto, rivolgersi alla polizia postale può essere una soluzione: ma quanti ne hanno la<br />

forza o semplicemente la voglia di impegnarsi in una battaglia che pare persa in partenza?<br />

Abolire le scommesse non è possibile: vuoi perché diversi eventi sportivi (anche alcuni tornei<br />

di tennis) sopravvivono grazie alle sponsorizzazioni dalle agenzie di betting, vuoi perché la<br />

cancellazione delle scommesse legali porterebbe alla ricrescita del mercato nero, situazione<br />

ancor più pericolosa. Nel frattempo, l’ATP ha avviato un programma per i giovani tennisti in<br />

cui indica alcune linee guida da seguire per utilizzare al meglio i social media. Ma non basta<br />

perché è impossibile prevedere la propria reazione a una minaccia. Per non avere a che fare<br />

con gli haters, l’unico sistema sicuro sarebbe un abbandono dei social network. Sam Groth,<br />

per dire, oggi ha chiuso il suo account - Riccardo Bisti<br />

1


sommario / agosto - settembre 2017<br />

22<br />

ROGER FEDERER:<br />

THE FAB ONE<br />

Federer ha conquistato l'ottavo<br />

titolo a Wimbledon, il numero 19<br />

nei tornei dello Slam, entrambi<br />

record assoluti. Ma l'estrema facilità<br />

con cui ha vinto i Championships,<br />

impone una riflessione.<br />

di Marco Imarisio<br />

32<br />

TENNIS SAVED MY LIFE.<br />

IN CARCERE<br />

Il carcere di Bollate è tra i meglio<br />

organizzati per offrire ai detenuti<br />

una rieducazione ottimale, che<br />

possa favorire la società quando<br />

verranno rilasciati. E il tennis<br />

ricopre un ruolo sorprendente.<br />

di Federico Ferrero<br />

42<br />

STORIE DI TENNIS<br />

Il tennis offre tanti spunti<br />

interessanti: da Alex Hunt che ha<br />

conquistato un punto ATP giocando<br />

senza un braccio all'ex portiere di<br />

calcio che in tre anni è diventato 3.1,<br />

alla favola di Marcus Willis...<br />

di F. Mariani e L. Cazzaniga<br />

50<br />

INTERVISTA:<br />

FLAVIA PENNETTA<br />

Diventata mamma da poche<br />

settimane, l'ex campionessa dello<br />

US Open ha parlato del marito, Fabio<br />

Fognini, del tennis femminile, dei<br />

progetti futuri e dei due di picche<br />

che Nadal prendeva dalla fidanzata...<br />

di Marco Caldara<br />

THEN NOW: Centre Court di Wimbledon / STATS: ATP Masters 1000 di Luca Brancher / NEXT GEN: Andrey Rublev di Lorenzo Cazzaniga


THE NEW ASICS GEL-RESOLUTION ® 7


sommario / agosto - settembre 2017<br />

58<br />

72<br />

88<br />

98<br />

INCHIESTA: CHE FINE<br />

HANNO FATTO?<br />

Abbiamo preso tutti i giocatori<br />

italiani capaci di entrare nella top<br />

100 mondiale nell'Era Open per<br />

vedere cosa combinano adesso.<br />

Un'inchiesta accurata che ci ha<br />

fatto scoprire che...<br />

di Marco Caldara<br />

TECNICA: IL SERVIZIO<br />

IN DOPPIO<br />

In doppio, anche a livello di club,<br />

subire un break può costare il set<br />

perché recuperarlo non è facile.<br />

Ecco alcuni consigli pratici per<br />

aiutarvi a mantenere con costanza<br />

i vostri turni di battuta.<br />

di Diego Nargiso<br />

SPECIALE CORDE:<br />

MONOFILAMENTO<br />

Sono le corde più utilizzate dai<br />

professionisti e spesso abusate<br />

dai giocatori di club. Bisogna<br />

conoscerle a dovere e capire<br />

come sfruttarle al meglio. Con<br />

un elenco di tre modelli top.<br />

di Gabriele Medri<br />

GENITORI & FIGLI:<br />

LUCA QUINZI<br />

Un fiume in piena: il papà di<br />

Gianluigi Quinzi racconta senza<br />

freni le vicissitudini di un ragazzo<br />

prodigio, delle difficoltà con i<br />

coach, del complicato passaggio<br />

tra i pro e del prossimo futuro.<br />

di Federico Mariani<br />

TEST RACCHETTA: Tecnifibre T-Flash 300 / INTERVISTA: Filippo Baldi / PORTO SAN GIORGIO: giovani fenomeni / PADEL: tecnica, eventi, club...


Roger Federer,<br />

classe 1981,<br />

ha vinto il suo<br />

ottavo titolo a<br />

Wimbledon e<br />

dicinnovesimo<br />

dello Slam<br />

contri<br />

FEDERICO FERRERO<br />

<br />

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CORRADO ERBA<br />

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MARCO CALDARA<br />

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FEDERICO MARIANI<br />

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DIEGO NARGISO<br />

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INTERVISTA: FLAVIA PENNETTA REPORTAGE: TENNIS SAVED MY LIFE. IN CARCERE<br />

AGOSTO-SETTEMBRE 2017 - MENSILE - ANNO 88 - N. 9<br />

p.i. 29/07/2017 ISSN 0393-0890<br />

€ 5,50<br />

in Italia<br />

LA RIVISTA DI TENNIS PIÙ ANTICA AL MONDO<br />

ROGER FEDERER<br />

IMMORTALE!<br />

TENNISITALIANO.IT<br />

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EDISPORT EDITORIALE SRL, via Don Luigi Sturzo, 7 - 20016 Pero (MI), tel. 02/380851 - mail: tennisitaliano@edisport.it<br />

Direttore Responsabile: Executive Director: <br />

Segreteria: Contributors: Riccardo Bisti, Marco Bucciantini, Marco Caldara, Corrado Erba, Federico<br />

Area tecnica: Dati di laboratorio<br />

test prodotti: Fotografi: Servizio grafico:<br />

Direttore di produzione:Coordinamento tecnico: Stampa:<br />

Distribuzione: <br />

Distributore per l’estero: <br />

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Editoriale<br />

DI LORENZO CAZZANIGA<br />

La vita mi ha risparmiato il latino ma fortunatamente è arrivato in<br />

soccorso Google. Così scopro che proprio i latini sostenevano che Dotata<br />

animi mulier virum regit, cioè che Una donna dotata di coraggio (di spirito)<br />

sostiene (consiglia) il marito. Una frase che la scrittrice britannica virginia<br />

woOLF ha poi semplificato in Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande<br />

donna. secondo i bene informati, è una citazione che si addice perfettamente<br />

alla relazione tra Roger federer e sua moglie Mirka Vavrinec, ex buona<br />

giocatrice, ora amministratrice della vita del marito, carriera compresa.<br />

Dati i risultati, sarebbe stato difficile trovare un miglior amministratore delegato. Se Roger ha<br />

il merito di aver conquistato sul campo diciannove Slam, Mirka ha quello di averlo messo nelle<br />

migliori condizioni per riuscirci. Che la sua opinione abbia un peso notevole lo ha involontariamente<br />

confermato lo stesso Federer, dicendosi pronto a smettere nel caso lei non fosse più<br />

felice di viaggiare in aereo privato, dormire in suite di lusso, frequentare il jet set internazionale<br />

con un paio di tate che le accudiscono i quattro figli e, nel mentre di tutto ciò, amministrare<br />

gli impegni del marito.<br />

Perché Mirka non è lì solo per avvantaggiarsi del ruolo di moglie di uno dei più straordinari<br />

esemplari della storia dello sport. Lei è parte vitale di questi successi. È stata lei ad allontanare<br />

figure troppo invadenti (Federer dice che solo 200 persone hanno il suo numero di cellulare<br />

e suppongo che Mirka le conosca tutte), ma anche a consigliare, se non proprio ad imporre,<br />

scelte tecniche. Pare infatti sia stata anche (soprattutto?) sua volontà optare per coach Ivan<br />

Ljubicic, ritenuto una persona di savoir faire con Roger e per questo ideale consigliere. Più di<br />

Tony Roche, di Stefan Edberg, per non parlare di Paul Annacone, personaggi squisiti ma dalla<br />

personalità non abbastanza spiccata per confrontarsi con il marito. Perché Federer appare<br />

compiacente, e sicuramente lo è con la moglie, ma non è tipo da accettare facilmente delle<br />

critiche sulla sua tecnica di gioco. Con coraggio pari alla saggezza, Ljubicic gli ha invece fatto<br />

notare alcuni dettagli su cui poter lavorare, come la volée di rovescio. Ci saranno stati scambi<br />

di opinione educati ma anche piuttosto tesi, ma i risultati sono evidenti. È altresì probabile che<br />

a Ljubicic piacerebbe vedere un Federer ancora più indipendente, sicuro di sé, come ha dimostrato<br />

sul campo imparando a essere più aggressivo di un tempo. Ma Ljubo è anche altrettanto<br />

intelligente da sapere quanto sia indispensabile mantenere un rapporto di attento equilibrio<br />

con Mirka, onde evitare che il giocattolo perfetto che è riuscito ad assemblare, si spezzi.<br />

Mirka e Ljubicic non sono però i soli personaggi chiave dello staff RF: Pierre Paganini è il preparatore<br />

atletico che l’ha forgiato e poi resuscitato, Severin Luthi l’amico che gli sta sempre di<br />

fianco, Tony Godsick, cognome sfortunato, il manager di una vita, sottratto all’IMG per farlo<br />

diventare suo agente personale. Quando la schiera di agenti IMG volava a Miami per scovare<br />

qualche nuovo talento all’Orange Bowl, come ultimo arrivato, il suo compito era più che altro<br />

fare la spesa. La sua fortuna è stata quella di poter crescere al fianco di un manager come Cino<br />

Marchese e imparare il lavoro nella miglior agenzia. Ora gestisce un’icona che Forbes valuta<br />

in 64 milioni di dollari all’anno e che recentemente è stato perfino votato come sportivo più<br />

trendy ed elegante al mondo. Lui che, arrivato sul Tour, girava per via Montenapoleone con la<br />

coda di cavallo e una felpa col cappuccio.<br />

Comunque sia, le compagne hanno sempre rappresentato un fattore nel tennis: Ivanisevic dice<br />

che una donna è il peggior infortunio che possa capitare ad un tennista; Marat Safin ha buttato<br />

via mezza carriera nel correrci dietro o, come diceva lui, per farle andar via dopo. Agassi che<br />

«il problema non è fare sesso prima di una partita, ma doversi impegnare per farlo». Non è un<br />

caso che i Fab Four siano impegnati in relazioni lunghe e prive di scoop, al punto che è bastato<br />

un primo gossip sulla vita sentimentale di Djokovic perché un castello solidissimo rischiasse il<br />

crollo. Camus gridava , quando si voleva trovare un motivo ai problemi di<br />

un uomo. Spesso avrà avuto ragione, ma all’epoca, Mirka Vavrinec non era ancora nata.<br />

NEXT ISSUE<br />

In questo numero, oltre al<br />

<br />

successo di Roger Federer a<br />

Wimbledon, trovate tanti<br />

altri argomenti interessanti:<br />

dall’intervista a Flavia<br />

<br />

<br />

varie storie che rendono il<br />

<br />

<br />

<br />

alcune rubriche: tra queste,<br />

<br />

<br />

del tennis tramite le nostre<br />

<br />

mitico anno 1976, col numero<br />

<br />

ricordarlo) questo è un numero<br />

<br />

<br />

<br />

tornei dell’estate americana,<br />

<br />

<br />

it) che lanceremo il 28 agosto,<br />

troverete consigli tecnici e i test<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

8


SO EASY!<br />

WHO<br />

Fabio Fognini<br />

WHERE<br />

Wimbledon, Londra<br />

WHEN<br />

7 luglio 2017<br />

WHY<br />

Perché la facilità di esecuzione è<br />

ancora quello che più ci affascina<br />

WHAT<br />

Il talento di Fognini è fuori<br />

discussione, soprattutto la sua<br />

velocità di esecuzione. Pare un<br />

mago con la palla: adesso c’è, ora<br />

non c’è più! La sua capacità di<br />

accelerare senza apparente fatica<br />

non è passata inosservata nemmeno<br />

a chi, sui prati dell’All England Club,<br />

festeggiava i trent’anni dal suo<br />

trionfo: Pat Cash, un tipo di solito<br />

avaro di complimenti.<br />

Anche contro Andy Murray, è stato<br />

spesso Fognini a dettar legge ma<br />

purtroppo il tennis è uno di quei rari<br />

sport dove non sempre il più dotato<br />

vince. Infatti accade spesso tra i<br />

tennisti di fare come l’indimenticato<br />

Paròn Rocco che, quando gli<br />

dicevano Vinca il migliore, lui<br />

rispondeva: «Ciò, speremo de no!».<br />

photo by<br />

Shaun Botterill<br />

Getty Images Sport<br />

11


CONTAINER LOVE<br />

WHO<br />

White Club <strong>Tennis</strong><br />

WHERE<br />

Monaco di Baviera, Germania<br />

WHEN<br />

14 luglio 2017<br />

WHY<br />

Perché il tennis non<br />

conosce davvero confini<br />

WHAT<br />

Ci siamo già occupati sul nostro<br />

PlayBook dei ragazzi del White<br />

Club <strong>Tennis</strong>, che organizzano<br />

league per far giocare anche chi si è<br />

appena avvicinato (o ri-avvicinato)<br />

al tennis, in un contesto di<br />

agonismo, divertimento e socialità.<br />

In un paio d’anni, hanno raccolto<br />

oltre duemila adesioni. Poi, di<br />

tanto in tanto, decidono di voler<br />

dimostrare che si può giocare tennis<br />

dove nessuno oserebbe pensare:<br />

davanti all’Olympiastadion di<br />

Berlino, in piena Theresienwiese,<br />

la patria dell’Oktoberfest o ancora<br />

in cima allo Zugspitze, la montagna<br />

più alta di Germania. In questo<br />

caso, hanno scelto di infilare<br />

un campo da tennis in mezzo a<br />

centinaia di container, della Kloiber,<br />

a Monaco di Baviera. Stay foolish,<br />

diceva un certo Steve Jobs.<br />

photo by<br />

Marcin Zabinski<br />

13


IL FASCINO<br />

WHO<br />

Ivo Karlovic<br />

WHERE<br />

Court 3, Wimbledon, Londra<br />

WHEN<br />

3 luglio 2017<br />

WHY<br />

Perché lo spettacolo non è<br />

solo il Centre Court<br />

WHAT<br />

Chi varca per la prima volta i<br />

Doherty Gates deve subito infilarsi<br />

sul Centre Court, fosse anche<br />

vuoto, immaginando le volée di<br />

Cash e Rafter, il servizio di Sampras<br />

e la risposta di Agassi, perfino le<br />

bestemmie di McEnroe. L’atmosfera<br />

è unica, anche adesso che il tetto<br />

l’ha reso più moderno e funzionale,<br />

per spettatori e tv. Però, una volta<br />

reso omaggio al Tempio, meglio<br />

appollaiarsi sui campi secondari.<br />

Il sole tramonta tardi e gli ultimi<br />

match sono spesso epici pur senza<br />

passare alla storia, perché non<br />

si affrontano dei top players ma<br />

giocatori che darebbero comunque<br />

due dita pur di passare un turno<br />

ai Championships. Chi ha visto<br />

Karlovic vs. Bedene non avrà<br />

assistito ad un tennis di primissima<br />

qualità. Ma avrà goduto tanto.<br />

photo by<br />

Shaun Botterill<br />

Getty Images Sport<br />

15


T H E N<br />

Centre Court di Wimbledon<br />

1981<br />

Una delle finali storiche tra John McEnroe<br />

e Bjorn Borg. Lo svedese, dopo cinque<br />

vittorie consecutive, abdicò: una sconfitta<br />

che fu il preludio ad un ritiro prematuro,<br />

giunto a soli 26 anni, seppur con ben 11<br />

Slam già vinti. Da notare come il campo<br />

fosse rovinato nella zona del servizio e<br />

in quelle vicino alla rete, dato che molti<br />

giocavano sistematicamente il serve &<br />

volley (spesso anche un regolarista come<br />

lo stesso Borg) e molto poco nelle parti<br />

laterali del fondocampo.<br />

16


N O W<br />

Centre Court di Wimbledon<br />

2017<br />

<br />

vinta contro Tomas Berdych. Il serve & volley<br />

è ormai merce rara, al punto che uno scambio<br />

di primo turno tra Rafael Nadal e John<br />

Millman si è concluso dopo 34 colpi! Anche<br />

le condizioni del campo sono molto diverse<br />

<br />

<br />

fondocampo è sparita. Molti hanno giudicato<br />

<br />

<br />

<br />

al servizio hanno conquistato in media il<br />

<br />

la seconda, con un totale di 1.644 ace; a<br />

<br />

al 75,4% con la prima di servizio, ma solo al<br />

52,4% con la seconda, e un totale di 2.532 ace.<br />

17


DIAMO I NUMERI!<br />

ATP Masters 1000<br />

Hanno cambiato nome per cinque volte: Championships Series dal 1990 al 1995, Super 9 dal 1996 al 1999, quindi<br />

<br />

l'attuale denominazione di ATP Masters 1000. In ogni caso, sono i tornei più importanti dopo gli Slam. Da quando<br />

è stata creata questa categoria (1990), si sono disputati 248 tornei. Ecco i numeri più importanti e curiosi: dai<br />

<br />

di Luca Brancher<br />

248<br />

I tornei disputati, nove per ciascuna<br />

stagione dal 1990. È però cambiata<br />

la composizione: hanno resistito<br />

Miami, Indian Wells, Monte Carlo,<br />

Roma, l’Open del Canada, Cincinnati<br />

e Parigi-Bercy. La terra di Madrid<br />

ha invece preso il posto di quella di<br />

Amburgo nel 2009, mentre una delle<br />

tappe autunnali si è spostata più volte<br />

fino a raggiungere l’attuale location<br />

nella città di Shanghai.<br />

61<br />

Il numero di vincitori di tornei<br />

di questa categoria. La Spagna<br />

comanda con 13 giocatori (49<br />

titoli), quindi sei svedesi (11 titoli)<br />

e statunitensi (46 titoli), quattro<br />

tedeschi e francesi, tre britannici,<br />

russi, croati, australiani, argentini<br />

e cechi, due svizzeri e un serbo,<br />

austriaco, brasiliano, cileno,<br />

ucraino, sudafricano, olandese e<br />

romeno. Ahinoi, manca l'Italia.<br />

30<br />

I titoli dei tennisti che si contendono<br />

la leadership assoluta di vittorie<br />

nella graduatoria all-time, vale a<br />

dire Novak Djokovic e Rafael Nadal.<br />

Inseguono Roger Federer a quota 26<br />

titoli, Agassi a 17, Murray a 14 e Pete<br />

Sampras a 11. Visto come sta andando<br />

la stagione, sarà probabilmente<br />

ancora lotta tra Nadal e Federer, con<br />

Djokovic a fare da terzo incomodo, se<br />

risolverà i suoi problemi fisici.<br />

2<br />

Le vittorie di giocatori provenienti<br />

dalle qualificazioni, entrambe<br />

verificatesi ad Amburgo: Albert<br />

Portas nel 2001 batté il connazionale<br />

Juan Carlos Ferrero, cinque anni<br />

prima Roberto Carretero sconfisse,<br />

anche lui in un derby spagnolo, Alex<br />

Corretja. Carretero è anche l'unico<br />

giocatore escluso dai top 100 ad aver<br />

vinto un torneo di questo livello. Nel<br />

1996 infatti, era numero 143 ATP.<br />

18 anni e 5 mesi<br />

L'età del vincitore più giovane: Michael<br />

Chang nell'Open del Canada 1990, in<br />

finale contro Jay Berger. Il più longevo,<br />

guarda un po', è Roger Federer, che<br />

quest'anno ha trionfato a Miami all'età<br />

di 35 anni e 7 mesi battendo Rafael<br />

Nadal. Il più giovane ad aver vinto un<br />

singolo match a questo livello è invece<br />

Richard Gasquet, 15 anni e 10 mesi<br />

quando nel 2002 battè a Monte Carlo<br />

l'argentino Franco Squillari.<br />

125<br />

I tornei ATP Masters 1000 disputati<br />

da Roger Federer, il più presente<br />

in questo genere di competizioni.<br />

Il fuoriclasse svizzero è davanti a<br />

Feliciano Lopez (122), David Ferrer<br />

(113), Tomas Berdych (112), Tommy<br />

Haas (111) e Fernando Verdasco<br />

(110). Considerando che Federer ha<br />

molto ridotto le sue partecipazioni ai<br />

tornei, è possibile che a breve Lopez<br />

lo possa sorpassare.<br />

10<br />

Il maggior numero di vittorie in un<br />

singolo torneo ATP Masters Series:<br />

appartiene a Rafael Nadal che<br />

quest'anno ha conquistato la Decima<br />

a Monte Carlo (oltre che a Roland<br />

Garros). Un terzo dei trionfi Masters<br />

1000 di Nadal provengono dunque dal<br />

Principato monegasco. Altri connubi<br />

importanti riguardano sempre Nadal e<br />

Roma (7 vittorie), Federer e Cincinnati<br />

(7), Agassi e Djokovic a Miami (6).<br />

6<br />

Il maggior numero di titoli Masters<br />

1000 conquistati da un giocatore in una<br />

singola stagione: Novak Djokovic nel<br />

2015, quando fallì soltanto a Madrid,<br />

Montreal e Cincinnati. Lo stesso<br />

giocatore serbo nel 2011 e Nadal nel<br />

2013 si sono fermati a quota 5, Federer<br />

invece a 4. Tutti gli altri si sono fermati<br />

al massimo a tre vittorie stagionali.<br />

25<br />

I cappotti (cioè le vittorie per 6-0<br />

6-0) rifilati nei tornei Masters 1000.<br />

L’ultimo l'ha subìto nel 2016 Tomas<br />

Berdych agli Internazionali BNL<br />

d'Italia a Roma da David Goffin. Si è<br />

trattato anche dell'unico caso in cui<br />

a subire un tale punteggio sia stato<br />

un top ten (all'epoca Berdych era<br />

numero 8 del ranking ATP).<br />

18


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da una leggera pressione interna;<br />

le strutture ad archi sono una combinazione ottimale fra strutture prefabbricate<br />

in acciaio e/o legno lamellare con il materiale tessile che ne costituisce il manto<br />

di copertura.<br />

Grazie quindi alla elevata qualità delle materie prime impiegate, alla loro originalità<br />

e alla loro perfetta progettazione (eseguita internamente all’azienda secondo<br />

le norme U.50.00299.0) siamo in grado di coprire il vostro spazio qualunque<br />

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PROFESSIONAL TENNIS REGISTRY<br />

PTR TENNIS FORUM<br />

Il prossimo 10 settembre, alla Vavassori <strong>Tennis</strong> Academy di Palazzolo, provincia di Brescia, si terrà<br />

l'evento annuale che è ormai diventato un momento di incontro e riflessione tra i soci PTR. E dove<br />

verranno premiati i soci che tagliano traguardi associativi e professionali di un certo rilievo<br />

Con la graduale uscita<br />

di scena di colui che<br />

viene definito, senza<br />

nemmeno bisogno di eccessiva<br />

enfasi, il Maestro dei Maestri,<br />

Fondatore e Presidente Emerito<br />

del PTR, il mitico Dennis Van<br />

der Meer (purtroppo forzato<br />

al ritiro per un ictus che lo ha<br />

colpito alcuni anni fa), i maggiori<br />

rappresentanti del PTR hanno<br />

assunto con grande impegno e<br />

senso di responsabilità il compito<br />

di guidare questa associazione<br />

nel pieno rispetto delle finalità<br />

che sono sempre state portate<br />

avanti dal suo fondatore, e<br />

che rappresentano dei valori<br />

che Van der Meer ha sempre<br />

divulgato in prima persona. Far<br />

condividere, con il buon esempio,<br />

a maestri e coach di tennis di<br />

diverse nazionalità (i soci PTR<br />

sono presenti in 125 paesi) quei<br />

valori umani fondamentali che<br />

lo sport dovrebbe esaltare e che<br />

PTR ha da sempre nel suo DNA,<br />

cioè professionalità, tolleranza<br />

e rispetto, è una missione che,<br />

per chi è parte integrante del<br />

progetto PTR, deve diventare un<br />

impegno costante, in modo da<br />

esserne apprezzati rappresentanti<br />

e promotori. Quindi non solo<br />

servizi professionali da offrire<br />

agli associati per aiutarli a<br />

lavorare nel migliore dei modi,<br />

a essere sempre aggiornati e<br />

competitivi nel proprio lavoro,<br />

ma anche la chiara sensazione di<br />

essere parte di comunità, di una<br />

grande famiglia.<br />

È dunque con questi presupposti<br />

che PTR organizza e invita gli<br />

associati a partecipare ad un<br />

momento di incontro che in<br />

Italia è diventato il PTR <strong>Tennis</strong><br />

Forum e Meeting, un evento su<br />

base annuale, che quest'anno si<br />

terrà domenica 1 seembre alla<br />

Vavassori <strong>Tennis</strong> Academy di<br />

Palazzolo s/Oglio, provincia di<br />

Brescia. Un evento durante il quale<br />

una parte verrà dedicata anche a<br />

riconoscere e premiare i soci che<br />

tagliano traguardi associativi (e<br />

quindi professionali) importanti.<br />

L'elenco lo trovate nella pagina<br />

seguente. Nel fraempo, qui soo,<br />

l'aimo in cui Luigi Bertino (a<br />

sinistra) riceve da Luciano Boi<br />

il riconoscimento internazionale<br />

oerto al ircolo della tampa<br />

porting di Torino come Private<br />

Facilty of the Year 2016.<br />

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21<br />

PROSSIMI APPUNTAMENTI<br />

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ALTA FEDELTÀ


THE CHAMPIONSHIPS<br />

FAB ONE<br />

Roger Federer ha vinto il suo ottavo titolo a Wimbledon e, giustamente,<br />

ha ricevuto tributi da tutti i media del mondo, con paragoni che ormai<br />

sconfinano il mondo del tennis. Tuttavia, è doveroso far notare che il<br />

dominio di Nadal a Roland Garros e di Federer sui prati di Church Road,<br />

ci hanno regalato delle fasi finali degli ultimi due Slam davvero noiose.<br />

Speriamo che i due fuoriclasse possano trovarsi di fronte allo US Open,<br />

che Djokovic risolva i suoi problemi fisici e personali, che i giovani della<br />

Next Generation comincino a confermare quanto di buono si dice di loro.<br />

Altrimenti sarà sempre più un ritorno al passato<br />

Roger Federer è nato l’8 agosto 1981 a Basilea. In carriera vanta il record per il maggior numero di titoli Slam vinti: 19<br />

22


23


di MARCO IMARISIO<br />

«Il rinnovato dominio<br />

DI RAFAEL NADAL E ROGER<br />

FEDERER ci ha regalato due<br />

finali di Slam orrende»<br />

Indietro così, e in ordine sparso. Le<br />

prossime elezioni saranno vinte da<br />

un rinvigorito Romano Prodi, la Fiat<br />

molla Amsterdam e Londra, torna<br />

a essere italiana e si rilancia con<br />

un nuovo modello di 500, ispirato<br />

a quello dell’omonima antenata<br />

come tutti gli altri settanta che sono<br />

seguiti. Eros Ramazzotti tornerà a<br />

fare agghiaccianti duetti con Ricky<br />

Martin, torneranno persino i Maroon<br />

5, e forse allora, ma solo allora,<br />

davanti all’assoluto male musicale,<br />

capiremo che stiamo bene, ma non<br />

troppo, che nelle sacre stanze l’aria è<br />

un po’ ferma.<br />

Alla fine il bilancio di questi<br />

primi sei mesi di tennis passa<br />

inevitabilmente per l’esercizio di<br />

stile sul ritorno al passato. Siamo<br />

tecnicamente nel 2017, ma è come<br />

essere stati riproiettati nel triennio<br />

2005-2007. Questa constatazione<br />

non vuole togliere nulla alla<br />

grandezza di Rafael Nadal e Roger<br />

Federer, soprattutto di quest’ultimo,<br />

visto che il suo culto sconfina<br />

ormai nel misticismo integralista,<br />

soprattutto quando è neofita, e<br />

ogni osservazione anche generale<br />

che non sia l’elogio delle sue gesta<br />

viene presa come una lesa maestà.<br />

Non è così. Su quei due parlano<br />

i numeri, parlano i fatti. Il loro<br />

rinnovato dominio ci ha regalato<br />

due finali di Slam orrende, che<br />

per trovare un Roland Garros e un<br />

Wimbledon consecutivi così brutti<br />

e privi di pathos all’ultimo atto<br />

tocca scavallare oltre, andare fino al<br />

2002, all’indimenticabile vittoria di<br />

Albert Costa contro un Juan Carlos<br />

Ferrero mezzo zoppo e al sofferto<br />

trionfo di Leyton Hewitt contro<br />

un David Nalbandian che aveva<br />

fretta di farsi battere perché doveva<br />

guardare l’Argentina di calcio<br />

alla televisione. Persero entrambi,<br />

come era giusto che fosse. L’unica<br />

finale di Slam decente, anzi molto<br />

bella, è stata quella dell’Australian<br />

24<br />

Roger Federer con il suo ottavo trofeo di Wimbledon<br />

durante la premiazione sul Centre Court e poi nella<br />

tradizionale cena di gala. Qui sopra, autografa<br />

un’edizione molto limitata della sua racchetta, in<br />

colore bianco e con il numero 8 (in viola) a ricordare<br />

le vittorie conquistate ai Championships.<br />

Open. Dove, naturalmente, a<br />

giocarsela erano quei due, peraltro<br />

dopo aver vinto due semifinali<br />

da urlo, contro Stan Wawrinka e<br />

Grigor Dimitrov, tra i pochi capaci<br />

di farci godere, se di luna buona.<br />

Ovviamente si giocava in campo<br />

neutro, sul cemento, proprio come<br />

accadeva in quel triennio, dove sul<br />

rosso comandava uno e sul verde<br />

quell’altro e le partite migliori tra i<br />

due, unica eccezione la sanguinosa,<br />

per Roger, finale di Roma 2006, si<br />

vedevano sul duro. Diciamoci la<br />

verità. Se non fosse per lo sconfinato<br />

amore e rispetto che si deve portare<br />

a Federer, ogni interesse per questa<br />

edizione di Wimbledon è finito<br />

all’inizio della seconda settimana,<br />

per colpa di Gilles Muller, un altro<br />

giovane più vicino ai quarant’anni<br />

che ai trenta. Il mondo voleva<br />

Nadal-Federer, la rivincita di<br />

Melbourne, la rivincita della finale<br />

del 2008, quando il mostro spagnolo<br />

osò sconfinare sui prati e inaugurò<br />

la prima edizione del Grand Prix<br />

Ormai Federer è Finito, che si ripete<br />

con notevole insuccesso a ogni<br />

stagione, ormai da quasi dieci anni.<br />

Dieci anni sono tanti. Australian<br />

Open, Indian Wells, Miami: Federer,<br />

due volte su tre battendo in finale<br />

Nadal. Montecarlo, Madrid, French<br />

Open: Nadal, senza battere Federer<br />

solo perché non c’era. Wimbledon:<br />

Federer. Il 2017 è questo. Sostituite<br />

i nomi di questi due irripetibili<br />

fenomeni con quelli di altri due<br />

campioni a caso, e parte lo sbadiglio,<br />

la lamentela. Vale la pena ricordare<br />

che in tanti si lamentavano del<br />

duopolio Agassi-Sampras, salvo<br />

avere prima dell’avvento dell’altra<br />

coppia, intermezzi e interregni<br />

piuttosto dimenticabili, e dimenticati.<br />

Albert Costa chi?<br />

I mali fisici e psicologici di Andy<br />

Murray e soprattutto Novak<br />

Djokovic (la sua è una implosione


L’ultimo trionfo a<br />

Wimbledon di Roger<br />

Federer era datato<br />

2012, mentre negli<br />

Slam aveva vinto<br />

lo scorso gennaio<br />

l’Australian Open.<br />

<br />

Church Road in<br />

carriera, sono un<br />

record assoluto<br />

25


«secondo me, federer potrebbe benissimo essere una<br />

creatura con il corpo fatto sia di carne, sia, in un certo<br />

senso, di luce. LA SUA PARTICOLARITÀ È CHE È MOZART E I<br />

METALLICA ALLO STESSO TEMPO, E L’ARMONIA È SOPRAFFINA»<br />

David Foster Wallace<br />

«secondo me dovrebbe<br />

fare un giro su marte e<br />

vedere se là c’è qualcuno<br />

che lo può battere»<br />

Nicola Pietrangeli<br />

che autorizza pensieri definitivi su<br />

una strada senza ritorno) hanno<br />

evidenziato la stranezza di questa<br />

stagione. E il fallimento di una intera<br />

generazione. Quella dei nati nei<br />

primi due anni del Novanta ha fallito<br />

in modo quasi definitivo. Grigor<br />

Dimitrov e Milos Raonic stanno<br />

entrando ormai nella categoria vorrei<br />

ma non riesco. Il bulgaro bello e<br />

inutile, il canadese brutto e inutile.<br />

L’unico che non sembra rassegnato<br />

al proprio destino è Dominic Thiem,<br />

che ha dato segni di vita anche<br />

sull’erba ma sulla sua amata terra è<br />

ancora troppo lontano da un Nadal<br />

in forma, vedi alla voce semifinale di<br />

Parigi, altro spettacolo pietoso. E con<br />

Murray e Djokovic in forse per lo<br />

US Open, il primo per un problema<br />

serio all’anca, il secondo alla testa,<br />

bisogna sperare in questi due, per<br />

non addormetarsi davvero.<br />

Oppure sperare nei giovani. La tanto<br />

strombazzata Next Generation,<br />

annunciata con tanta enfasi da<br />

parte dell’ATP da autorizzare<br />

il pensiero che il suo arrivo sia<br />

considerato una necessità fisiologica<br />

e imprescindibile. Peccato, o per<br />

fortuna, siamo alle solite, con un<br />

ricambio che non si vede neppure<br />

all’orizzonte. Anzi, al momento<br />

non si sono riempiti nemmeno i<br />

posti in seconda fila. In semifinale<br />

a Wimbledon c’è andato Thomas<br />

Berdych, che sembra esistere e<br />

perdere con dignità dalla notte dei<br />

tempi. A questo punto entra nella<br />

conversazione il nome di Alexander<br />

Zverev, unico vincitore di Masters<br />

1000 nel 2017 a non chiamarsi Rafa<br />

o Roger. È il più forte, al punto che<br />

dovremo probabilmente rassegnarci<br />

a vederlo nel Masters dei grandi<br />

a Londra, piuttosto che in quello<br />

dei piccoli alla Fiera di Rho. Però<br />

sembra ancora lontano da certi<br />

livelli. Gioca come quasi tutti i suoi<br />

coetanei, non conosce altro tennis<br />

che non sia lo sfondamento, il tirare<br />

26<br />

I flash dei fotografi mentre Federer bacia il trofeo di<br />

Wimbledon, sotto lo sguardo della moglie Mirka e<br />

delle loro due coppie di gemelli che hanno strappato<br />

qualche lacrima a Roger dopo la finale. Qui sopra,<br />

insieme a coach Ivan Ljubicic, uno dei segreti della<br />

rinascita a questi livelli di Federer<br />

dritto per dritto, con varianti forzate<br />

dall’opportunità più che da una<br />

strategia.<br />

La cecità tattica, figlia della ricerca<br />

della potenza che è l’unico mantra<br />

ammesso, l’unica declinazione<br />

possibile del tennis moderno,<br />

produce un gioco impoverito, che<br />

non prevede mai un piano B e non<br />

sfrutta tutte le zone del campo,<br />

mirando solo agli ultimi trenta<br />

centimetri della riga di fondo.<br />

Abbiamo visto Karen Kachanov, uno<br />

dei meno peggio, tentare di battere<br />

Nadal a Wimbledon usando solo<br />

potenza e top spin. Senza capire<br />

che esiste una contraddizione in<br />

termini, in quella ambizione. C’è una<br />

statistica che sembra una sentenza: a<br />

parità di minuti giocati, sapete quali<br />

sono i due giocatori che nel 2017<br />

hanno diversificato maggiormente<br />

il punto di rimbalzo dei loro colpi?<br />

Esatto, quei due. Hanno cambiato<br />

il loro gioco, hanno imparato a<br />

trovare variazioni, hanno modificato,<br />

sperimentato. Hanno guardato<br />

in avanti, e sono ancora qui. A<br />

comandare.<br />

Quel che preoccupa non è l’esito<br />

della loro sfida alla logica del tempo,<br />

questa longevità agonistica che sta<br />

diventando una storia meravigliosa,<br />

la più bella di sempre. Federer e<br />

Nadal sono esemplari unici ed è<br />

giusto esaltare il primo, vincitore<br />

di Wimbledon a 36 anni, elogiarne<br />

la resilienza che condivide con il<br />

rivale, perché dopo la bellissima<br />

finale del 2014 e quella un po’ meno<br />

bella del 2015 perse entrambe contro<br />

Djokovic, altri si sarebbero arresi<br />

all’evidenza. Lui no. Ma qui si parla<br />

d’altro, almeno ci si prova. Del tennis<br />

che ci aspetta quando quei due<br />

avranno finito, perché sappiamo tutti<br />

che prima o poi succederà. E se il<br />

futuro è quello che abbiamo davanti,<br />

meglio tenere le finestre chiuse e<br />

non muoversi.


Passato professionista<br />

nel 1998, Roger Federer<br />

ha disputato 1.258<br />

<br />

tornei ATP, Grand<br />

Slam e Coppa Davis<br />

<br />

escluse): ne ha vinti<br />

1.111 (88,3%)<br />

27


di LORENZO CAZZANIGA<br />

«IL PRIMO ROGER ERA PIù<br />

UMANO: NON AVEVA ANCORA<br />

CONOSCIUTO ANNA WINTOUR,<br />

NON VESTIVA GIACCA E<br />

CRAVATTA»<br />

Ho conosciuto Roger Federer nel<br />

febbraio del 2001. Lui era impegnato<br />

a giocare l’ormai defunto torneo di<br />

Milano, io lavoravo nell’ufficio stampa.<br />

Quell’anno, si parlava molto di quel<br />

ragazzetto di vent’anni, con una lunga<br />

coda di cavallo tenuta insieme da una<br />

grossa fascia bianca, perennemente<br />

vestito con la tuta e una felpa che<br />

recitava un motto ben remunerativo (per<br />

lui): Just Do It.<br />

Tuttavia, la star di quell’edizione doveva<br />

essere Marat Safin, reduce dal trionfo<br />

allo US Open del settembre prima e che<br />

avevo avuto modo di frequentare nelle<br />

mie trasferte al torneo di Tashkent, in<br />

Uzbekistan, evento poi trasferito in<br />

altri lidi, non senza che la notizia abbia<br />

strappato una lacrima, al sottoscritto e a<br />

Giorgio Di Palermo, membro del Board<br />

ATP che, per chissà quale ragione, non<br />

mancava mai quella trasferta in Asia<br />

Centrale, probabilmente attratto dalle<br />

bellezze dell’Antica Via della Seta, di<br />

Samarcanda, di Bukhara.<br />

Comunque sia, Marat arrivò a<br />

Milano evidentemente stanco e la<br />

preoccupazione di una prematura uscita<br />

di scena era data anche dal fatto che in<br />

quella settimana voleva festeggiare i<br />

suoi 21 anni, compiutti il sabato prima<br />

dell’inizio del torneo. Cino Marchese,<br />

consulente organizzativo dell’evento<br />

e tra i più grandi manager della storia<br />

dello sport italiano, era stato chiaro,<br />

visto che conosceva i buoni rapporti<br />

che intrattenevo con Safin: «Cazza,<br />

se scopro che stai tramando qualcosa,<br />

organizzando una festa o anche solo<br />

una serata in discoteca con Marat, ti<br />

inseguo con un bastone». E Cino non<br />

è persona che si esprime per metafore.<br />

Lo rassicurai, dicendogli che il lavoro<br />

di ufficio stampa, in un’epoca senza<br />

Internet, Intranet e compagnia, mi<br />

stancava al punto da consigliarmi il<br />

riposo, appena finivo il mio lavoro,<br />

verso la mezzanotte. Ovviamente<br />

mentivo: chiamai un amico che gestiva<br />

il Tocqueville, un bel locale in una<br />

28<br />

Roger Federer bacia per l’ottava volta la coppa<br />

di Wimbledon e poi la mostra ai suoi fans che lo<br />

attendono all’uscita della mitica club house dell’All<br />

England Club. Qui sotto, nemmeno alla cena di gala<br />

Federer riesce a staccarsi dal suo prezioso trofeo<br />

traversa di Corso Como, regno della<br />

movida milanese, a due passi dal mitico<br />

Hollywood, e mi assicurai che al tavolo<br />

fossero presenti almeno una decina<br />

di belle ragazze. Arrivato, trovai Safin<br />

imbestialito, mentre mi presentava la<br />

sua fidanzata, corsa a Milano per fargli<br />

una sorpresa. Divenne ex il giorno dopo,<br />

ma almeno Marat ebbe il buon senso<br />

(e il buon cuore) di suggerire all’amico<br />

Nikolay Davydenko di avvicinare<br />

una deliziosa brunetta e di... sposarla<br />

appena possibile. Davydenko seguì alla<br />

lettera il consiglio di Safin, con evidente<br />

soddisfazione.<br />

Safin perse presto e quindi Federer<br />

divenne l’attrazione principale del<br />

torneo: data la superficie piuttosto<br />

rapida, giocava un tennis ancora più<br />

aggressivo, anche perché l’esuberanza<br />

di un ventenne è difficile da tenere a<br />

bada. Vinse in finale su Julien Boutter,<br />

un tipo strampalato, che una sera<br />

beccai nel parcheggio mentre fumava<br />

qualcosa in più di una sigaretta. Non<br />

si nascose, anzi me ne offrì una. Il<br />

giorno dopo perse comunque lottando,<br />

in tre set. E così Milano potrà sempre<br />

vantarsi di aver tenuto a battesimo<br />

il primo successo di quelli che molti<br />

considerano, con una certa ragione, il<br />

miglior tennista di tutti i tempi.<br />

L’anno dopo, Federer non poteva che<br />

tornare a difendere il titolo. Il look era<br />

sempre quello, la fama che lo precedeva<br />

certamente maggiore visto che l’anno<br />

prima, sui prati di Church Road, aveva<br />

sconfitto Pete Sampras, in quello che<br />

molti avevano definito un ipotetico<br />

passaggio di consegne. A Milano si<br />

presentò da favorito ma perse in finale<br />

da Davide Sanguinetti, in un match<br />

da sold out totale, al punto che, per far<br />

entrare l’amico Roberto Brogin, ora<br />

apprezzato coach della Federazione<br />

canadese, dovetti farlo passare dalle<br />

cucine e poi infilarlo su un seggiolone<br />

improvvisato. Federer aveva già rischiato<br />

nei turni precedenti, a dimostrazione che<br />

già un semplice torneo ATP gli andava


29


«Era un Roger più umano. Non aveva ancora conosciuto Anna<br />

Wintour, non si era ripulito il look, non vestiva giacca e<br />

cravatta con la stessa nonchalance con la quale gioca una<br />

volée a campo aperto. e, particolare da non sottovalutare,<br />

non aveva ancora perso il suo coach-mentore, Peter Carter»<br />

«ROGER, PERCHé VUOI<br />

ESSERE UN ANGELO QUANDO<br />

PUOI DIVENTARE DIO?»<br />

Peter Carter, coach sudafricano del<br />

giovane Federer, scomparso nel 2002<br />

in un incidente stradale<br />

stretto. Ricordo il match d’esordio contro<br />

Sargis Sargsian perché fu l’occasione per<br />

invitare una deliziosa fanciulla, a nome<br />

Cristina. La lasciai sulle tribune mentre<br />

sbrigavo alcune faccende, non dopo<br />

averla assicurata che stava per assistere<br />

alla performance di un giovanotto che<br />

presto sarebbe diventato il numero uno<br />

del mondo. Tornai tre quarti d’ora dopo<br />

e la trovai confusa: «Per quanto ne possa<br />

capire, gioca bene. Però non mi pare così<br />

giovane». Sargsian aveva vinto 6-4 il<br />

primo set e in effetti aveva già 29 anni.<br />

In qualche modo, Federer arrivò fino alla<br />

finale. L’atmosfera era pazzesca e l’unico<br />

momento di tensione (per il sottoscritto)<br />

era dato dalla musica che introduceva<br />

i giocatori in campo. Federer, che<br />

qualcuno paragona a Mozart, amava<br />

invece i Metallica ma non voleva<br />

saperne di lasciarmi il suo CD (già,<br />

all’epoca niente iPhone o Spotify) che<br />

teneva stretto come una reliquia. Ci<br />

vollero quindici minuti abbondanti per<br />

spiegargli che non eravamo a New York,<br />

che Milano va a dormire e che Ricordi,<br />

celebre negozio di musica della Galleria,<br />

era ormai chiuso. Suo malgrado, mi<br />

lasciò il CD, senza tuttavia aggiungere<br />

una velata minaccia: «Guarda che a fine<br />

partita lo rivoglio», quasi si trattasse<br />

del Rolex che ha sostituito quella selva<br />

di braccialetti che indossava all’epoca.<br />

Chissà, forse preoccupato di non potersi<br />

addormentare sulle note di Nothing Else<br />

Matters, Federer perse 6-1 al terzo, per il<br />

tripudio dei fans italiani, di Sanguinetti e<br />

di coach Claudio Pistolesi.<br />

Di quell’edizione, ricordo anche la<br />

preoccupazione dell’ATP che aveva<br />

lanciato lo Stars Program che prevedeva<br />

l’obbligo di portare alcuni protagonisti<br />

del torneo a promuovere l’evento in un<br />

luogo tipico della città. Piazza Duomo<br />

fu una scelta fin troppo scontata; meno<br />

ottenere i permessi, anche solo per<br />

portare una piccola rete e un operatore<br />

che riprendesse la scena. A giocare, a<br />

due passi dal sagrato, Roger Federer e<br />

Juan Carlos Ferrero. Oggi servirebbe un<br />

30<br />

Roger Federer posa insieme alla vincitrice del singolare<br />

femminile di Wimbledon, la spagnola Garbine<br />

Muguruza alla cena di gala. Qui sopra, spiega le sue<br />

ragioni nella conferenza stampa post-finale<br />

certo dispiegamento di forze dell’ordine<br />

per tenere a bada tifosi e curiosi;<br />

all’epoca, non fu semplice convincere<br />

una scolaresca a mettersi ai lati, per far<br />

finta che qualcuno fosse interessato.<br />

Ricordo pure di aver chiesto ad un<br />

collega di intervistare Federer al mio<br />

posto, seduti in un bel bar della Galleria<br />

Vittorio Emanuele. Lo chiesi come atto<br />

di cortesia, pagando anche il conto.<br />

Pensa un po’.<br />

Ma volete che sia finita qui? A<br />

novembre, una gentile agenzia di<br />

comunicazione mi offre un invito<br />

per visitare Mauritius. Acchiappo<br />

l’occasione al volo: mi accompagnano<br />

in uno dei resort più esclusivi, Le Saint<br />

Geran, dove posso scambiare quattro<br />

colpi con il maestro Eric Thorel. Tra<br />

una chiacchiera e l’altra, mi dice che<br />

tra gli ospiti c’è anche Roger Federer.<br />

Abbandono il gruppo e comincio la<br />

ricerca. L’inseguimento termina alla Spa:<br />

appena mi vede, barcolla: lo rassicuro<br />

di non essere uno stalker e gli chiedo<br />

cosa sta combinando: «Aspetto Mirka»,<br />

butta lì, un po’ scocciato. Mi siedo vicino:<br />

chissà mai che invece esca una starlette<br />

e io mi ritrovo con un gossip-scoop<br />

da rivendere a qualche periodico rosa.<br />

Passano pochi istanti ed esce Mirka,<br />

l’accappatoio ancora indosso: Federer<br />

saluta compiaciuto.<br />

Era, va detto, un Roger più umano.<br />

Non aveva ancora conosciuto Anna<br />

Wintour, non si era ripulito il look, non<br />

vestiva giacca e cravatta con la stessa<br />

nonchalance con la quale gioca una<br />

volée a campo aperto. Però, particolare<br />

da non sottovalutare, non aveva ancora<br />

perso il suo coach-mentore, quel Peter<br />

Carter scomparso il primo giorno di<br />

agosto del 2002 in un incidente stradale.<br />

Un fatto che ha segnato molto la vita<br />

di Federer, legatissimo al suo coach,<br />

sudafricano come sua madre Lynette.<br />

La leggenda vuole che sia stato proprio<br />

Carter a rimetterlo sulla buona strada:<br />

da ragazzino Federer rompeva racchette<br />

come un Gulbis in buona forma e si<br />

allenava senza la dovuta attenzione,<br />

affidandosi al talento, più che al<br />

sacrificio. Carter, diventato un fratello<br />

maggiore, ancor prima che l’allenatore,<br />

un giorno lo guardò fisso e gli chiese:<br />

«Roger, perché vuoi essere un angelo,<br />

quando puoi diventare Dio?». Si riferiva<br />

al tennis, per l’amor del cielo, ma il<br />

paragone calzava. Da allora gli sono<br />

state a fianco tante figure importanti,<br />

su tutte quella del preparatore atletico<br />

Pierre Paganini, quindi il coach dei primi<br />

successi importanti, Peter Lundgren,<br />

infine quello che lo ha rivitalizzato dopo<br />

un periodo di lunghi infortuni, Ivan<br />

Ljubicic. Una storia, quella di RF, nata<br />

all’Old Boys Club di Basilea, passata per<br />

il PalaLido di Milano e che promette<br />

di non finire all’All England Club di<br />

Wimbledon. Almeno non quest’anno.


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32<br />

STO


RIE<br />

Difficile immaginare che un carcere possa<br />

essere un luogo dove il tennis recita un ruolo<br />

importante. Invece, in quello di Bollate, per<br />

diversi detenuti il nostro sport è diventato<br />

qualcosa che va oltre un sano sfogo sportivo e<br />

si è trasformato in un mezzo che li tiene legati<br />

al mondo esterno e aiuta la vita all'interno.<br />

La loro storia è drammatica ma deve anche<br />

far riflettere. A seguire, abbiamo voluto<br />

raccontarvi altre vicende di tennis, che vale<br />

la pena conoscere. E non finisce qui, perché<br />

ogni numero ve ne presenteremo altre...<br />

33


REPORTAGE ESCLUSIVO<br />

TENNIS SAVED<br />

testo di FEDERICO FERRERO<br />

34


CASA DI RECLUSIONE DI BOLLATE<br />

MY LIFE.<br />

immagini di MARCO DE PONTI<br />

35


«Per me il tennis è una<br />

ragione di vita», afferma<br />

Davide senza esitare. Sembra<br />

una frase buttata lì, ma<br />

un conto è se la dice il tuo<br />

maestro al circolo, un altro<br />

se a farlo è un carcerato con<br />

il pieno, altro vocabolo quasi<br />

beffardo che, da queste parti,<br />

indica l’ergastolo.<br />

Per uno strano gioco di contrari, a Bollate<br />

quasi tutto è fuori taglia, dal parcheggio<br />

ai reparti numerati che imitano i<br />

maxicondomini delle periferie; eppure,<br />

il lessico del carcere volge spesso al<br />

diminutivo. A partire dai ristretti, che è<br />

un termine più signorile per individuare<br />

i detenuti, ma non solo: la spesa diventa spesina, l’addetto<br />

alle pulizie è lo scopino, l’autorizzazione si chiama<br />

domandina. Forse perché in questo micromondo, dalla<br />

libertà in giù, la realtà è rimpicciolita e, anche dove gli spazi<br />

sembrano perdersi, alla fine trovi sempre un muro.<br />

La domandina è il lasciapassare per tutto ciò che non è<br />

espressamente permesso perché, per chi sconta una pena,<br />

la logica delle cose è capovolta: se qualcuno non ha stabilito<br />

che puoi, vuol dire che non puoi. Senza la domandina<br />

firmata, Davide non potrebbe andare a raccattare Elson<br />

dal terzo al quinto blocco e farsi una passeggiata con lui<br />

fino ai campi da tennis, dove un gruppetto di appassionati<br />

condivide la voglia di dedicarsi a uno sport così improbabile<br />

tra queste mura e magari di ritrovare, scambiando qualche<br />

palla, il filo della propria esistenza. Davide ha 45 anni,<br />

è milanese di buona famiglia, aveva un bel mestiere di<br />

grafico pubblicitario, insegnava nelle scuole. Tra i detenuti,<br />

è lui l’anima del progetto tennis. <strong>Tennis</strong>, proprio così:<br />

un’opportunità rara per i soci, come li chiama Stefano -<br />

quasi ridendo di se stesso - che invece ha 49 anni, una<br />

vita non facile alle spalle e dovrà rimanere qui ancora un<br />

po’. «Ma non ho mai fatto del male a nessuno», ci tiene<br />

a chiarire; perché qui, anche tra i soci, ci sono persone<br />

che hanno lasciato dietro di sé scie di sangue e di dolore,<br />

distrutto vite e famiglie.<br />

«Non ero un granché con la racchetta ma ho imparato –<br />

dice Stefano – e mi sono appassionato. Il tennis mi piace<br />

perché butti fuori tutto quello che tieni dentro, anche le<br />

tensioni. Ti aiuta ad accettare meglio la tua situazione».<br />

Che non è solo quella di un uomo che deve pagare un<br />

debito alla società: la sofferenza di due separazioni, le<br />

richieste di lavoro rimaste lettera morta. Per chi ha più reati<br />

alle spalle, anche se mai troppo gravi, ottenere benefici è<br />

come fare un ace con la seconda di servizio. Nel carcere di<br />

Bollate, il tennis non spopola come il calcio, tanto celebre<br />

da organizzare un corso per allenatori e, finché c’è stata la<br />

possibilità, di formare una squadra ufficiale, regolarmente<br />

iscritta ai campionati, la Bollatese. Ma è uno sport<br />

trasversale. «Lo gioca anche Alberto», dicono i ragazzi che<br />

accompagnano Davide al campo per la sessione di palleggi.<br />

Alberto è quel giovane di Garlasco, in provincia di Pavia,<br />

recluso per una storiaccia che è materialmente impossibile<br />

non aver incontrato sui giornali; Alberto è anche un<br />

bocconiano, che ha trovato alla svelta impiego nel call<br />

center di un operatore telefonico con sede dentro le mura.<br />

Con qualche mugugno dei suoi compagni di detenzione,<br />

meno fortunati con i colloqui di lavoro.<br />

Il tennis è giù, in fondo: si costeggia Cascina Bollate, cioè<br />

la serra-vivaio, poi il piccolo maneggio mantenuto dal sciur<br />

Villa, un benefattore della zona, e un cortile di cemento<br />

recintato che qualcuno chiama, sempre con quel misto di<br />

sarcasmo e autoironia che gli ospiti di un carcere sviluppano<br />

piuttosto alla svelta, il Bollate Beach Resort. Ci saranno<br />

trentacinque gradi, il sole picchia da far male ma un ragazzo<br />

ha il coraggio di rosolarsi, placido, con una coperta di lana<br />

sotto la schiena che dev’essere come carta vetrata passata<br />

al forno. Un altro, lì accanto, si sta gonfiando i deltoidi col<br />

bilanciere: ma non fa troppo caldo, per i pesi? «No, anzi, più<br />

soffri meglio è, così la sera sei sfinito e dormi», dice. Gli è<br />

arrivato il definitivo, una condanna passata in giudicato, e<br />

per i prossimi tre anni abiterà qui.<br />

L’amministrazione illuminata di questa casa di reclusione<br />

è nota per essere una tra quelle - e sono poche - che<br />

rispettano per intero il dettato costituzionale. Un<br />

condannato, per quanto spaventoso possa essere ciò che<br />

ha commesso, non è un reato ambulante ma una persona,<br />

che deve pagare ed essere recuperata: trattare con umanità,<br />

offrire un mestiere e un’idea di riscatto è anche un esercizio<br />

di protezione sociale, perché abbatte la recidiva. È un<br />

discorso complesso, che cozza contro il legittimo dolore<br />

di chi, là fuori, ha perso tutto come vittima di vicende<br />

36


tragiche; chi parla di rieducazione, generalmente, viene<br />

travolto dal populismo penale del «buttiamo via la chiave»,<br />

di chi vorrebbe reintrodurre la pena di morte, dei discorsi<br />

alla «mio figlio è disoccupato e lo Stato tutela i criminali».<br />

E, soprattutto, sembrerebbe una questione aliena al<br />

serve&volley. Invece no: perché il tennis in carcere è un<br />

collante, aiuta ad applicare la cultura del rispetto, tiene in<br />

moto mente e corpo. In qualche caso, addirittura, salva:<br />

«Per me è una ragione di vita», afferma Davide senza<br />

esitare. Sembra una frase buttata lì, ma un conto è se la dice<br />

il tuo maestro al circolo, un altro se a farlo è un carcerato<br />

con il pieno, altro vocabolo quasi beffardo che, da queste<br />

parti, indica l’ergastolo.<br />

Davide indossa la fascetta nera col baffo, una polo Sergio<br />

Tacchini e arrotola l’overgrip in tinta sulla Wilson bianca,<br />

un regalo della sorella Barbara per il compleanno del 2015:<br />

per chi sta fuori, un dettaglio dappoco. Per chi vive il tempo<br />

dilatato di una carcerazione con fine pena mai, il segno<br />

tangibile di un sostegno che vale la differenza tra vivere e<br />

lasciarsi andare. Parla più volentieri della finale del torneo<br />

Uisp dello scorso anno, vinta 6-3 al terzo contro l’ispettore<br />

Liverani, che non della «tragedia, quel momento di buio»<br />

che lo ha portato in carcere, undici anni fa. Ma non si<br />

nasconde. Nel suo passato si specchia una qualunque delle<br />

nostre vite: il lavoro, gli amici, le scorribande in moto, le<br />

vacanze in Spagna, un amore contorto con una fidanzata<br />

problematica che andò pure in tivù a raccontare la sua<br />

versione in un programma dal titolo appropriato: Vite<br />

Maledette. È l’unico ad aver frequentato in gioventù una<br />

scuola tennis e si vede: gioca con l’impostazione corretta,<br />

quella che ti danno i maestri da ragazzino: «Per me il<br />

tennis è stato un miracolo. A Torino, dove avevo chiesto di<br />

essere trasferito per studiare scienze politiche, noi detenuti<br />

potevamo praticare solo il goback, una specie di minitennis<br />

con palette di legno, dentro una palestra. La mia ultima<br />

racchetta era una Head del 1998 ed ero rimasto indietro su<br />

tutto, non avevo neanche l’antivibrante, non sapevo cosa<br />

fosse il bilanciamento del telaio... Dopo un bel pezzo che ero<br />

qui, a Bollate, mi sono affacciato alla finestra e ho visto due<br />

ragazzi che giocavano a tennis e mi si è aperto un mondo».<br />

Che la Uisp ha reso possibile grazie a Renata Ferraroni,<br />

senatrice dell’Unione Italiana Sport per Tutti e<br />

responsabile delle attività in carcere per la Lombardia,<br />

con l’appoggio della dirigenza del carcere. Che vuol dire<br />

tutto, perché in altri istituti il tennis non viene praticato:<br />

altre amministrazioni lo ritengono pericoloso, sia per<br />

l’attrezzo necessario al gioco, sia perché le palle, tagliate<br />

in due e poi risaldate, potrebbero essere utilizzate per<br />

passare ai detenuti sostanze stupefacenti o altre merci<br />

vietate. Qui tutti i tennisti sono tesserati e Davide non<br />

smette di pensare a iniziative, a nuovi progetti; anche se<br />

talora glieli bocciano, come lo studio grafico di un logo<br />

per l’abbigliamento dei soci. Lui incassa e si fa venire<br />

un’altra idea: «Mi piacerebbe frequentare un corso<br />

maestri a settembre», e ti mostra il foglio tenuto con<br />

cura maniacale nella cartellina, forse un retaggio del<br />

suo mestiere precedente la condanna. È il programma di<br />

una giornata di formazione Uisp con il coach Giacomo<br />

Paleni, ma iniziare a chiedere autorizzazioni con mesi di<br />

anticipo può non bastare: bisogna che qualcuno prenda<br />

in carico la richiesta, che il programma finisca sulla<br />

scrivania del magistrato, che ritorni coi timbri, le firme,<br />

superi gli ostacoli di ferie, assenze, sviste e rallentamenti<br />

e, forse, il corso si farà. Uno slalom gigante. Come quello,<br />

vinto per testardaggine dopo lunghissime attese, per<br />

ottenere il certificato medico di pratica sportiva. Davide<br />

è sufficientemente consapevole per non lamentarsi, mai:<br />

«Inutile girarci intorno, tutti noi chiusi sappiamo perché<br />

siamo chiusi qui dentro. Bisogna accettare la realtà,<br />

semmai darsi da fare per conquistarsi anche le piccole<br />

cose, e abituarsi a buttare giù rifiuti e fallimenti. Ci ho<br />

messo tanto tempo ma, alla fine, ho deciso di provarci,<br />

a vivere: di perdonarmi, prima di tutto, sperando che un<br />

giorno gli altri possano perdonare me».<br />

Maria Romano, della Uisp, segue da quasi 15 anni il<br />

progetto tennis in alcuni istituti del Milanese. In tutti<br />

i reparti, qui, hanno pitturato le righe, tirato su la rete<br />

e invitato i detenuti a provarci con racchetta e pallina.<br />

Solo a Bollate è successo l’imponderabile: «Nonostante<br />

certe difficoltà comuni a tutti gli istituti, c’è un ambiente<br />

37


I due campi, vicini al maneggio voluto e mantenuto dal signor Villa, un benefattore della zona, dove si svolgono i corsi della Uisp che hanno avvicinato tanti detenuti al tennis.<br />

In generale, lo sport è parte integrante e per nulla secondaria dei programmi di rieducazione che fanno del carcere di Bollate uno dei più attivi sotto questo punto di vista.<br />

38


Sopra Emanuele mentre si esibisce in un (tentativo di) colpo spettacolare; qui sotto, Xhevdet detto Jeff, Davide, Fabio e Elson posano sul campo all’interno del loro blocco (nel carcere di<br />

Bollate ve ne sono sette). Sullo sfondo, quelle che loro definiscono le stanze, cioè le celle di detenzione. In basso, nella pagina accanto, Sermiy, detenuto ucraino.<br />

39


meraviglioso. Vedi un agente della polizia penitenziaria<br />

e un detenuto che giocano insieme il doppio, si danno<br />

il cinque». Non sono rare le battute di spirito sulle palle<br />

rubate: del resto, l’autoironia è l’anima di tante iniziative<br />

nate nelle case di reclusione italiane: la Banda Biscotti,<br />

Sprigioniamo Sapori, la birra Vale la Pena, i vestiti Codice<br />

a Sbarre, le Innocen-T-shirt. È un modo per guardare<br />

diversamente alle proprie scelte scellerate e, forse, rendere<br />

quasi sopportabile il peso della colpa. «Su questi campi<br />

si riescono a stemperare tensioni nelle maniere più<br />

inaspettate. Il tennis ha annullato le distanze, le rivalità, i<br />

sospetti reciproci e in tanti, con questo sport, si sono tirati<br />

fuori dalla depressione. A volte sono capitati dei miracoli:<br />

un ex detenuto di Bollate è tornato in Sicilia, ha preso<br />

un appezzamento incolto di famiglia, ha fatto costruire<br />

un campo e una casetta di legno: ora insegna tennis<br />

ai ragazzini e li allontana dalla strada, per evitare che<br />

facciano la sua fine».<br />

Una considerazione al volo di Davide sull’incordatura<br />

monofilo e su questi terreni infidi, che si mangiano il<br />

feltro delle palle e le suole delle scarpe, e ti pare davvero<br />

di essere a cianciare al circolo con un socio meticoloso, di<br />

quelli che si studiano a memoria i servizi sull’attrezzatura.<br />

Però, dentro il recinto della galera, il semplice si complica:<br />

«Ci appoggiamo per quanto possiamo alla Uisp, che ci<br />

dà una grandissima mano. Facciamo richieste all’ufficio<br />

spesa, che ci porta le palle che acquistiamo ogni 15 giorni».<br />

Con una domandina, ovviamente. «Ci prendono i tubi in<br />

offerta: Tecnifibre, Artengo, Babolat, quello che c’è. Solo<br />

che, in meno di tre settimane sono da buttare. Per scarpe<br />

e magliette, idem. Io ogni due mesi faccio andare 50 euro<br />

di scarpe, perché il campo che c’è all’aria (l’aria è uno<br />

spazio comune di ricreazione frequentabile in orari stabiliti,<br />

ndA) è ancora più abrasivo di questo. Non possiamo usare<br />

Internet né, ovviamente, uscire, quindi facciamo un’altra<br />

domandina, alleghiamo la foto delle cose che vorremmo<br />

comprare e loro, se le trovano, ce le prendono. Per le<br />

incordature è un altro discorso ancora: solo il proprietario<br />

del maneggio ha ottenuto l’autorizzazione a portare le<br />

nostre racchette da Decathlon. In cambio, noi facciamo una<br />

donazione con cui paghiamo l’incordatura e contribuiamo<br />

alla manutenzione dello spazio per i cavalli, altrimenti non<br />

potremmo giocare».<br />

Per agevolare la diffusione della malattia del tennis a<br />

Bollate, Davide ha trovato un alleato insperato nella<br />

televisione. «In tutti i carceri in cui sono stato ti davano<br />

solo dieci canali, sostanzialmente le reti Rai e Mediaset. Poi,<br />

un giorno, a Torino ci sostituirono i vecchi tubi catodici con<br />

le tivù al plasma, che avevano il decoder digitale integrato:<br />

riuscimmo a sbloccare il codice per guardare tutte le<br />

reti e per due mesi, prima che ci scoprissero, era come il<br />

luna park! Avevamo una miriade di canali, ed è lì che ho<br />

scoperto Supertennis. Restai incantato, col telecomando in<br />

mano: vivevo in cella con due ragazzi che non ne potevano<br />

più, volevo sempre guardare partite. Per più di dieci anni<br />

non avevo seguito nulla e non sapevo di Nadal, Federer,<br />

Djokovic o Murray. O che esistesse Sara Errani, finché non<br />

è arrivata in finale a Parigi: da allora la ammiro tantissimo<br />

per la tenacia, la voglia di vincere tutti i punti».<br />

La stessa che ci mette lui, anche se è solo un palleggio a<br />

ridosso del muro di cinta: Elson sbaglia un dritto facile,<br />

Davide digrigna i denti e fa il pugnetto. Proprio come<br />

in tivù. «Ma no, lui fa pif e io faccio sbam», interrompe<br />

Elson, parlantina sciolta e fare spavaldo; una condanna in<br />

discesa: ha scontato oltre la metà degli anni, con un lavoro<br />

esterno da giardiniere alla Darsena «che mi piace, ma mica<br />

è tutto rose e fiori perché guadagni una miseria e, una volta<br />

finito il progetto, saluti anche il lavoro». Elson è giovane,<br />

muscoloso, tira forte e rischia, picchia con foga e una<br />

tecnica ancora da sistemare; Davide invece ragiona, taglia,<br />

alza le traiettorie, accelera solo quando ha senso provarci.<br />

«Devi dire che ti piace Nadal!», lo provoca Elson. «Ma no,<br />

Federer è il tennis, per tutti è diventato un dio ed è giusto<br />

così. È solo che, quando ho ricominciato a giocare, giocavo<br />

spesso da solo contro il muro e, senza volerlo, ho preso a<br />

colpire con molto top spin. Come Rafa».<br />

Con la fascetta bianca e la polo Lacoste verde scuro,<br />

Emanuele pare rimasto agli anni Settanta e somiglia a<br />

un membro della famiglia Tenenbaum: «Con il tennis<br />

stiamo insieme, socializziamo, rispettiamo le regole dello<br />

sport, ci teniamo in movimento: sembra poco ma per<br />

noi è importante», dice. Elson, che proprio non sopporta<br />

i pallettari, ne ha anche per lui: «Palleggia e ti sfinisce,<br />

martella sul tuo punto debole, tira piano e non sbaglia, ti<br />

fa diventare scemo». Poi c’è Sermiy, giovanissimo, viso<br />

candido; parla sottovoce, chiede scusa quando interrompe<br />

una frase a metà perché tocca a lui palleggiare e ti chiedi<br />

cosa diamine possa aver fatto di male, uno così. «Per<br />

esperienza so che a volte è meglio non saperlo; a meno<br />

che non me lo dicano loro, io non faccio mai domande»,<br />

commenta Maria Romano. Sermiy è ucraino, pure lui si<br />

consuma gli occhi davanti alla tivù quando c’è tennis e ha i<br />

suoi idoli: «Dolgopolov? Più o meno, perché fa cose belle ma<br />

butta via troppe partite. A me piace di più Elina Svitolina, ha<br />

la mia età, quest’anno ha vinto a Dubai, a Istanbul, a Roma,<br />

è proprio brava». E lui sa tutti i suoi risultati.<br />

I soci sono al campo ogni santo giorno «tranne quando<br />

piove», dice Davide. «Giochiamo in inverno con i guanti,<br />

il cappello e le tute, pure se troviamo la patina di ghiaccio<br />

al mattino. Niente scuse: quando qualcuno di loro si<br />

lamenta per qualcosa, io tiro fuori questo ritaglino di zio<br />

Toni Nadal e glielo leggo ad alta voce». Gli altri stanno ad<br />

ascoltarlo: è un decalogo pubblicato su questa rivista mesi<br />

fa, con i comandamenti impartiti a Rafa. Mai dare colpa<br />

alla sfortuna, al vento, al nastro, al sole, al caldo, al mal di<br />

pancia. Si gioca e basta, dando il meglio. Sempre.<br />

Davide legge tanto, non solo <strong>Tennis</strong> <strong>Italiano</strong> - che un<br />

giorno suo padre gli trovò in edicola e portò durante un<br />

colloquio - ma tutti i libri che trova recensiti sul giornale.<br />

«In stanza - è una cella singola, gli ergastolani ne hanno<br />

diritto per legge - ho la Bibbia, il 500 Anni di <strong>Tennis</strong> di<br />

Gianni Clerici. Grazie alla libreria cui mi appoggio, poco<br />

tempo fa ho comprato anche Vincere Sporco: l’ho letto<br />

subito, mi è piaciuto molto». Vincere sporco a tennis, in<br />

carcere, con l’ergastolo. Magari contro un agente di polizia.<br />

Sembra un’altra fantasia, una battuta di spirito, di quelle<br />

che fan dimenticare per un minuto in più perché la vita sia<br />

deragliata fin qui. Invece è il tennis.<br />

40


Uno dei detenuti, Stefano, all’entrata<br />

del campo nella zona dell’aria, una<br />

sorta di cortile di ricreazione. La<br />

superficie non supererebbe i test<br />

dell’ITF, la rete è appesa al muro<br />

col fil di ferro e le righe tracciate in<br />

qualche modo. In fondo, i cartelloni<br />

evitano che la palla passi tra le<br />

sbarre. Ma solo pioggia e neve<br />

impediscono di scendere in campo<br />

41


STORIE DI TENNIS<br />

Alex Hunt<br />

Neozelandese, 23 anni, nato senza un braccio, un handicap pesante. Eppure, con tanta<br />

forza di volontà e ottimismo, è un ragazzo solare, con una particolare predisposizione per il<br />

tennis. Al punto da essere diventato il primo disabile a conquistare un punto ATP<br />

testo di Federico Mariani<br />

Ventitré anni, un braccio che gli<br />

arriva solo al gomito da quando<br />

è nato e un punto ATP che<br />

sembrerebbe una sciocchezza e<br />

invece rappresenta un primato.<br />

Alex Hunt, neozelandese, è infatti il<br />

primo disabile a essere incluso nel<br />

ranking del tennis mondiale. Il mezzo<br />

col quale si è scritto un pezzettino<br />

di storia si chiama Christopher<br />

Cajigan, un 19enne proveniente<br />

dalle isole Marianne, stracciato da<br />

Hunt in un Future da 15mila dollari<br />

nel Guam, una perla incastonata<br />

nell’Oceano Pacifico: un doppio<br />

cappotto che ha regalato ad Alex il<br />

simbolico traguardo. Nonostante<br />

l’handicap, Alex è ottimista, solare, al<br />

punto da definirsi perfino fortunato,<br />

nonostante nelle sue condizioni la<br />

maggior parte delle persone non<br />

seguirebbero alla lettera il secondo<br />

comandamento.<br />

Nato e cresciuto in Nuova<br />

Zelanda, in una fattoria dove la sua<br />

famiglia allevava pecore (fatto non<br />

esattamente inusuale, in un paese<br />

dove ce ne sono quasi 30 milioni),<br />

è l’ultimo di tre figli maschi e<br />

nonostante l’handicap, gli riesce<br />

un po’ tutto: gioca a tennis, cricket,<br />

sfreccia in moto, aiuta nella fattoria e<br />

nelle faccende domestiche.<br />

Grazie all’educazione ricevuta e al<br />

fatto che nessuno in famiglia lo tratta<br />

come un disabile, ha sempre avuto la<br />

mente aperta, senza pensare troppo<br />

a cosa poteva o non poteva fare. Il<br />

tennis rientrava tra le sue passioni<br />

e quindi ci ha provato, spinto anche<br />

dal fatto che anche i suoi genitori<br />

e fratelli sono degli appassionati<br />

praticanti.<br />

42<br />

«il mio scopo è ispirare i disabili.<br />

se sorretti dal giusto spirito,<br />

si può vivere alla grande anche<br />

con un handicap» e perfino<br />

conquistare un punto atp<br />

In realtà, non ci sono troppe attività<br />

che gli sono precluse per via del<br />

braccio: «Obiettivamente, anche nel<br />

giocare a tennis non trovo enormi<br />

difficoltà tecniche. L’unica differenza<br />

sostanziale è azzeccare il lancio di<br />

palla. Faccio grande fatica col vento,<br />

così come la stragrande maggioranza<br />

di chi gioca, ma dovendo lanciare<br />

la palla con la protesi per me è<br />

chiaramente più difficile. Un altro<br />

piccolo problema è il cambio di<br />

impugnatura dal rovescio al dritto,<br />

specialmente in fase di risposta al<br />

servizio dove si ha poco tempo. Ho<br />

cercato varie soluzioni e, alla fine, ho<br />

deciso di adottare la medesima presa<br />

per entrambi i colpi. Una soluzione<br />

sicuramente più comoda ma anche<br />

scorretta dal punto di vista tecnico.<br />

Però mi sono adeguato».<br />

Se il sogno è giocare contro Federer<br />

(ma siamo convinti che in una<br />

prossima esibizione di Roger,<br />

il desiderio possa anche essere<br />

esaudito), l’obiettivo reale è entrare<br />

nei primi 500 giocatori del mondo,<br />

mentre il traguardo finale sarebbe<br />

quello di qualificarsi per il tabellone<br />

principale di uno Slam. «Però mio<br />

scopo principale è un altro: voglio<br />

ispirare i disabili e far capire che<br />

tutto è possibile. Se sorretti dal giusto<br />

spirito, si può vivere alla grande<br />

anche con un handicap».<br />

Un messaggio trasmesso alla famiglia<br />

di un neonato colpito dalla sua stessa<br />

disabilità: «Per me è stato davvero<br />

incredibile riuscire a trasmettere una<br />

nuova speranza, avergli fatto capire<br />

che il loro bambino potrà avere<br />

una vita normale anche senza un<br />

braccio». Il messaggio è molto più<br />

forte se il messaggero è nelle stesse<br />

condizioni del destinatario.<br />

Dal punto di vista economico, la<br />

situazione non è stata così grave<br />

perché il governo neozelandese è<br />

molto attento ad assistere i disabili,<br />

al punto da avergli fornito tutte le<br />

protesi di cui aveva bisogno: «Adesso<br />

non mi serve più cambiarle perché<br />

il mio corpo ha smesso di crescere,<br />

quindi non credo di dover cambiare<br />

ancora il braccio. A meno che non<br />

rompa quello che ho» dice ridendo<br />

con grande autoironia.<br />

Alex ha provato tante protesi, sempre<br />

attento, curioso, perfino eccitato<br />

nel provare nuovi marchingegni<br />

tecnologici che possano aiutarlo<br />

a migliorare la sua condizione.<br />

«Anche in questo caso devo<br />

ringraziare il mio Paese perché mi<br />

ha messo a disposizione un ottimo<br />

team di specialisti a Wellington<br />

che mi ha costruito la protesi e, al<br />

contempo, cercato di sviluppare<br />

sempre nuove soluzioni da farmi<br />

testare. Chiaramente la tecnologia<br />

di oggi aiuta noi disabili: fossi nato<br />

cinquant’anni fa, probabilmente mi<br />

sarebbe stato precluso quasi tutto<br />

quello di cui ora posso godere. Ecco,<br />

vedi che sono un tipo fortunato?».<br />

Per seguire le vicende di Alex sui social: Facebook: alex<br />

hunt tennis; Instagram: alexhunt_tennis


43


STORIE DI TENNIS<br />

Marcus Willis<br />

L’anno scorso giocava sul Centre Court di Wimbledon contro Roger Federer, quest’anno si è<br />

fermato nelle qualificazioni. Diventato papà e con qualche chilo di troppo addosso, il 26enne<br />

inglese deve prendere una decisione: fare il maestro o il tennista professionista?<br />

testo di Lorenzo Cazzaniga<br />

Non ho ben capito se, seduto<br />

nell’improvvisata sala stampa delle<br />

qualificazioni di Wimbledon, Marcus<br />

Willis mi stesse prendendo per il culo.<br />

Con un giro di parole studiato nelle<br />

due ore precedenti, gli ho domandato<br />

del suo stato di salute, visto che la<br />

silhouette non era proprio da atleta<br />

allenato. Con nonchalance mi ha<br />

risposto: «Ti dirò, va meglio di qualche<br />

tempo fa», prima di mostrarmi dal<br />

cellulare alcune immagini che lo<br />

ritraevano durante una corsa al parco.<br />

Marcus è salito alle cronache l’anno<br />

scorso: faceva lezioni private a<br />

30 sterline l’ora a Wokingham,<br />

nel Berkshire, una quarantina<br />

di chilometri a ovest di Londra.<br />

Ripescato dopo aver perso nelle prequalificazioni<br />

di Wimbledon, riuscì<br />

chissà come a superare tre turni<br />

al Bank of England Sports Centre<br />

di Roehampton, dove si giocano<br />

le qualificazioni del torneo più<br />

prestigioso al mondo.<br />

Annullate le lezioni della settimana,<br />

ha battuto Ricardas Berankis, per<br />

meritarsi una passerella sul Centre<br />

Court, al cospetto di Roger Federer.<br />

L’emozione gli è costato un cappotto<br />

nel primo set, mentre nel terzo, dopo<br />

un miracoloso lob che ha strappato<br />

l’applauso anche a Federer, si è detto<br />

perfino deluso perché «almeno un set<br />

l’avrei meritato».<br />

Se il livello fosse stato quello, la favola<br />

non sarebbe terminata in quell’istante,<br />

ma sarebbe proseguita nelle settimane<br />

successive, seppur in location meno<br />

affascinanti. Invece, dopo un successo<br />

nel torneo Futures a Meshref, in<br />

Kuwait, di Marcus Willis si sono perse<br />

le tracce, fermato da un infortunio<br />

44<br />

Marcus willis è a un<br />

bivio: scegliere di fare il<br />

professionista o tornare a<br />

lavorare come maestro alla<br />

Down House School for Girls<br />

che lui ha spiegato snocciolando<br />

un referto medico ma che qualcuno<br />

ha sospettato potesse essere diretta<br />

conseguenza di un’eccessiva<br />

frequenza al McDonald’s. L’abbiamo,<br />

un po’ per caso, ritrovato lo scorso<br />

febbraio a Shrewsbury, in un Futures<br />

da 15.000 dollari di montepremi<br />

con il suo match programmato alle<br />

10.30 del mattino contro un 20enne<br />

francese, Roman Joncour. La fama<br />

che lo aveva preceduto non si era<br />

totalmente smarrita, visto il via vai<br />

di appassionati, nonostante il giorno<br />

lavorativo. Una coppia di mezza<br />

età si era addirittura sciroppata<br />

200 chilometri per arrivare fino nel<br />

Berkshire e non aveva intenzione di<br />

lasciare la città fin tanto che Marcus<br />

fosse stato impegnato nel torneo.<br />

Quello di Shrewsbury era solamente<br />

il terzo torneo della stagione per<br />

Marcus: negli altri due aveva ottenuto,<br />

come miglior risultato, una vittoria<br />

sul nostro Erik Crepaldi che l’aveva<br />

qualificato per le semifinali del Futures<br />

di Timpton, giusto la settimana prima,<br />

fermato da un esperto francese come<br />

David Guez. A Shrewsbury, Marcus si<br />

è spinto ancora più avanti, arrivando<br />

fino alla finale, persa lottando contro il<br />

tedesco Oscar Otte. A fare il tifo dalla<br />

tribuna, la moglie Jennifer Bate, che<br />

poche settimane dopo avrebbe dato<br />

alla luce la piccola Martha May.<br />

Il problema restava di carattere<br />

economico. Se il secondo turno di<br />

Wimbledon 2016 aveva sistemato<br />

alcune bollette, nei primi sei mesi del<br />

2017, Marcus aveva racimolato 5.000<br />

euro lordi di montepremi, certamente<br />

meno di quello che aveva guadagnato<br />

insegnando tennis alla Downe House<br />

School for Girls, un’esclusiva scuola<br />

privata della zona.<br />

Indeciso tra i sacrifici di una vita da<br />

professionista e lo stipendio sicuro da<br />

maestro di tennis, la logica familiare<br />

avrebbe optato per quest’ultima<br />

decisione. Tuttavia, l’arrivo della bella<br />

stagione e quindi dei Championships,<br />

l’ha convinto a riprovarci. La richiesta<br />

di wild card per il main draw è stata<br />

rigettata, quindi ha provato con le<br />

qualificazioni, riempiendo la nuova<br />

tribunetta e il palinsesto di qualche<br />

canale tv. Per un paio di turni è<br />

riuscito a ingannare gli avversari con<br />

i suoi tocchi sotto rete, le smorzate<br />

improvvise, le accelerazioni quasi<br />

casuali e quel servizio mancino che<br />

sull’erba è sempre una sentenza.<br />

Poi, di fronte a un giocatore solido<br />

come Illya Marchenko, ha ceduto.<br />

Ora resta l’incognita: riuscirà Marcus<br />

a perdere una decina (abbondanti)<br />

di chili, sostituire la massa grassa<br />

con quella magra e dedicarsi al<br />

tennis professionistico full time? Il<br />

talento per provare a entrare nella<br />

top 100 mondiale e vivere di questa<br />

passione non gli manca, così come<br />

un posto da maestro nel Berkshire<br />

lo attenderà per sempre, fin tanto<br />

che si ricorderanno che questo tizio<br />

ha lobbato Federer sul Centre Court.<br />

Ma a 26 anni è giunto il momento di<br />

prendere una decisione, mister Willis.


45


STORIE DI TENNIS<br />

Mattia Paolucci<br />

Oltre cento presenze da portiere dello Sporting Terni nella Serie D del calcio e, nell’estate del<br />

2014, la prima racchetta impugnata per caso. In tre anni, è passato dal primo scambio sul<br />

campo in mateco della bocciofila ad una classifica di 3.1 che arriverà a breve<br />

testo di Federico Mariani<br />

Ci sono due tipologie di attrazioni<br />

nello sport: quella dell’estasi per la<br />

purezza del gesto dei campioni e<br />

quella verso ciò che è replicabile.<br />

Lasciamo quindi perdere Roger<br />

Federer e il Centre Court di<br />

Wimbledon e trasferiamoci su<br />

due campi in mateco, uno rosso, l’altro<br />

di un blu che vagamente ricorda<br />

quello dello US Open. Fanno da<br />

sbiadito contorno in un circolo dove<br />

il l’attenzione è tutta per la bocciofila,<br />

rigorosamente indoor, con tanto di<br />

tornei a livello nazionale. È l’estate del<br />

2014 e la polisportiva è frequentata<br />

soprattutto da anziani divisi in<br />

ordinati tavoli da gioco, più qualche<br />

sporadico appassionato di tenni che<br />

prova a sbracciare su quei campi così<br />

veloci da essere un unicum a Terni.<br />

Spesso non serve neanche telefonare<br />

per assicurarsi un’ora di pallate al<br />

misero costo di 6 euro in tutto. È qui<br />

che comincia il viaggio tennistico di<br />

Mattia, anni ventitré, di cui gran parte<br />

occupati a volare da un palo all’altro<br />

in difesa di una porta. Per questo,<br />

anche a tennis, diventa dannatamente<br />

precoce e maledettamente forte. In<br />

porta il ragazzo non era male: oltre<br />

cento presenze in Serie D, cinque<br />

anni di permanenza con lo Sporting<br />

Terni e un derby vinto contro il<br />

Perugia - allora sceso in D - giocato<br />

per l’occasione allo stadio Liberati, la<br />

casa della Ternana. Da queste parti<br />

significa molto. Per due anni è stato<br />

eletto miglior portiere stagionale nel<br />

girone del Centro-Italia. «Quando<br />

mi sono reso conto di non poter<br />

arrivare ai massimi livelli, ho preferito<br />

smettere - dice con schiettezza -. E<br />

così, grazie a un amico e alla mia<br />

46<br />

un processo innaturale che ha<br />

portato un ragazzo in tre anni<br />

dall’impugnare per la prima volta<br />

un racchetta a presidiare il<br />

vertice della terza categoria<br />

ragazza che già giocavano, mi sono<br />

ritrovato sul campo da tennis». In<br />

breve tempo batterà la ragazza e pure<br />

l’amico. Chi della competizione ha<br />

fatto un mantra sin da piccolo, non<br />

può accontentarsi della partitella<br />

tra amici. Cominciano le lezioni col<br />

maestro, filano via le racchette, spesso<br />

frantumate e poi collezionate (una<br />

trentina di fusti semi-disintegrati<br />

sono conservati in cantina), arriva la<br />

tessera Fit e i primi tornei. I progressi<br />

tecnici sono impressionanti. Il suo<br />

è un tennis inevitabilmente grezzo,<br />

muscolare, ma l’innata attitudine alla<br />

lotta e la comprensione dell’essenza<br />

del gioco, sommata a un’esplosività<br />

fisica come non se ne trovano tra i<br />

Quarta, gli permettono di imporsi<br />

subito. «Giocavo e vincevo. Per<br />

battermi dovevano essere molto più<br />

bravi di me e spesso non bastava». Per<br />

chi è digiuno di tennis, l’equazione<br />

essere più bravo = vincere può apparire<br />

scontata. Ovviamente non lo è.<br />

Passano dodici mesi da quando ha<br />

cominciato e Mattia ha già vinto<br />

un torneo di Quarta e scalato la<br />

classifica da enneci a 4.1. Il fatto<br />

che ci sia riuscito in un intervallo<br />

temporale insensato, fonde rabbia<br />

e ammirazione. Altri sei mesi sono<br />

sufficienti per superare scalino<br />

fatidico che lo separa dalla terza<br />

categoria: è un cambiamento di status,<br />

gli appassionati lo sanno.<br />

Quando non gioca, Mattia sforna le<br />

pizze sostituendo la racchetta con<br />

la pala: è il titolare di una piccola<br />

pizzeria al taglio nel cuore della<br />

principale via Ternana. Come nel<br />

tennis, anche nell’attività commerciale<br />

ha conosciuto un successo precoce.<br />

E come tanti ragazzi, anche Mattia<br />

ha deciso di fare del suo corpo una<br />

tavolozza sulla quale dipingere<br />

passioni e amori. E così, sul petto<br />

compaiono due scritte: la prima - con<br />

tanto di hashtag - recita Nato per<br />

volare in omaggio ai trascorsi sui<br />

campi di pallone; l’altra dice NMM,<br />

l’acronimo reso celebre da Fabio<br />

Fognini e proprio a lui dedicato: Non<br />

Mollare Mai.<br />

A metà viaggio l’ascesa s’interrompe,<br />

stoppata da un ritorno di fiamma per<br />

il calcio. «Mi mancavano i guantoni<br />

e l’adrenalina di un campionato, ma<br />

tutto è durato sei mesi». Anche a<br />

livello sportivo, le minestre riscaldate<br />

non sono buone. Ed ecco rifare<br />

capolino all’orizzonte il tennis. Mattia<br />

riprende la scalata imponendosi con<br />

straordinaria nonchalance anche<br />

nella terza categoria, un microcosmo<br />

in grado di smascherare i bluff. Le<br />

vittorie e gli upgrade in classifica<br />

sfilano via con costanza disarmante<br />

fino a disegnare un processo<br />

innaturale che ha portato un ragazzo<br />

in tre anni esatti, dall’impugnare<br />

per la prima volta una racchetta<br />

a presidiare il vertice della terza<br />

categoria con la classifica di 3.1 che<br />

arriverà a breve. Con un occhio<br />

al futuro. «La seconda categoria?<br />

Sarebbe un miracolo!». Perché quanto<br />

fatto in questo triennio cos’è stato?


47


STORIE DI TENNIS<br />

Wimbledon Qualies<br />

Se non si ha una classifica sufficiente, per varcare i Doherty Gates bisogna passare da<br />

Roehampton. Un pellegrinaggio che un vero appassionato di tennis dovrebbe compiere,<br />

una volta nella vita. Per vivere un’esperienza unica nel suo genere<br />

testo di Lorenzo Cazzaniga<br />

Con la metro scendi a Putney Bridge,<br />

quindi ti avvali dell’efficiente servizio<br />

di autobus di Londra e dopo un<br />

altro quarto d’ora vieni scaricato nel<br />

Purgatorio del tennis. Il Paradiso,<br />

quello dista quattro chilometri e<br />

duecento metri. Il primo si chiama<br />

Bank Of England Sports Centre e sta<br />

a Roehampton, il secondo All England<br />

Lawn <strong>Tennis</strong> and Croquet Club, e sta a<br />

Wimbledon.<br />

Ma se un giocatore non gode di<br />

qualche privilegio, è dal Purgatorio<br />

che deve passare. Doveva esserci<br />

anche Maria Sharapova, la bella russa<br />

rientrata dopo la squalifica per doping<br />

e quindi senza una classifica adeguata<br />

per essere ammessa al tabellone<br />

principale di Wimbledon. Aveva detto<br />

che sarebbe stato perfino «divertente<br />

provare una nuova esperienza, le<br />

qualificazioni di Wimbledon», una<br />

dichiarazione che ha creato un certo<br />

imbarazzo organizzativo, visto che<br />

la sua presenza avrebbe mosso fans,<br />

media e guardoni. È così cominciata<br />

una lunga corsa ai ripari: per la prima<br />

volta è stato istituito un biglietto:<br />

pochi spiccioli ma con un numero<br />

massimo di tagliandi fissato a 500 per<br />

ciascun giorno di gara, in modo da<br />

garantire l’ordine pubblico. Poi è stata<br />

montata una piccola tribunetta sul<br />

campo più lontano, con due operatori<br />

aggrappati agli alberi per filmare gli<br />

incontri. Oh, e si erano scomodate<br />

BBC, Espn, la nostra Sky Sport. Come<br />

spesso accade con le belle dame, la<br />

Sharapova ha dato forfait all’ultimo,<br />

rendendo inutili tutte queste<br />

operazioni, che poi gli organizzatori<br />

hanno affermato non essere ad<br />

personam, ma dipendenti dalla volontà<br />

48<br />

Se queste pagine potessero<br />

animarsi, mi piacerebbe<br />

mostrarvi il rovescio di<br />

tstitsipas: TifereSTe per lui come<br />

non ci fosse un domani<br />

di garantire la sicurezza agli spettatori.<br />

Comunque sia, la mancata presenza<br />

della russa non ha quantomeno<br />

pregiudicato l’atmosfera del torneo,<br />

che è del tutto particolare rispetto alle<br />

qualificazioni degli altri Grand Slam.<br />

First of all, se non passi il torneo a<br />

Roehampton, non potrai mai dire<br />

di aver, letteralmente e fisicamente,<br />

giocato a Wimbledon. Negli altri<br />

Slam le qualificazioni sono dirottate<br />

sui campi laterali ma sei pur sempre<br />

dentro Melbourne Park, Roland<br />

Garros e Flushing Meadows. A<br />

Roehampton, e speriamo resti così<br />

in eterno (nonostante Federer spinga<br />

perché vengano spostati nell’adiacente<br />

campo da golf di Church Road,<br />

dichiarazione forse dovuta per<br />

compiacere qualche collega meno<br />

fortunato) perché l’esperienza è unica.<br />

Appena varcato il cancello, l’unica<br />

concessione alla tecnologia è data da<br />

un enorme tabellone che aggiorna<br />

i punteggi delle varie partite e che<br />

diventa la mappa interattiva del<br />

proprio soggiorno, visto il numero<br />

infinito di match che si giocano. Uno<br />

spazio verde dove alcuni ragazzi si<br />

divertono col cricket, è l’anticamera<br />

dal Paradiso dell’appassionato<br />

tennista, almeno di quello un po’ nerd,<br />

a dirla tutta. Cioè l’appassionato che<br />

rifugge un primo turno scontato sul<br />

Centre Court per correre a vedere se<br />

davvero il suono della Prestige quando<br />

Stefan Kozlov, americano di 19 anni,<br />

impatta il back di rovescio è davvero<br />

diverso.<br />

Quest’anno gli inglesi si affrettavano<br />

a raggiungere il campo principale<br />

per ammirare, si fa per dire, i loro<br />

migliori giocatori, liberando ancora<br />

più spazio negli altri campi; qualcuno<br />

si siede su una collinetta che offre<br />

una buona vista su almeno tre campi,<br />

più in là, la prospettiva impedisce di<br />

riconoscere anche solo chi gioca. I più<br />

esperti invece, arrivano con la sedia da<br />

campeggio e con quella si muovono,<br />

per l’invidia di chi resta perennemente<br />

in piedi. Perché la bellezza del luogo<br />

sta proprio nell’infilarsi tra un campo<br />

e l’altro, distanti lo spazio fisico di tre<br />

persone messe una fianco all’altra.<br />

Si avvertono i rumori, le parole<br />

che volano, le richieste ai giudici, i<br />

consigli dei coach, gli unici a godere<br />

di una sedia. Ma soprattutto, avverti<br />

il rumore della palla all’impatto, una<br />

sorta di test onomatopeico, dove il<br />

suono sostituisce le parole e ti aiuta a<br />

capire quanto un giocatore sia forte.<br />

Per dire, quando Rublev colpisce, ti<br />

rendi conto perché potrebbe diventare<br />

un fenomeno. Se poi queste pagine<br />

potessero improvvisamente animarsi<br />

(si chiama realtà aumentata), allora mi<br />

piacerebbe mostrarvi la slow-motion<br />

del rovescio di Tsitsipas. Perché a quel<br />

punto comincereste a tifare per questo<br />

ragazzotto greco come non ci fosse un<br />

domani, come fosse la persona a voi<br />

più cara, come colui che, più di ogni<br />

altro, potrebbe non farci rimpiangere<br />

i fenomeni attuali. Ecco, anche questo<br />

ti insegna un pomeriggio passato a<br />

Roehampton.


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50


IL PERSONAGGIO<br />

the new<br />

FLAVIA<br />

Nel 2015 la vittoria allo US Open e il ritiro dalle<br />

competizioni. Nel 2016 il matrimonio con Fabio<br />

Fognini e lo scorso 19 maggio la nascita del figlio<br />

Federico. In pochi anni la vita di Flavia Pennetta<br />

è cambiata radicalmente. Ma dopo l'esperienza<br />

a Sky Sport, ammette che in futuro non le<br />

dispiacerebbe un impegno nel settore tecnico<br />

intervista di Marco Caldara<br />

51


La Wilson Blade è ancora<br />

là, sulla stessa parete<br />

della casa di Barcellona<br />

dove Flavia Pennetta<br />

l’ha appesa a fine 2015,<br />

tenendo fede all’annuncio<br />

di addio fatto in<br />

mondovisione due mesi e<br />

mezzo prima, nel giorno<br />

più importante della sua<br />

carriera, quando vinse<br />

lo us open. Ma il tennis<br />

è rimasto comunque al<br />

centro della sua vita,<br />

anche se ora in braccio<br />

c'è il piccolo Federico,<br />

arrivato lo scorso<br />

19 maggio a chiudere<br />

il cerchio di due anni<br />

scanditi dalle emozioni:<br />

il primo titolo Slam, il<br />

ritiro, il matrimonio con<br />

Fabio Fognini e la nascita<br />

del bebè. E poi i primi<br />

impegni della sua seconda<br />

vita, come opinionista a<br />

Sky Sport. sarà quello il<br />

suo futuro? forse, Anche<br />

se ci ha confessato che<br />

la voglia di trasmettere<br />

la sua esperienza alle<br />

nostre giovani promesse<br />

non manca.<br />

Franco Davin ha detto che sei la<br />

moglie che ogni coach vorrebbe,<br />

perché conosci tutte le esigenze di<br />

un giocatore. È vero?<br />

Confermo. Credo di avere maggiore<br />

pazienza rispetto a una compagna<br />

che non ha mai vissuto determinate<br />

situazioni, semplicemente perché io le<br />

ho provate su me stessa. Non voglio<br />

interferire in ciò che fa l’allenatore<br />

oppure mio marito. Anzi, quando<br />

posso cerco di dare una mano.<br />

Poi, quando so di poter pretendere<br />

qualcosa, non mi tiro indietro.<br />

Come sono stati i primi mesi<br />

da mamma?<br />

Più belli di quanto potessi<br />

immaginare. Fino a quando non hai<br />

un bambino fra le braccia, non puoi<br />

capire ciò che significa. È stancante,<br />

ma anche un’emozione unica. Ho<br />

anche rivalutato la figura di mia<br />

mamma e tutto ciò che ha fatto per<br />

me: specialmente da piccole succede<br />

che fra madre e figlia ci sia qualche<br />

conflitto, mentre ora che so cosa vuol<br />

dire essere genitori, vedo mia madre<br />

come un idolo. Un aspetto che noi<br />

donne possiamo apprezzare ancora di<br />

più rispetto agli uomini.<br />

Il tuo, di uomo, che papà è?<br />

Bravissimo. Io gli ho dato un<br />

consiglio: quando è a un torneo e si<br />

vuole riposare, è meglio che rimanga<br />

un giorno in più dopo la sconfitta,<br />

perché appena rientra il riposo è<br />

finito. Tuttavia, per il momento,<br />

appena perde fa il possibile per<br />

tornare subito da noi. Fabio fa tutto:<br />

il bagnetto, cambia i pannolini, fa<br />

addormentare il bimbo. E ora che<br />

abbiamo iniziato a dargli il biberon<br />

una volta al giorno, se ne occupa lui,<br />

per essere ancora più partecipe.<br />

Sembra che la nascita del bimbo<br />

abbia anche giovato al suo tennis.<br />

Sta bene, è contento. Ci sono tanti<br />

fattori che possono aiutare un<br />

giocatore, ma alla fine il tennis resta<br />

qualcosa di personale. Quando vuole<br />

fare le cose, Fabio le fa. Quando non le<br />

vuole fare, non le fa. Piaccia o meno a<br />

qualcuno, è così.<br />

vista la situazione<br />

attuale del tennis<br />

femminile, c'è rammarico<br />

nell'aver smesso?<br />

Sì, con Fabio ne parliamo spesso.<br />

E lui mi dice in continuazione che<br />

devo tornare a giocare. Anche se<br />

non lo posso dire con certezza,<br />

se avessi tenuto il livello di gioco<br />

dell’ultima parte della mia carriera,<br />

probabilmente in un periodo come<br />

questo mi sarei potuta togliere altre<br />

soddisfazioni. Però sono talmente<br />

serena e felice della mia vita che va<br />

benissimo così.<br />

Quindi il rientro non è mai stato<br />

preso in seria considerazione?<br />

Non mi vedo capace di tornare a<br />

soffrire quanto dovrei per recuperare<br />

certi livelli, riprendere quel genere<br />

di allenamenti, con quella intensità.<br />

Oggi quando mi capita di rivedere<br />

alcune mie partite mi stupisco di<br />

come mi muovessi sul campo. Se lo<br />

facessi ora mi farei male. Ero molto<br />

veloce, mentre adesso mi sento un<br />

ippopotamo.<br />

Victoria Azarenka ci è riuscita.<br />

È stata ferma meno ed è anche più<br />

giovane. L’età influisce: a 28 anni<br />

hai ancora un po’ di margine per<br />

fare bene, come era successo a Kim<br />

Clijsters. Anche Serena Williams<br />

dice di voler tornare subito dopo la<br />

maternità e spero per lei che ci riesca.<br />

Sono convinta che lo farà perché è<br />

un fenomeno. Magari giocherà un<br />

anno e mezzo, vincerà quello che deve<br />

vincere e poi dirà basta. Questo è un<br />

momento in cui ci sono stati diversi<br />

stop per maternità, ma sono poche le<br />

giocatrici che tornano dopo il parto.<br />

La WTA dovrebbe pensare a<br />

qualche soluzione per agevolare la<br />

vita delle mamme nel Tour?<br />

Qualcosa esiste già. Nei tornei del<br />

Grand Slam ci sono delle aree dove<br />

giocatori, allenatori e accompagnatori<br />

possono lasciare i propri figli. Ma la<br />

Flavia Pennetta, 35 anni, figlia di mamma Concetta e papà Oronzo, è sposata con Fabio Fognini<br />

dal giugno 2016. Lo scorso 19 maggio hanno avuto un figlio, chiamato Federico in ricordo<br />

dell'amico Federico Luzzi, ex giocatore morto prematuramente a 28 anni per una leucemia<br />

fulminante nel 2008. Prima azzurra della storia a entrare nella top 10 mondiale, ha vinto 11<br />

titoli da professionista, tra i quali lo US Open nel 2015. Ora è anche opinionista di Sky Sport.<br />

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verità è che le giocatrici-mamme sono<br />

poche, mentre sono di più i giocatori<br />

che viaggiano per i tornei con le<br />

compagne e i figli. Per gli uomini è<br />

più facile, non devono fare nulla.<br />

Quattro dei primi cinque giocatori<br />

del mondo hanno dei figli. Manca<br />

solo Rafael Nadal.<br />

È fidanzato da una marea di anni<br />

con la stessa ragazza, Xisca. Ricordo<br />

quando lui la corteggiava e lei non lo<br />

considerava. Gli dava di continuo il<br />

due di picche, ma alla fine ha ceduto<br />

(ride, n.d.r.).<br />

Intanto il tennis italiano<br />

femminile rimpiange la tua<br />

generazione. Come vedi il<br />

prossimo futuro?<br />

Si sapeva che ripetere ciò che è<br />

stato fatto negli ultimi anni sarebbe<br />

stato complicato. Impossibile no,<br />

complicato sì. In questo momento<br />

siamo messe parecchio male, è un<br />

dato di fatto. L’unica che mi sta<br />

piacendo è Camila Giorgi, è quella<br />

che gioca meglio. Può fare ancora<br />

molto. Però dietro di lei c’è veramente<br />

il vuoto. Molto spesso, parlando con<br />

Francesca, Roberta e Sara dicevamo<br />

che la Federazione e il movimento in<br />

generale sono stati molto fortunati ad<br />

averci. Per dieci anni ci sono sempre<br />

state delle giocatrici italiane nei piani<br />

alti della classifica WTA. Il momento<br />

in cui avrebbero fatto meglio gli<br />

uomini doveva arrivare, è un ciclo.<br />

Non pensi che il vostro periodo<br />

d’oro si potesse sfruttare meglio?<br />

Ognuna di noi è venuta fuori con le<br />

proprie forze: da piccole io e Roberta<br />

abbiamo avuto qualche aiuto da parte<br />

della Federazione, ma poi abbiamo<br />

preso le nostre strade e siamo arrivate<br />

in alto grazie a meriti nostri e a chi<br />

ci siamo messe accanto. Magari il<br />

nostro percorso poteva essere preso<br />

d’esempio, per analizzare alcune<br />

scelte e vedere i passi compiuti per<br />

arrivare fino alla top 10 mondiale.<br />

Però mi accorgo che non è semplice,<br />

anche perché quando una giocatrice<br />

raggiunge un livello così alto, tende<br />

un po’ a chiudersi a riccio. Per me,<br />

a meno che non ci fosse stata una<br />

grande confidenza, sarebbe stato<br />

difficile accettare di avere una<br />

giocatrice ad allenarsi con me, per<br />

vedere in che modo lavoravo.<br />

Durante Wimbledon hai<br />

collaborato con Sky Sport: come<br />

valuti questa nuova esperienza?<br />

Mi fanno sentire come a casa e per<br />

me è fondamentale. Soprattutto visto<br />

che durante Wimbledon sono stata<br />

a Milano con mio figlio. Mi trovo<br />

molto bene con Stefano Meloccaro<br />

e lo stesso con Eleonora Cottarelli,<br />

nonostante non la conoscessi prima di<br />

Wimbledon. Mi coccolano un sacco.<br />

È più difficile parlare di ex<br />

colleghe in tv piuttosto che negli<br />

spogliatoi?<br />

Devo avere qualche filtro in più, non<br />

posso essere troppo diretta. Io nel<br />

profondo sono un po’ stronzetta, però<br />

davanti alle telecamere devo filtrare<br />

un po' ciò che penso, dirlo in un’altra<br />

maniera. Penso sia normale in tv.<br />

Vedi un ruolo in tv nel tuo futuro?<br />

Fino a quando Fabio giocherà non<br />

credo intensificherò questo impegno<br />

perché la priorità resta la famiglia.<br />

Federico è ancora molto piccolo,<br />

ma dal prossimo anno viaggeremo<br />

un po’ più spesso insieme al papà,<br />

in modo che anche lui possa<br />

trascorrere più tempo con suo figlio.<br />

Poi, quando Fabio smetterà e saremo<br />

meno nomadi, la tv è un'opzione che<br />

non escluderei. Anche se…<br />

Anche se...<br />

Mi piace il campo, l’idea di dare un<br />

contribuito alle nuove generazioni.<br />

Quindi parli di un impegno a<br />

livello tecnico.<br />

Esatto, anche se non intendo viaggiare<br />

con una giocatrice professionista.<br />

Mi piacciono le giovani dai 15 ai 20<br />

anni, mentre non mi vedrei come<br />

insegnante di una bambina di otto.<br />

Non saprei nemmeno da dove<br />

iniziare per insegnarle il dritto. Posso<br />

mostraglielo, ma spiegarlo è ben<br />

altra cosa. Non è scontato che chi ha<br />

giocato bene a tennis poi diventi un<br />

grande allenatore. Mi vedrei meglio<br />

con delle ragazze già impostate, con<br />

una tecnica sviluppata. Secondo me<br />

è tutto basato sull'intensità degli<br />

allenamenti e la preparazione atletica:<br />

punterei su questi aspetti. Spesso noto<br />

che negli allenamenti manca intensità,<br />

mentre io le giovani le farei vomitare<br />

in campo. A me succedeva.<br />

Quindi ti piacerebbe un ruolo di<br />

supervisione, come Volandri nel<br />

settore tecnico maschile?<br />

Qualcosa di simile, ma con una<br />

presenza molto costante.<br />

53


ANDREY<br />

Stilisticamente ricorda Yevgeny Kafelinikov, in campo<br />

sta cercando di controllare i colpi di testa tipici del<br />

suo idolo, Marat Safin. Dotato di due fondamentali<br />

notevoli e un carattere molto deciso, punta a diventare<br />

in futuro il numero uno del mondo. E nel frattempo, a<br />

qualificarsi per le NextGen ATP Finals di Milano<br />

intervista di LORENZO CAZZANIGA<br />

RUBLEV<br />

54


55


#NEXT GEN ATP FINALS<br />

LUOGO DI NASCITA<br />

MOSCA, RUSSIA<br />

RESIDENZA<br />

MOSCA, RUSSIA<br />

DATA DI NASCITA<br />

20 OTTOBRE 1997<br />

CLASSIFICA ATP 24 LUGLIO 2017<br />

NUMERO 49<br />

CLASSIFICA NEXTGEN 24 LUGLIO 2017<br />

NUMERO 3<br />

MIGLIORI RISULTATI<br />

2014: VITTORIA ROLAND GARROS<br />

JUNIOR; 2016, ATP CHALLENGER:<br />

VITTORIA A QUIMPER; 2017: VITTORIA<br />

ATP 250 UMAG<br />

di Lorenzo Cazzaniga<br />

L'EVENTO<br />

Le NEXT GEN ATP FINALS si disputeranno alla Fiera<br />

di Rho (Milano) dal 7 all'11 novembre. Qualificati i sette<br />

migliori under 21 del mondo, più una wild card (italiana).<br />

1. IL PERSONAGGIO<br />

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2. LA TECNICA 3. IL FUTURO<br />

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«


CHI LI HA VISTI?<br />

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INCHIESTA<br />

Nell’Era Open (dal 1968) sono stati 38 i giocatori italiani capaci di entrare nella<br />

top 100 mondiale. Alcuni di loro hanno scelto strade diverse dal tennis, tanti altri<br />

<br />

<br />

tecnico per conto della Fit, di cui due part-time e l’altro è Corrado Barazzutti,<br />

capitano di Coppa Davis. Ma davvero i nostri migliori ex giocatori non potrebbero<br />

essere una risorsa importante per far crescere i giovani di maggior talento?<br />

di MARCO CALDARA<br />

In alto da sinistra, in senso<br />

orario, il capitano di Davis<br />

Corrado Barazzutti; Filippo<br />

Volandri, impegnato parttime<br />

con la Fit e telecronista<br />

di Sky Sport; Renzo Furlan,<br />

responsabile settore under 20<br />

della Federazione serba; Claudio<br />

Pistolesi che ha aperto una sua<br />

attività di coaching in Florida<br />

59


Subito dopo il ritiro agonistico, Andrea Gaudenzi si è laureato e quindi<br />

ha frequentato un Master in Business Administration. Lavora come<br />

imprenditore a Londra ed è parte del Board di ATP Media<br />

All’inizio sembrava una moda, ora è diventata<br />

una legge. I casi continuano a moltiplicarsi e<br />

risultati sono (quasi sempre) lì a dimostrare<br />

la bontà della scelta: nel tennis di oggi, la<br />

soluzione migliore per un tennista è quella di<br />

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abbandonato il mondo del tennis, tanti altri lavorano privatamente,<br />

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in termini di carriera disputata e capacità mana-<br />

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per l’insegnamento. «Ho deciso di non intraprendere quel percorso<br />

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60


Diego Nargiso, ex davisman azzurro, ora coach professionista, sta<br />

aprendo un suo centro di allenamento in Lombardia, tra Como e Milano.<br />

È impegnato anche come telecronista per Super<strong>Tennis</strong> TV<br />

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«Alleno giocatori stranieri perché non ho mai ricevuto una proposta da un<br />

italiano. Molti ex top player azzurri non fanno i coach perché non hanno<br />

più voglia di viaggiare: li capisco, se non sei stimolato da un progetto<br />

importante e ben retribuito, chi te lo fa fare?» Davide Sanguinetti<br />

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WHERE ARE THEY NOW?<br />

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GIOCATORE<br />

BEST<br />

RANKING<br />

CHE FINE<br />

HA FATTO<br />

GIOCATORE<br />

BEST<br />

RANKING<br />

CHE FINE<br />

HA FATTO<br />

Adriano Panatta<br />

Corrado Barazzutti<br />

Paolo Bertolucci<br />

4<br />

7<br />

12<br />

Titolare agenzia<br />

di eventi AP<br />

Communication<br />

Capitano Nazionale<br />

di Coppa Davis<br />

Telecronista Sky Sport<br />

Martin Mulligan<br />

Claudio Panatta<br />

Daniele Bracciali<br />

46<br />

49<br />

49<br />

Dirigente Fila Usa<br />

Fondatore Accademia<br />

Panatta a Roma<br />

Fondatore 49 <strong>Tennis</strong><br />

Training ad Arezzo<br />

Fabio Fognini<br />

13<br />

Giocatore in attività<br />

Simone Colombo<br />

60<br />

Nessuna attività<br />

Andreas Seppi<br />

18<br />

Giocatore in attività<br />

Diego Nargiso<br />

67<br />

Coach professionista e<br />

Direttore International<br />

<strong>Tennis</strong> Academy<br />

Andrea Gaudenzi<br />

18<br />

Imprenditore, membro<br />

del Board di ATP Media<br />

Alessio Di Mauro<br />

68<br />

DT e Maestro CUS<br />

Catania<br />

Omar Camporese<br />

18<br />

Direttore Tecnico<br />

Green Garden Mestre<br />

Flavio Cipolla<br />

70<br />

Giocatore in attività<br />

Renzo Furlan<br />

Francesco Cancellotti<br />

19<br />

21<br />

Responsabile settore<br />

U20 Federazione Serbia e<br />

coach di Jasmine Paolini<br />

AD Cancellotti S.r.l.<br />

Claudio Pistolesi<br />

Laurence Tieleman<br />

71<br />

76<br />

Titolare Claudio<br />

Pistolesi Enterprise<br />

Responsabile della<br />

società Ecoloblue<br />

Filippo Volandri<br />

25<br />

Consulente tecnico Fit e<br />

telecronista Sky Sport<br />

Massimiliano Narducci<br />

77<br />

DT Tozzona <strong>Tennis</strong> Park<br />

a Imola<br />

Paolo Canè<br />

Cristiano Caratti<br />

26<br />

26<br />

Direttore Canè<br />

<strong>Tennis</strong>chool a Gorle (BG)<br />

Maestro tennis negli USA<br />

Marco Cecchinato<br />

<br />

82<br />

86<br />

Giocatore in attività<br />

Giocatore in attività<br />

Tonino Zugarelli<br />

Potito Starace<br />

Gianni Ocleppo<br />

27<br />

27<br />

30<br />

Zugarelli <strong>Tennis</strong><br />

Academy a Sutri (VT)<br />

Maestro BFD Academy<br />

Roma<br />

Imprenditore e<br />

telecronista Eurosport<br />

Federico Luzzi<br />

Marzio Martelli<br />

Alessandro Giannessi<br />

Stefano Galvani<br />

92<br />

96<br />

99<br />

99<br />

Defunto<br />

Maestro Libertas <strong>Tennis</strong><br />

a Livorno<br />

Giocatore in attività<br />

Maestro CT Rimini<br />

Paolo Lorenzi<br />

35<br />

Giocatore in attività<br />

Luca Vanni<br />

100<br />

Giocatore in attività<br />

Simone Bolelli<br />

Gianluca Pozzi<br />

36<br />

40<br />

Giocatore in attività<br />

Maestro Accademia<br />

<strong>Tennis</strong> Bari<br />

Vincenzo Santopadre<br />

100<br />

Maestro CC Aniene di<br />

Roma e coach di Matteo<br />

Berrettini<br />

Stefano Pescosolido<br />

42<br />

DT SC Milano 3 e<br />

capitano nazionale<br />

maschile under16<br />

Davide Sanguinetti<br />

42<br />

Coach di Ryan<br />

Harrison e Di Wu<br />

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«Lavorare per la Fit comporta una certa responsabilità perché seguire i<br />

giovani più forti è positivo, ma ci sono parecchi doveri. È ovvio che gli ex top<br />

100 sono un patrimonio che andrebbe sfruttato, mentre ad alcuni non è mai<br />

stato nemmeno proposto di entrare in un progetto federale» Renzo Furlan<br />

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65


gio<br />

PAOLO VILLAGGIO<br />

SOGNI<br />

<br />

PROIBITI<br />

Paolo Villaggio ci ha lasciato lo scorso 3 luglio all’età di<br />

84 anni. Il suo personaggio più celebre resta il ragionier<br />

Fantozzi, che lo stesso Villaggio definì «Il prototipo del<br />

tapino, ovvero la quintessenza della nullità». Il tennis ha fatto<br />

parte della sua vita. E non solo di quella cinematografica.<br />

Come quella volta che a Wimbledon con Adriano Panatta....<br />

testo di CORRADO ERBA<br />

66


IL RICORDO<br />

1932<br />

-<br />

2017<br />

PAOLO VILLAGGIO<br />

67


Filini «Allora ragionere che fa? Batti?»<br />

Fantozzi: «Ma... mi dà del tu?»<br />

Filini «No...no... dicevo, batti lei?»<br />

Fantozzi: «Ah, congiuntivo»<br />

Dalla mitica partita a tennis tra i ragionieri Fantozzi e Filini nel film Fantozzi del 1975<br />

Credo fermamente che la grandezza<br />

di Paolo Villaggio sia insita nella<br />

sua comicità estrema, totalmente<br />

sconosciuta all’inizio degli Anni<br />

settanta. Una ferocia, veicolo di critica<br />

sociale crudele e suprema. Nessuna<br />

pietà. I poveracci diventano dei<br />

miserabili, i sottoposti dei giullari,<br />

gli impiegati dei servi, nella peggiore<br />

accezione del genere. Ma la stessa<br />

nobilitate di Villaggio, quella minoranza<br />

privilegiata, in maniera smisurata<br />

rispetto alla classe impiegatizia, si<br />

rivela più vulnerabile e clownesca dei<br />

pezzenti stessi, che si genuflettono<br />

davanti a loro (e alle loro madri,<br />

a volte). Pensiamo alla maniacale<br />

conoscenza del cinema impressionista<br />

tedesco del Visconte Guidobaldo Maria<br />

Riccardelli, o alla totale dipendenza<br />

dal gioco del Duca Conte Semenzara.<br />

Ma sono questi riti, queste assurde<br />

scaramanzie, condite dai tic più<br />

bizzarri, che Villaggio riversa nei suoi<br />

personaggi, pescando a piene mani<br />

nello sport. Le manie competitive del<br />

Visconte Cobram per il ciclismo, la<br />

compulsività feroce del Conte Catelani<br />

per il biliardo («Il birillo, coglionazzo»).<br />

Il tennis è uno dei soggetti preferiti<br />

del comico genovese, vissuto come<br />

veicolo di crescita sociale, di rivincita<br />

del borghese affrancato, che sognava di<br />

iscriversi al <strong>Tennis</strong> Club, luogo mistico,<br />

frequentato dagli arrivati e dai potenti.<br />

Una scala sociale da salire due gradini<br />

alla volta, netta, come la distinzione<br />

degli orari di gioco designati.<br />

I pezzenti come Fantozzi e Filini si<br />

insinuano la mattina alle sei, con la<br />

nebbia fitta e la temperatura prossima<br />

allo zero: tutte le altre ore erano<br />

occupate da giocatori di altra casta,<br />

direttori clamorosi, ereditieri, cardinali<br />

e figli di questi potenti.<br />

Poche parole per descrivere una<br />

Italietta in cui Fantozzi abbigliato «con<br />

gonna di sua zia ricca» (a sottolineare,<br />

ancora una volta, la non appartenenza,<br />

se non laterale, all’élite), gioca con<br />

Filini, finendo per essere ridotto a<br />

straccio per il campo, per lasciare<br />

Attore, comico, scrittore, sceneggiatore e doppiatore<br />

italiano, Paolo Villaggio è stato interprete di personaggi<br />

legati a una comicità paradossale e grottesca, come il<br />

professor Kranz, il timido Giandomenico Fracchia, e<br />

soprattutto il ragionier Ugo Fantozzi.<br />

il posto, una volta uscito il sole, ai<br />

potentati di cui sopra.<br />

Un gioco che Villaggio arrivò ad<br />

amare moltissimo, anche per via<br />

delle amicizie, coltivate al <strong>Tennis</strong><br />

Parioli di Roma, con le due icone del<br />

boom del tennis. Due persone così<br />

diverse dal poveraccio che «faceva<br />

fatica», indolenti fino al midollo: Nick<br />

Pietrangeli e il divino Adriano, con<br />

i quali giocava infiniti doppi estivi,<br />

al Country Club di Porto Rotondo.<br />

Alternando, quali altri partner, bella<br />

gente come Luciano Salce, Vittorio<br />

Gasmann e Ugo Tognazzi, geniale<br />

inventore dell’antesignano torneo per<br />

VIP, Lo Scolapasta d’Oro.<br />

Una frequentazione, quella con<br />

Adriano, che portò Villaggio a girare<br />

una scena imperdibile, contenuta nel<br />

film Sogni Mostruosamente Proibiti,<br />

nella quale lo stesso Villaggio, nei panni<br />

dell’ennesimo impiegato fantozziano,<br />

nell’occasione tal Paolo Coniglio, gioca<br />

una finale al Foro Italico, contro Bjorn<br />

Borg, con il commento complice di<br />

un giovane ma già famoso Giampiero<br />

Galeazzi. Il match si conclude con un<br />

clamoroso tie-break alla giapponese, sul<br />

punteggio di 99 giochi pari al quinto<br />

set! Un’amicizia, quella con Adriano,<br />

che poteva avere risvolti imprevedibili<br />

anche per la storia del tennis (sic),<br />

stante quello raccontato dalla<br />

formidabile coppia nel libretto Lei non<br />

sa chi siamo noi, uscito tre anni fa.<br />

In particolare sono da rileggere le<br />

avventure contenute nell’ultimo<br />

capitolo e relativo all’edizione 1979<br />

del torneo di Wimbledon. La leggenda<br />

vuole che Adriano, schifato dal suo<br />

tennis da erba, sia tornato a Forte<br />

dei Marmi, arrivando a Londra solo<br />

all’ultimo momento. Il fourir agonistico<br />

e le aspettative sono così alte, da<br />

chiedere a Villaggio di raggiungerlo.<br />

Invito immediatamente accettato dal<br />

nostro, che si accampa nella hall del<br />

Gloucester Hotel, attendendo l’amico<br />

vestito con una tunica bianca.<br />

Giunto in hotel insieme a John<br />

Mcenroe il ragazzino riccioluto chiede:<br />

«Who is this strange man, Adriano?». Un<br />

perplesso quanto allarmato doorman<br />

londinese gli indica «quel signore che<br />

ha fatto fuori tutte le arachidi del bar».<br />

Inizia così un’avventura tennistica<br />

picaresca, durante la quale Adriano<br />

percorre inaspettatamente il tabellone<br />

dei Championships, guidato da un<br />

improbabile Villaggio, che prima<br />

accredita come padre, poi addirittura<br />

come coach.<br />

Dieci giorni imperdibili, conditi da<br />

cene al San Lorenzo, in compagnia di<br />

personaggi quali Guillermo Vilas e<br />

Ilie Nastase e da incursioni sui campi<br />

erbosi, dove cerca invano di scaldare<br />

Bjorn Borg sul campo 9 (forse episodio<br />

prodromo del tie-break alla giapponese<br />

di cui sopra). Villaggio gioca addirittura<br />

in doppio con Cochet, Borotra e<br />

Lacoste, a cui peraltro sottrae le<br />

preziose scarpe da tennis. Il tutto non si<br />

sa, quanto romanzato, quanto veritiero.<br />

Fatto sta che il nostro, forse stufo, lascia<br />

Londra prima del fatale match di quarti<br />

di finale contro Pat Dupre, nel quale<br />

Adriano perde la più clamorosa chance<br />

di provare a trionfare anche sull’erba<br />

dell’All England Club.<br />

«E se Villaggio fosse rimasto?»<br />

Sogni mostruosamente proibiti.<br />

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TECNICA<br />

COMANDO IO <br />

<br />

palle alte e grandi corse, oppure cercare di mantenere in mano<br />

<br />

sempre bisogno di chiudere alla prima palla più corta che si<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

THE DRILL<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

B<br />

1<br />

B<br />

2<br />

ALLENATI COSÌ<br />

<br />

-<br />

(1) <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

(2)<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

A<br />

A<br />

71


PLAY BETTER TENNIS<br />

NO<br />

BREAK<br />

IN DOPPIO, CEDERE<br />

IL PROPRIO TURNO DI<br />

BATTUTA VUOL SPESSO<br />

DIRE PERDERE IL SET.<br />

ECCO ALCUNI CONSIGLI<br />

PER COSTRUIRSI DEGLI<br />

SCHEMI SOLIDI E SUBIRE<br />

POCHI BREAK<br />

In generale, servono tre qualità per non<br />

<br />

<br />

serve and volley,<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1<br />

SVILUPPATE UN<br />

SERVIZIO EFFICACE<br />

<br />

<br />

1. TENERE UN'ALTA PERCENTUALE DI PRIME IN CAMPO<br />

2. METTERE IL RIBATTITORE FUORI POSIZIONE<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

DIEGO NARGISO<br />

EX DAVISMAN, ORA<br />

COACH PROFESSIONISTA<br />

72


C<br />

C<br />

D<br />

D<br />

B<br />

B<br />

A<br />

A<br />

IL 75% DEI SERVIZI DOVRANNO<br />

ESSERE INDIRIZZATI VERSO IL<br />

CENTRO, SOPRATTUTTO DA DESTRA,<br />

VERSO IL ROVESCIO AVVERSARIO.<br />

IL 25% DEI SERVIZI DOVRANNO<br />

INVECE ESSERE INDIRIZZATI VERSO<br />

L'ESTERNO PER SFRUTTARE L'EFFETTO<br />

SORPRESA. MA FATE ATTENZIONE...<br />

A meno che non siate in grado<br />

di servire costantemente sopra i<br />

160-170 km/h, in doppio è meglio<br />

che vi concentriate su precisione<br />

e rotazione. Un servizio in top<br />

spin si muove più lentamente<br />

<br />

maggior tempo per scendere a rete.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

è più bassa e complica la possibilità<br />

all'avversario di rispondere verso<br />

il corridoio del vostro compagno, il<br />

<br />

<br />

<br />

destra, deve obbligare l'avversario<br />

a rispondere di rovescio da destra<br />

verso sinistra, un colpo tra i più<br />

<br />

73


74<br />

PLAY BETTER TENNIS<br />

74<br />

B<br />

C<br />

A<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

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<br />

<br />

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<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

SERVE AND<br />

VOLLEY<br />

2<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

D<br />

A<br />

B


3<br />

Servire al corpo è una scelta eccellente in doppio. È<br />

<br />

quello di tirare un ace. Come quando si serve in centro,<br />

anche il servizio al corpo limita gli angoli di risposta<br />

<br />

<br />

che giochi una risposta violenta. Nella maggior parte<br />

dei casi, risponderà verso il centro, la posizione ideale<br />

<br />

con una facile volée; o anche voi stessi con una volée<br />

decisa, se avrete seguito il servizio a rete.<br />

4<br />

<br />

è la più pericolosa da eseguire in doppio. Certo, se servite a uscire, forte e con<br />

molta precisione, va sempre bene perché su una risposta inevitabilmente debole,<br />

il vostro compagno a rete potrà comunque chiudere il punto con facilità. Ma se<br />

<br />

tirare forte verso il corridoio del giocatore a rete o rispondere con un angolo<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

5<br />

C<br />

D<br />

In doppio è una specie di<br />

<br />

parlate con degli specialisti della<br />

<br />

colpitori da fondocampo, mentre<br />

a rete ci andate giusto a stringere<br />

la mano, allora potete optare<br />

<br />

dove chiudere le volée non è così<br />

banale) per giocare entrambi a<br />

fondocampo (in realtà sarebbe<br />

auspicabile che, almeno col<br />

servizio a disposizione, si provi<br />

a essere più aggressivi). In quel<br />

caso, bisogna tirare molto forte dal<br />

fondo e costringere gli avversari<br />

<br />

a sporcare il gioco con lob e<br />

<br />

B<br />

A<br />

75


PREPARAZIONE ATLETICA<br />

LE STRATEGIE DI RECUPERO<br />

Uno degli aspetti più complicati per un giocatore di club è il recupero quando si giocano tante partite in un periodo di<br />

tempo ravvicinato. Come recuperare in fretta? Nessun miracolo è possibile, ma con alcuni preziosi consigli...<br />

di LORENZO FALCO<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

LE PREMESSE<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ATTIVITÀ AEROBICA<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

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<br />

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<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

76


uno snack veloce, da consumare subito dopo<br />

<br />

<br />

<br />

abbondanti, limiterete molto il riposo<br />

<br />

<br />

<br />

e senza una forte carica di adrenalina, che vi<br />

<br />

LE POSTURE<br />

<br />

<br />

<br />

posture, che non deve essere un'alternativa<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

a zeta <br />

<br />

<br />

decontrarre la muscolatura del dorso, del<br />

<br />

<br />

essere lenta e controllata: inspirazione dal<br />

<br />

(foto 2) <br />

<br />

posizione (foto 3), più respiratoria, con le mani<br />

<br />

(foto<br />

4) <br />

<br />

con le braccia a posizione di candeliere con<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

utile per la decompressione vertebrale e per<br />

(foto<br />

5) <br />

interamente aria con il naso e incastrate la<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

LO STRETCHING<br />

<br />

<br />

<br />

immediatamente dopo, oppure dopo<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

proprio allenamento e ha connotazioni<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

statunitensi, hanno ideato una forma di<br />

<br />

pratico, ha meno controindicazioni di<br />

<br />

<br />

conoscerlo per decidere se inserirlo<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

foto 6 <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

CONCLUSIONI<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

paio di partite ravvicinate potranno<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Lorenzo Falco è laureato in Scienze Motorie<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

77


Fatto meglio? Fatto Prima!<br />

… perché innovando cresciamo insieme a te!<br />

NOVITÀ<br />

NOLEGGIO A<br />

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ATTREZZATURA<br />

200 EURO. È una soglia, anche psicologica, che gli<br />

appassionati di tennis dovranno presto metabolizzare<br />

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ranno<br />

alcune grandi novità: 1. La nuova Pure Drive,<br />

<br />

2. la Yonex<br />

EZone che verrà utilizzata da Victoria Azarenka:<br />

«Volevo una racchetta leggermente più pesante in testa<br />

per spingere di più, senza perdere controllo» ci ha<br />

3.<br />

<br />

amanti del top spin, a completare una bella gamma.<br />

<br />

<br />

79


TEST<br />

TECNIFIBRE T-FLASH 300<br />

UN TELAIO DIVENTATO ORMAI UN CLASSICO TRA I MODELLI DA 300 GRAMMI E<br />

100 POLLICI DI OVALE, CON SCHEMA DI INCORDATURA APERTO. LA NOVITÀ È<br />

NELLA FORMA DEL PONTE CHE PERMETTE UNA MAGGIOR STABILITÀ ALL’IMPATTO,<br />

FAVORENDO CONTROLLO E SOPRATTUTTO PRECISIONE NELLA TRAIETTORIA. TELAIO<br />

VERSATILE, MANCA LA CILIEGINA DI UNA MAGGIOR PIENEZZA ALL’IMPATTO CHE<br />

RENDEREBBE I COLPI PIÙ PESANTI E DIFFICILI DA GESTIRE<br />

È L’AMMIRAGLIA DELLE RACCHETTE FACILI IN<br />

CASA TECNIFIBRE. Se la linea T-Fight è destinata ad<br />

un pubblico non necessariamente più agonista ma sicuramente<br />

dal tennis più classico, dati forma e spessore più<br />

tradizionali, la T-Flash da 300 grammi è la tipica racchetta<br />

moderna, che vuole aiutare il giocatore, rendendo la vita<br />

facile, in uno sport che di semplice non ha granché. La<br />

forma rotonda della sezione, gli spessori maggiorati fino<br />

a 25 millimetri, peso e ovale ormai tipici (300 grammi e<br />

100 pollici), con un bilanciamento a 33 centimetri (tutti<br />

dati a telaio incordato) nemmeno estremizzato (tanto che<br />

l’agonista puro forse opterebbe per una leggera customizzazione<br />

che sposti il peso leggermente più in testa per<br />

aver maggior punch nei colpi) con però una particolarità<br />

che non è solo fantasia di un bravo designer.<br />

Il ponte ha una forma particolare e il nome, Power Stab, è<br />

indicativo su quello che è chiamato a fare: se questa tipologia<br />

di telai esalta la facilità esecutiva e la manovrabilità,<br />

tutto ciò comporta che spesso si tende a perdere controllo,<br />

non solo della palla, ma del gesto in sé. «Mi svolazza<br />

via» si sente ripetere. Un ponte con questa forma aiuta<br />

a mantenere l’impatto più stabile (e lo fa egregiamente),<br />

condizione che si trasforma in maggior controllo ma soprattutto<br />

in precisione della traiettoria. Per questo, chi<br />

colpisce pulito può trovare viva soddisfazione, ancor più<br />

dell’arrotino folle.<br />

I passacorde fanno scorrere bene la corda, anche se utilizzare<br />

una HDX Tour è un bel vantaggio: un multifilo che<br />

spinge, prende le rotazioni e si muove relativamente poco,<br />

peraltro con grande sollievo del braccio. La palla esce facile<br />

sin dai primi colpi e si riesce a girarla bene, anche se<br />

inevitabilmente il ponte così disegnato permette rotazioni<br />

meno esasperate, a favore di colpi piatti che diventano<br />

molto efficaci soprattutto quando si può incontrare la palla<br />

avversaria e sfruttare l’ottima manovrabilità.<br />

Manca solo un po’ di pienezza all’impatto, che potremmo<br />

spiegare con una pesantezza di palla non eccessiva. In sostanza,<br />

quando si accelera cercando un winner, funziona<br />

bene; se invece si vuole trovare soprattutto un’intensità<br />

alta e costante di gioco, allora si fatica un po’.<br />

Le donne (che amano poco le rotazioni) e i giovanissimi<br />

(che non hanno ancora un fisico tale da esasperare il top<br />

spin) avvertiranno meno questo problema, rispetto al 30-<br />

35enne dal fisico bello formato. Tuttavia, pur trattandosi<br />

di un bel telaio, l’handicap principale è quello di doversi<br />

infilare in una sezione di mercato dove la concorrenza è<br />

di primissimo livello, a partire dalla nuova Pure Drive in<br />

uscita a settembre, passando per la Burn della Wilson, la<br />

nuova Extreme di Head e un paio di modelli belli versatili<br />

di Yonex e Pro Kennex. Certo, proprio le caratteristiche<br />

di questo ponte potrebbero distinguere questo telaio. Ma<br />

indubbiamente, una bella sfida.<br />

80


81


82<br />

TECNIFIBRE<br />

T-FLASH 300<br />

TEST<br />

La T-Flash 300 ha sempre riscosso buone recensioni<br />

perché è un telaio facile, manovrabile, che<br />

consente di fare un po’ tutto e al quale ci si adatta<br />

rapidamente, anche quando si resta qualche giorno senza<br />

giocare. Le caratteristiche tecniche sono quelle ormai<br />

tipiche: 300 grammi di peso, 100 pollici di ovale, bilanciamento<br />

nemmeno troppo verso la testa (favorendo così la<br />

manovrabilità e perdendo qualcosa in pesantezza di palla),<br />

schema da incordatura 16x19 e un valore di inerzia,<br />

quindi di attitudine alla spinta nella media di questi tleai.<br />

Pur rimanendo un telaio manovrabile e confortevole,<br />

l’impatto risulta stabile per la forma particolare del ponte<br />

(ricorda quello rivoluzionario in magnesio della Head<br />

MXG). Il nome, PowerStab crediamo sia indicativo degli<br />

obiettivi: mantenere una certa potenza, migliorando<br />

controllo e soprattutto precisione nella traiettoria.<br />

Non si può dire che l’effetto non sia stato raggiunto: si<br />

avverte subito un impatto stabile, senza quelli svolazzamenti<br />

tipici di queste racchette, dedite più alla potenza<br />

che al controllo. Manca solo un po’ di pienezza in più<br />

nell’impatto perché la palla esce anche rapida ma non<br />

particolarmente pesante. Nelle battaglie sulla terra può<br />

rappresentare un handicap, soprattutto per chi cerca intensità<br />

costante nel forcing da fondo.<br />

A CHI LA CONSIGLIAMO<br />

A chi cerca manovrabilità, una buona spinta (ma non<br />

eccessiva pesantezza di palla) con un ottimo compromesso<br />

con la stabilità all’impatto e quindi precisione nella traiettoria.<br />

L’agonista puro già formato preferirà modelli simili<br />

ma dall’impatto più pieno; ideale sono le donne, i ragazzi<br />

in fase di crescita o chi ama giocare d’incontro, più che<br />

generare spin e potenza senza aiuti.


LAB TEST<br />

dati del telaio incordato<br />

LA CORDA IDEALE. La corda dovrebbe esaltare le qualità<br />

dell’attrezzo, piuttosto che provare a ovviare a eventuali difetti.<br />

Ecco perché consigliamo di continuare a mantenere un buon<br />

mix tra potenza e controllo: con la HDX Tour si va sul sicuro,<br />

restando su tensioni basse, intorno ai 21 kg. Il monofilo deve<br />

essere tra i più reattivi e va cambiato con una certa costanza.<br />

Lunghezza: 68,5 cm<br />

Ovale: 100 pollici<br />

Rigidità: 71<br />

23-25 mm<br />

Peso: 317 grammi<br />

Bilanciamento: 33 cm<br />

Inerzia: 318<br />

Incordatura: 16x19<br />

on court<br />

LORENZO, 45 ANNI<br />

CLASSIFICA 3.3<br />

Tempo di adattamento<br />

praticamente nullo ed è<br />

una bella cosa. La palla<br />

esce facile ma si intuisce<br />

subito che quella forma del<br />

ponte rende il telaio stabile<br />

all’impatto, favorendo il<br />

controllo, meno la spinta<br />

e la profondità. Si fa tutto<br />

bene, niente in modo<br />

straordinario perché l’unico<br />

difetto è un impatto non<br />

così pieno che si traduce in<br />

una pesantezza di palla non<br />

eccessiva, soprattutto con il<br />

top spin accentuato.<br />

FRANCESCA, 24 ANNI<br />

CLASSIFICA 3.1<br />

Bellissima! La<br />

manovrabilità è<br />

eccellente e giocando<br />

solo di piatto o back,<br />

quasi sempre a incontrare<br />

una palla simile delle<br />

mie avversarie, riesco<br />

a generare una buona<br />

velocità di palla senza<br />

far troppa fatica. Il ponte<br />

più rigido mantiene più<br />

stabile il telaio e quindi<br />

precisa la traiettoria.<br />

La manovrabilità aiuta<br />

anche in fase di recupero<br />

e di… braccino!<br />

Il sistema Trusstic<br />

offre un ottimo<br />

supporto mediale,<br />

mentre la gomma<br />

Ahar è garanzia<br />

di durata. Il<br />

battistrada a spina<br />

<br />

si adatta alle varie<br />

<br />

GIANNI, 16 ANNI<br />

CLASSIFICA 4.2<br />

<br />

perché la muovo senza<br />

fatica, il braccio non si stanca<br />

<br />

Poi ho visto questo ponte<br />

dalla forma un po’ strana:<br />

è evidente che quando<br />

colpisco la palla, la racchetta<br />

sta bella ferma e guadagno<br />

in precisione. Servo bene,<br />

gioco un po’ tutti i colpi<br />

e anche sotto rete sfrutto<br />

la buona manovrabilità. Il<br />

top è quando posso giocare<br />

d’incontro, sfruttando la<br />

velocità del colpo avversario.<br />

83


TEST<br />

yonex pc eclipsion ii<br />

pc sta per power cushion, un sistema che assorbe gli shock da impatto, migliora<br />

il comfort e restituisce adeguata energia. molto stabile negli spostamenti, solo<br />

la prima calzata risulta un po’ particolare, in quanto il piede tende a spostarsi<br />

verso l’interno, una sensazione poco amata dagli iperpronatori<br />

Il peso della Yonex PC Eclipsion II (per una misura 44,5) è di 403 grammi, ugugale a quello della versione precedente dello stesso modello<br />

84


85


C<br />

<br />

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-<br />

<br />

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<br />

86


-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

-<br />

<br />

Serve un periodo di<br />

assestamento per godere<br />

di tutte le sue qualità,<br />

tra le quali emergono<br />

stabilità, assorbimento<br />

degli impatti col terreno<br />

e ottima durata<br />

-<br />

-<br />

<br />

<br />

-<br />

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<br />

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<br />

piedi per terra-<br />

<br />

<br />

-<br />

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-<br />

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-<br />

<br />

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-<br />

<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

a a i a drae t reitete e erie i e e e re ia traie e arie peri<br />

87


88<br />

SCEGLI LA CORDA GIUSTA<br />

MONOFILAMENTO<br />

Per esasperare il concetto, le abbiamo definite corde killer. Questo perché i monofilamento sono molto rigidi, adatti<br />

ai giocatori agonisti, dal braccio allenato e con l'accortezza di cambiarle ogni 10-12 ore circa di utilizzo. Ricordando<br />

di tenere la tensione piuttosto bassa (mediamente tra 19 e 23 kg) e di giocare con palle quasi nuove, certamente non<br />

troppo sgonfie. Lo pretende il vostro braccio. Di seguito, la nostra scelta delle migliori corde monofilamento


CORDA DATI TECNICI CARATTERISTICHE A CHI LA CONSIGLIAMO NOTE<br />

MONOFILAMENTO<br />

Babolat<br />

RPM<br />

Blast<br />

La rigidità dinamica è molto<br />

elevata: 260-270 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

Costruzione in poliestere. Forma sagomata<br />

a quadrifoglio per incrementare le<br />

doti di tenuta e snap-back della corda.<br />

Al giocatore agonista che vuole una corda<br />

caiva in grado di rendere al top in termini<br />

di rotazioni e controllo in un arco di tempo<br />

di 2-4 ore.<br />

Possibile e consigliabile l'impiego<br />

in ibrido con budello o con multilamenti<br />

dalle marcate doti di<br />

resilienza e allungamento.<br />

Babolat<br />

Blast<br />

Rough<br />

Babolat<br />

Pro<br />

Hurricane<br />

La rigidità dinamica è medioelevata:<br />

220-230 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

La rigidità dinamica è medio<br />

elevata: 220-230 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

Costruzione in poliestere dalla forma<br />

sagomata a quadrifoglio con l'aggiunta<br />

del traamento superciale ruvido per<br />

massimizzare le doti di snap-back e presa<br />

delle rotazioni in fase di impao.<br />

n grande classico: prodoa per estrusione<br />

in poliestere a sezione circolare<br />

per una corda stabile e consistente.<br />

Presente da anni sul mercato, si presenta<br />

sempre come un punto di riferimento<br />

per qualità e versatilità.<br />

Al giocatore agonista che ama avere massima<br />

presa di rotazione, buona potenza,<br />

senza la sensazione di eccessiva rigidezza<br />

all'impao. Adaa anche al giocatore agonista<br />

intermedio grazie alla minore severità<br />

rispeo alla P.<br />

na corda che per caraeristiche ha come<br />

target quella del giocatore agonista, dato il<br />

valore di rigidezza statica piuosto elevato<br />

e la consistenza del materiale. Da incordare<br />

a tensioni variabili intorno ai 20 kg.<br />

Da provare in accoppiamento ibrido<br />

mono-mono, in accoppiamento<br />

con una corda rigida e scorrevole<br />

come una Babolat Hurricane Tour<br />

o con una P Blast: gli eei<br />

potrebbero essere devastanti!<br />

Nonostante sia datata qualche<br />

anno, la corda merita sempre<br />

aenzione data la sua indiscussa<br />

versatilità.<br />

Head<br />

Lynx<br />

La rigidità dinamica è elevata:<br />

230-235 lb/inc per un calibro<br />

di 1.25<br />

Estrusione in poliestere so dalle marcate<br />

caraeristiche di morbidezza ma pure<br />

dalla elevata plasticizzazione.<br />

Corda versatile e piacevole, destinata ad<br />

un pubblico molto ampio che va dal giocatore<br />

di club a quello agonista che cerca<br />

impai pieni ma non troppo feroci.<br />

Evoluzione della Sonic Pro, tanto<br />

piaciuta ai giocatori di livello intermedio<br />

in questi anni, la marcata<br />

plasticizzazione consiglia un prestretch<br />

anche in fase di montaggio.<br />

Head<br />

Hawk<br />

Touch<br />

La rigidità dinamica è medio<br />

elevata: 220 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

Versione addolcita della sorella Hawk<br />

standard, possiede una rigidezza dinamica<br />

minore e maggiore comfort complessivo,<br />

pur non essendo una corda morbida<br />

in senso assoluto.<br />

Al giocatore agonista che ama avere un<br />

piao corde molto solido e consistente<br />

senza dover pagare il prezzo di un eccessivo<br />

aaticamento dovuto allo shock da impao<br />

caraeristico di lamenti molto rigidi.<br />

Corda rigida e performante, perfea<br />

per combinazioni in ibrido<br />

sia di tipo standard sia in soluzione<br />

reverse, con il monolamento<br />

sulle orizzontali.<br />

Luxilon<br />

Alu<br />

Power<br />

La rigidità dinamica è elevata:<br />

240-250 lb/inc per un calibro<br />

di 1.25<br />

La regina fra le corde monolamento.<br />

Struura in poliestere con bre metalliche<br />

di alluminio, è disponibile anche in<br />

versione rough, con struura pi ruvida<br />

per maggiori rotazioni e leggermente pi<br />

norbida all'impao.<br />

A chi cerca la prestazione senza compromessi,<br />

all'agonista indefesso che conosce<br />

i pregi ma anche i difei di una corda che<br />

rende al meglio nelle prime ore di gioco per<br />

poi perdere tensione e irrigidirsi in maniera<br />

piuosto evidente.<br />

ima la soluzione in ibrido, sia<br />

con il budello sia con multilamenti<br />

di primo livello. Disponibile<br />

anche un'oima versione so,<br />

meno rigida.<br />

89


90<br />

CORDA DATI TECNICI CARATTERISTICHE A CHI LA CONSIGLIAMO NOTE<br />

Luxilon<br />

4G Soft<br />

Luxilon<br />

Element<br />

Solinco<br />

Tour<br />

Bite<br />

Starburn<br />

Vortex<br />

Turbo 6<br />

La rigidità dinamica è elevata:<br />

250-260 lb/inc per un calibro<br />

di 1.25<br />

La rigidità dinamica è medio<br />

elevata: 225 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

La rigidità dinamica è elevata:<br />

235-255 lb/inc per un calibro<br />

di 1.25<br />

La rigidità dinamica è medio<br />

bassa: 210-220 lb/inc per un<br />

calibro di 1.25<br />

Non si discosta dalla versione originale<br />

<br />

una risposta leggermente più morbida e<br />

<br />

le più severe tra quelle agonistiche.<br />

Corda che ha come mission quella di<br />

<br />

<br />

Costruzione in poliestere con isole di<br />

poliammide per unire due mondi in<br />

un'unica soluzione.<br />

Corda dallo spirito agonistico e molto<br />

ciato<br />

dall'Alu Power e lo interpreta in<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

principale. Un leggero pre-strech può es-<br />

<br />

Ai giocatori agonisti che desiderano controllo<br />

ma che sanno anche toccare la palla e<br />

vogliono stemperare le punte di durezza di<br />

<br />

A chi pretende una Luxilon anche se di<br />

solito non apprezza la risposta rigida<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

salute del braccio.<br />

All'agonista che non vuole compromessi e<br />

trollo<br />

e gioco di pressione. Un'alternativa<br />

<br />

diversi giocatori professionisti.<br />

Corda agonistica consigliabile al gioca-<br />

<br />

<br />

<br />

vogliono un armeggio potente e versatile.<br />

Da provare in versione ibrida con<br />

<br />

risposta del poliestere. Non è la<br />

-<br />

<br />

<br />

ma è la risposta Luxilon nel settore<br />

delle corde ibride<br />

approccio diametralmente opposto<br />

<br />

della Babolat M7.<br />

Assolutamente da privilegiare i<br />

ando<br />

i calibri maggiori ai giocatori<br />

agonisti di buon livello. Da evitare<br />

per chi ha problemi al braccio e<br />

agli amanti del gioco classico.<br />

<br />

base al telaio usato e alle esigenze<br />

<br />

<br />

<br />

per un maggior comfort.<br />

Tecnifibre<br />

Black<br />

Code 4S<br />

La rigidità dinamica è abbastanza<br />

elevata: 225-235 lb/<br />

inc per un calibro di 1.25<br />

Estrusione quadrata in poliestere: un<br />

<br />

Buona durata e plasticizzazione limitata.<br />

Una Black Code rinnovata nella forma<br />

ma non nella sostanza.<br />

<br />

ci aveva abituato la Black Code. Corda di<br />

<br />

<br />

la resa delle rotazioni.<br />

Piacerà a chi ha amato la Black<br />

<br />

resa dello spin ancora più costante<br />

<br />

scorrimento maggiorata.<br />

Tecnifibre<br />

Razor<br />

Code<br />

La rigidità dinamica è elevata:<br />

<br />

di 1.25<br />

<br />

<br />

valida per consistenza e qualità generale.<br />

<br />

tensioni basse.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

<br />

Come la gran parte delle corde<br />

<br />

sostanza. Si fanno preferire i cali-<br />

<br />

trovarsi alle prese con una corda<br />

di gran controllo ma poca spinta.<br />

Wilson<br />

Revolve<br />

La rigidità dinamica è abbastanza<br />

elevata: 225-235 lb/<br />

inc per un calibro di 1.25<br />

<br />

<br />

<br />

A chi usa schemi di incordatura aperti e<br />

che sono alla ricerca di una corda di buona<br />

<br />

<br />

Da montare in calibro 1.25 su pattern<br />

tradizionali oppure in calibro<br />

spin (più corde<br />

ciare<br />

prestazioni e durata.


LE CATEGORIE DI CORDA<br />

Il primo passo è individuare la categoria di riferimento nella scelta della corda ideale. Ecco una guida per trovare la strada giusta.<br />

BUDELLO<br />

Dal principio del secolo scorso agli<br />

anni Ottanta è stata sostanzialmente<br />

l'unica corda utilizzata. In termini<br />

<br />

subisce una perdita iniziale di tensione<br />

(per questo va tirata un paio di kg in<br />

<br />

rottura (che purtroppo spesso avviene<br />

<br />

<br />

per eccellenza. Il processo produttivo<br />

è molto complesso e questo comporta<br />

un prezzo che è circa il doppio rispetto<br />

alle altre corde (ma viste le varie<br />

fasi di lavorazione dovrebbe costare<br />

<br />

dai giocatori professionisti in<br />

favore del monofilamento (che<br />

offre maggior controllo e che loro<br />

si possono permettere di cambiare<br />

<br />

riscoperta ultimamente (sia a livello<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

favorendo potenza e sensibilità. Il<br />

problema è che il monofilo tende<br />

a segarla piuttosto in fretta nello<br />

sfregamento tra le varie corde.<br />

MONOFILAMENTO<br />

È la corda che si è imposta negli ultimi<br />

15 anni e che ha portato a ridisegnare<br />

forme e pattern dei telai. Nata per<br />

i professionisti che necessitano di<br />

<br />

<br />

di additivi: per questo è facile poterla<br />

<br />

twistata. Se usato con le dovute<br />

<br />

<br />

scapito della sensibilità. Ma quali sono<br />

<br />

monofilamento non ci porti a soffrire<br />

al gomito? Innanzitutto la tensione<br />

deve essere almeno 2 kg inferiore<br />

al multifilamento e generalmente<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

elasticità e la resa della corda diventa<br />

nulla. Ottima come metà di un ibrido<br />

<br />

deve essere ad uso esclusivo di<br />

giocatori agonisti di un certo livello e<br />

col braccio allenato e NON deve essere<br />

utilizzata da ragazzini sotto i 12 anni.<br />

MULTIFILAMENTO<br />

Sono le corde con le quali<br />

abbiamo quasi sempre giocato fino<br />

<br />

rispetto ai quali sono più potenti e<br />

<br />

rotazione e soprattutto controllo.<br />

Qualche appassionato si lamenta<br />

<br />

movimenti sono in realtà minimi.<br />

Spesso hanno lavorazioni e<br />

strutture talmente complesse da<br />

assomigliare al budello naturale<br />

in termini di giocabilità e non<br />

creano problemi alle articolazioni.<br />

La perdita di tensione è<br />

decisamente inferiore rispetto<br />

ai monofilamenti e talvolta li si<br />

porta a rottura (comunque meglio<br />

tagliare dopo 20-25 ore o quando<br />

<br />

si tirano circa 2 kg in più rispetto<br />

al monofilo e il loro range di<br />

tensione su un piatto corde da<br />

100 pollici varia dai 21 ai 26 kg.<br />

Purtroppo si tende a optare troppo<br />

<br />

<br />

i multifilamenti sono le corde che<br />

i ragazzini under 12 e i giocatori<br />

<br />

IBRIDO<br />

Che sia una moda o la quadratura<br />

<br />

capito. Va tenuto presente che con<br />

l’ibrido si va a modificare leggermente<br />

il comportamento della corda<br />

<br />

prodotto differente. Esempio pratico:<br />

se con un’incordatura totalmente<br />

monofilamento vi trovate bene ma<br />

<br />

mantenere la solita corda in verticale<br />

e montare sulle orizzontali un<br />

<br />

contrario di solito usate un’incordatura<br />

multifilamento e volete un po’ più di<br />

<br />

montare un ibrido con un monofilo.<br />

Si parla di aggiustamenti minimi: non<br />

pensate di stravolgere il comportamento<br />

<br />

<br />

un’incordatura ibrida tra monofilo e<br />

<br />

segato dal monofilo: per sapere se<br />

<br />

al tipo di corda montata in verticale.<br />

91


ASK<br />

the<br />

EXPERT<br />

di Gabriele Medri<br />

RACCHETTE CORDE RACCHETTE<br />

DUE POLLICI DI DIFFERENZA<br />

MA PER UN<br />

GIOCATORE DI<br />

CLUB C’È GRANDE<br />

DIFFERENZA TRA<br />

GIOCARE CON UN 98<br />

O UN 100 POLLICI?<br />

Negli ultimi anni si è assistito ad un<br />

livellamento delle dimensioni dei piatti<br />

corde rispetto alla varietà presente degli<br />

Anni 80 e 90. Oggi il mercato offre sostanzialmente<br />

queste due scelte: 98 e 100<br />

pollici. Se da un lato è facile immaginare<br />

che l’eliminazione dei piatti midsize sia<br />

dovuta alla volontà di favorire la massima<br />

giocabilità, meno logica appare<br />

la scelta di abbandonare gli oversize,<br />

relegandoli alle sole racchette destinate ai<br />

senior. Vero anche che le nuove racchette<br />

consentono una facilità di gioco simile<br />

a quella di telai dall’ovale maggiorato,<br />

grazie ad un’attenta progettazione delle<br />

sezioni, dei punti di flessione e degli innovativi<br />

passacorde, larghi e scorrevoli.<br />

Ma due pollici quadrati di differenza,<br />

ossia 12.90 cmq, possono incidere in<br />

modo significativo sulla resa in campo?<br />

Proviamo ad immaginare due telai del<br />

tutto identici ma differenti nella dimensione<br />

del piatto corde. Ebbene, quella<br />

piccola differenza può, seppure in modo<br />

non radicale, modificare la percezione in<br />

fase di impatto, restituendo una sensazione<br />

di maggior morbidezza, potenza e<br />

propensione alle rotazioni per gli ovali di<br />

dimensioni maggiori. Inoltre, la maggior<br />

parte dei telai da 98 pollici sono accompagnati<br />

da un peso maggiore e una spaziatura<br />

tra le corde inferiore, scelte destinate<br />

a chi ricerca controllo piuttosto che<br />

spinta. Questa combinazione contribuisce<br />

a delineare due categorie che segnano<br />

uno spartiacque fra telai più versatili e<br />

permissivi da una parte e agonistici e<br />

votati al controllo dall’altra.<br />

TENNIS DI MONTAGNA<br />

SE GIOCO IN<br />

MONTAGNA DOVREI<br />

CAMBIARE LA<br />

TENSIONE DELLE<br />

CORDE?<br />

Gli effetti dell’altitudine sulla resa<br />

del gioco sono ben conosciuti da chi<br />

trascorre le vacanze estive in montagna.<br />

La minor pressione atmosferica<br />

e la maggiore rarefazione dell’aria,<br />

hanno effetti diretti e apprezzabili<br />

sulla velocità di palla, rendendo il<br />

primo approccio del tutto singolare,<br />

già a partire dagli 800-1.000 metri,<br />

sia in termini di rimbalzo sia di<br />

risposta del campo. La palla, con<br />

l’incremento di quota, diventa progressivamente<br />

più grande e rigida a<br />

causa della minor pressione esterna;<br />

giocare in altura è paragonabile a<br />

farlo con un tubo di palle appena<br />

stappato e allo stesso modo ci dobbiamo<br />

comportare. Le condizioni di gioco<br />

più veloci impongono tensioni generalmente<br />

superiori del 10% rispetto<br />

quanto solitamente impostato, anche<br />

se sarà d’obbligo un breve periodo di<br />

adattamento per adattarsi alle differenti<br />

condizioni ambientali, senza<br />

trascurare che il rendimento fisico<br />

sarà diverso per la minore percentuale<br />

di ossigeno presente nell’aria.<br />

IMPUGNATURA<br />

È POSSIBILE<br />

CAMBIARE LE<br />

DIMENSIONI DI UN<br />

MANICO DELLA<br />

RACCHETTA?<br />

Da un’errata misura del manico può<br />

dipendere una serie di patologie a carico<br />

dell’apparato tendineo muscolare che<br />

interessa polso e gomito, con possibili<br />

ripercussioni all’articolazione della<br />

spalla, estendendosi sino alla cervicale.<br />

Un manico piccolo può favorire la maneggevolezza<br />

e la facilità nel cambio di<br />

impugnatura; al contrario, uno di dimensioni<br />

generose permette di rilassare la<br />

presa e restituire una sensazione di forza.<br />

Le tipologie di manico possono essere a<br />

gusci, tipica di brand come Head, Volkl,<br />

Donnay, Pacific e Mantis, e consente di<br />

modificare le dimensioni del manico con<br />

la semplice sostituzione dei gusci. Quelli<br />

monoscocca in poliuretano, caratteristica<br />

di marchi quali Babolat, Prince, Wilson<br />

e Yonex, non sono modificabili nelle dimensioni<br />

a meno di non aggiungere una<br />

guaina termoretraibile per aumentare i<br />

lati dell’ottagono che formano il manico.<br />

Infine, allo stesso modo quelli in monoscocca<br />

di grafite, una sorta di estensione<br />

sagomata del telaio, tipico di Pro Kennex,<br />

non consentono di modificare la misura<br />

del manico se non per apposizione di<br />

una guaina termoretraibile. L’utilizzo<br />

della termoguaina determina però un<br />

incremento di peso di 8-12 grammi e un<br />

arretramento del bilanciamento di circa<br />

un centimetro, mentre la sostituzione dei<br />

gusci non varia sostanzialmente il peso<br />

e bilanciamento del telaio. In caso di minimi<br />

adattamenti si può intervenire con<br />

overgrip più o meno sottili, sapendo che<br />

lo spessore può variare da un minimo di<br />

0.4 ad un massimo di 0.7 mm.<br />

92<br />

Se volete scrivere ai nostri esperti, inviate una mail a lorenzo.cazzaniga@tennisitaliano.it


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97


IL PERSONAGGIO<br />

VOLERE<br />

VOLARE<br />

DOPO LA VITTORIA A WIMBLEDON JUNIORES, GLI<br />

APPASSIONATI SPERAVANO DI AVER TROVATO UN<br />

FUORICLASSE. INVECE, FINO ADESSO, GIANLUIGI<br />

QUINZI NON HA ANCORA VARCATO LA SOGLIA DELLA<br />

200° POSIZIONE MONDIALE. PAPÀ LUCA RACCONTA<br />

LE VARIE VICISSITUDINI, I CAMBI DI COACH, LE<br />

ASPETTATIVE PASSATE E LE SPERANZE FUTURE<br />

testo raccolto da FEDERICO MARIANI<br />

* Per non frammentare il risultato finale, abbiamo lasciato parlare a ruota libera Luca Quinzi, dividendo in macro-aree gli argomenti trattati.<br />

98


IL PERSONAGGIO<br />

Luca Quinzi, imprenditore e presidente del CT Porto San Giorgio, con il figlio Gianluigi, campione di Wimbledon juniores nel 2013 e ora n.243 ATP.<br />

99


IL PERSONAGGIO<br />

Successo, fama, speranza, amarezza, pressione, un<br />

cocktail reso mediaticamente letale da un dosaggio<br />

sbagliato. Sembra aver vissuto più di una vita Gian-<br />

<br />

<br />

<br />

-<br />

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<br />

-<br />

<br />

<br />

circolo tennis di Porto San Giorgio -, la madre una ex atleta a<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

vicenda-allenatori, per togliersi la nomea di uno Zamparini<br />

<br />

<br />

realismo del presente e con moderata speranza del futuro.<br />

RICCARDO PIATTI<br />

<br />

andare in America per misurarci con altre situazioni e capire<br />

<br />

ma<br />

- a Bradenton, una scelta di vita importante per la famiglia.<br />

D’inverno seguiva la scuola e gli allenamenti all’accademia in<br />

-<br />

<br />

e periodicamente svolgeva con lui dei mini-stage. Avevamo<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

lo avrebbe seguito, ovviamente non in prima persona. Accet-<br />

<br />

<br />

completamente un ragazzino ormai forgiato in maniera gladiatoria,<br />

votata al risultato.<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

-<br />

<br />

errato il modo estremo con cui è stata applicata. Gianluigi era<br />

<br />

tecnica a discapito dello spegnimento della sua naturale carica<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

aperte. E, dopo averci invitato al plug-<br />

<br />

<br />

EDUARDO MEDICA: 3 anni<br />

-<br />

<br />

<br />

conosciuto nei primi anni della sua collaborazione con la Fit<br />

-<br />

<br />

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-<br />

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<br />

<br />

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-<br />

<br />

<br />

momento ritenevamo necessaria.<br />

JAVIER PILES: 7 giorni<br />

<br />

<br />

-<br />

-<br />

zione<br />

per l’alloggio, proponendo una dependance annessa alla<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

MARCOS AURELIO GORRIZ: 15 giorni<br />

<br />

<br />

<br />

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<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

100


IL PERSONAGGIO<br />

Gianluigi Quinzi è<br />

nato il primo giorno di<br />

febbraio del 1996. A otto<br />

anni è stato notato da<br />

Nick Bollettieri che gli<br />

ha offerto una borsa di<br />

studio: la carriera junior<br />

è stata un continuo<br />

crescendo, culminato<br />

con il successo a<br />

Wimbledon nel 2013. Più<br />

complicato il passaggio<br />

tra i professionisti: il<br />

suo best ranking è, per<br />

adesso, al numero 226.<br />

Attualmente si allena a<br />

Foligno con il gruppo di<br />

coach Fabio Gorietti<br />

bianco, le sue richieste economiche furono davvero spropositate<br />

per le nostre possibilità.<br />

MARIANO MONACHESI: 6 mesi<br />

Dopo il recupero dall’infortunio subìto nel luglio 2014, a ottobre<br />

Gianluigi ha cominciato una collaborazione con Monachesi,<br />

ex coach di Robredo. Se la base di Piles a Valencia<br />

<br />

sempre la possibilità di allenarsi con giocatori di livello. Andò<br />

mazione,<br />

di volare in Italia per giocare il torneo Challenger<br />

di Napoli. Alla partenza, Monachesi gli disse di non poterlo<br />

seguire per problemi personali completamente estranei al ragazzo,<br />

lasciandolo solo. Ancora una volta.<br />

<br />

to<br />

prima in una collaborazione con Bolelli, poi come respon-<br />

<br />

-<br />

luigi<br />

è stato seguito con passione e professionalità da Rianna


IL PERSONAGGIO<br />

per tre giorni. Vinse la prima partita contro Rola, la seconda<br />

<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

GIANCARLO PETRAZZUOLO: un mese<br />

-<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

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-<br />

<br />

JAN DE WITT: 20 giorni<br />

<br />

<br />

-<br />

-<br />

<br />

<br />

<br />

RONNIE LEITGEB: un anno<br />

<br />

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PENSARE IN GRANDE<br />

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FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS<br />

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102


IL PERSONAGGIO<br />

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SORPASSI<br />

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Programmi tennis e vacanze 2017<br />

PORTOROSE <br />

<br />

MARLENGO <br />

<br />

ADULTI<br />

WEEKENDS<br />

Pasqua 14-17 APR. Liberazione 22-25 APR.<br />

Lavoro 29 APR.-1° MAG. Repubblica 02-04 GIU.<br />

AGONISTI<br />

02-08 LUGLIO 20-26 AGOSTO<br />

Special OPEN Elite<br />

almeno FIT 4.4 o almeno ITR 4.5<br />

WEEK Base WEEK Totale<br />

<br />

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<br />

SPECIAL WEEKS 06-19 AGOSTO<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ADULTI 02-15 LUGLIO 23 LUGLIO-26 AGOSTO<br />

ABC Classic Easy / Full WEEK Classic Easy / Full<br />

ideoanalisi ELITE Full<br />

GIOVANI 02-15 LUGLIO 23 LUGLIO-26 AGOSTO<br />

KIDS Classic Easy KIDS Classic Full<br />

16-22 LUGLIO<br />

Junior Summer Camp


LA SPERANZA<br />

FILIPPO<br />

BALDI<br />

DA JUNIOR HA RACCOLTO DUE SEMIFINALI<br />

SLAM E LA QUINTA POSIZIONE MONDIALE. DA<br />

PROFESSIONISTA, NON HA NEMMENO SCOLLINATO<br />

IL NUMERO 700 ATP. A 21 ANNI, DOPO AVER<br />

ATTRAVERSATO MOMENTI MOLTO DIFFICILI E<br />

CAMBIATO TANTI ALLENATORI, FILIPPO BALDI HA<br />

TROVATO IN FRANCESCO ALDI UN COACH CHE<br />

CREDE ANCORA NELLA SUA POSSIBILITÀ. CON LA<br />

FERMA VOLONTÀ DI VOLER LAVORARE DURO PER<br />

RAGGIUNGERE IL MASSIMO DEL SUO POTENZIALE<br />

Intervista di RICCARDO BISTI<br />

immagini di ANTONIO MILESI<br />

104


LA SPERANZA<br />

105


LA SPERANZA<br />

Non deve essere facile lavorare duramente<br />

<br />

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-<br />

<br />

<br />

«L’errore più grande è stato crearmi<br />

troppe aspettative. Da bambino ti<br />

senti dire che arriverai tra i primi 10<br />

del mondo ed è facile farsi prendere<br />

da ambizioni eccessive»<br />

106


LA SPERANZA<br />

Filippo Baldi, è nato il<br />

10 gennaio 1996. Da<br />

juniores ha raggiunto la<br />

semifinale all’Australian<br />

Open nel 2013, arrivando<br />

ad occupare la quinta<br />

posizione mondiale. Da<br />

professionista il suo best<br />

ranking è al numero 713,<br />

conquistato lo scorso mese<br />

di giugno. Si allena a<br />

Palermo con Francesco Aldi<br />

magari pensare anche che varrebbe la pena prendersi una<br />

<br />

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<br />

Hai pubblicato una tuo foto di gioco su Facebook con<br />

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Open<br />

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107


GIOVANI SPERANZE<br />

MADE IN USA<br />

LIAM CARUANA VIVE AD AUSTIN IN TEXAS, TALVOLTA SI ALLENA<br />

CON RYAN HARRISON, SVOLGE LA PREPARAZIONE INVERNALE IN<br />

ARGENTINA, MA RAPPRESENTA L’ITALIA. NATO A ROMA DA GENITORI<br />

ITALIANI, DALL’ETÀ DI SEI ANNI VIVE NEGLI STATES, DOVE SUO<br />

PADRE SI ERA TRASFERITO PER LAVORO. LASCIATO IL COLLEGE,<br />

ATTUALMENTE È UNA DELLE NOSTRE MIGLIORI SPERANZE<br />

intervista di Riccardo Bisti<br />

108


GIOVANI SPERANZE<br />

IL SUONO DELLA VOCE NON TRADISCE: Liam Caruana parla con un forte slang americano,<br />

tipico di chi ha vissuto tra California e Texas. Dopo aver risolto un malinteso con l’ITF, il ragazzo<br />

nato a Roma da genitori italiani, ha iniziato a rappresentare l’Italia e oggi è uno dei nostri giovani<br />

più interessanti. Vive ad Austin e tennisticamente si è formato negli Stati Uniti, dove si è trasferito<br />

quando aveva 6 anni. Ma accanto al suo nome, oggi c’è il tricolore italiano.<br />

Che ricordi hai del tuo trasferimento negli Stati Uniti?<br />

Ero molto piccolo ma ricordo che l’Italia mi piaceva (abitava a Nepi, in provincia di Viterbo, n.d.r.).<br />

Ero un po’ dispiaciuto, ma mio padre lavorava negli States e quindi era la scelta più logica.<br />

<br />

Hai sempre giocato tennis o hai provato altri sport tipicamente americani?<br />

Negli Stati Uniti gli sport più seguiti sono football americano, basket e baseball. Poi tennis e calcio.<br />

Al principio dedicavo più tempo al calcio e solo a 9-10 anni ho preso il tennis seriamente. È stata una<br />

<br />

Rappresenti l’Italia da un anno e mezzo, mentre prima giocavi per gli Stati Uniti.<br />

Ho sempre avuto il passaporto italiano. Una volta però ho chiesto di poter giocare la Junior Davis<br />

gando<br />

la situazione ed eccomi qui a difendere i colori dell’Italia.<br />

L’anno scorso ti sei allenato anche al Centro Fit di Tirrenia. Come ti sei trovato?<br />

È un posto tranquillo, dove ci si può preparare bene. Sono andato con mio padre e ho lavorato con<br />

diversi allenatori. Però mio padre mi è sempre rimasto accanto come coach principale.<br />

<br />

Negli Stati Uniti si cura di più il servizio e il gioco aggressivo. Spingono molto per farti venire a rete<br />

<br />

sulla tecnica e la costruzione del punto. Non credo che un metodo sia migliore dell’altro: sono semplicemente<br />

diversi. La preparazione invernale invece la svolgo in Argentina: c’è un bel clima ed è il<br />

posto giusto per preparare la stagione. Il mio punto di riferimento è l’ex giocatore Mariano Hood.<br />

BIOFILE<br />

In Texas hai avuto l’opportunità di conoscere Ryan Harrison, allenato da Sanguinetti.<br />

<br />

<br />

L’aspetto migliore e peggiore degli Stati Uniti?<br />

È un paese dove le cose funzionano bene, i negozi sono sempre aperti, la vita si organizza facilmente.<br />

<br />

Che rapporto hai con la USTA e con la Federazione Italiana <strong>Tennis</strong>?<br />

<br />

<br />

Cosa ti piace del tennis?<br />

-<br />

<br />

Avevi cominciato il college ma dopo 6 mesi sei passato professionista: come mai?<br />

Ho frequentato la Texas University nel 2015: i giocatori erano di buon livello, ma i programmi no.<br />

<br />

hanno chiesto cosa volessi fare da grande. Non ho avuto dubbi: ‘Il tennista professionista’. E così<br />

-<br />

<br />

più facile allenarti senza l’impegno accademico.<br />

Sogni?<br />

Raggiungere il mio potenziale. Se poi questo volesse dire arrivare tra i top 10 ATP, ancora meglio!<br />

Liam Caruana è nato a<br />

Roma il 22 gennaio 1998. Si<br />

è trasferito negli Stati Uniti<br />

quando aveva solo sei anni e<br />

ora vive a Austin, in Texas.<br />

Allenato da suo padre, non<br />

ha mai avuto rapporti con la<br />

Federazione americana e ha<br />

deciso di difendere i colori<br />

azzurri. Ha già provato<br />

ad allenarsi al Centro<br />

Tecnico di Tirrenia e riceve<br />

i contributi come le altre<br />

nostre migliori promesse.<br />

Alto un metro e 80 per 72<br />

<br />

<br />

raggiunto il suo miglior<br />

risultato da professionista<br />

<br />

nel torneo Challenger di<br />

Todi, dove ha perso da<br />

Marco Cecchinato.<br />

109


IMPRESE AZZURRE<br />

PROFETA IN PATRIA<br />

Francesco Aldi ha ottenuto la sua vittoria più bella nella sua Palermo,<br />

torneo ATP purtroppo scomparso da qualche anno. Nel 2005 sconfisse<br />

David Ferrer, allora numero 13 del mondo. Non è mai riuscito a entrare<br />

nella top 100 mondiale, né a partecipare a tornei dello Slam, ma ora<br />

conta di rifarsi come coach, di fianco all’inseparabile Francesco Cinà<br />

testo di Marco Caldara<br />

immagini di Francesco Panunzio<br />

110


IMPRESE AZZURRE<br />

Il suo bilancio nel circuito maggiore <br />

<br />

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‘parla nella tua<br />

lingua’Vamos<br />

<br />

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Aldino<br />

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BIOFILE<br />

Francesco Aldi è nato a<br />

Palermo, il 17 settembre del<br />

1981. Da professionista ha<br />

vinto cinque tornei Futures e<br />

giocato sei finali Challenger,<br />

vincendone una, nel 2007<br />

a Sanremo contro Fabio<br />

Fognini. Ha raggiunto il<br />

suo best ranking nel 2005,<br />

alla posizione numero 111<br />

della classifica ATP. Sempre<br />

nel 2005 ha ottenuto la sua<br />

miglior vittoria in carriera,<br />

battendo il numero 13 del<br />

mondo David Ferrer al primo<br />

turno dell’ormai scomparso<br />

ATP di Palermo. Ha appeso<br />

la racchetta al chiodo nel<br />

2011, a causa di persistenti<br />

problemi al gomito. Da allora<br />

ha lavorato con professionisti<br />

quali Marco Cecchinato<br />

e Annika Beck. Nel 2016,<br />

insieme al suo storico coach<br />

Francesco Cinà, ha fondato<br />

a Palermo l’accademia<br />

Cinà <strong>Tennis</strong> Institute,<br />

che oltre a Roberta Vinci<br />

accoglie anche Filippo Baldi,<br />

Omar Giacalone, Alberto<br />

Cammarata, Federica Bilardo<br />

e altri giovani speranze.<br />

111


ATP CHALLENGER<br />

UN TORNEO DA<br />

FUORICLASSE<br />

LA DODICESIMA EDIZIONE DEL TORNEO ATP<br />

CHALLENGER DI MILANO ALL’ASPRIA HARBOUR<br />

CLUB HA AVUTO UN PROTAGONISTA D’ECCEZIONE,<br />

PAOLO MALDINI. CAPACE DI CONQUISTARE UNA<br />

WILD CARD DOPO AVER VINTO UN TORNEO<br />

RODEO LIMITATO 3.3 INSIEME AL SUO MAESTRO E<br />

COMPAGNO D’AVVENTURA, STEFANO LANDONIO,<br />

L’ESPOSIZIONE MEDIATICA È STATA STRAORDINARIA.<br />

IL TORNEO, QUELLO VERO, L’HA INVECE VINTO<br />

L’ARGENTINO GUIDO PELLA<br />

dal nostro inviato a Milano, RICCARDO BISTI<br />

immagini di FRANCESCO PELUSO<br />

112


ATP CHALLENGER<br />

113


Non è così scontato che un torneo Challenger<br />

conquisti le luci della ribalta nazionale.<br />

Serve che si crei un evento coinvolgente,<br />

ricco di buoni giocatori e spettacolo, dentro<br />

e fuori dal campo. Per andare oltre i confini<br />

nazionali però (a parte l’ottima iniziativa dell’ATP e<br />

relativo live streaming) serve un mezzo miracolo. Ed è<br />

proprio quello che è accaduto all’Aspria <strong>Tennis</strong> Cup<br />

Trofeo BCS, dodicesima edizione dell’ATP Challenger di<br />

Milano. Per un giorno, martedì 27 giugno, il capoluogo<br />

milanese è diventato il polo di attrazione tennistica più<br />

ricercato grazie alla partecipazione nel torneo di doppio<br />

di una leggenda dello sport come Paolo Maldini, uno che<br />

in bacheca non ha i trofei di Wimbledon o Roland Garros,<br />

ma ben sette scudetti e cinque Champions League,<br />

conquistati indossando sempre la maglia del Milan, idolo<br />

di quello stadio San Siro che dista meno di un chilometro<br />

dall’Aspria Harbour Club. Maldini non è stato omaggiato di<br />

una wild card dagli organizzatori, ma l’ha conquistata sul<br />

campo, vincendo l’ormai classico torneo rodeo riservato<br />

a giocatori fino ad una classifica massima di 3.3, e che in<br />

palio offre appunto un invito per il tabellone principale<br />

di doppio dell’ATP Challenger. Maldini, va detto, ha<br />

seguito la prima regola del doppio, quella che dice che è<br />

importante scegliersi un buon compagno. Nel suo caso, è<br />

anche il suo maestro, Stefano Landonio, ottimo doppista<br />

con qualche punto ATP conquistato negli Anni 90, quindi<br />

una vita passata ad allenare giocatori agonisti all’Aspria<br />

Harbour Club. La notizia ha creato un clamore mediatico<br />

impressionante, in Italia come all’estero, in particolare<br />

in Gran Bretagna, dove si era già impegnati nel torneo<br />

di qualificazione di Wimbledon, che sarebbe scattato la<br />

settimana successiva. Qualcuno ha perfino esagerato,<br />

parlando di una possibile seconda carriera agonistica per<br />

il 49enne Maldini. Ovviamente l’idea non ha nemmeno<br />

sfiorato Maldini, che ha partecipato al torneo rodeo<br />

per divertimento e per passare un paio di pomeriggi<br />

di sana competizione agonistica, in compagnia di altri<br />

appassionati di tennis. Ma quando le notizie volano...<br />

E così, l’ufficio stampa del torneo è stato subissato di<br />

richieste di accredito: Sky Sport, Mediaset Premium, RAI<br />

Sport e via via tutte le testate più importanti. E ancora: da<br />

Londra chiedevano aggiornamento continui e interviste<br />

quotidiani come il Guardian, il Times, il Daily Mail. Si<br />

è mosso perfino il Beijing Morning Post, una delle più<br />

importanti testate cinesi. La vicenda non è passata<br />

inosservata neanche all’ATP, che ha realizzato una videointervista,<br />

pubblicata sul sito dell’Associazione Giocatori,<br />

la Bibbia internazionale del nostro sport.<br />

UNA GIORNATA IMPEGNATIVA<br />

Più che la sconfitta contro David Pel e Tomasz Bednarek<br />

(che poi hanno pure vinto il torneo), per Maldini è stata<br />

una giornata decisamente impegnativa. E pensare che<br />

l’aveva impostata come d’abitudine, sostanzialmente<br />

come quando gioca un doppio con amici. Atterrato il<br />

giorno prima dalla Cina dove ha giocato un match di<br />

calcio di vecchie glorie, si è presentato un’ora prima<br />

dell’inizio dell’incontro, con la sua Babolat Pure Drive<br />

infilata dentro una borsa sportiva, nemmeno da tennis,<br />

tanto che il manico sbucava fuori. Il fisico è ancora<br />

statuario (nonostante si definisca un ex atleta, ma ognuno<br />

«È stato come fare un esame<br />

di matematica dopo aver<br />

studiato lettere per tutta la<br />

vita. Io sono un enneci e non<br />

ho nessuna ambizione nel<br />

mondo del tennis»<br />

Paolo Maldini<br />

ha i suoi metri di paragone) e, sbrigati un paio di impegni<br />

con i media, si è concesso una mezz’ora di riscaldamento<br />

col suo compagno di doppio, su un campo laterale,<br />

lontano dai curiosi, che intanto arrivavano a frotte. Così<br />

come si avviava una vera processione di giornalisti e<br />

troupe televisive. All’orario fatidico, il campo centrale<br />

era gremito. A parte gli spettatori, faceva impressione<br />

la colonna di fotografi e telecamere. Il palleggio di<br />

riscaldamento è bastato a cancellare qualsiasi illusione<br />

di poter avere un match equilibrato (almeno per chi ne<br />

aveva, non certo per gli addetti ai lavori, né per il diretto<br />

interessato). La partita è finita 6-1 6-1 in 42 minuti, con<br />

gli avversari che non hanno infierito, anche se si sono<br />

presi il punto in cui a Maldini è riuscita una clamorosa<br />

volèe da dietro la schiena che sarebbe diventato l’hot shot<br />

settimanale trasmesso dall’ATP. A fine partita abbracci,<br />

foto ricordo e innumerevoli richieste di selfie, che hanno<br />

ormai sostituito i vecchi autografi. Tra il pubblico,<br />

c’erano anche due sue vecchie conoscenze calcistiche,<br />

Giuseppe Bergomi e Clarence Seedorf: quest’ultimo si sta<br />

appassionando molto al tennis al punto da non rinunciare<br />

a sfide di tre ore nelle ore più calde, sempre sui campi<br />

dell’Aspria Harbour Club. L’olandese ha però glissato<br />

alla proposta del direttore organizzativo del torneo Carlo<br />

Alagna, che ha ipotizzato un suo coinvolgimento nel<br />

2018: «Paolo ha sette anni in più di me, quindi dovrai<br />

aspettare ancora un po’» ha scherzato Seedorf. Per<br />

soddisfare l’enorme richiesta di giornali e televisioni,<br />

gli organizzatori hanno messo in piedi una conferenza<br />

stampa, talmente affollata da sembrare pronta a ricevere<br />

un top player dopo una finale ATP.<br />

RICHIESTE RESPINTE<br />

Maldini ha stoppato sul nascere qualsiasi domanda legata<br />

al calcio e ha ben descritto la sensazione di sfidare i<br />

professionisti del tennis: «È stato come fare un esame di<br />

matematica dopo aver studiato lettere per tutta la vita - ha<br />

detto -. Io sono un enneci e non ho nessuna ambizione in<br />

questo mondo. Non avrei neanche il tempo per allenarmi a<br />

dovere. Per questa ragione, ho declinato le offerte di wild<br />

card che mi sono pervenute da altri Challenger italiani»,<br />

pienamente coscienti di non poter avviare un fuoriclasse<br />

verso una nuova carriera, ma incoraggiati dal richiamo<br />

mediatico che si trascina appresso (e il pericolo che qualcuno<br />

114


L’Italia dei tornei Challenger<br />

Finale sudamericana all’Aspria <strong>Tennis</strong> Cup Trofeo BCS vinta da Guido Pella su Federico<br />

Delbonis, entrambi protagonisti l’anno scorso della vittoria argentina in Coppa Davis<br />

voglia riproporre una situazione del genere, con altri<br />

protagonisti, ma montata a tavolino, non è assolutamente<br />

da escludere). Il tutto prima di tagliare la torta preparata<br />

per il suo 49esimo compleanno, celebrato il giorno prima<br />

del suo esordio da tennista pro. Un collegamento in diretta<br />

su Sky Sport 24 con Stefano Meloccaro e lo Zio Bergomi,<br />

e finalmente Maldini è potuto tornare alla sua realtà<br />

quotidiana, dove il tennis ricopre un ruolo importante<br />

ma di puro divertimento. Ma gli appassionati di tennis si<br />

chiedono: quanto vale realmente Maldini come tennista?<br />

«Sui campi veloci un 3.4, sulla terra battuta fa più fatica»<br />

dice Landonio. Maldini a parte, gli organizzatori sono stati<br />

premiati anche da uno splendido week-end, con la presenza<br />

in semifinale dei quattro giocatori di maggior prestigio<br />

presenti al torneo: Tommy Robredo, Federico Delbonis,<br />

Guido Pella e Marco Cecchinato. Alla fine si è imposto<br />

Pella, approfittando del ritiro del connazionale Delbonis<br />

per un problema al gluteo destro. Pella ha così completato<br />

un curioso tris milanese, visto che da juniores aveva vinto<br />

l’Avvenire e il Trofeo Bonfiglio. D’altra parte, Milano è la<br />

città adottiva di uno dei suoi migliori amici, il calciatore<br />

Rodrigo Palacio. Non poteva essere da meno, anche per<br />

festeggiare i buoni risultati del suo Olimpo Bahia Blanca, di<br />

cui ha seguito le partite anche durante il torneo (nonostante<br />

si giocassero in piena notte). Come ci ha insegnato lo stesso<br />

Maldini, a certe passioni non si può resistere.<br />

Il vento della crisi continua a soffiare, eppure<br />

l’Italia resta il paese con più tornei Challenger<br />

perché si tratta di eventi che, se organizzati<br />

con una certa oculatezza, si riescono a mettere in<br />

piedi e a ottenere un buon ritorno. E allora significa<br />

che abbiamo tanti bravi organizzatori, capaci<br />

di proporre interessanti percorsi di crescita. È il<br />

caso del torneo di Biella che inaugurerà il mese di<br />

agosto e che quest’anno offrirà un montepremi di<br />

ben 106.000 euro. Purtroppo nessuno ha preso il<br />

posto del defunto torneo di San Marino, ma il mese<br />

si concluderà con le tappe di Cordenons (che va<br />

avanti nonostante la scomparsa di Edi Raffin, colui<br />

che aveva creato un gioiello dal nulla), Manerbio<br />

e Como. Nella seconda settimana dello US Open,<br />

come ormai da tradizione, ci sarà l’AON Open<br />

Challenger di Genova, uno dei migliori al mondo<br />

(lo ha certificato anche l’ATP con il Best Challenger<br />

Award del 2015). A Valletta Cambiaso ci saranno<br />

tanti specialisti del rosso, con buone chance di<br />

avere anche i migliori italiani. La terra battuta<br />

saluterà a fine mese con l’evento romano del circolo<br />

Due Ponti, mentre si registra la scomparsa - ancora<br />

prima della nascita - del nuovo torneo Challenger di<br />

Napoli. Si doveva giocare sui campi in cemento del<br />

CUS, ma la raccolta sponsor è stata insufficiente e<br />

dunque il torneo non si farà. Un brutto colpo per una<br />

città che per anni ha avuto uno splendido evento<br />

primaverile. Confermato invece il torneo di Ortisei<br />

che però sarà anticipato di un mese e scatterà il 9<br />

ottobre, per evitare la concomitanza con le ATP Next<br />

Gen Finals di Milano, in programma dal 7 all’11<br />

novembre. Il calendario si chiuderà con le tappe di<br />

Brescia e Andria. Ottime soprattutto le premesse per<br />

l’evento di Brescia, che si migliora continuamente<br />

e che dall’anno prossimo dovrebbe insediarsi nel<br />

nuovo palazzetto dello sport la cui costruzione è<br />

stata accelerata dalla promozione in Serie A1 del<br />

locale team di basket. Con una buona collocazione<br />

in calendario (offre gli ultimi punti per chi vuole<br />

acciuffare il main draw all’Australian Open), può<br />

diventare un bel classico di fine stagione.<br />

115


UNDER 12<br />

IL NUOVO<br />

ZVEREV<br />

SI CHIAMA MARC MAJDANDZIC ED È UN PICCOLO<br />

FENOMENO DI 12 ANNI. TEDESCO DI PADRE<br />

CROATO, HA VINTO CON IRRISORIA FACILITÀ QUELLO<br />

CHE SI PUÒ CONSIDERARE UNO SLAM UNDER<br />

12 E CHE IN PASSAT0 HA SALUTATO I TRIONFI<br />

DI IVANISEVIC, THIEM, GULBIS, RUBLEV, HALEP<br />

E CIBULKOVA. IN CAMPO FEMMINILE, VITTORIA<br />

TRICOLORE GRAZIE AD ANNA PARADISI. REPORTAGE<br />

DAL MONDO DEI PICCOLI PROFESSIONISTI<br />

dal nostro inviato a Porto San Giorgio<br />

FEDERICO MARIANI<br />

116


UNDER 12<br />

117


Sono alti poco più del borsone che portano in<br />

spalla, dove custodiscono gli attrezzi di quello<br />

che sognano diventare un mestiere. Hanno già le<br />

mani ruvide e callose, lo stacco dell’abbronzatura,<br />

da metà polpaccio in giù, è il segno di chi passa<br />

più tempo a tirare dritti e rovesci che a giocare in cortile<br />

come i compagni di scuola. Hanno dodici anni e sono tra i<br />

più forti d’Europa con una racchetta in mano. Il passaggio<br />

allo stadio di cyborg spara-palle è più vicino di quanto<br />

loro stessi pensino. Anzi, per qualche eletto è già avviato.<br />

Mocciosi chiamati a essere professionisti, a colpire mille<br />

palle al giorno e a sezionare la vita ragionando un punto<br />

alla volta, proprio come fanno quelli bravi. Il <strong>Tennis</strong> Europe<br />

di Porto San Giorgio è una tappa che a dodici anni vale uno<br />

Slam, e qui tutti sembrano avvertirne la zavorra.<br />

L’OASI DI PORTO SAN GIORGIO<br />

Il circolo marchigiano è un bijoux: tre campi spalmati in un<br />

fazzoletto di terra, con l’aria salmastra che sa di vacanza a<br />

incorniciare il quadretto. Piccolo ma funzionale e infatti<br />

estremamente funzionante, visto il curriculum che vanta una<br />

ventina di seconda categoria sfornati nell’ultimo decennio<br />

o poco più – oltre ovviamente a Gianluigi Quinzi, un mito<br />

che inevitabilmente aleggia in un pianeta diventato Quinzicentrico,<br />

grazie anche allo storico impegno della famiglia<br />

nel settore dirigenziale del club. Attorno alla passerella che<br />

costeggia il campo 1, un piede dentro il circolo, sono affisse<br />

istantanee dei passati vincitori, motivo d’orgoglio locale da<br />

una parte e monito per i protagonisti odierni dall’altra: da<br />

Ivanisevic (vincitore nel 1983, la prima edizione) allo stesso<br />

Quinzi, passando per Halep, Cibulkova, Rublev, Thiem e<br />

Gulbis, in ordine sparso. È un gallone per gli organizzatori<br />

del torneo e infatti un maestro gonfia il petto, ricordando<br />

che «siamo stati i primi a ospitare i coreani!». Una tradizione<br />

che continua, vista la corposa spedizione dagli occhi a<br />

mandorla giunta in riviera anche quest’anno: tre maschietti<br />

e altrettante femminucce si muovono all’unisono col capodelegazione,<br />

viaggiando in un’impeccabile fila indiana, con<br />

sottobraccio un abnorme thermos dal contenuto misterioso.<br />

Il custode del campo testimonia che ogni mattina sono loro i<br />

primi ad arrivare al circolo: alle 6 e 50 sono già in campo per<br />

il risveglio muscolare. Disciplina ferrea per ognuno di loro,<br />

eccezion fatta per tale Hee Han Chan, che spara un Come on!<br />

in ogni quindici del 6-1 6-4 con cui si sbarazza al primo turno<br />

di un ragazzino italiano. Ogni cliché può essere smentito.<br />

VITTORIA AZZURRA<br />

Se nel maschile il piano-partita dei giocatori differisce seppur<br />

per miseri dettagli, le bambine sono sostanzialmente tutte<br />

piccole repliche. Vince la più cattiva o la più grossa, tratti<br />

che spesso coincidono. Quasi tutte sfoggiano un dolcissimo<br />

sorriso d’argento, qualcuna accoglie la sconfitta con un<br />

pianto a dirotto. La differenza sembra farla la personalità,<br />

più che il tennis, e sono ampiamente giustificate perché non<br />

è che poi il circuito WTA funzioni tanto diversamente. C’è<br />

una bulgara che supera il metro e ottanta e rende almeno un<br />

metro alla sua sfortunata avversaria di primo turno, sebbene<br />

la carta d’identità sembri confermare l’anno di nascita legale<br />

per il torneo: il 2005. Alla fine, tuttavia, non vincerà lei e<br />

neanche la connazionale dallo sguardo perfido: a trionfare<br />

sarà l’azzurra Anna Paradisi, del Circolo <strong>Tennis</strong> Firenze, che<br />

in finale supera Sein Myoung, una bambina coreana in grado<br />

Marc Majdandzic colpisce<br />

la palla con chirurgica<br />

pulizia, affonda sempre,<br />

è determinato, spietato e<br />

ambizioso. «Sei il più forte<br />

del mondo?» gli chiediamo.<br />

«Lo sto diventando» risponde<br />

di giustiziare lungo il proprio cammino due delle nostre più<br />

forti, ovverosia Perez-Wilson e Sensi, sempre in rimonta.<br />

IL NUMERO UNO<br />

Quest’età è l’ultima soglia da superare, prima di essere<br />

riconosciuti dal conto di un computer e avere un nome e<br />

un volto abbinati a un numero: il ranking. Qui ancora non<br />

esistono teste di serie e un clic sul pc compila il tabellone in<br />

modo totalmente casuale: «La classifica c’è, ma è nascosta»,<br />

assicura qualcuno che ne sa. Lo stesso insider punta il dito<br />

su Marc Majdandzic, indicandolo come favorito numero<br />

uno. A vederlo pare un professionista in miniatura: un<br />

angelo biondo con occhi da killer, il corpicino celato quasi<br />

per intero dalla sacca Yonex mentre si muove per il circolo<br />

con gelida sicurezza, senza parlare con nessuno, distratto<br />

da cuffie wireless e perennemente concentrato. Il padre,<br />

un croato trasferitosi per lavoro in un piccolo centro<br />

vicino ad Hannover, elenca con orgoglio lo status in patria<br />

del figlioletto: numero uno under 12, tre under 13, sei<br />

under 14. Ha già firmato un contratto con Nike, mentre la<br />

sopracitata azienda giapponese gli fornisce i telai. È stato<br />

selezionato dalla Academy di Patrick Mouratoglou e sembra<br />

già lanciato verso il professionismo. Idoli? Federer, Zverev?<br />

Macché! Goran Ivanisevic. Dietro il fumo c’è però anche un<br />

succulento arrosto. Disarmante la facilità con cui scherza la<br />

concorrenza: colpisce la palla con chirurgica pulizia, affonda<br />

sempre, è determinato, spietato e ambizioso. «Sei il più forte<br />

del mondo?» gli chiediamo. «Lo sto diventando» risponde,<br />

impiegando appena qualche frazione di secondo in una<br />

lingua non sua ma che sembra già abituato a padroneggiare.<br />

A livello umano Marc lega solamente col piccolo Leo<br />

Gutjahr, col quale condivide l’idioma tedesco. Leo è un<br />

dolcissimo undicenne viennese, in tabellone principale<br />

grazie a una wild card. Si tratta dell’unico invito elargito dal<br />

torneo a uno straniero, per un motivo ben preciso: la madre<br />

di Leo è la migliore amica di quella di Thiem, e pare che lo<br />

stesso Dominic - vincitore a Porto San Giorgio nel 2005 -<br />

abbia alzato la cornetta per assicurare al ragazzino l’invito. Il<br />

padre ci mostra un breve video in cui il pargolo palleggia con<br />

Thiem e uno zainetto arancione con cucito il nome del top<br />

ten austriaco. Il piccolo Leo è stato sconfitto al primo turno;<br />

Marc invece ha perso appena 12 giochi nei cinque match<br />

necessari per sgranocchiare la concorrenza, fino a intascarsi<br />

un trofeo già suo dal primo giorno di competizione.<br />

118


Già ribattezzato il nuovo Zverev, Marc Majdandzic, padre croato trasferitosi ad Hannover e quindi di passaporto tedesco, già messo sotto contratto da Nike e Yonex e selezionato dall’Accademia<br />

Mouratoglou, ha vinto concedendo dodici giochi in cinque partite. In campo femminile, successo azzurro grazie ad Anna Paradisi, tesserata per il Circolo <strong>Tennis</strong> Firenze.<br />

NON È UN GIOCO PER POVERI<br />

Nel lotto dei favoriti c’era anche Grigory Shebekin, paffutello<br />

moscovita, iconico ragazzino nella forma e nella sostanza<br />

nonché fresco vincitore nella tappa triestina del circuito<br />

<strong>Tennis</strong> Europe. A giudicare dalla supercar del padre e dalle<br />

quattro persone al seguito (e a carico), tra cui perfino la<br />

moglie del coach, non dovrebbe soffrire la crisi economica.<br />

Del resto in quest’ambiente è difficile imbattersi nella storia<br />

strappalacrime - o strappalike - costruita su sofferenze e<br />

privazioni. Quelle magari verranno in seguito, quando i più<br />

fortunati tra questi tennisti in erba, per sopravvivere nel<br />

marasma del circuito minore, saranno costretti a barattare un<br />

pasto caldo per un’incordatura. Tornando al russo, questi si è<br />

fatto intervistare per interposta persona perché non mastica<br />

l’inglese. Le risposte, quasi tutte da ufficio stampa, seguono<br />

un crescendo di banalità che culmina nel classico «i miei idoli<br />

sono Federer e Nadal». Ci si sposta a est, cercando un appiglio<br />

ai luoghi comuni della rivendicazione sociale e della maggior<br />

fame, ma niente: questo torneo - come i suoi omologhi - è<br />

un banchetto riservato a commensali economicamente<br />

privilegiati. C’è un ragazzino bulgaro che dipinge col<br />

rovescio, ma non dispensa sorrisi neppure sotto tortura. È<br />

nato e vive nella stessa cittadina di Dimitrov, Haskovo, e con<br />

il compaesano condivide anche il primo allenatore, il padre di<br />

Grisha. È lui che fa fuori il locale Andrea Meduri, il più forte<br />

del battaglione italiano (unico dei 18 azzurrini a raggiungere<br />

i quarti di finale), prima di essere maltrattato in finale da<br />

Madjandzic, cui scuce due soli game. Ci sono poi due bambini<br />

romeni, che rastrellano complessivamente quattro game e<br />

uno ucraino, accompagnato da una mamma invadente che se<br />

la prende con l’incordatore del torneo - un ragazzo squisito in<br />

grado di fare l’appello dell’intera top 300 mondiale - perché il<br />

figliolo, poveretto, ha rotto le corde.<br />

L’INIZIO DELLA FINE<br />

È impressionante ammirare la potenza che questi scriccioli<br />

di quaranta di chili riescono a imprimere alla palla. Sono<br />

costruiti e confezionati come picchiatori da fondocampo,<br />

poche le variazioni, ancor meno le discese a rete, per non<br />

parlare del rovescio a una sola mano, praticamente vietato.<br />

Un bambino italiano prova a socializzare col coetaneo<br />

austriaco, mostrandogli di saper masticare un po’ di tedesco:<br />

«eins, zwei, drei…». Il tennis ha già permeato le loro vite, la<br />

palla gialla è il sole attorno al quale orbitano allenamenti,<br />

partite e soprattutto speranze. I più bravi, presto saranno<br />

costretti a scegliere tra un’istruzione adeguata e l’obiettivo<br />

di un grande risultato sportivo. Forse tra questi sbarbatelli si<br />

nasconde il futuro numero uno del mondo, forse no. Di sicuro<br />

c’è che la stragrande maggioranza non avvicinerà nemmeno<br />

il circuito professionistico. Il tennis è una democrazia tanto<br />

feroce quanto bella: vinci e vivi, perdi e muori. Presto se ne<br />

renderanno conto anche loro.<br />

119


PADEL<br />

UN’ESTATE DI PADEL. CON VIP ANNESSO <br />

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info: 0541 691667 oppure 335 6963678 (WhatsApp), sunpadelriccione.it<br />

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Il GIRO di DRIVE<br />

di Lino Dell*<br />

sequenza fotografica di Francesco Panunzio<br />

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LA TECNICA<br />

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SEGUITE LA TRAIETTORIA<br />

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LA VARIANTE DEL PADEL… TENNISTA!<br />

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122


I DETTAGLI<br />

IL BUON CAVALIERE<br />

Una buona attesa in split, dove la pala è in posizione neutra e i talloni<br />

sono leggermente sollevati, saranno un’eccellente preparazione al colpo,<br />

il tutto sempre ben accompagnato da movimenti che ci mantengano<br />

in buon equilibrio, come per esempio tenere le mani sempre alla stessa<br />

altezza (foto 1). Invita la palla a entrare nel tuo cerchio di azione,<br />

come farebbe un buon cavaliere nell’invitare una dama ad accomodarsi<br />

in auto (foto 2). Fate gli onori di casa e accompagnate la palla<br />

durante tutto il suo percorso. Alla fine, con maniere gentili, seguite con<br />

la pala, la palla stessa verso il campo dell’ avversario. Tutto questo<br />

mantenendo le gambe ben flesse ed eseguendo movimenti corti, con<br />

una falcata non superiore alla distanza tra le spalle e mantenendo<br />

continuamente la pala alla stessa altezza della palla, eseguendo una<br />

media di passettini non inferiore a cinque.<br />

Dopo tale movimento di accompagnamento, e solo quando avrete una<br />

buona visuale verso il campo avversario, potrete eseguire un’ultima<br />

falcata piú larga ed eseguire il colpo finale di dritto (foto 3).<br />

123


PADEL<br />

DOVE<br />

GIOCARE<br />

Fare un censimento delle strutture che dispongono di campi<br />

da padel era doveroso, anche se mensilmente la lista andrebbe<br />

aggiornata (e lo faremo sul nostro sito Internet) perché la crescita<br />

di questa disciplina è costante e nuovi campi vengono costruiti<br />

con una certa frequenza, come ci conferma Claudio Galuppini,<br />

titolare di Italian Padel, tra i top costruttori di campi da padel<br />

che solo nell'ultimo periodo ne sta consegnando una quarantina.<br />

Numeri che fanno piacere e testimoniano che credere in questo<br />

sport può davvero essere una scommessa vincente.<br />

REGIONE CITTÀ CLUB TELEFONO<br />

RIFERIMENTO<br />

<br />

LAZIO ROMA AREA FITNESS 063500121 FABRIZIO ANTICOLI<br />

<br />

LAZIO ROMA ASD PADEL ZONE 3286346169 MATTEO LUCENTE<br />

<br />

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<br />

<br />

LAZIO ROMA CASSIA COUNTRY CLUB 0630369931 FABIO MENGONI<br />

<br />

LAZIO ROMA CC LAZIO 063226801 DANIELE DELLA PORTA<br />

LAZIO ROMA CC ROMA 063612921 JUAN MARTINEZ<br />

LAZIO ROMA CINECITTÀ BETTINI 3925909988 GIANLUCA MONTI<br />

<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA DOMAR SSD 3357093263 GIOLE LIBERATI<br />

<br />

LAZIO ROMA EM SPORT OASI DI PACE 067184550 EDOARDO PACE<br />

LAZIO ROMA EMPIRE SPORT 0689716645 ALESSIO ALESSANDRI<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA FIORANELLO TENNIS 3335393413 LUCA MEZZETTI<br />

LAZIO ROMA FLAMINIA PADDLE 3349158892 BARBARA GIANNETTI<br />

LAZIO ROMA FLAMINIO SC 3487075255 ROBERTO AGNINI<br />

LAZIO ROMA FORUM SC 0661110 PASQUALE RIZZO<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA HELIOS PADDLE 065650595 CLARA PELOSI<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA JUST PADEL AERONAUTICA 3664099088 NICCOLÒ BRUSADELLI<br />

LAZIO ROMA JUST PADDLE SSD 3929952555 NICCOLÒ BRUSADELLI<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

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REGIONE CITTÀ CLUB TELEFONO<br />

RIFERIMENTO<br />

LAZIO ROMA MAD4PADEL 3895815565 DINO ZORZETTO<br />

LAZIO ROMA MAGIC PADEL 3315782140 CORRADO GRAZIOTTI<br />

<br />

LAZIO ROMA CORTE DEI CONTI 068078722 GIANLUCA CASTIGLIONE<br />

<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA ORANGE PADELCLUB 068076239 SERGIO MANTO<br />

<br />

LAZIO ROMA PADEL CLUB LAURENTINA 3357404500 DINO MANCINI<br />

LAZIO ROMA PADEL HUB 3389030297 MATTEO CONTINO<br />

<br />

LAZIO ROMA PIT PADEL IN TOWN 3205752555 GABRIELE SANTINI<br />

<br />

LAZIO ROMA PRO ROMA 0621710100 MAURIZIO ZACCHINI<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

LAZIO ROMA SPORTING EUR 065034178 MARCO MICOLICH<br />

LAZIO ROMA LITTLE GARDENS SSD 3296656480 ALESSANDRO RUSSO<br />

LAZIO ROMA TC GARDEN 067222339 ALESSIO LUCHETTI<br />

<br />

<br />

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EVENTI & TORNEI<br />

TROFEO LOCATESE. INTERNAZIONALE<br />

La OkPadel di Lino Dell organizzerà a metà settembre la prima edizione di un torneo internazionale con la<br />

partecipazione di giocatori da vari paesi dell’Europa. Un momento di confronto essenziale per capire dove<br />

può arrivare il padel in Italia. Una crescita che passa indubbiamente da eventi di questo genere<br />

Ecco ciò di cui il padel in<br />

Italia ha disperatamente<br />

bisogno per conquistare<br />

<br />

quella sensazione di divertimento<br />

e socialità che si vive ogni volta<br />

che si entra dentro la gabbia di<br />

vetro di un campo. Per questo ci fa<br />

<br />

la nascita della prima edizione del<br />

Torneo Internazionale di Padel,<br />

Trofeo Ambrosiano Locatese.<br />

Promotore dell’iniziativa, e per<br />

questo ci fa ancora più piacere, è<br />

<br />

importante anche all’interno<br />

della Federazione Internazionale<br />

<br />

tecniche della nostra sezione.<br />

«Sarà un’edizione speciale - ci ha<br />

<br />

- perché verranno invitati circa<br />

<br />

contributi spese e un montepremi<br />

<br />

di tennis ha appena superato la<br />

soglia dei 50 milioni di dollari<br />

di montepremi totali, ma stiamo<br />

parlando di un torneo dello Slam.<br />

Così come, per organizzare una<br />

tappa del World Padel Tour,<br />

bisognerebbe trovare contributi per<br />

almeno 250.000 dollari (un passo che<br />

potrebbe fare la Federazione Italiana<br />

<strong>Tennis</strong> visto che ha in casa un<br />

<br />

<br />

adesso non ha avuto seguito).<br />

Ma l’importante, per la crescita<br />

del movimento del padel in Italia,<br />

anche passo dopo passo, senza<br />

scalare troppi gradini in una volta<br />

sola, passa per una serie di eventi<br />

che possa avvicinare la realtà del<br />

nostro paese a quella europea, che<br />

serva da promozione e magari, come<br />

<br />

Federazione Internazionale Padel,<br />

<br />

se un gruppo di giocatori italiani ben<br />

dotati potesse allenarsi con costanza<br />

e con mezzi appropriati, raggiungere<br />

le punte di livello della Spagna non<br />

<br />

come qualcuno potrebbe credere.<br />

Per questo l’iniziativa di Lino Dell è<br />

importante, perché avvicina il padel<br />

in Italia a quello di altre nazioni,<br />

<br />

stimolo. Con un montepremi che<br />

è comunque un riconoscimento<br />

per chi si porterà a casa il trofeo. Si<br />

<br />

<br />

alle porte di Milano: una location<br />

<br />

<br />

che può far capire, anche ai tennis<br />

club più prestigiosi, che il padel è un<br />

investimento vincente.<br />

126


Sport<br />

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REVOIR<br />

Federer chi?<br />

Oltre a Rafael Nadal e Novak Djokovic, ci sono altri 45 giocatori che possono vantare un<br />

<br />

<br />

<br />

statistiche a cura di Luca Brancher<br />

Rafael Nadal<br />

23 vinte - 14 perse<br />

Novak Djokovic<br />

23 vinte - 22 perse<br />

Yevgeny Kafelinikov<br />

4 vinte - 2 perse<br />

<br />

3 vinte - 0 perse<br />

Thomas Enqvist<br />

3 vinte - 1 persa<br />

Alex Corretja<br />

3 vinte - 2 perse<br />

Franco Squillari<br />

2 vinte - 0 perse<br />

Dominic Thiem<br />

2 vinte - 1 persa<br />

Dominic Hrbaty<br />

2 vinte - 1 persa<br />

Gustavo Kuerten<br />

2 vinte - 1 persa<br />

Wayne Ferreira<br />

2 vinte - 1 persa<br />

Evgeny Donskoy<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Federico Delbonis<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Andrea Gaudenzi<br />

1 vinta - 0 perse<br />

James Sekulov<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Francisco Clavet<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Markus Hantschk<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Andrei Medvedev<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Sergi Bruguera<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Christophe Van Garsse<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Byron Black<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Kenneth Carlsen<br />

1 vinta - 0 perse<br />

Jan Siemerink<br />

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Lucas Arnold<br />

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