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Motociclissimo Fuori

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Gara<br />

ITALIANO TRIAL<br />

Michele Oberburgher, pilota affetto da autismo<br />

"Da quando fa trial ha iniziato a parlare"<br />

Abbiamo incontrato nel paddock di Temù Roberto, il papà<br />

di Michele Oberburgher, il ragazzo tredicenne autistico che<br />

prende parte alle prove Juniores del Campionato Italiano, al<br />

trofeo Master Beta e al campionato Triveneto e che, ha trovato<br />

nel trial un valido alleato contro la sua patologia.<br />

Per prima cosa ricordiamo cos'è l’autismo.<br />

“È molto difficile da spiegare, sarebbe addirittura più<br />

giusto parlare di autismi al plurale, perché esistono diverse<br />

sfaccettature della medesima patologia. Purtroppo non c’è una<br />

cura al momento, ed è una problema che copre diversi aspetti,<br />

fisici, psichici e anche neurologici; è molto difficile da curare<br />

perché, pur avendo la medesima difficoltà, ogni soggetto è un<br />

caso a sé. Gli autistici sono delle persone che possono avere<br />

delle grandissime capacità, ad esempio di calcolo, ma magari<br />

non sono in grado di allacciarsi le scarpe. Soggetti come quelli<br />

rappresentati da Dustin Hoffman nel film Rain Man, se vengono<br />

distratti da un rumore possono bloccarsi completamente.<br />

Ci sono infine delle manifestazioni di autismo non verbali e,<br />

a quel punto è ancora più difficile, perché si è di fronte ad un<br />

soggetto che non comunica”.<br />

Quanti sono i soggetti che ne soffrono?<br />

“Non posso dare dei numeri certi in campo Nazionale, dico<br />

solo che in Trentino si registrano circa venticinque nascite<br />

di autistici l’anno”.<br />

Come siete arrivati al trial?<br />

“Non ho tradizione motociclistiche e ancor meno trialistiche.<br />

Avevo insegnato da poco a Michele ad andare in bicicletta,<br />

quando un’amica di famiglia, Deborah Albertini che<br />

frequenta il mondo del trial da sempre, mi ha detto di<br />

provare a portare mio figlio ad uno stage. Inizialmente ero<br />

contrario, ma ho deciso di provare. Premetto che Michele<br />

fino a quel giorno era completamente muto, non aveva mai<br />

detto una parola. Come siamo arrivati e ha sentito il rumore<br />

di una moto accesa mi ha tirato la mano perché lo portassi<br />

in quella direzione e ha voluto immediatamente salirci<br />

sopra. Dopo un po’ che lo seguivamo, inavvertitamente ha<br />

sfiorato il tubo di scarico ed ha detto la sua prima parola:<br />

“scotta!”<br />

Non aveva mai parlato prima.<br />

Da lì ho capito che poteva essere uno stimolo; questi<br />

ragazzi quando vogliono qualcosa s’impegnano il doppio<br />

degli altri per ottenerla, ho capito che poteva essere una<br />

meravigliosa terapia. Poi non è solo la moto che è utile a<br />

Michele, ma anche il contesto delle gare, lo stare con gli<br />

altri, essere incluso socialmente. Tutti lo conoscono, gira<br />

tranquillamente tra gli altri e qui nessuno lo considera<br />

un bambino diverso. Ricordiamoci che siamo noi che<br />

dobbiamo adattarci alla disabilità, qualunque essa sia,<br />

e non il contrario. Mi auguro che questo bellissimo sport<br />

possa aiutare anche altri ragazzi che soffrono la medesima<br />

disabilità di mio figlio”.<br />

Hai notato miglioramenti evidenti da quando fa trial?<br />

“Impressionanti! Ricordo che un soggetto autistico<br />

solitamente non è in grado di compiere più azioni<br />

contemporaneamente; nel trial bisogna frenare,<br />

accelerare, tirare la frizione il tutto con sincronismo e lui<br />

ci riesce; ha imparato, inoltre, a mantenere l’attenzione.<br />

Mi piacerebbe che questa esperienza venisse condivisa,<br />

venisse pubblicizzata dai media, mi auguro che possa<br />

servire anche ad altri ragazzi con il medesimo problema”.<br />

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MOTOCICLISMOFUORISTRADA | 8/9 2017

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