ACTA APOSTOLICAE SEDIS - La Santa Sede
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72 Acta Apostolicae Sedis — Commentarium Officiale profitto che se ne trae e la meno efficace forza d'impulso, che ne deriva nella pratica della vita? In periodi precedenti della storia della Chiesa ben più semplice era in generale il comune insegnamento religioso ; ma vi sopperiva il fatto che tutto il processo della vita umana era dominato e con numerose sante usanze impregnato dal timore di Dio e dall'im prescindibile dovere dei suoi comandamenti. Dalla metà del secolo scorso, non solo la scienza cattolica con ammi revole slancio è venuta sempre più espandendosi, ma anche lo stesso magistero ecclesiastico ha in modo grandioso e ampio, se mai altra volta, esposta e chiarita in ogni suo aspetto la fede cattolica e fornite norme morali per le più svariate condizioni della vita così dei singoli, come della comunità, procurando in tutte le possibili forme di portare e dif fondere nelle anime tanta ricchezza di luce spirituale. Quando però si domanda, se si è parimenti di altrettanto elevato nel popolo cattolico il grado della istruzione religiosa e della condotta morale, la risposta non può purtroppo suonare affermativa. In lamentevole opposizione con quel- Paltò sviluppo dottrinale sono venute scemando ed elidendosi l'efficacia è la forza dell'impulso religioso. Non negheremo, anzi chiaramente appare che non sono mancati, nè mancano cattolici, esemplarmente fedeli ai comandamenti di Dio ; nè fanno difetto eroismo cristiano e santità. In questo campo l'età nostra non la cede a tempi anteriori, e non temiamo di dire che ne sorpassa parecchi. Ma date uno sguardo alle opinioni, condizioni e istituzioni pubbliche, e troverete sventuratamente che sono state più o meno scristia nate, mentre la disistima e l'allontanaménto dal modo di vivere cristiano si sono largamente diffusi. Una soverchiante corrente antireligiosa si oppone ai credenti, che vogliono informare tutta la loro; vita personale, familiare e pubblica, alla legge di Dio ; essi incontrano gravi difficoltà e impedimenti a far conoscere e stimare le loro convinzioni ; onde non pochi soccombono o si illanguidiscono nella pratica della religione. Per respirare nell'aria corrotta delle grandi città moderne e vivere in esse cristiana mente senza assorbirne il veleno, occorre un profondo spirito di fede e la forza di resistenza propria dei martiri. Di tali condizioni sociali trattammo l'anno passato, additando e di mostrando quel che si richiede a pregar bene e invocare degnamente il divino aiuto. Ma se era necessario di averle presenti alla mente nel par lare della vita di preghiera, è doppiamente indispensabile il ricordarle, allorché si vogliono richiamare in pratica i comandamenti di Dio in tutta la condotta degli uomini.
Actu Pii Pp. XII 73 Erronee dottrine intorno alla natura del peccato grave Un fatto, che sempre si ripete nella storia della Chiesa, è che quando la fede e la morale cristiana si urtano contro forti correnti avverse di errori o di appetiti viziati, sorgono tentativi di vincere le difficoltà con qualche comodo compromesso, o altrimenti di schivarle ed eluderle. Anche in ciò che spetta ai comandamenti di Dio si è creduto di aver trovato un ripiego. Nella materia morale, si è detto, vi è inimicizia con Dio, perdita della vita soprannaturale, grave colpa in senso proprio, so lamente quando l'atto, di cui si deve rispondere, è stato posto non solo con la chiara consapevolezza che è contro il comandamento di Dio, ma anche con la espressa intenzione di offendere cori esso il Signore, di rom pere l'unione con Lui, di disdire a Lui l'amore. Se questa intenzione è mancata, se cioè l'uomo da parte sua non ha voluto troncare l'amicizia con Dio, l'atto singolo — si afferma — non può nuocergli. Per portare un esempio : le moltif ormi deviazioni del sesto comandamento non sareb bero per il credente, il quale nel resto vuol mantenersi unito a Dio e con servarsi amico di Lui, nessuna grave mancanza, nè importerebbero colpa mortale. Stupefacente soluzione ! Chi non vede come nella chiara cono scenza che un determinato atto umano è contro il comandamento di Dio, s'include che esso non può essere indirizzato al fine dell'unione con Lui, appunto perchè contiene Faversione, ossia l'allontanamento dell'animo, da Dio e dalla sua volontà (aversio a Deo fine ultimo), aversione che di strugge l'unione e l'amicizia con Lui, come fa propriamente la colpa grave ? Non è forse vero che la fede e la teologia insegnano che ogni pec cato è un'offesa di Dio e mira ad offenderlo, perchè l'intenzione insita nella colpa grave è contro la volontà di Dio espressa nel comandamento di Lui che si viola? Quando l'uomo dice sì al frutto proibito, dice no a Dio proibente ; quando antepone se stesso e la sua volontà alla legge di Dio, allontana da sè Dio e il divino volere: in ciò consiste l'aversione da Dio e l'intima essenza della colpa grave. La malizia dell'atto umano viene da questo che non è commisurato alla sua regola, la quale è du plice : l'una prossima e omogenea, cioè la stessa umana ragione ; l'altra è la prima regola, vale a dire la legge eterna, che è come la ragione di Dio, la cui luce risplende nella coscienza umana, allorché fa vedere la distinzione fra il bene e il male. 4 U vero credente non ignora che l'inten zione tendente all'oggetto della colpa mortale non è separabile dall'in tenzione che viola la volontà e la legge divina e rompe ogni amicizia con 4 Cfr. S. TH. I A 2 p q. 71 a. 6.
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Actu Pii Pp. XII 73<br />
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Un fatto, che sempre si ripete nella storia della Chiesa, è che quando<br />
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errori o di appetiti viziati, sorgono tentativi di vincere le difficoltà con<br />
qualche comodo compromesso, o altrimenti di schivarle ed eluderle.<br />
Anche in ciò che spetta ai comandamenti di Dio si è creduto di aver<br />
trovato un ripiego. Nella materia morale, si è detto, vi è inimicizia con<br />
Dio, perdita della vita soprannaturale, grave colpa in senso proprio, so<br />
lamente quando l'atto, di cui si deve rispondere, è stato posto non solo<br />
con la chiara consapevolezza che è contro il comandamento di Dio, ma<br />
anche con la espressa intenzione di offendere cori esso il Signore, di rom<br />
pere l'unione con Lui, di disdire a Lui l'amore. Se questa intenzione è<br />
mancata, se cioè l'uomo da parte sua non ha voluto troncare l'amicizia<br />
con Dio, l'atto singolo — si afferma — non può nuocergli. Per portare<br />
un esempio : le moltif ormi deviazioni del sesto comandamento non sareb<br />
bero per il credente, il quale nel resto vuol mantenersi unito a Dio e con<br />
servarsi amico di Lui, nessuna grave mancanza, nè importerebbero colpa<br />
mortale. Stupefacente soluzione ! Chi non vede come nella chiara cono<br />
scenza che un determinato atto umano è contro il comandamento di Dio,<br />
s'include che esso non può essere indirizzato al fine dell'unione con Lui,<br />
appunto perchè contiene Faversione, ossia l'allontanamento dell'animo,<br />
da Dio e dalla sua volontà (aversio a Deo fine ultimo), aversione che di<br />
strugge l'unione e l'amicizia con Lui, come fa propriamente la colpa<br />
grave ? Non è forse vero che la fede e la teologia insegnano che ogni pec<br />
cato è un'offesa di Dio e mira ad offenderlo, perchè l'intenzione insita<br />
nella colpa grave è contro la volontà di Dio espressa nel comandamento<br />
di Lui che si viola? Quando l'uomo dice sì al frutto proibito, dice no a<br />
Dio proibente ; quando antepone se stesso e la sua volontà alla legge di<br />
Dio, allontana da sè Dio e il divino volere: in ciò consiste l'aversione<br />
da Dio e l'intima essenza della colpa grave. <strong>La</strong> malizia dell'atto umano<br />
viene da questo che non è commisurato alla sua regola, la quale è du<br />
plice : l'una prossima e omogenea, cioè la stessa umana ragione ; l'altra<br />
è la prima regola, vale a dire la legge eterna, che è come la ragione di<br />
Dio, la cui luce risplende nella coscienza umana, allorché fa vedere la<br />
distinzione fra il bene e il male. 4<br />
U vero credente non ignora che l'inten<br />
zione tendente all'oggetto della colpa mortale non è separabile dall'in<br />
tenzione che viola la volontà e la legge divina e rompe ogni amicizia con<br />
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Cfr. S. TH. I A 2 p q. 71 a. 6.