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Se il valore fosse inferiore o superiore, le piante non sarebbero<br />
in grado di assorbire dal terreno i nutrienti necessari allo svolgimento<br />
di tutte le loro funzioni fisiologiche e biologiche, anche se<br />
fossero presenti abbondanti quantitativi di N, P, K e Ca.<br />
Per quanto riguarda la fertilizzazione, l’azoto è in stretta correlazione<br />
con la presenza di sostanza organica nel terreno, che<br />
dovrebbe attestarsi su valori intorno a 2 – 3%, utile al rilascio di<br />
azoto tramite il meccanismo della degradazione, migliorando la<br />
capacità di scambio cationico, l’umidità e la presenza di microrganismi<br />
nel terreno. Specialmente nei primi anni, qualora la quantità<br />
di azoto fosse insufficiente, occorre ampliarla grazie all’uso<br />
di un fertilizzante applicato 2- 4 volte l’anno in un mix 5-8-10 di<br />
fertilizzante al ritmo di 454 g per anno di età. La formula varia comunque<br />
a seconda del terreno da trattare, ad esempio su suolo<br />
organico (letame o torba) l’azoto può essere omesso del tutto. I<br />
fertilizzanti a terra sono integrati da zinco, manganese e rame,<br />
utili alla pianta, mentre le carenze di ferro possono essere colmate<br />
con piccole applicazioni di ferro chelato. Il fosforo, secondo<br />
alcuni autori, dovrebbe essere presente nel terreno con valori<br />
compresi tra 30 e 40 mg/kg (P2O5) pertanto, prima del trapianto<br />
basta cospargere al fondo di ciascuna buca circa 500 g di perfosfato<br />
triplo 46% da mescolare con la terra.<br />
Porta innesto<br />
Generalmente si innesta per approssimazione, a corona o a<br />
spacco. L’innesto su piante già innestate ha mostrato caratteristiche<br />
nanizzanti. È possibile innestare diverse varietà su un’unica<br />
pianta ma, per quanto possa essere coltivata con cura, può accadere<br />
che l’innesto della varietà più vigorosa prenda il sopravvento<br />
sugli altri innesti, che regrediscono e muoiono. L’utilizzo di<br />
portainnesti selvatici ottenuti da seme porta a una grande variabilità<br />
nello sviluppo dell’innesto.<br />
Punti di taglio<br />
Potatura<br />
I primi obiettivi che occorrerà perseguire con la potatura sono:<br />
Realizzazione di una struttura con 3 - 4 branche principali (ossia<br />
quelle che si dipartono dal tronco) ben distribuite nello spazio.<br />
Forma e dimensione della chioma, tali da anticipare il più presto<br />
possibile la produzione, già a partire dal 3-4° anno.<br />
Struttura della chioma delle piante, tale da non determinare sconcamenti<br />
delle branche principali.<br />
La struttura finale mira a essere una pianta alta al massimo 2,5 -<br />
3 metri, con la chioma a forma di piramide e libera dal suolo per<br />
almeno 60 cm. È fondamentale valutare la zona di taglio, perché<br />
una potatura mal riuscita potrebbe far sì che la pianta non riesca<br />
più a sopportare i pesi dei frutti oppure che non riesca più a ricevere<br />
i fitofarmaci in maniera ottimale, qualora si verificasse una<br />
condizione di malattia.<br />
I tagli effettuati vicino alla punta o sotto un nodo determinano la<br />
crescita di 3-4 germogli laterali provenienti da gemme ascellari<br />
più vicine alla corona. Mentre i tagli, effettuati al di sopra di un<br />
nodo determinano la crescita di 6–10 germogli laterali (vedi cerchi<br />
rossi nella foto affianco).<br />
Sotto la corona di gemme, le foglie risultano più distanziate tra<br />
loro e poste a raggiera nello spazio. Poiché alla base di ogni foglia<br />
è presente una gemma dormiente che potrà dare origine a un<br />
germoglio, tagliando sotto il primo nodo a partire dalla cima della<br />
pianta giovane, si “sveglieranno” le unità internodali. L’obiettivo<br />
da conseguire con la potatura delle cimature è stimolare<br />
il rapido sviluppo di nuovi germogli e, quindi, il<br />
numero di nuove ramificazioni, al fine di creare più velocemente<br />
possibile la forma della chioma desiderata nelle piante giovani.<br />
VARIETÀ E CLASSIFICAZIONE<br />
Al mondo esistono moltissime varietà di <strong>mango</strong> diverse: secondo<br />
la letteratura arriverebbero perfino a un centinaio, anche se quelle<br />
maggiormente commercializzate sono: Honey, Francis, Haden,<br />
Keitt, Kent, Tommy Atkins e Palmer.<br />
Le varietà più comuni per il consumo fresco sono<br />
Kent e Keith, molto apprezzate in Europa, così come<br />
l’Osteen. Portogallo e Spagna acquistano volentieri anche la<br />
varietà Palmer.<br />
Negli Stati Uniti, la varietà maggiormente prodotta e commercializzato<br />
è la Tommy Atkins, che è però molto fibrosa e commercializzata<br />
a buon mercato, anche grazie all’ottima resistenza. Segue<br />
la varietà Ataulfo, oggi conosciuta come Honey: una specie<br />
sudamericana anch’essa molto apprezzata negli Stati Uniti.<br />
Nei paesi asiatici come il Pakistan, invece, viene coltivato un tipo<br />
di <strong>mango</strong> esteticamente diverso dagli altri (come il Sindhri e il<br />
Chaunsa) ma che non ha nulla da invidiare alle altre varietà più<br />
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