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Giugno 2017

Livorno non stop Giu '17

Livorno non stop Giu '17

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Livorno<br />

Anno 31 - N° 640<br />

non stop<br />

Omaggio<br />

mensile indipendente «strettamente» livornese<br />

<strong>Giugno</strong><br />

<strong>2017</strong> l’ira di Melioco<br />

Troppe «zone calde» rendono la vita insopportabile<br />

a numerosi cittadini che hanno<br />

paura, specie di sera, di uscire o rientrare<br />

nelle loro case o che rivendicano il diritto<br />

di dormire tranquillamente. Risse, schiamazzi,<br />

spaccio, prostituzione, alcol e atti indecenti la<br />

fanno da padrone. Occorrono rimedi ancora più incisivi e<br />

fermezza da parte delle istituzioni. Il rischio che la situazione<br />

degeneri è già troppo alto.<br />

Totò<br />

e<br />

Livorno<br />

Totò alla Gran Guardia<br />

Specializzata in modellini radiocomandati esportati ovunque dagli anni ‘70<br />

si è dovuta arrendere nel 2000 all’invasione dei prodotti cinesi e giapponesi<br />

Monteleone,<br />

la fabbrica<br />

livornese<br />

che ha fatto la felicità<br />

dei bambini (e dei grandi)<br />

di tutto il mondo<br />

Otello Bacci e Totò<br />

Il grande artista<br />

conobbe la nostra<br />

città in occasione<br />

del servizio militare<br />

e proprio qui<br />

nacque la celebre<br />

battuta<br />

“Siamo uomini<br />

o caporali?”<br />

alle pagg. 4-7<br />

alle pagg. 10-12<br />

Vittorio Monteleone ospite a<br />

Maranello e alcuni modellini prodotti<br />

dalla sua fabbrica.<br />

L’eccelso critico d’arte nonchè opinionista senza peli sulla lingua<br />

è arrivato a dire che Livorno è meglio di Pisa<br />

Vittorio Sgarbi: apprezzamenti entusiastici<br />

su città, lungomare e tesori artistici<br />

alle pagg. 8-9


LIVORNOnonstop è...<br />

PRONTA RISPOSTA DELL’ASSESSORE BELAIS<br />

AD UN QUESITO DI UN NS. LETTORE<br />

Piazza della Repubblica:<br />

ecco superficie e dimensioni<br />

Gentile Signor Damari, spett.le redazione di Livornononstop,<br />

ho ricevuto una lettera protocollata lo scorso 11 maggio, da parte<br />

del signor Mario Lorenzini che, attraverso un articolo pubblicato<br />

sul vs. periodico, lamentava il fatto di non aver mai avuto risposta<br />

dal Comune e dal Sindaco in merito alla sua richiesta di conoscere<br />

la reale superficie di Piazza della Repubblica.<br />

Scrivo a lei perchè nella suddetta lettera l’interessato non ha indicato<br />

alcun contatto per potergli rispondere direttamente.<br />

Di conseguenza affido alle pagine del vs. giornale la risposta al<br />

quesito.<br />

In allegato si unisce la planimetria di piazza della Repubblica con<br />

una superficie di mq. 18.387,10.<br />

La larghezza massima è ml. 86,84 quella minima è ml. 80,58<br />

La lunghezza massima è ml. 232,85 quella minima è ml. 213,28<br />

Colgo l’occasione per porgere i miei più cordiali saluti a lei e al<br />

signor Lorenzini.<br />

Dott. Francesco Belais<br />

Assessore Cultura, Turismo & Grandi Eventi<br />

Ringraziamo l’assessore Francesco Belais per la pronta e dettagliata<br />

risposta, con tanto di planimetria allegata, sulle reali dimensioni<br />

della Piazza della Repubblica, dopo che un nostro lettore<br />

aveva posto dei quesiti in merito sul numero scorso. Oltre a<br />

risolvere il (piccolo) problema al nostro lettore, fa comuque piacere,<br />

la tempestività dell’assessore, che è anche la dimostrazione<br />

che quando un cittadino scrive agli Uffici comunali non sempre<br />

trova “porte chiuse” ma riceve prontamente risposte, a patto che<br />

indichi il suo recapito.<br />

La planimetria di Piazza della Repubblica.<br />

2<br />

«Sono arrivata a Livorno per<br />

motivi sentimentali (il padre di<br />

mio figlio Luca è livornese). Amo<br />

il senso di libertà che si respira, la<br />

vita quasi naif di questa città.<br />

Quello che da romagnola farei<br />

invece è provare a sfruttare meglio<br />

le sue potenzialità enormi<br />

specie nel turismo. A Riccione,<br />

dove c'erano solo case di pescatori,<br />

è stato creato un impero turistico,<br />

perché a Livorno, con le<br />

sue bellezze naturali, la sua arte<br />

(penso a Mascagni, a Modigliani,<br />

a Fattori) invece no?»: LAU-<br />

RA BRIOLI, mezzosoprano, direttrice<br />

artistica dell'Istituto Musicale<br />

"Rodolfo Del Corona"(Il<br />

Tirreno del 9/5/17).<br />

«In questo momento al cantiere<br />

Azimut Benetti ci lavorano 1.100<br />

persone e stiamo costruendo 10<br />

yacht sopra i 50 metri. Noi senza<br />

Livorno avremmo un terzo del<br />

fatturato attuale. In città però le<br />

cose non sono così tranquille. Il<br />

valore del cantiere non è compreso<br />

proprio da tutti. E' ancora<br />

aperta la questione sulla gestione<br />

dei bacini: senza non potremo<br />

costruire yacht superiori a<br />

100 metri, non ci sono gli spazi.<br />

Senza bacini tra 8 anni saremo<br />

costretti ad andarcene. Stiamo<br />

resistendo. Siamo orgogliosi di<br />

stare qui. A Civitavecchia hanno<br />

un'enormità di spazi vuoti e, diciamocelo,<br />

quasi ce li regalerebbero...»:<br />

VINCENZO POE-<br />

RIO, a.d. Azimut Benetti (Il Tirreno<br />

del 10/5/17).<br />

«Io sono al vostro fianco per<br />

smuovere quanto prima questo<br />

immobilismo: è da quando sono<br />

arrivato che combatto per il diritto<br />

alla casa, che è un diritto<br />

biblico»: Mons. SIMONE GIU-<br />

STI, Vescovo di Livorno, (Il Tirreno<br />

del 18/5/17).<br />

«Rispetto a una decina di anni<br />

fa facciamo circa il 30% in meno<br />

di polizze. Siamo in una fase davvero<br />

critica, le cose sono peggiorate<br />

soprattutto negli ultimi 2-3<br />

anni. Al centro di tutto c’è la crisi<br />

economica, ma non è l’unico<br />

aspetto di questo calo generale.<br />

Il boom delle compagnie assicurative<br />

online ha portato tante<br />

persone a sottoscrivere la polizza<br />

auto sui siti internet, sfruttando<br />

magari le offerte del momento.<br />

Ma alcune di queste sono agenzie<br />

fantasma, a volte trovare la<br />

sede legale è un’odissea, non ci<br />

sono garanzie in caso di sinistro<br />

e chiedere il risarcimento danni<br />

m<br />

a<br />

b<br />

r o<br />

g<br />

opinioni<br />

p<br />

s<br />

e<br />

Questo,<br />

l’ho<br />

detto io!<br />

frasi<br />

estrapolate<br />

dalla<br />

stampa<br />

cittadina<br />

e non<br />

diventa quasi impossibile»: MI-<br />

CHELE FALCHI, agente assicurativo<br />

della Zurich (Il Tirreno del<br />

18/5/17).<br />

«Ho presentato un piano di impresa<br />

con 102 posti di lavoro e<br />

un investimento di 25 milioni di<br />

euro insiema a Aldo Spinelli. Ora<br />

simao in 20, saremmo arrivati a<br />

102, quindi con 82 assunzioni. E<br />

sai cosa ha fatto l’Autorità Portuale?<br />

L’ha cestinato. Proprio<br />

così, cestinato. L’ha considerato<br />

irricevibile. Ci rendiamo conto:<br />

a Livorno ci sono 35mila disoccupati,<br />

dati Cgil, con umeri in<br />

aumento. E qui mi hanno cestinato<br />

un piano con 82 assunzioni<br />

e 25 milioni di investimento...»:<br />

CRISTIANO LUCARELLI, imprenditore<br />

(Il Tirreno del 17/4/<br />

17).<br />

Reg. Trib. Livorno n. 451 del 6/3/1987<br />

Direzione, Redazione,<br />

Amministrazione e Stampa:<br />

Editrice «Il Quadrifoglio» S.a.s.<br />

Via C. Pisacane 7 - Livorno<br />

Tel. e fax. (0586) 81.40.33<br />

e-mail: ediquad@tin.it<br />

Direttore responsabile:<br />

Bruno Damari<br />

Comitato redazione:<br />

Luciano Canessa, Claudia<br />

Damari, Stefania D'Echabur,<br />

Michela Gini, Marcello Faralli,<br />

Cesare Favilla, Giovanni<br />

Giorgetti, Lorena Luxardo,<br />

Marco Rossi.<br />

Photo: Roberto Onorati.<br />

Gli articoli firmati o con pseudonimo riflettono<br />

unicamente le opinioni dell'autore.<br />

Numero chiuso il giorno 30/5/<strong>2017</strong>


LIVORNOnonstop è...<br />

La terza pagina<br />

3<br />

la terza pagina<br />

di Cesare Favilla<br />

Quattro Mori, un insulto alla libertà?<br />

Il monumento dei Quattro<br />

Mori fu innalzato per commemorare<br />

la vittoria sui corsari<br />

turchi e barbareschi da<br />

parte della Marina Toscana<br />

affidata ai Cavalieri di Santo<br />

Stefano. Di qualunque colore<br />

essi fossero, a qualunque<br />

razza umana essi fossero appartenuti,<br />

resta l’inconfutabile<br />

fatto che compivano atti<br />

contro la libertà e contro la<br />

civiltà che deve sempre aver<br />

ragione sulla barbarie.<br />

E che Livorno, sorretta dai<br />

Medici, fosse una città civile<br />

anche nel più ampio senso<br />

moderno, lo dimostrano<br />

le “livornine” di Ferdinando<br />

I e l’accoglienza su questo<br />

lido di migliaia e migliaia di<br />

derelitti, di ogni razza e colore,<br />

fuggiti o scacciati dalle<br />

loro terre naturali. Ferdinando<br />

accolse tutti, bianchi, neri,<br />

ebrei e turchi e promise loro<br />

protezione a condizione che<br />

si comportassero civilmente.<br />

Livorno divenne così una<br />

città cosmopolita e forse<br />

l’unico luogo dove gli ebrei<br />

non furono mai confinati in<br />

un ghetto. E la Congregazione<br />

dei Padri Trinitari per la<br />

liberazione degli schiavi,<br />

quanto bene procurava in<br />

quei tempi all’umanità schiavizzata<br />

in ogni parte del mondo<br />

conosciuto!! !<br />

Un ricorrente slogan pubblicitario,<br />

che spesso giunge ai<br />

nostri orecchi, ci invita a leggere<br />

la storia ed a seguire<br />

certi progranuni televisivi<br />

“Per mantenere viva lo memoria<br />

di ciò che è accaduto<br />

nel passato”. Giusto, giustissimo,<br />

le generazioni presenti<br />

debbono conoscere il<br />

faticoso cammino che l’umanità<br />

ha percorso per raggiungere<br />

questo terzo millennio<br />

perché hanno il compito di costruire<br />

e lasciare ai loro discendenti<br />

un mondo sempre migliore.<br />

D’altra parte, bisogna convincersi<br />

che, nel campo dell’arte,<br />

non esiste alcun limite all’espressione<br />

di un’idea. Capolavori<br />

che rapppresentano<br />

schiavi e gruppi di schiavi si trovano<br />

a Firenze, a Roma e a Parigi<br />

e nei più grandi musei degni<br />

dell’ammirazione di milioni e milioni<br />

di turisti e di studiosi. E<br />

Cicerone, tanto per ricordare un<br />

grande dell’arte oratoria, candidamente<br />

espresse questo suo<br />

pregiudizio razziale: “Non comprare<br />

mai schiavi bntannici;<br />

sono tutti fannulloni e stupidi”.<br />

Per questo dovremmo cancellare<br />

dalla storia il grande oratore e<br />

letterato Marco Tullio Cicerone?<br />

E degli scrittori e filosofi<br />

greci e romani che ne facciamo?<br />

La croce stessa, simbolo del cristianesimo<br />

e della passione, di<br />

Gesù non è forse il più tragico<br />

esempio di razzismo? Per l’amor<br />

di Dio, finiamola di vivere nell’immaginario<br />

campo dell’utopia,<br />

finiamola con la banale retorica.<br />

Finiamola anche con<br />

quell’atteggiamento improntato<br />

ad una inutile ed artificiosa ricerca<br />

dell’effetto demagogico<br />

con espressioni, programmi e<br />

promesse che lusingano le aspirazioni<br />

delle masse.<br />

Liberare i quattro mori! E poi, che<br />

cosa si ottiene? Si cancellano i<br />

crimini e la barbarie che hanno<br />

accompagnato e tuttora accompagnano<br />

il cammino dell’uomo?<br />

Si cancella la storia? La punizione<br />

dei delinquenti, dei criminali,<br />

di coloro che turbano il vivere<br />

sociale è stata, e sarà sempre<br />

una forma di legittima autodifesa<br />

della società.<br />

Cambiano i tempi, cambiano gli<br />

ordinamenti e cambiano le sanzioni.<br />

Ciò che è accaduto nel passato<br />

deve essere conosciuto,<br />

compreso, criticato e additato<br />

come monito per il bene delle future<br />

generazioni. E’ sempre inutile<br />

nascondere la realtà, la verità.<br />

Non posso, a questo punto<br />

fare a meno di ricordare che già<br />

una volta nella storia, qualcuno<br />

tentò di “liberare i quattro mori<br />

in nome della “libertà, dell’eguaglianza<br />

e della fratellanza”:<br />

fu il generale francese Siesto<br />

Miollis che, al comando delle<br />

truppe repubblicane, preso da<br />

un esagerato sentimentalismo, o<br />

meglio da una infatuazione di false<br />

idee di libertà, sostenne, per<br />

un po’, che il monumento dei<br />

Quattro Mori era da considersi<br />

come il “monumento della tirannide<br />

sull’umanità”.<br />

Correva l’anno 1799 ed i francesi,<br />

desiderosi di riscattare il popolo<br />

oppresso dall’oscurantismo,<br />

proposero di abbattere<br />

“l’infame monumento”. In realtà<br />

il loro programma era quello di<br />

una spoliazione sistematica dell’Italia.<br />

Quando le loro velleità rivoluzionarie<br />

si estinsero con il colpo<br />

di Stato del18 Brumaio (9<br />

novembre 1799), anche i Quattro<br />

Mori furono lasciati in<br />

pace. Ferdinando I tornò sul<br />

suo piedistallo con grande<br />

giubilo di tutti i livornesi che<br />

celebrarono l’evento con tanto<br />

di cerimonia ufficiale. Con<br />

questo atto i livomesi non<br />

ucccisero né libertà, né eguaglianza,<br />

né fratellanza, anzi,<br />

basta leggere qualche pagina<br />

della storia di questa città, per<br />

rendersi conto di quanto questi<br />

tre pilastri della umana<br />

convivenza siano sempre stati<br />

gli elementi portanti della vita<br />

livornese.<br />

I francesi, invece, sempre ispirati<br />

dai lori sentimenti umanitari...,<br />

si contentarono di portar<br />

via, cioè di rubare, i trofei<br />

principeschi che ornavano il<br />

piedistallo dei Quattro Mori!<br />

Nella seconda parte del secolo<br />

XlX i livornesi non permisero<br />

nemmeno il trasferimento<br />

dei Quattro Mori in Piazza<br />

d’Arme, cioè in quella che fu<br />

la Piazza Grande, vanto di Livorno.<br />

Andate ora a dir loro di<br />

toglierli di mezzo!<br />

La storia non si cancella. L’arte<br />

non si distrugge e le tradizioni<br />

sono il piedistallo su cui<br />

poggiano i principi di sviluppo<br />

e libertà per i quali Ferdinando<br />

I de Medici, il 19 marzo<br />

del 1606, onorò Livorno col<br />

titolo di “Città”.<br />

Livorno e i Quattro Mori sono<br />

una cosa sola e tutte livornesi<br />

sono le parole che formano i<br />

versi di questo antico “rispetto”:<br />

Alla marina, che c’è i Quattro Mori,<br />

Vienitili a vede’come son neri<br />

Son quattro ladroncelli rubacuori.<br />

Altro non dico.


LIVORNOnonstop è...<br />

4<br />

amarcord<br />

Totò e Livorno<br />

Il grande artista conobbe la nostra città in occasione del servizio militare<br />

e proprio qui nacque la celebre battuta “Siamo uomini o caporali?”<br />

Martedì 22 gennaio 1957: Totò, applauditissimo, si presenta tra il pubblico della Gran Guardia all’inizio dello spettacolo “A prescindere”. (foto Del Secco)<br />

di Marcello Faralli<br />

La Caserma Carlo Pisacane di via Nazionale (oggi viale G. Marconi) in una<br />

cartolina d’epoca dove Totò ha svolto il servizio militare a Livorno.<br />

22/1/1957: Totò mentre sale sul palco<br />

della Gran Guardia tra gli applausi<br />

degli ospiti della famiglia Marinari-Lippi<br />

nel palchetto d’onore. A fianco:<br />

la locandina dello spettacolo “A<br />

prescindere”. (foto Del Secco)<br />

Il 15 aprile scorso ricorreva il cinquantesimo<br />

anniversario della<br />

morte di Totò. Può sembrare fuori<br />

luogo che questo mensile di<br />

costume livornese ricordi il grande<br />

attore e fantasista napoletano.<br />

Ma scoprirete che tra Antonio<br />

De Curtis (alias Antonio Griffo<br />

Focas Flavio Angelo Ducas<br />

Comnemo Porfirogenito Gagliardi<br />

de Curtis di Bisanzio) e Livorno<br />

c’è una forte comunanza.<br />

Racconta, nella sua prefazione<br />

al libro “Siamo uomini o caporali?”<br />

(da cui è tratto il film omonimo)<br />

della sua permanenza in<br />

città per il servizio di leva. Era<br />

poco più che un ragazzo quando<br />

decise di arruolarsi volontario<br />

nell’esercito e venne assegnato<br />

al 22° reggimento di stanza<br />

a Pisa. Comprese subito che<br />

l’esercizio meno gravoso, che<br />

gli riusciva meglio, era quello di<br />

“marcare visita”. Divenne ben<br />

presto uno specialista non gradito<br />

ai superiori i quali, appena<br />

si presentò l’occasione lo spedirono<br />

a un battaglione di fanteria<br />

destinato alla Francia. Ma<br />

nel paese transalpino non arrivò<br />

mai perché il suo repertorio<br />

di recitatore di malesseri lo portò<br />

al ricovero nell’ospedale di<br />

Alessandria.<br />

Scongiurata la destinazione transalpina<br />

fu successivamente assegnato,<br />

dopo una breve permanenza<br />

all’87° reggimento di fanteria<br />

di Siena, all’88° di stanza a<br />

Livorno. E qui sembra essersi<br />

adattato se è vero, come dice,<br />

che vi terminò il servizio militare.<br />

Racconta però che ebbe come<br />

graduato il famigerato caporale:<br />

“il caporale per antonomasia,<br />

uno di quelli che ti fanno odiare<br />

per un numero imprecisato<br />

di generazioni la vita e il rego<br />

segue a pag. 5


LIVORNOnonstop è...<br />

5<br />

amarcord<br />

da pag. 4<br />

L’interno del Cinema-Teatro Lazzeri. (foto Del Secco)<br />

do perché l’aveva fatto sentire a<br />

casa, nella sua Napoli: due città<br />

di mare, generose, aperte all’accoglienza,<br />

esagerate nelle manifestazioni<br />

di gioia, ma capaci di<br />

ironizzare sui propri difetti.<br />

L’aneddotica narra che, già attore<br />

affermato, venuto a sapere<br />

delle morte di una signora livornese<br />

che gli aveva affittato una<br />

stanza in cui andare a riposare e<br />

a cambiarsi di abiti, abbia inviato,<br />

per riconoscenza, dei fiori per<br />

il funerale e un aiuto economico<br />

alla famiglia.<br />

Ma il legame con Livorno non<br />

finisce qui. Gli anni di permanenza<br />

in città gli erano rimasti nella<br />

mente e nel cuore tanto da tornarvi<br />

più volte con i suoi spettacoli<br />

e ricordarla spesso nei numerosi<br />

suoi film e rappresentazioni.<br />

Già nel 1921, al cinema teatro<br />

Lazzeri, cantava la parodia<br />

dell’allora famosissima canzone<br />

“Vipera”.<br />

Se questi erano gli inizi della sua<br />

carriera lo ritroviamo a Livorno<br />

al tramonto della stessa, nel<br />

1957: il 22 e 23 gennaio con “A<br />

prescindere”, che in due serate<br />

fece registrare 4.000 presenze<br />

(costo del biglietto al botteghino<br />

3.000 lire, dai bagarini in piazza<br />

Cavallotti 10.000 ); alla Gran<br />

Guardia, “impazzando” con la<br />

lamento militari”. Incarnava il<br />

tipo arrogante e presuntuoso,<br />

animato da una irragionevole idiosincrasia<br />

nei confronti dei soldati e,<br />

abusando del grado, li privava della<br />

libera uscita.<br />

“La vita militare non mi si era<br />

presentata sotto un aspetto eccessivamente<br />

gradevole, dato<br />

anche il mio temperamento insofferente;<br />

tuttavia, per evitare<br />

le sue continue rappresaglie,<br />

assunsi un comportamento disciplinato,<br />

eseguendo senza discutere<br />

i suoi ordini e subendo<br />

con rassegnazione le sue osservazioni.<br />

Questa mia tattica non<br />

ebbe un esito particolarmente<br />

felice. Il caporale scambiò la mia<br />

passività per debolezza e, forte<br />

più del suo grado che dei regolamenti,<br />

raddoppiò ingiustamente<br />

la dose, rendendomi davvero<br />

asfissiante la vita in comune”.<br />

Da qui nacque l’odio per i caporali<br />

e la battuta: “Guardiamoci<br />

in faccia ... siamo uomini o caporali?”.<br />

Rientrato nella vita civile, di Livorno<br />

conservò un ottimo ricorfanfara<br />

dei bersaglieri. Si racconta<br />

delle mance di 3.000 lire alle<br />

maschere del teatro “perché signori<br />

si nasce e io lo nacqui”.<br />

Essendo poi amico<br />

E in tanti suoi film appaiono citazioni<br />

su Livorno. E’ il caso di<br />

“Totò e Cleopatra”, quando nel<br />

ruolo di Marcantonio, circondato<br />

da quattro guardie di colore,<br />

esclama: “Perbacco! Io li conosco<br />

questi. Sono i Quattro mori<br />

che stanno in piazza Grande a<br />

Livorno” (in effetti sono sempre<br />

stati davanti alla darsena<br />

nuova - n.d.a.). E, nello stesso<br />

film, alla regina che gli propone<br />

un baccanale all’egiziana replica.<br />

“Sempre baccanali all’egiziana,<br />

mai un baccanale alla<br />

livornese”.<br />

In “Totò lascia o raddoppia”<br />

rispondendo a una domanda di<br />

Mike Bongiorno cita, dopo San<br />

Siro di Milano e le Cascine di<br />

Firenze, l’ippodromo l’Ardenza<br />

a Livorno. E ancora in “Totò,<br />

Vittorio e la Dottoressa”, nella<br />

parte di un cameriere, a un cliente<br />

che gli chiede qualcosa di leggero<br />

consiglia un piatto di sugheri<br />

alla livornese”.<br />

Otello Bacci alla corte di Totò<br />

Otello Bacci (1915-1996), straordinario<br />

personaggio livornese<br />

(nacque in via della Coroncina,<br />

a due passi dall’abitazione di<br />

Giovanni Fattori, e, poco più in<br />

là, in piazza Cavallotti, di quella<br />

di pietro Mascagni) affermatosi<br />

nel mondo dello spettacolo sia<br />

come ballerino, che in veste di attore,<br />

presentatore e direttore d’orchestra,<br />

conosciutissimo anche<br />

per aver portato avanti con la<br />

moglie Maria il ristorante “da<br />

Norma” in piazza Guerrazzi, ha<br />

avuto un grande rapporto con<br />

Totò, sia a livello professionale<br />

ma anche di amicizia.<br />

Dall’ottimo libro “Otello Bacci -<br />

Un livornese alla corte di Totò”,<br />

di Piero Gambacciani (Editrice<br />

Il Quadrifoglio, Livorno, 2010),<br />

ne estrapoliamo alcuni aneddoti<br />

riguardanti appunto il rapporto<br />

di Otello con Totò.<br />

Otello Bacci con la moglie Maria e Totò all’interno del Ristorante “Da Norma” in piazza Guerrazzi. (foto Del Secco)<br />

CAPITOLO VII<br />

Conosce Totò<br />

Gli americani lasciano Livorno in<br />

forma ufficiale, come truppa di<br />

occupazione, nel Dicembre del<br />

1947. La situazione nella città si<br />

sta velocemente normalizzando.<br />

I livornesi non piangono certo<br />

questa partenza; forse le uniche<br />

a gridare “addio” con le lacrime<br />

agli occhi sono le “segnorine”<br />

che perdono la loro sorgente<br />

di reddito e fra i pochi dispiaciuti<br />

è certamente Bacci che, con<br />

la loro partenza, è costretto a<br />

sciogliere la sua orchestra, quel<br />

segue a pag. 6


LIVORNOnonstop è...<br />

da pag. 5<br />

l’orchestra alla quale era così<br />

attaccato e che gli aveva dato<br />

tante inaspettate soddisfazioni.<br />

E’ un distacco molto doloroso,<br />

dopo tanti successi!!<br />

E così è di nuovo senza lavoro...<br />

Ma ecco la fortuna che bussa<br />

alle spalle del nostro amato concittadino<br />

ormai noto per le sue<br />

brillanti prestazioni nella rivista.<br />

Un pomeriggio stava bighellonando<br />

per le strade della sua città,<br />

quando viene colpito da una<br />

locandina che annuncia l’arrivo<br />

a Livorno della Compagnia di<br />

Totò nella rivista di Galdieri<br />

“Bada che ti mangio”.<br />

Come amministratore Bacci legge<br />

il nome di Andrea Rosina; e<br />

lui questo Andrea Rosina lo conosce<br />

perché, qualche tempo<br />

prima, ha lavorato con la sua<br />

compagnia di Pistoni e Rizzo.<br />

Senza indugi si reca in teatro e<br />

si presenta da lui. Certo che Rosina<br />

lo ricorda e quando viene a<br />

conoscenza che in quel momento<br />

il suo ex ballerino è disoccupato<br />

lo porta da Totò.<br />

“Che sai fare?”: gli dice Totò<br />

appena gli viene presentato.<br />

Rosina risponde per lui: “Principe,<br />

si chiama Bacci, è di Livorno”.<br />

Totò si fa pensieroso: “E allora?”.<br />

“E’ un bravo ragazzo, balla<br />

molto bene le clacchette”, continua<br />

a dire Rosina che vuole<br />

caldeggiare ad ogni costo la sua<br />

candidatura.<br />

E ancora Totò: “Ma lui perché<br />

non parla?”.<br />

Otello si stringe nelle spalle.<br />

Totò incalza: “Tu non sei un livornese,<br />

perché i livornesi sono<br />

di parola facile...”<br />

“Sono un livornese puro sangue”,<br />

urla Bacci a quell’offesa.<br />

“Ora cominci a piacermi!”.<br />

Lo fa sedere, gli offre una sigaretta,<br />

poi, dopo averlo guardato<br />

per qualche istante, chiama la<br />

coreografa Gisa Geert:“Ecco il<br />

nostro nuovo ballerino!”.<br />

E così Otello Bacci, qualche giorno<br />

dopo, in possesso di un contratto<br />

piuttosto vantaggioso,<br />

raggiunge la compagnia a Torino.<br />

....<br />

Per tre anni il nostro artista è in<br />

giro per l’Italia con le due stupende<br />

riviste italiane “Bada che<br />

ti mangio” e “C’era una volta<br />

il mondo...” entrambe di Michele<br />

Galdieri. E’ un susseguirsi di<br />

successi più che meritati che la<br />

compagnia di Totò riceve in tutti<br />

i teatri d’Italia e quando questa<br />

prestigiosa compagnia ritorna<br />

a Livorno, alla fine dello spettacolo<br />

Totò prende per mano<br />

Otello lasciandolo solo in mezzo<br />

alla passerella per ricevere,<br />

tutti per lui, gli applausi dei suoi<br />

concittadini.<br />

E questo è uno dei ricordi più<br />

belli.<br />

Parlare di Totò e della sua umanità<br />

come uomo e come artista<br />

credo che sia superfluo, tanto è<br />

la fama del comico specialmente<br />

ai nostri giorni...<br />

Bacci me ne parla con un tale<br />

entusiasmo che non riesco a<br />

stargli dietro.<br />

Mi racconta:“Tante sono state<br />

le manifestazioni di affetto che<br />

ha sempre dimostrato nei nostri<br />

confronti; ogni sera prima<br />

dell’inizio dello spettacolo faceva<br />

il giro dei camerini e aveva<br />

per tutti parole di conforto e<br />

Il Ristorante “Norma” in piazza Guerrazzi. (fto Del Secco)<br />

6<br />

amarcord<br />

Bacci in veste ristoratore. Sullo sfondo la moglie, signora Maria. (foto Del Secco)<br />

di incoraggiamento. Era sempre<br />

di umore allegro e faceva “Erano tempi di fame quelli! –<br />

napoletane”.<br />

in modo che non ci accorgessimo<br />

delle sue preoccupazioni”. tento lo stesso e poi i livornesi<br />

aggiunse Totò -. Ma io ero con-<br />

“Con me, poi – è sempre Bacci mi hanno sempre aiutato ecco<br />

che parla – aveva un rapporto perché li ho tanto nel cuore.<br />

quasi paterno; mi chiedeva Quando, dopo tanti anni ritornai<br />

a Livorno con la rivista “Io<br />

sempre se ero contento del mio<br />

lavoro, se mi bastavano i soldi, sono un evaso” andai a trovare<br />

come stava la mia famiglia”. quella signora che era stata tanto<br />

gentile con me, ma la giovane<br />

“Ricordo che una sera andai a<br />

trovarlo nel suo camerino per che mi venne ad aprire mi disse<br />

mostrargli una cartolina di Livorno<br />

che avevo ricevuto da “Totò aveva un animo molto<br />

che sua madre era morta”.<br />

mia moglie e lui dopo averla generoso – continua a dirmi Otello<br />

– quando ci trovavamo a Mi-<br />

osservata per qualche istante,<br />

mi disse: - Lo sapevi che ho fatto<br />

il militare a Livorno? E mi racso<br />

o in qualunque altra piazza<br />

lano, sotto la galleria del Corcontò<br />

che a quel tempo aveva d’Italia, c’era sempre qualcuno<br />

che gli chiedeva un aiuto<br />

un piede a terra da una certa<br />

signora Siria in Via De Larderel<br />

e la sera si vestiva in bor-<br />

dire di no a nessuno. Ti dirò di<br />

economico e lui non riusciva a<br />

ghese per andare al Cinema più: dopo avere dato i soldi si<br />

Centrale o al Margherita ad sentiva come sollevato da un<br />

esibirsi in alcune macchiette segue a pag. 7


LIVORNOnonstop è...<br />

da pag. 6<br />

peso; sembrava che gli fosse<br />

scomparsa ogni preoccupazione<br />

e si metteva a scherzare con<br />

tutti noi”.<br />

“Nei momenti liberi cercava<br />

sempre la mia compagnia, si<br />

divertiva a sentirmi parlare il<br />

dialetto livornese; soprattutto<br />

gli piaceva ascoltare le barzellette<br />

tanto è vero che nella rivista<br />

“C’era una volta il mondo...”<br />

creò uno sketch dove io facevo<br />

la parte di un celerotto livornese<br />

e lui quella di un Questore”.<br />

“Un pomeriggio, lavoravamo a<br />

Napoli, al Teatro Metropolitan,<br />

mi mandò a chiamare nel suo<br />

camerino. Aveva un’espressione<br />

triste e gli occhi arrossati:<br />

Cinema Centrale.<br />

Cinema Margherita (foto Del Secco)<br />

mi abbracciò e mi dette il telegramma<br />

che annunziava la morte<br />

di mia madre. Mi consegnò<br />

una busta contenente del denaro<br />

e mi disse: - Pensa, anche quel<br />

giorno in cui morì mia madre fu il<br />

capocomico a darmi la notizia”.<br />

...<br />

CAPITOLO IX<br />

Rivede Totò<br />

Per lo Stabilimento Cinematografico<br />

“Pisorno” di Tirrenia è<br />

un momento felice. Si lavora a<br />

ritmo serrato.<br />

Il tecnico dello stabilimento Ivo<br />

Benedetti avverte il suo amico<br />

Bacci che a Tirrenia è arrivato<br />

Totò per girare un film con Gino<br />

Cervi, e che vuole rivederlo.<br />

7<br />

“Appena ho saputo del suo arrivo<br />

– è Otello che parla – mi<br />

sono precipitato allo stabilimento,<br />

in punta di piedi mi sono<br />

avvicinato nella sala dove stavano<br />

girando; il ciakettista<br />

aveva già battuto il ciak per<br />

l’inizio di una scena quando lui<br />

mi vede”.<br />

- “Abbiate pazienza – dice Totò<br />

– fate un attimo di pausa che<br />

devo salutare un amico che da<br />

tanti anni non vedo”.<br />

Si avvicina, mi abbraccia poi<br />

quando si accorge della mia<br />

commozione mi dà un colpo sulle<br />

spalle e mi urla: “O Bacci! Siamo<br />

uomini o caporali!”.<br />

“La sera - prosegue Bacci - venne<br />

a cena nel mio ristorante e<br />

tra una battuta e l’altra facemmo<br />

le ore piccole”.<br />

- Dopo quella parentesi cinematografica<br />

l’hai più rivisto?<br />

Esplode in una esclamazione di<br />

giubilo.<br />

Non sperava tanto.<br />

“Lo rividi esattamente la sera<br />

del 3 Gennaio del 1957 e…”.<br />

- A che ora, lo interrompo.<br />

Lui non crede allo scherzo e volge<br />

lo sguardo in alto, pensieroso<br />

nello sforzo mentale.<br />

“Saranno state…”.<br />

- Ma io scherzavo… allora?<br />

“Me lo ricordo benissimo: erano<br />

le 13 meno un quarto… mi<br />

vedo arrivare Totò con la moglie,<br />

Franca Faldini. Si trovava<br />

a Livorno al Teatro «La Gran<br />

Guardia» con la nuova rivista<br />

“A prescindere” di Nelli e Mangini.<br />

Con lui lavoravano Franca<br />

May, Enzo Turco, Franca<br />

Gandolfi e Ivana Menaro”.<br />

“Quella sera, dopo cena, facemmo<br />

ancora le ore piccole perché<br />

la signora Faldini, donna<br />

bellissima e molto simpatica,<br />

volle che le raccontassi alcune<br />

di quelle barzellette che avevano<br />

tanto divertito suo marito<br />

molti anni addietro”.<br />

“Il giorno dopo il debutto, erano<br />

da poco passate le 13, lo<br />

vedo apparire nel locale insieme<br />

al suo amministratore Rendi<br />

Bau. Pensando che volessero<br />

mangiare mi misi le mani nei<br />

capelli: il locale era tutto occupato.<br />

Alcuni clienti riconosciutolo<br />

facevano a gara per<br />

amarcord<br />

La copertina del libro “Otello Chelli<br />

- Un livornese alla corte di Totò” di<br />

Piero Gambacciani (Ed. Il Quadrifoglio,<br />

2010)<br />

cedergli il posto ma lui rifiutava<br />

la gentilezza dei clienti con<br />

garbo e signorilità”.<br />

“Poi mi prese per un braccio e<br />

mi disse: “Accompagnami a prendere<br />

le sigarette”, e così ci avviammo<br />

verso Piazza Grande”.<br />

“Man mano che ci avvicinavamo<br />

al tabaccaio aumentava il<br />

numero dei curiosi che chiedevano<br />

l’autografo. Arrivati all’uscio<br />

del negozio lui, con un<br />

gesto distratto, tira fuori dal<br />

suo paltò il pac“Io lo guardo<br />

meravigliato e sorridendo mi<br />

dice: “Sto invecchiando, amico<br />

mio. Avevo le sigarette e nemmeno<br />

lo sapevo!!”.<br />

“Che uomo meraviglioso! Aveva<br />

detto una bugia: sapeva di<br />

avere le sigarette, mi aveva portato<br />

fuori perché i livornesi mi<br />

vedessero con lui e si rendessero<br />

conto così che facevo parte<br />

delle sue affettuose amicizie”<br />

La via Grande negli anni Sessanta.


LIVORNOnonstop è...<br />

8<br />

attualità<br />

L’eccelso critico d’arte nonchè opinionista senza peli sulla lingua è arrivato a dire che Livorno è meglio di Pisa<br />

Vittorio Sgarbi:<br />

apprezzamenti<br />

entusiastici<br />

su città,<br />

lungomare<br />

e tesori artistici<br />

di Marcello Faralli<br />

L’auditorium della C.C.I.A.A.<br />

(Camera di Commercio, Industria,<br />

Agricoltura e Artigianato)<br />

nel mese scorso - domenica 30<br />

aprile - ha ospitato la conferenza<br />

del professor Vittorio Sgarbi,<br />

organizzata dal Rotaract di Livorno<br />

e il Circolo Filippo Mazzei di<br />

Pisa (con Carlotta Romualdi ottima<br />

conduttrice), sui tesori artistici<br />

presenti nella nostra città.<br />

Vittorio Corcos<br />

“Ritratto<br />

di Yorick”<br />

(Pietro Coccoluto<br />

Ferrigni),<br />

1889.<br />

Olio su tela<br />

(199 x 138 cm)<br />

Museo Civico<br />

Giovanni Fattori,<br />

Livorno:<br />

uno dei quadri<br />

maggiormente<br />

apprezzati<br />

da Vittorio Sgarbi.<br />

Di fronte a un folto pubblico,<br />

l’istrionico, espertissimo critico,<br />

dopo una visita al cospicuo patrimonio<br />

conservato all’interno<br />

delle sale della stessa Camera di<br />

Commercio, ha svolto una dotta<br />

e appassionata conferenza sui<br />

principali monumenti, opere d’arte<br />

e quadri preziosi custoditi nelle<br />

chiese e nei palazzi storici della<br />

città. Entusiastici apprezzamenti:<br />

“Livorno città aperta, solare,<br />

piena di vita - meglio di Pisa<br />

che, Piazza dei Miracoli a parte,<br />

si presenta sciatta, trascurata,<br />

poco pulita -, con un meraviglioso<br />

lungomare, un’architettura<br />

solenne di una nobiltà<br />

parigina, la Terrazza Mascagni”.<br />

Suo il proposito di tornare presto<br />

in città, per due o tre giorni,<br />

per approfondire la conoscenza,<br />

e non solo delle opere d’arte.<br />

Gran parte dell’appassionato intervento,<br />

sempre colorito, con<br />

battute salaci verso il sindaco<br />

Nogarin (“vestito da operaio”)<br />

e “quei quattro stronzetti” che<br />

hanno organizzato l’intervento,<br />

lo ha dedicato ai Macchiaioli e<br />

non e a Modigliani.<br />

Queste, in sintesi, il concetto di<br />

Vittorio Sgarbi sui tesori artistici.<br />

Livorno può essere considerata,<br />

a buon diritto, la più importante<br />

città italiana di questo movimento<br />

pittorico, in quanto non<br />

solo da qui è partito il suo capostipite,<br />

Giovanni Fattori, ma molti<br />

suoi discepoli qui hanno dipinto,<br />

rappresentando luoghi e<br />

paesaggi che sono entrati nella<br />

storia della pittura dalla seconda<br />

metà dell’ottocento in poi. Di<br />

Fattori significative sono le opere:<br />

“Lungomare di Antignano”<br />

del 1894; “Tramonto sul mare”<br />

(olio su tela, una “intuizione assoluta”);<br />

“Lega dipinge sugli<br />

scogli”(olio su tela). Insieme, e<br />

dopo di lui, meritano di essere<br />

citati: Mario Puccini (l’ultimo<br />

suo interprete), fondatore del<br />

Gruppo labronico; Benvenuto<br />

Benvenuti (il Van Gogh italiano);<br />

La locandina dell’evento.<br />

Giovanni Bartolena (migliore di<br />

Guttuso). E poi, nella prima metà<br />

del novecento, Gino Romiti, Ulvi<br />

Liegi, Plinio Nomellini (osteggiato<br />

per le sue simpatie fasciste,<br />

che si ritengono rappresentate<br />

nell’Offerta e palesi nell’Incipit<br />

nuova aetas), Renato Natali,<br />

Gastone Razzaguta, e soprattutto,<br />

Vittorio Corcos, conosciuto<br />

in particolare per i propri<br />

realistici ritratti femminili ma che<br />

apprezzo maggiormente in quel<br />

modernissmo ritratto di Yorick,<br />

visto di profilo sinistro, un<br />

uomo di bassa statura e grossa<br />

corporatura, che in dossa un<br />

cappello e un soprabito abbottonato,<br />

con quel suo muro in<br />

secondo piano dove in evidenza<br />

si notano i graffiti incisi da<br />

qualche bambino che è «prova<br />

estrema di realismo». In Toscana,<br />

al di fuori dei macchiaioli,<br />

l’unico pittore di rilievo dell’epoca<br />

può essere considerato<br />

Ottone Rosai.<br />

Un discorso a parte per Amedeo<br />

Modigliani, eterno giovane romantico,<br />

considerato il più grande<br />

artista al mondo di ritratti di<br />

una sola persona (monoteismo),<br />

che apre una “storia nuova”.<br />

Non rappresenta, parla con la<br />

anima. Perciò è considerato<br />

l’unico ritrattista che non dipende<br />

dalla fotografia. Dopo di lui il<br />

solo Betto Lotti può essere considerato<br />

suo lontano interprete.<br />

Modigliani era partito da Livorno,<br />

sul finire dell’ottocento.<br />

segue a pag. 9


LIVORNOnonstop è...<br />

9<br />

attualità<br />

da pag. 8<br />

Aveva frequentato, prima il Caffè<br />

Bardi con il gruppo degli “scapigliati”<br />

e, successivamente, la<br />

scuola di Micheli. Vi conobbe<br />

Fattori e ne rimase in qualche<br />

modo influenzato. Dopo avere<br />

frequentato la “Scuola libera di<br />

Nudo” di Firenze e “l’Istituto di<br />

belle arti di Venezia”, nel 1906, si<br />

trasferì a Parigi: il centro dell’avanguardia.<br />

Inizialmente influenzato<br />

da Henrì de Toulose-<br />

Lautrec, fu Paul Cézanne a orientarlo<br />

verso uno stile originale,<br />

unico, in cui riuscì a esprimere<br />

tutta la sua creatività. La sua<br />

produzione artistica, tra nudi e<br />

ritratti (tra cui il suo del 1919),<br />

nonostante la breve vita (solo<br />

trentasei anni), è imponente.<br />

Genio e sregolatezza, non ebbe<br />

in vita i riconoscimenti che la sua<br />

opera ha avuto dopo la morte.<br />

L’elenco dei dipinti conservati a<br />

Amedeo Modigliani: Ritratto di<br />

Lunia Czechowska,1919. Olio su<br />

tela , 33 x 46 cm.<br />

La splendida Pala del Vasari “Incoronazione<br />

della Vergine” nella chiesa<br />

di Santa Caterina.<br />

Livorno è lungo. Si va dalla pala<br />

dei “Santi Diacono e Martire<br />

Agostiniano” della scuola di<br />

Giotto (Chiesa san Jacopo in<br />

Acquaviva) al “Cristo coronato<br />

di spine” del Beato Angelico,<br />

la più importante rappresentazione<br />

del Cristo morto, della<br />

metà del ‘400, scoperta da Roberto<br />

Longhi); dalla “Madonna<br />

delle Grazie di Montenero” del<br />

1345 (“un tardogiottismo” di Jacopo<br />

di Michele detto Gera),alle<br />

già citate tele dei più importanti<br />

pittori macchiaioli; dalla “Veduta<br />

della parte del molo di Livorno”<br />

della Bottega d Antonio<br />

Piemontese, detto il Baseggio,<br />

(una “cartolina” del 1784) al<br />

“San Giorgio” della scuola Cortese<br />

(sec. XVIII).<br />

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dubbio la Pala del Vasari “Incoronazione<br />

della Vergine” che<br />

sormonta il coro della chiesa di<br />

Santa Caterina. E’ anche una<br />

delle opere più pregevoli dell’artista<br />

aretino. Realizzata intorno<br />

al 1571 è una delle ultime. Originariamente<br />

era collocata in una<br />

cappella vaticana dedicata a san<br />

Michele e presumibilmente fu<br />

trafugata dai francesi come bottino<br />

di guerra in epoca napoleonica.<br />

Successivamente, venduta<br />

all’asta, nel 1799 fu acquistata<br />

da una famiglia livornese, i<br />

Filicchi, che, nel 1818 (anno in<br />

cui la famiglia si trasferì nella parrocchia<br />

di San Ferdinando) ne<br />

fece dono alla chiesa di Santa<br />

Caterina. La tavola è stata restaurata<br />

ed è tornata nella sua<br />

collocazione nel 2007.<br />

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non c’è nulla”!<br />

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LIVORNOnonstop è...<br />

10<br />

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Specializzata in modellini radiocomandati esportati in quasi tutti i continenti dagli anni ‘70<br />

si è dovuta definitivamente arrendere nel 2000 all’invasione dei prodotti giapponesi e cinesi<br />

Monteleone, la fabbrica livornese<br />

che ha fatto la felicità dei bambini<br />

(e dei grandi) di tutto il mondo<br />

di Giovanni Giorgetti<br />

Su un blog di giocattoli d’epoca,<br />

giorni fa, mi colpì l’appello<br />

di un signore romano al quale<br />

avevano rubato in casa a<br />

Roma ed era particolarmente<br />

addolorato, non tanto per il furto<br />

stesso (di poco valore) ma<br />

per la sparizione di due motoscafini<br />

della ditta Vittorio Monteleone<br />

di Livorno che erano i<br />

suoi giocattoli preferiti fin da<br />

quando era ragazzo. In rete<br />

chiedeva le misure di uno di<br />

esso, praticamente introvabile,<br />

per poterlo rifare. Fortunatamente<br />

l’appello è stato accolto<br />

da un signore tedesco<br />

che ne possedeva uno e che<br />

gli ha fornito tutte le caratteristiche<br />

tecniche richieste.<br />

Da qui lo spunto per fare delle<br />

ricerche e parlare della fabbrica<br />

dei modellini Monteleone<br />

che, abbiamo scoperto, ha fatto<br />

la felicità di milioni di bambini<br />

(ma anche di adulti), in<br />

quanto sono stati esportati in<br />

Vincenzo Monteleone (1922 - 2015)<br />

quasi tutto il mondo.<br />

Vittorio Monteleone (Toto per<br />

gli amici) nacque a Modena il<br />

9 gennaio 1922 da Nicola e<br />

Maria ed era il secondo di dieci<br />

figli. Il padre, impiegato di<br />

banca, dopo vari spostamenti,<br />

fu trasferito a Livorno e qui<br />

fissò la sua definitiva dimora,<br />

ad Ardenza, in via del Mare.<br />

Vittorio, pertanto, divenne presto<br />

“livornese”. Terminato il<br />

Liceo Classico dai Gesuiti, per<br />

volere dei suoi i genitori si<br />

Il noto marchio Monteleone su una confezione di giocattoli.<br />

Il capannone dell’Industria Giocattoli Monteleone S.r.l. che era posto in<br />

via delle Sorgenti 452 e, sotto, l’interno di un reparto di confezionamento.<br />

iscrisse al Corso Ufficiali dell’Accademia<br />

Navale ma, accortosi<br />

che non era adatto a<br />

quella vita, partì per il servizio<br />

militare.<br />

Seguì un periodo burrascoso<br />

che val la pena raccontare.<br />

L’otto settembre del 1943<br />

(l’armistizio tra Italia e Alleati),<br />

lo colse a Roma e con<br />

mezzi di fortuna tornò a Livorno.<br />

Il viaggio fu particolarmente<br />

avventuroso: per non<br />

farlo catturare dai tedeschi un<br />

parroco lo aveva travestito da<br />

prete ed in treno una pia donna<br />

voleva farsi addirittura confessare<br />

temendo di morire sotto<br />

i bombardamenti. Toto se<br />

la cavò dicendo che non aveva<br />

ancora preso i voti.<br />

Il Bando Graziani del 9 novembre<br />

1943: “In caso di mancata<br />

presentazione dei militari<br />

soggetti alla predetta chiamata,<br />

oltre alle pene stabilite


LIVORNOnonstop è...<br />

11<br />

industrie livornesi<br />

dalle vigenti disposizioni del<br />

codice militare di guerra, saranno<br />

presi immediati provvedimenti<br />

anche a carico dei<br />

capi famiglia” lo indusse a<br />

presentarsi al Distretto militare,<br />

dove venne arruolato e spedito<br />

in Germania in un Campo<br />

di Addestramento.<br />

Accortosi che veniva addestrato<br />

per combattere altri italiani<br />

decise di fuggire. Toto aveva<br />

notato che i militari che sorvegliavano<br />

i treni in partenza,<br />

procedendo avanti e indietro<br />

lungo la ferrovia, nel girarsi<br />

quando si incontravano lasciavano<br />

uno spazio non sorvegliato<br />

per pochi minuti.<br />

Approfittando di questo, riuscì<br />

a salire su un treno diretto<br />

in Italia. Dopo innumerevoli<br />

peripezie con il fratello Giorgio<br />

ed un amico decise di passare<br />

la linea gotica e di consegnarsi<br />

agli americani.<br />

Per sua sfortuna, quando aveva<br />

lasciato l’Italia per la Germania,<br />

la mamma gli aveva<br />

cucito nella fodera della giacca<br />

della divisa 5.000 Lire avvolte<br />

in una pagina strappata<br />

da un quaderno.<br />

Toto aveva scritto in quella pagina<br />

le canzoni dell’epoca<br />

come: Pippo Pippo non lo sa,<br />

Parlami d’amore Mariù, La<br />

porti un bacione a Firenze e<br />

Marameo perché sei morto.<br />

Gli americani trovando i soldi<br />

e i titoli delle canzoni pensarono<br />

ad un cifrario di una spia<br />

tedesca e lo internarono nel<br />

campo di concentramento di<br />

Coltano (Pisa), dove rimase<br />

per tre anni. Il fratello e l’amico,<br />

al contrario, furono immediatamente<br />

liberati.<br />

La profonda fede religiosa lo<br />

sostenne in quel triste periodo.<br />

Il Monteleone, terminata la<br />

Alcuni modellini prodotti dalla Monteleone: in alto due motoscafi con<br />

nomi tipicamente livornesi: Libeccio e Calafuria. Sotto: un moderno<br />

offshore radiocomandato.<br />

Vincenzo Monteleone e la moglie Bruna Recchi in foto giovanili.<br />

I piccoli Claudio e Giorgio Monteleone con i giocattoli costruiti dal padre.<br />

guerra, tornò in libertà e per<br />

vivere si mise a costruire motorini<br />

nel garage della casa di<br />

suo padre: motorini che vendeva<br />

ai costruttori di giocattoli.<br />

Comprese così che quella<br />

era la sua vita e che poteva<br />

creare giocattoli in proprio.<br />

Partendo da zero si costruì<br />

anche le macchine per produrre<br />

i giocattoli. I primi soldi per<br />

comprare un tornio glieli prestò<br />

l’amico Biagio Amoroso,<br />

che diventerà un noto medico<br />

dermatologo.<br />

Nacque così negli anni ’60 la<br />

ditta Monteleone, prima in<br />

Piazza San Marco, poi in Via<br />

delle Sorgenti 452, zona Cisternino.<br />

Nel 1963 si sposò con Bruna<br />

Recchi, affermata stilista, dalla<br />

quale avrà due figli Claudio<br />

e Giorgio.<br />

La moglie Bruna lascerà il proprio<br />

lavoro per aiutarlo nella<br />

ditta, che, nel periodo di massima<br />

espansione, produrrà più<br />

di 300.000 giocattoli, con una<br />

sessantina di dipendenti. La<br />

fabbrica era costituita dai seguenti<br />

reparti: Ufficio Amministrativo,<br />

Ufficio Progetti,<br />

Officina costruzione stampi,<br />

Reparto stampaggio plastica a<br />

segue a pag. 12


LIVORNOnonstop è...<br />

12<br />

industrie livornesi<br />

Vincenzo Monteleone ospite a Maranello. Sotto: un modellino della<br />

prestigiosa Ferrari P6 Pininfarima prodotto dall’industria livornese e<br />

che la stessa Ferrari ha utilizzato da mostrare nei punti vendita.<br />

da pag. 11<br />

iniezione, Reparto stampaggio<br />

plastica Vacuum, Reparto montaggio<br />

e controllo, Magazzino.<br />

Il Monteleone curava molto i<br />

giocattoli, che progettava e costruiva<br />

direttamente. Provvedeva<br />

a tutto nei minimi particolari:<br />

ideava i cataloghi (anche<br />

in cinque lingue), faceva<br />

le foto alle sue creazioni e costruiva<br />

addirittura gli imballaggi.<br />

Riproduceva in scala navi<br />

famose, motovedette, rimorchiatori<br />

e anche auto come la<br />

Ferrari, spesso facendo le scatole<br />

di montaggio. La maggior<br />

parte dei giocattoli erano telecomandati<br />

e radiocomandati ed<br />

accuratamente realizzati.<br />

La Ferrari gli aveva commis-<br />

sionato centinaia di modellini<br />

in scala da mostrare nei vari<br />

punti vendita.<br />

Nel 1979 Vittorio Monteleone<br />

vinse il Pinocchio d’oro (emblema<br />

dei giocattoli) ed il premio<br />

gli fu consegnato a Collodi<br />

da Febo Conti. Vinse anche<br />

la Medaglia d’oro dell’Artigianato<br />

a Firenze.<br />

Vittorio partecipava alle principali<br />

Fiere del Giocattolo (Milano<br />

e Norimberga), spesso<br />

accompagnato dai cari amici<br />

Mario e Anna Santarelli. Negli<br />

anni Ottanta la Regina d’Inghilterra<br />

aveva invitato la Ditta<br />

Monteleone a Londra (Fiera dei<br />

più bei giocattoli del mondo), assieme<br />

ad un’altra ditta italiana, la<br />

Sebino con il bambolotto Cicciobello.<br />

L’anno successivo Grace Kelly,<br />

per la Festa del Fanciullo,<br />

volle la serie Le Stelle di Monteleone,<br />

da mostrare come i<br />

giocattoli che allietano il fanciullo.<br />

Modesto di natura e tutto preso<br />

dal suo lavoro, non andava<br />

mai alle premiazioni ma mandava<br />

un suo collaboratore o il<br />

fratello Luigi.<br />

La concorrenza giapponese all’inizio<br />

e successivamente<br />

quella cinese costrinsero la<br />

ditta Monteleone ad un lento<br />

declino. La ditta divenne familiare<br />

e nel 2000 fu costretta<br />

inesorabilmente a chiudere.<br />

Vittorio Monteleone si spense<br />

serenamente il 24 novembre<br />

Monteleone premiato da Febo Conti<br />

con il “Pionocchio d’oro 1979”.<br />

2015 assistito dalla moglie, i<br />

due figli, la nuora e una nipotina.<br />

E’ veramente un peccato che<br />

tutta la sua esperienza lavorativa<br />

non si sia trasmessa a dei<br />

giovani, comunque resta in<br />

tante persone il ricordo di una<br />

persona onesta, amante della<br />

famiglia e intrisa di valori umani<br />

e religiosi.<br />

Su eBay i suoi modellini sono<br />

tuttora ricercati: esempio di eleganza<br />

Made in Italy, dato che<br />

alcune persone fanno collezione,<br />

e sono gelosissimi custodi<br />

(come il signore romano cui<br />

avevano rubato un modellino)<br />

dei giocattoli Monteleone.<br />

Un modellino di motoscafo radiocamandato realizzato dall’Industria Monteleone.


novità editoriale<br />

Realizza anche tu<br />

l' Album di Famiglia<br />

Un'idea originale per raccogliere in un libro<br />

la storia e le tappe più importanti<br />

della tua famiglia e dei tuoi discendenti<br />

Vieni da noi, ti diamo una mano a realizzarlo.<br />

Editrice «Il Quadrifoglio» Via C. Pisacane 7 - Livorno - Tel. 0586/814033


LIVORNOnonstop è...<br />

14<br />

canti popolari livornesi<br />

Canti Popolari Livornesi<br />

Riportiamo alcuni canti popolari livornesi,<br />

tratti dall’omonimo libbricino a cura<br />

di Giorgio Fontanelli, Ugo Bastogi Editore,<br />

1978.<br />

La donna,<br />

Livorno<br />

e i Quartieri<br />

E siamo di Livorno e siam bargelli,<br />

siamo ragazze da farsi stimare,<br />

vogliamo giovanotti grandi e belli,<br />

dei capponi da farglieli pelare.<br />

Noi semo di Livorno e tanto basta,<br />

pe’ canzonare siamo fatte apposta,<br />

per dare noia alla gente che passa.<br />

E le ragazze dell’Acquaviva<br />

a canzonarle non ci si arriva,<br />

e quando poi le hai canzonate<br />

loro ti prendono a granatate.<br />

E le ragazze di San Benedetto<br />

le portan le pianelle a mezzo tacco,<br />

piglian marito e poi lo fanno becco.<br />

E gira e frulla<br />

e la Botti lo vende il riso,<br />

le ragazze di Torretta<br />

sono brutte e fanno schifo.<br />

E semo di Venezia e siamo siamo<br />

paura non abbiamo di nessuno,<br />

abbiamo bona lingua e svelta mano.<br />

Se le civette fossero lampioni,<br />

l’Ardenza sarebbe tutta illuminata,<br />

al Municipio ‘un gli parrebbe vero,<br />

sarebbe tutta luce risparmiata.<br />

E tutti i giovanotti dell’Ardenza<br />

prendano le ragazze a canzonare,<br />

non hanno né quattrini né presenza,<br />

da signorini vogliono passare.<br />

A Pisa a Pisa le belle pisane,<br />

a Siena a Siena le belle senese,<br />

l’oro e l’argento l’han le veneziane,<br />

ma le più belle son le livornese.<br />

La donna<br />

e le donne<br />

Civetta, civettona, leccapiatti,<br />

e perché dài la baia ai giovanotti?<br />

Se tocchi il mio marino, bimba, ne tocchi.<br />

E gira e fai la rota<br />

e la rigiri sul Pontino,<br />

la tu’ mamma t’ha fatto i fogli<br />

per mandarti nel casino.<br />

Affacciati alla finestra, o muso nero,<br />

vieni alla fontana, io te lo lavo,<br />

col cencio del carbone te lo asciugo.<br />

Al Molo Novo ci si va in barchetta,<br />

ci vuole i remi per poterci andare,<br />

di questo posto sei la più civetta,<br />

dagli ammogliati ti fai mantrugiare.<br />

Se vuoi marito, vai nella pineta,<br />

prendi un pinello e grattati la topa.<br />

E t’hanno messo nome Squacquarella,<br />

sei piena d’importanza e fantasia,<br />

sarai una libbra con la coratella,<br />

se viene una ventata ti porta via.<br />

Cosa t’ho fatto, o lingua serpentina,<br />

che dappertutto vai a dirne male?<br />

Faresti meglio a startene zittina,<br />

come la legna sul fuoco a bruciare.<br />

Io della mi’ rivale ‘un ho paura,<br />

nemmeno la vedessi all’altarino,<br />

tanto sono certa e sicura<br />

che ritorna da me quel bel morino.<br />

Civetta, puppemosce, leccapiattti,<br />

te la civetta l’hai fatta con tutti,<br />

co’ vecchi, l’ammogliati e i giovanotti.<br />

E gitara la rota,<br />

la rota del calesse,<br />

sei brutta e gavinosa,<br />

le gambe fatte a esse.<br />

Mi voglio fare monaca velata<br />

nel convento di Santa Margherita,<br />

dove fanno la vita spensierata.<br />

E se voi fa’ la picca a stornellare,<br />

la faccia rossa ti farò venire,<br />

al Molo Novo ti ci faccio andare.<br />

Io da Livorno vedo tutta Pisa,<br />

vedo Maria Teresa che si spucia,<br />

e ‘r su’ marito ‘he l’alza la camicia.<br />

Le pèsche all’occhi te le fai col nero,<br />

lo fai pe’ da’ nell’occhio a’ giovanotti.<br />

Ricordo quella sera a Montenero,<br />

nella tu’ rete ci pescai ranocchi.<br />

Ti credi d’esse’ bella e bella ‘un sei,<br />

dimmele le bellezze ‘n dove l’hai,<br />

se ‘un sei bella di sotto, sopra ‘un sei.<br />

E gira e frulla<br />

tanto a me, un poi fa’ nulla,<br />

tanto a me nulla mi fai,<br />

ci ho la dote e te ‘un ce l’hai.<br />

Se vuoi marito, abbraccia un campanile,<br />

ti leverai la voglia di sonare.<br />

Madonna notte,<br />

se dalle corna ti sortisse il latte,<br />

s’affogherebbe in mezzo alle ri’otte.<br />

Maritati, maritati, zittella,<br />

e per marito prendi un capotromba,<br />

che notte e giorno ti soni la banda. segue a pag. 15


LIVORNOnonstop è...<br />

15<br />

canti popolari livornesi<br />

E la mi socerina è una gran donna,<br />

mi par mill’anni di chiamarla mamma<br />

e lei mi chiamerà figliola degna.<br />

Sono andata alla macchia a far la stipa<br />

pe’ brucia’ da mi’ socera arrahbiata,<br />

come ’ncomincia, ’un la fa più finita.<br />

E gira e frulla,<br />

la mi’ socera è ’n sergente,<br />

gli venisse un accidente<br />

smetterebbe di brontola’.<br />

Cosa t’ho fatto, socera maligna,<br />

che ’l tu’ figliolo non me lo vuoi dare?<br />

Io non t’ho chiesto né campi né villa,<br />

solo il tuo nome io voglio portare.<br />

Renato Natali: Ottobrata livornese, 1930 ca., olio su tela, 105x147.<br />

E la tu’ mamma ’un vole che tu’ m’ami,<br />

anche malata in fondo del letto:<br />

digli di te, imbecille, ’un me ne importa,<br />

digli che mangio e bevo a suo dispetto.<br />

da pag.14<br />

A Pisa, a Pisa, ché c’è l’aria bona<br />

e chi ci va malato ci risana.<br />

Perchè nun ci vai te, brutta giallona?<br />

A Montenero c’è il sole che brilla,<br />

c’è una ragazza che si stima bella,<br />

e pare un pomodoro con la bolla.<br />

E ti vorrei vedere in cima in cima<br />

e pendoloni come una campana,<br />

tirarti il collo come a una gallina.<br />

E girala la rota,<br />

la rota gira bene,<br />

sei bella bella bella,<br />

il becco ti mantiene.<br />

Ti credi d’esse’ bella e bella ‘un sei,<br />

ti credi d’esse figlia d’un signore.<br />

Ti manca il cavallino con la sella<br />

e l’ombrellino per pararti il sole.<br />

E gira e fai la rota,<br />

la rigiri in Via Reale,<br />

pe’ fatti il culo finto<br />

ti sei sfatta il guanciale.<br />

Se avessi la virtù che ci ha l’anguilla,<br />

tutta la pancia ti vorrei bucare<br />

e lo vorrei vede’ se sei pupilla<br />

oppure una ragazza da scartare.<br />

E Marcellina è bella e elegante,<br />

co’ un trentino si leva le mutande,<br />

co’ un quarantina se le butta giù,<br />

co’ un cinquantina fa zum-zum.<br />

Conoscete la bella Gina,<br />

conoscete la bella Gina,<br />

per chi non la conosce già lo sa,<br />

la Gina è la figliola del tegame di su’ ma’.<br />

O chiaccherona, quanto hai chiaccherato,<br />

dici male di me, l’ho risaputo.<br />

Scema, ‘mbecille, ‘osa ci hai guadagnato?<br />

E nel mezzo del mar c’è una vaschetta,<br />

e tutti i pesci vanno a bere l’acqua,<br />

o canta meglio o chétati, civetta.<br />

Passa dall’uscio e non dalla finestra,<br />

passaci dalla via della ragione,<br />

e se tu eri una ragazza onesta<br />

non ti mettevi col mio primo amore.<br />

Bella ragazza,<br />

non siete né boccale né mezzetta,<br />

chi piglia voi, vòle sciupa’ la razza.<br />

La donna<br />

e la suocera<br />

Te lo ricordo, sono la tu’ nora,<br />

non me la fare bere l’acqua amara,<br />

tanto col tu’ figliolo so’ ’n parola.<br />

E se non mi va in casa, io vado fora,<br />

se non mi vuoi fuori, io vô sul tetto,<br />

tanto so’ la tu’ norta per dispetto.<br />

Quand’ero piccolina e andavo a scuola,<br />

la mamma del mi’ damo mi diceva:<br />

«Cresci,’ bellina, e poi verrai mia nuora».<br />

In questa strada che ci tira vento,<br />

ce l’ho un morino che mi piace tanto,<br />

ma ’1 becco di su’ padre ’un è contento.<br />

E la tu’ mamma lo vuole il cordone,<br />

io, poverina, ’un me lo posso fare,<br />

dille si trovi meglio l’occasione.<br />

Senti Santa Lucia come scampana,<br />

povera me, m’è morto il mio amore,<br />

vedo tutta la camera abbrunata,<br />

e la su’ mamma grida di dolore.<br />

Facciam l’amore e la mi’ mamma ’un vole,<br />

ora bisognerà che t’abbandoni.<br />

Caro morino, amiamoci di cuore,<br />

e di lasciarci non se ne ragioni.<br />

Sono passata dal tuo vicinato<br />

e la tu’ casa sembrava la mia,<br />

ho trovato tu’ madre e m’ha parlato,<br />

sembra che m’abbia dato la malìa.<br />

La donna<br />

e il sesso<br />

Al primo bacio io lo persi il colore<br />

e al secondo non mi vergognai,<br />

son cose che si fanno nell’amore,<br />

come son baci, ‘un si rifiutan mai.<br />

segue a pag. 16


LIVORNOnonstop è...<br />

16<br />

canti popolari livornesi<br />

da pag. 4<br />

E che dolore fu la prima sera<br />

quando il morino me lo mise in mano<br />

e poi mi disse: «Fammela una sega».<br />

E che dolore fu la prima sera<br />

quando il morino mio mi sverginava<br />

e il sangue fra le cosce mi cadeva<br />

e lui con la .pezzina m’asciugava.<br />

Per ragazza, sono onesta,<br />

non ho mai preso marito,<br />

sette volte ho partorito<br />

pe’ vede’ come si fa.<br />

Altri cinque ne farei<br />

pe’ compire la dozzina,<br />

son ragazza, poverina,<br />

e nessun può dir di me.<br />

Morino, l’altra sera avevi il muso<br />

perché ‘un ti diedi cosa tu volevi.<br />

Lo sai che in casa mia non c’è quest’uso,<br />

e tu, imbecille, a metterlo insistevi.<br />

‘Un ci veni’ a attaccarti alla gonnella,<br />

finché non m’hai sposato, ‘un ti do nulla,<br />

con mezza lira levati la voglia.<br />

Amore, amore, sei la mia rovina,<br />

almeno ‘un mi fini’ di rovinare.<br />

Lo sai, ma la mi’ casa è piccolina,<br />

e la tua grande non ci pòle stare.<br />

Ma guarda quant’è stupida la donna,<br />

ce l’ha due mele in seno e non le mangia,<br />

quando prende marito le consegna.<br />

L’avevo un uccellino senza penne,<br />

volava sulla patta (bocca) delle donne,<br />

a una beccata rimanevan pregne.<br />

Il mi’ morino è tanto che mi prega,<br />

solo un bacino io glielo voglio dare,<br />

ma glielo voglio dare in tal maniera<br />

che giorno e notte ci dovrà pensare.<br />

E gira e frulla,<br />

lascerò la parla aperta,<br />

si farà sulla ‘operta<br />

come fece mi’ pa’ e mi’ ma’.<br />

La donna<br />

e la fame<br />

Cosa m’importa a me de’ tuoi bacini,<br />

se a casa non mi porti da mangiare?<br />

Lo senti come piangono i bambini,<br />

gridano: «Babbo e mamma, abbiamo fame!»<br />

E cos’importa a me se il pane è caro?<br />

Tanto ce l’ho lo sposo contadino,<br />

gli do un bacino e lui un sacco di grano.<br />

Caro marito, disse la Nena,<br />

se si desina, ‘un si cena<br />

e alla domanda mia risponderai:<br />

Del tu’ guadagno cosa ne fai?<br />

Nata d’un cane, levati di torno,<br />

lo sai guadagno tre lire al giorno,<br />

e Dio ti mandi più che un accidente<br />

ché quando piove non guadagno niente.<br />

Bada, bambina, tu mi ‘omprometti,<br />

i miei guadagni tu dove li metti?<br />

Perché a pagare io sarò pronto,<br />

vieni un po’ino a fare il conto.<br />

E scrivi e scrivi sempre, o cervellone,<br />

cosa guadagni? Tre lire al giorno,<br />

e quattrini non ce l’hai,<br />

e cosa fai? ‘Un ce n’hai mai.<br />

Un franco e venti ci vole di pane,<br />

un’e settanta me ne rimane,<br />

metti un trentina di fagioli<br />

e son po’ini pe’ quattro figlioli.<br />

Dal macellaio ‘un ci posso più anda’<br />

perché la ‘arne ‘un me la vo’ più da’.<br />

Cinque lire me l’avanza il lattaio<br />

e dieci lire anche il fornaio...<br />

E cara Nena, mondo birbone,<br />

ora lo vedo che tu hai ragione.<br />

Quando i figlioli cresceranno,<br />

le cose meglio anderanno.<br />

La donna<br />

e il mare<br />

Mi voglio fa’ la casa alla marina<br />

e le finestre sull’onde del mare,<br />

mi voglio leva’ presto la mattina<br />

pe’ vede’ ‘il mio morino navigare.<br />

La via del mare l’ho fatta piangendo<br />

e lacrimando per tutta la via,<br />

le mani agli occhi e la bocca dicendo:<br />

«Bisogna abbandonarsi, anima mia».<br />

O lume che fai lume ai Quattro Mori,<br />

fai lume ai bastimenti e ai marinari;<br />

fai lume allo mio amor che vien di fòri<br />

E le stelle nel cielo son millanta,<br />

tutte le sere conto e poi ·riconto,<br />

quella dell’amor mio sempre ci manca.<br />

O porto di Livorno traditore,<br />

m’hai portato il mio amore in alto mare,<br />

me 1’hai portato al Porto di Tolone.<br />

Lascialo sta’ Livorno e i Quattro Mori,<br />

il porto dove sbarca i marinari,<br />

e i giovanotti belli come fiori<br />

che pe comprarli ‘un bastano i denari.<br />

GIORGIO FONTANELLI (Livorno 20<br />

maggio 1925 - 5 giugno 1993) - Drammaturgo<br />

e poeta. Nacque in via Goldoni<br />

48. Prof. Laureatosi nel 1950 in<br />

Lettere Moderne (Storia del Risorgimento)<br />

all’Università di Pisa, insegnò<br />

latino e italiano al Liceo Classico<br />

"G.B. Niccolini", allo Scientifico<br />

di Piombino, poi, per molti anni, all’Istituto<br />

Nautico "A. Cappellini". Dal<br />

1978 fu docente di Storia dello Spettacolo<br />

all’Accademia di Belle Arti di<br />

Carrara. Oltre che insegnante fu poeta,<br />

uomo di teatro (numerosi sono<br />

i suoi testi teatrali) e ricercatore appassionato<br />

della tradizione popolare<br />

cittadina, lasciandoci un autentico<br />

trattato di livornesità con “O porto<br />

di Livorno traditore” (1975), che<br />

ancor oggi rimane un classico del<br />

nostro teatro popolare. Altri suoi scritti<br />

di successo furono “Quel gennaio<br />

del ‘29” sulla scissione del partito<br />

comunista e “La Pietra sotto la Croce”<br />

(1982) sugli ex voto di Montenero.<br />

Nel libro “Il punto dei quattro nasi”<br />

Fontanelli offre interessanti osservazioni<br />

originali della sua città, così<br />

come nei “Proverbi livornesi” e nei<br />

“Canti popolari livornesi”.


LIVORNOnonstop è...<br />

quiz<br />

17<br />

La storia delle nostre strade<br />

QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ<br />

LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?<br />

...a spasso<br />

per la città<br />

dallo Stradario Storico di Livorno, antico,<br />

moderno e illustrato di Beppe Leonardini<br />

e Corrado Nocerino e della<br />

Editrice Nuova Fortezza di Livorno.<br />

Via dell’Antica Polveriera -<br />

Dalla via S.Jacopo in Acquaviva<br />

a via del Forte dei cavalleggeri.<br />

Si riferisce ad una polveriera<br />

costruita nel 1720 e abbandonata<br />

nel 1827 poiché risultava<br />

troppo vicina alle abitazioni. La<br />

polveriera fu poi costruita sull’area<br />

della attuale darsena Toscana.<br />

Via Achille Valenti - Da via<br />

A.M. Agnoletti a via I. Marchiani,<br />

in zona “Corea”. E’ così denominata<br />

dal 1962 in ricordo del<br />

garibaldino livornese (1843-<br />

1928).<br />

Proverbi<br />

livornesi<br />

✔ Hai mangiato l’ovo n’culo<br />

alla gallina.<br />

✔ Bria’i e bimbi fori di ‘asa.<br />

✔ Fai onco ai ba’i ce’i.<br />

✔ È meglio ave’ paura ‘e toccanne.<br />

✔ Brutta in viso, e sotto il paradiso.<br />

✔ Accidenti a quelli boni.<br />

✔ Meglio invidiati ‘he compatiti.<br />

✔ N’e cascato lo spadino.<br />

✔ Deve lavorà chi ‘un ha nulla<br />

da fa’.<br />

Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:<br />

1<br />

In<br />

quale anno la Madonna di<br />

Montenero è stata proclamata<br />

patrona della Toscana?<br />

A 1966<br />

B 1947<br />

C 1930<br />

2<br />

Chi<br />

A<br />

B<br />

C<br />

3<br />

Via<br />

A<br />

B<br />

C<br />

4<br />

Chi<br />

A<br />

B<br />

C<br />

è l’autore del monumento<br />

a Giuseppe<br />

Garibaldi?<br />

Augusto Rivalta<br />

Vincenzo Cerri<br />

Lorenzo Gori<br />

Calatafimi ricorda la località<br />

teatro di una gloriosa battaglia?<br />

In quale regione è ubicata?<br />

Veneto<br />

Sicilia<br />

Lombardia<br />

ha scritto a metà<br />

1800 la guida Cenni su<br />

Livorno e i suoi contorni?<br />

Ippolito Nievo<br />

Pietro Martini<br />

Angelica Palli<br />

5<br />

In<br />

quale anno è scomparso<br />

il pittore Giovanni Fattori?<br />

A 1825<br />

B 1936<br />

C 1908<br />

6<br />

Quale<br />

A<br />

B<br />

C<br />

7<br />

Dove<br />

A<br />

B<br />

C<br />

8<br />

In<br />

livornese ha scritto<br />

il noto poemetto Rapsodie<br />

Garibaldine?<br />

Antonio Mangini<br />

Giovanni Marradi<br />

Francesco Domenico Guerrazzi<br />

è collocato il busto del<br />

patriota e uomo politico<br />

Adriano Lemmi?<br />

Accademia Navale<br />

Villa Fabbricotti<br />

Emeroteca<br />

quale anno fu inaugurato<br />

il Teatro La Gran Guardia?<br />

A 1954<br />

B 1963<br />

C 1949<br />

RISPOSTE: 1 (B), 2 (A), 3 (B), 4 (C), 5 (C), 6 (B), 7 (B), 8 (A), 9 (A), 10 (A), 11 (B), 12 (C)<br />

Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis<br />

Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa<br />

Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità<br />

Che razza di livornese sei?<br />

...di SCOGLIO,<br />

di FORAVIA<br />

o... PISANO?<br />

Qui a fianco c'è la foto di una strada<br />

della tua città. Sai riconoscere di<br />

quale via si tratta?<br />

9<br />

Da<br />

A<br />

B<br />

C<br />

10 A<br />

B<br />

C<br />

11 chi sono stati progettati<br />

i portici di Via<br />

Grande?<br />

Alessandro Pieroni<br />

Luigi Vagnetti<br />

Bernardo Buontalenti<br />

Da cosa ha preso origine<br />

il toponimo della<br />

località Rombolino?<br />

Nome di un podere<br />

Zona di caccia<br />

Piatto tipico<br />

In quale anno fu costruito<br />

il Ponte di Marmo degli<br />

omonimi scali?<br />

A 1788<br />

B 1629<br />

C 1856<br />

12 Quante presenze ha collezionato<br />

Cristinao Lucarelli<br />

nel Livorno?<br />

A 136<br />

B 222<br />

C 174<br />

Se trovi degli errori in questo<br />

giornale, tieni presente<br />

che sono stati messi di proposito.<br />

Abbiamo cercato di<br />

soddisfare tutti, anche coloro<br />

che sono sempre alla ricerca<br />

di errori!<br />

Se rispondi ESATTAMENTE significa<br />

che sei un... livornese di scoglio!<br />

Se rispondi CONFONDENDO la via<br />

con altra della stessa zona, significa<br />

che sei un...livornese di foravia,<br />

Se NON RIESCI A CAPACITARTI di<br />

quale via si tratta, allora significa<br />

che... sei un pisano!<br />

Per la risposta, vedi pag. 19<br />

Grado di difficoltà:


LIVORNOnonstop è...<br />

18<br />

storia<br />

Corrosione, degrado e mancanza di rispetto per il secolare obelisco di Pasquale Poccianti<br />

Monumento<br />

al ‘Che’?<br />

No, è la secolare<br />

Fonte Guglia!<br />

I giovani lo hanno ormai ribattezzato<br />

l’obelisco di Che Guevara,<br />

anche perché l’effige, con<br />

tanto di sfondo amaranto, dedicato<br />

al noto rivoluzionario, guerrigliero,<br />

scrittore e medico argentino,<br />

fa bella mostra (?) di sé, ormai<br />

da un bel po’ di tempo. E’<br />

uno dei tipici esempi di scempio<br />

della storia secolare livornese.<br />

Sono difatti trascorsi quasi duecento<br />

anni da quando l’obelisco<br />

fu posto nell’allora piazza di<br />

Marte (l’attuale piazza Giuseppe<br />

Mazzini che prese questo nome<br />

nel 1872, proprio subito dopo la<br />

morte dell’apostolo del Risorgimento<br />

Italiano). La realizzazione<br />

del manufatto, che, per la precisione<br />

risale al 1836, fu appositamente<br />

voluta da Ferdinando I,<br />

che voleva delimitare lo spazio<br />

entro in cui era proibito costruire<br />

le abitazioni.<br />

Fu innalzato da Pasquale Poccianti<br />

con i lavori di ampliamento<br />

dell’acquedotto. Prese il nome<br />

di Fontana “Fonte Guglia” anche<br />

perché quì era posta una fonte<br />

pubblica.<br />

I libri di storia non evidenziano<br />

l’originaria altezza della costruzione,<br />

ma sicuramente l’obelisco<br />

era alto più di due-tre volte di ciò<br />

che rimane oggi (ce ne possiamo<br />

rendere conto anche dalle cartoline<br />

dell’epoca). Il troncamento<br />

fu dovuto sia alla naturale corrosione<br />

e allo sfaldamento della<br />

pietra arenaria (bella a vedersi ma<br />

non è proprio l’ideale per la costruzione<br />

di un elemento architettonico<br />

o scultorio) ma anche,<br />

e soprattutto, alla mancata attenzione<br />

(leggi adeguata manutenzione)<br />

che richiede un manufatto<br />

più che secolare. Il Comune,<br />

dopo che la parte superiore<br />

era già stata a suo tempo rimossa,<br />

nel 2009, per motivi di sicurezza<br />

e per garantire l’incolumità<br />

dei cittadini, fu costretto a “tagliarlo”<br />

ulteriormente.<br />

Considerato che a tutt’oggi lo<br />

Come si presenta oggi l’obelisco di piazza Mazzini, con dipinta l’effige del<br />

Che Guevara. Innalzato dal Poccianti nel 1836, per volere di Ferdinando I,<br />

delimitiva la zona oltre la quale era proibito costruire abitazioni. All’epoca<br />

era conosciuto come Fonte Guglia, per la presenza di una fontana pubblica.<br />

“scheletro” presenta ancora vari<br />

problemi (è ormai transennato da<br />

lungo tempo), nasce spontanea<br />

l’amarezza per un sito secolare<br />

abbandonato a se stesso (c’è di<br />

mezzo anche la Soprintendenza di<br />

Pisa), senza alcun rispetto per la<br />

sua storia e per quella della città.<br />

Una cartolina dei primi del 1900 che mostra la piazza Mazzini e l’obelisco di Pasquale Poccianti in tutta la sua originaria altezza.


LIVORNOnonstop è...<br />

19<br />

amarcord<br />

Cara, vecchia Livorno<br />

oltre<br />

dalla collezione di Roberto Leonardi<br />

che alla ns. Redazione<br />

di via Pisacane 7<br />

è in distribuizione presso:<br />

Interno fortino Sassaia<br />

1980 - Via dei Floridi<br />

1880 - Scali Finocchietti<br />

Premiata Libreria Belforte 1805<br />

Via Roma 69<br />

Antichità Numismatica Gasparri<br />

C.so Mazzini 317/323<br />

Tabaccheria 73<br />

di Gambacciani Sonia<br />

Via Goldoni 14<br />

In Vino Veritas<br />

Via Maggi 82<br />

Caffè Greco<br />

Via della Madonna 8<br />

Edicola Toriani<br />

Largo Vaturi<br />

Caffè Cellini<br />

Via del Molo Mediceo 22<br />

Pizzeria Il Ventaglio<br />

Via Grande 145<br />

Caffè Grande<br />

Via Grande 59<br />

Rinaldo Bartolini “Riri”<br />

Mercato C.le - Banco 307<br />

Fotografo Del Secco<br />

Via Cambini<br />

Ferramenta Fabbrini<br />

Via Marradi (ang. v.le Mameli)<br />

Macelleria Paolo Pini<br />

Viale Mameli 55<br />

Edicola Borghesi<br />

Piazza Garibaldi<br />

"Centro Libri"<br />

Via Garibaldi 8<br />

Tabaccheria Cialdini F. e M.<br />

Via Prov. Pisana 44<br />

Norcineria "Regoli"<br />

Via Mentana 102<br />

Bar Sant'Agostino<br />

Viale della Libertà 33<br />

Bar Stadio Comunale<br />

Piazzale Montello<br />

Ma che razza<br />

di livornese sei?<br />

La strada in questione, di cui a<br />

pag. 17, è:<br />

Via Pasquale Poccianti<br />

Navicelli e Fortezza vecchia<br />

1980 - Via Strozzi: arco.<br />

posta tra piazza XX Settembre<br />

e corso Amedeo

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