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Officina Reis 1903<br />
Soluzioni ai problemi di comunicazione, promozione & immagine<br />
<strong>Campane</strong>:<br />
il richiamo di Dio,<br />
un linguaggio perduto<br />
1<br />
PROGETTO PRELIMINARE<br />
Vercelli, 20 febbraio 2004
Officina Reis 1903<br />
Soluzioni ai problemi di comunicazione, promozione & immagine<br />
Questo non è il progetto di una mostra, ma di un evento più complesso:<br />
un percorso capace di essere recupero culturale, didattica<br />
storica, rivalutazione comunicativa, ed anche promozione<br />
del territorio.<br />
Vi si scoprirà anche una dimensione più profonda -di riflessione e<br />
fors’anche di fede, per chi lo vorrà- ma non è certo questa la sede<br />
per suggerirla.<br />
Di sicuro il progetto nasce da un’idea molto semplice: ritrovare un<br />
linguaggio che ci accompagna da secoli, e che da secoli scandisce il<br />
tempo che ci è concesso: un linguaggio straordinariamente ricco,<br />
ma che stiamo dimenticando.<br />
A volte, addirittura, le campane sono ridotte a ‘rumore’ per cui si invoca<br />
nientemeno che la legge contro… l’inquinamento acustico.<br />
Quando ciò succede, è il segno che il loro linguaggio è andato<br />
perduto, e che, anzi, cominciamo ad essere insofferenti persino<br />
nei confronti della nostra stessa memoria.<br />
Questo progetto, allora, vuole essere la proposta di una riscoperta.<br />
Marco Reis<br />
2<br />
Vercelli, 20 febbraio 2004
1. PRESENTAZIONE P. 1<br />
2. IL PROGETTO P. 5<br />
2.1 La mostra P. 5<br />
2.2 Gli eventi P. 6<br />
2.3 Le attività P. 8<br />
2.4 Obiettivi e calendario P. 8<br />
2.5 Piano finanziario P. 9<br />
DICHIARAZIONE DI PROTEZIONE<br />
3<br />
Il contenuto, gli elementi originali costitutivi di questo progetto, in modo specifico<br />
quelli descritti nella seguente pagina 3, nonché le definizioni ‘<strong>Campane</strong>: il richiamo<br />
di Dio’ e ‘<strong>Campane</strong>: un linguaggio perduto’ ed i testi di presentazione, sono tutelati<br />
dalle vigenti leggi in materia di proprietà e protezione delle opere dell’ingegno.<br />
I relativi diritti di utilizzazione sono trasferibili esclusivamente ai sensi e nelle forme<br />
previste dagli artt. 2581 e 2725 C.C.<br />
***<br />
Il dominio www.campane.net è registrato secondo le norme vigenti, ed è di proprietà<br />
esclusiva della ‘Officina Reis 1903’ di Vercelli.<br />
***<br />
Foto e illustrazioni nel testo sono di proprietà di ‘Officina Reis’ e dei singoli autori.
<strong>Campane</strong>, il richiamo di Dio<br />
Una mostra e una manciata di eventi insoliti<br />
per riscoprire il linguaggio perduto... dei nostri muezzin<br />
1. PRESENTAZIONE<br />
E’ stato Paolino?<br />
La tradizione dice di sì, anche se la storia non ne è tanto sicura.<br />
Ma questo, in fondo, è un dettaglio: per tutti è stato il vescovo di<br />
Nola, Paolino, che attorno all’Anno del Signore 410 decise di usare i<br />
vasa campana nella liturgia. Vasa campana, i vasi della Campania; in<br />
bronzo, s’intende: le campane. Non più in ferro, ma fuse in quel<br />
bronzo meraviglioso che solo in Campania erano bravi a fare, da secoli,<br />
suscitando l’ammirazione anche di Plinio il vecchio: “Tra i vari tipi<br />
di bronzo la palma spetta a quello Campano, adattissimo per i vasi<br />
e gli utensili domestici”.<br />
Le campane hanno una storia antichissima. Su dove siano nate il<br />
mistero è fitto, anche se naturalmente i soliti cinesi sono altamente<br />
indiziati di averle inventate, quasi tremila anni fa, proprio come ave-<br />
4
5<br />
Quasi un documento storico:<br />
immagini della Fabbrica di<br />
campane di Valudiggia: è il<br />
dicembre 2002, e dopo 6 secoli<br />
di ininterrotta attività l’azienda<br />
della famiglia Mazzola è<br />
corstretta a chiudere per le<br />
difficoltà finanziarie e tecniche<br />
create dalle nuove normative<br />
sull’inquinamento.<br />
vano fatto con gli spaghetti, la bussola,<br />
i fuochi d’artificio e tante altre... cineserie.<br />
Ma il fatto è che solo da Paolino in<br />
poi le campane cominciano a chiamarsi<br />
campane (prima erano tintinnabulum,<br />
còdon, chung…), e cominciano a diffondersi<br />
in tutto l’Occidente cristiano<br />
come strumento liturgico. E dunque<br />
poco a poco le campane si diffondono<br />
in tutte le chiese, grandi e piccole, nelle<br />
pianure e nelle valli, nelle campagne<br />
e nelle città: si diffondono ovunque...<br />
ovunque ci sia da chiamare a raccolta il<br />
popolo di Dio.<br />
La vera svolta è nel Medioevo, e<br />
quasi un passaggio-chiave di valore<br />
simbolico avviene nell’Ottavo secolo,<br />
quando Papa Stefano II fa erigere in<br />
San Pietro una torre campanaria con<br />
tre campane; ma questo è solo un segno<br />
del dilagare: le campane stanno u-<br />
niversalmente diventando il richiamo di<br />
Dio, e a poco a poco soprattutto nelle<br />
città diventano le messaggere anche di<br />
tanti altri segni laici e civili.<br />
E’ dunque da Paolino –quindici secoli<br />
fa !– che le campane segnano la<br />
nostra esistenza. E ci chiamano, e annunciano<br />
la festa, o il pericolo, o la<br />
morte, o i tanti eventi della vita e della<br />
comunità cui appartengono e apparteniamo.<br />
E’ dunque da Paolino che le campane<br />
accompagnano e scandiscono il<br />
tempo che ci è concesso: ed è per questo<br />
che ovunque e tutti, in tutto<br />
l’Occidente ma soprattutto nell’Italia<br />
delle cento città, possiamo essere credenti<br />
o laici, settentrionali o meridionali,<br />
campagnoli o cittadini, ma siamo comunque<br />
tutti diventati… campanilisti.
6<br />
Un evento importante per ogni<br />
comunità: la fabbricazione e la<br />
consegna di un nuovo concerto<br />
di campane. Queste immagini si<br />
riferiscono alle campoane fuse e<br />
installate nel 1964 sul campanile<br />
della parrocchia di Santa<br />
Valeria in Seregno. Si inizia<br />
dalla benedizione, prima di<br />
procedere con gli antichi gesti<br />
della fusione...<br />
E la sorprtesa cresce quando si<br />
comincia a conoscerle, le campane,<br />
appena ci si accorge quanto sono<br />
cambiate nel tempo (nella forma, nella<br />
materia, nelle tecniche di suono),<br />
quanti suoni abbiamo saputo trarne<br />
con mille tecniche diverse. E quanti<br />
linguaggi diversi hanno saputo esprimere<br />
le campane: linguaggi… e persino<br />
‘dialetti’, visto che le sfumature e i<br />
rintocchi variano spesso da paese a<br />
paese, e costituiscono un patrimonio<br />
comunicativo infinito.<br />
Altre sorprese ci vengono incontro<br />
ad ogni passo.<br />
Come quando riscopriamo –ed è<br />
solo un esempio– il tarlinghè dei nostri<br />
paesi della bassa (che per alcuni è<br />
arciuchè), dei giorni in cui si battono<br />
in fretta i pugni sulla tastiera per ricavare<br />
dai batacchi i suoni della gioia: la<br />
gioia dei matrimoni, dei battesimi, o<br />
della Festa grande.<br />
O come quando scopriamo che il<br />
tarlinghè di Motta dei Conti (ma, attenzione:<br />
solo lì, solo nel giorno di San<br />
Giovanni, e solo dalla piccola chiesa<br />
del santo!) è battuto con due pietre,<br />
rigorosamente di forma diversa per<br />
cercare suoni diversi dall’unico vecchio<br />
bronzo.<br />
O come quando scopriamo che<br />
suoni e toni variano in funzione di diametro<br />
e peso del sacro bronzo (e così<br />
un Sol bemolle può essere emesso da<br />
una campanella di 25 centimetri di<br />
diametro e appena 10 chili di peso,<br />
oppure può uscire potente da un colosso<br />
da 2,1 metri e 4,6 tonnellate),<br />
ma che, in fondo, il vero segreto dei<br />
maestri fonditori è inconoscibile, e sta<br />
nella sagoma che si tramanda di padre
7<br />
Arrivano le nuove campane, e<br />
sempre –con carretti o camionquesta<br />
è una festa di popolo. E’<br />
la comunità intera che<br />
individua nelle campane non<br />
solo il richiamo alla fede, né<br />
solo la voce che scandisce il<br />
tempo terreno, ma anche la<br />
propria voce collettiva.<br />
in figlio, e nei diversi spessori che essa<br />
racchiude.<br />
O come quando scopriamo che ancora<br />
nella nostra terra, a Valduggia, la<br />
Antica e Premiata Fonderia di campane<br />
della antica famiglia dei maestri Mazzola<br />
ha superato sei secoli e mille traversie,<br />
ha dato vita a tutta la splendida industria<br />
metallurgica della bassa Valsesia,<br />
ha visto passare guerre e epidemie, ha<br />
distribuito i suoi bronzi meravigliosi in<br />
tutto l’Occidente cristiano, è rimasta<br />
l’ultima del Piemonte… fino a che, due<br />
anni fa, è stata uccisa dalla burocrazia.<br />
La stessa burocrazia che, in cambio, è<br />
pronta a imbalsamarla in un museo.<br />
O come quando scopriamo che il<br />
messaggio delle campane vi è anche fuso<br />
nel metallo, in veste di dedica sempre<br />
attentamente scelta da ogni parroco o<br />
comunità che l’abbia commissionata al<br />
fonditore. E quando scopriamo che forse<br />
una delle iscrizioni più frequenti è quel<br />
“A fulgore et tempestate libera nos domine”,<br />
concepito per rafforzare il vigore<br />
della campana chiamata a suonare per<br />
proteggere i campi dalla tempesta in arrivo…<br />
Anzi, proposito di folgore: che bella<br />
sorpresa sapere che in questi nostri<br />
giorni don Cristiano Bodo, il giovane parroco<br />
dei Cappuccini di Vercelli, ha ripreso<br />
l’antica usanza di suonare le campane<br />
quando il temporale si avvicina. Magari<br />
oggi si tratta solo di invocare una<br />
protezione sugli orti di città, eppure ora<br />
don Cristiano deve stare attento a non<br />
mancare mai all’impegno: perché se tarda<br />
o se non si accorge in tempo della<br />
tempesta in arrivo, c’è sempre qualche<br />
telefonata in parrocchia che prontamente<br />
lo richiama... al suo dovere.<br />
m.r.
2. IL PROGETTO<br />
L’obiettivo di questo progetto non è solo quello di realizzare una mostra.<br />
L’obiettivo è un evento, anzi un percorso capace di essere momento<br />
di recupero culturale, di didattica storica, di riscoperta<br />
comunicativa, ed anche di promozione del territorio. Oltre che,<br />
s’intende, una occasione di riflessione più profonda sulle radici della<br />
nostra cultura e della stessa nostra tradizione religiosa: ma questa è<br />
proprio la dimensione che qui certo non ci compete.<br />
Il progetto si articola su 3 momenti o gruppi di eventi, e programmi di<br />
sostegno e diffusione per i quali rinviamo al <strong>Progetto</strong> esecutivo.<br />
Le tre articolazioni di base del progetto sono costituite da:<br />
1. la MOSTRA,<br />
2. gli EVENTI,<br />
3. le ATTIVITA’ COLLATERALI.<br />
2.1. LA MOSTRA<br />
Fatta salva la disponibilità del Palazzo Juvarra del Seminario di<br />
Vercelli, si prevede la parte espositiva centrale nei due saloni di San<br />
Carlo e Sant’Eusebio, e quindi organizzando un percorso in due tappe.<br />
Seguiamo allora questo primo schema:<br />
Salone di Sant’Eusebio<br />
Salone di San Carlo<br />
Sala di<br />
ascolto<br />
Per chi suona la campana<br />
• i suoni della fede<br />
• I segnali della comu-<br />
Acco-<br />
2<br />
1<br />
Perchè suona la campana<br />
• La storia delle campane<br />
8<br />
SALONE SAN CARLO<br />
1a tappa - PERCHE’ SUONA LA CAMPANA<br />
La storia delle campane in un primo approccio tipicamente espositivo:<br />
pannelli, documenti, immagini (e qualche pezzo originale, sia<br />
all’esterno dei saloni che in questo percorso), per raccontare sinteticamente<br />
le origini della diffusione delle campane, da Paolino ai giorni<br />
nostri.<br />
La fabbricazione delle campane: il passo successivo è un percor-
so nella tecnica della fabbricazione; qui un cammino didattico mostrerà<br />
le diverse fasi della lavorazione, le varie componenti della campana<br />
e delle incastellature. Una sezione fotografica conclusiva mostrerà i<br />
principali concerti installati sui campanili vercellesi.<br />
Le tecniche di suono: logica conclusione è una sezione dedicata<br />
(anche con pezzi originali diversamente montati) alle diverse tecniche<br />
di suono e alle principali scuole esistenti in italia. La conclusione di<br />
questo percorso è un prodotto multimediale: una tastiera colegata a<br />
computer per illustrare le tecniche e i suoni principali.<br />
SALONE SANT’EUSEBIO<br />
2a tappa—PER CHI SUONA LA CAMPANA<br />
I suoni della fede, i segnali della comunità, i dialetti nella<br />
Bassa - A questo punto la mostra entra nel vivo, e il percorso didattico<br />
si basa su un intreccio stretto di canali comunicativi (immagini, documenti,<br />
testi di sintesi, esperienze sonore) per raccontare l’uso delle<br />
campane: innanzitutto l’uso liturgico, ma anche quello civile. La sezione<br />
conclusiva del percorso offre la sintesi di una ricerca originale: su<br />
un campione di suonate si offriranno una serie di varianti raccolte nei<br />
comuni della bassa risicola, per mostrare la straordinaria varietà di linguaggi<br />
delle campane.<br />
La sala d’ascolto - Mentre il percorso è punteggiato da alcuni ‘punti<br />
di ascolto’ individuali o comunque limitati alla segnalazione di singoli o<br />
pochi suoni (e per questi punti si ricorda che è ora possibile l’impiego<br />
della nuova tecnologia bluetooth), lo spazio conclusivo sarà attrezzato<br />
con una Sala d’ascolto che riassume tutta l’esperienza didattica condotta<br />
sin qui: con un prodotto multimediale a ciclo automatico, ovvero<br />
con l’ausilio di una guida-conduttore, si avrà una panoramica completa<br />
tanto delle tecniche di suono, quanto dei suoni laici e civili che le<br />
campane possono esprimere.<br />
2.2. GLI EVENTI<br />
9<br />
Le campane segnano il nostro tempo da quindici secoli. Dalla loro apparente<br />
semplicità abbiamo saputo trarre suoni e segni praticamente<br />
sterminati. L’argomento è dunque parimenti sterminato.<br />
Ci sono però alcuni capisaldi che si prestano ad una corretta spettacolarizzazione,<br />
con ciò intendendo un’opera di divulgazione capace<br />
di essere attrattiva anche per un largo pubblico.<br />
Ed ecco allora che, accanto a una ‘mostra statica’ -che peraltro abbiamo<br />
cercato di immaginare attiva e interattiva– è possibile pensare un<br />
contorno di eventi, il cui limite oggettivo sarà di fatto dato solo dal<br />
budget disponibile.
Eccone alcuni, in estrema sintesi:<br />
CAMPANE IN FESTA<br />
Una vera e propria ‘festa delle campane’, in parallelo a qualcune delle<br />
principali celebrazioni religiose della Pasqua: il Parco Kennedy può essere<br />
attrezzato con vari elementi di contorno (bancarelle, piccole e-<br />
sposizioni, area pic-nic…) mentre all’ora prevista si tiene un grande<br />
concerto ‘a vista’, grazie all’uso di una delle tante strutture mobili esistenti<br />
in Italia e messe a disposizione da associazioni di campanari o<br />
ditte produttrici. Il concerto può essere accompagnato da una adeguata<br />
presentazione tecnico-musicale.<br />
CAMPANE, CAMPANARI E CAMPANOLOGI<br />
Un convegno vero e proprio: in parte sarà un raduno di maestri e<br />
campanari, e in parte di studiosi. Può essere realizzato nella stessa<br />
sede della mostra, ma prevedendo anche –grazie alla presenza di tanti<br />
esperti da tuta Italia– una lezione-talk show per gli studenti vercellesi,<br />
radunati in una mattinata al Teatro Civico, o raggiunti nell’aula<br />
magna di alcune scuole.<br />
I CONCERTI COL NASO ALL’INSU’<br />
Il presupposto di questo progetto è che l’enorme tradizione delle<br />
campane si va ormai perdendo, soprattutto nelle città. Tra le altre iniziative,<br />
allora, ecco un concerto di campane organizzato con la partecipazione<br />
di qualche rinomato maestro. Pensando di poter usare il<br />
concerto installato sul campanile del Duomo (poco prima o poco dopo<br />
una delle funzioni domenicali) il pubblico può essere radunato in piazza<br />
d’Angennes per un ‘ascolto guidato’ che aiuti a capire la ricchezza<br />
dei suoni emessi. Anzi: oltre alla esperienza cittadina, può essere facile<br />
prevedere un breve ciclo di appuntamenti (esempio: tutte le domeniche<br />
di aprile) con la partecipazione di vari maestri, locali e non, e da<br />
tenersi ognuno… sotto qualche campanile della bassa vercellese, scelti<br />
tra quelli meglio attrezzati a questo scopo.<br />
RADUNO REGIONALE DEI SACRESTANI<br />
Questo genere di evento non viene normalmente ritenuto<br />
‘spettacolare’, e dunque particolarmente attrattivo. Però può conquistare<br />
una sua importanza pubblica, e soprattutto può aiutare a portare<br />
a Vercelli una attenzione ancora maggiore, quantomeno su scala<br />
regionale. Inoltre può trasformarsi in un appuntamento annuale ripetibile.<br />
Bisogna però ricordare anche un altro aspetto: il vercellese<br />
(anzi, cappuccinatto) Domenico Palestrino fu il primo sacrestano di<br />
Don Bosco. Al suo nome può essere intitolato un evento –o lo stesso<br />
convegno– che richiami l’importanza anche dei più umili contributi alla<br />
diffusione della fede.<br />
10
2.3. LE ATTIVITA’ COLLATERALI<br />
Possono diventare eventi esse stesse, o comunque possono accompagnare<br />
la mostra centrale, anche diverse altre attività, alcune delle<br />
quali destinate ad accrescere l’impatto pubblico della serie di iniziative,<br />
ed altre destinate ad arricchire il ‘pacchetto di offerta’, specialmente<br />
destinato ai visitatori dall’esterno.<br />
Innanzitutto pensiamo ad alcune INIZIATIVE DI ACCOMPAGNAMEN-<br />
TO della mostra e degli avvenimenti.<br />
1. VISITE SCOLASTICHE - In linea preliminare il piano delle visite<br />
scolastiche sarà accuratamente pianificato in fase di preparazione e<br />
promozione. L’attesa è quella di incentivare la presenza e predisporre<br />
l’accoglienza del 50% dei visitatori globali attesi (v. 2.4, di seguito)<br />
proprio da questa provenienza.<br />
2. TOUR GUIDATI - Per arricchire l’offerta ai visitatori si può facilmente<br />
predisporre dei tour guidati ai monumenti vicini<br />
(Sant’Andrea, Duomo, ecc.) ed alla città, predisposti sia per visitatori<br />
organizzati (v. 2.4) che per singoli o gruppi spontanei.<br />
3. TESORO DEL DUOMO - Allo stesso modo potrà essere allestita/<br />
aggiornata una nuova esposizione tematica del Museo del Tesoro<br />
del Duomo, su temi contigui a quelli dell’evento centrale.<br />
4. TOUR ESTERNI - Per le scuole o i visitatori organizzati saranno<br />
altresì offerte alcune opportunità di visita esterna: ad esempio alla<br />
Fabbrica di campane di Valduggia, o alla sede della ditta Trebino<br />
di Uscio, che ha fornito una gran parte dei concerti cittadini.<br />
Queste iniziative possono anche essere limitate nel tempo e nella<br />
quantità di partecipanti, ma offrono una dimensione utile alla promozione<br />
dell’insieme del programma.<br />
2.4. OBIETTIVI E CALENDARIO<br />
11<br />
La scelta di base per realizzare l’evento sarà la primavera del prossimo<br />
anno 2005.<br />
Lo scopo è quello di predisporre un evento/ciclo di eventi gradevole<br />
da raggiungere da parte del pubblico esterno dei tour turistici guidati,<br />
ma anche da parte dei visitatori individuali che avranno come facile<br />
punto di riferimento la stazione ferroviaria e dunque l’opportunità di
Officina Reis 1903<br />
Soluzioni ai problemi di comunicazione, promozione & immagine<br />
<strong>Campane</strong>:<br />
il richiamo di Dio,<br />
un linguaggio perduto<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
Scheda storica - Scheda tecnica<br />
Vercelli, 20 febbraio 2004<br />
1
SCHEDA 1 - NOTE STORICHE<br />
DAI PRIMI RITROVAMENTI<br />
ALLA RIVOLUZIONE DEL MEDIOEVO<br />
***<br />
Le prime tracce<br />
L’origine delle campane è remota e, tutto sommato, abbastanza<br />
misteriosa. Il loro impiego invece è ben documentato presso antiche<br />
civiltà, culturalmente anche assai eterogenee nonché distanti tra loro.<br />
Il più antico reperto archeologico pare essere un campanello<br />
trovato vicino a Babilonia e databile, all’incirca, al I millennio a C.<br />
Lo scrittore ebreo-romano Flavio Giuseppe (I sec. d.C.) nelle<br />
sue Antichità giudaiche riferendosi a Salomone (974-937 a.C.) dice<br />
che “il Re teneva numerose campane d’oro sul tetto del suo tempio<br />
per allontanare gli uccelli”.<br />
Sir Austen Henry Layard (1817-1894), lo scopritore di Ninive,<br />
nel corso dei suoi scavi a Nimrud trovò otto campanelli fusi in un<br />
calderone di rame. Nimrud venne distrutta, insieme a Ninive, nel 61-<br />
2 a.C..<br />
In alcune tombe pre-incaiche peruviane sono stati trovati campanelli<br />
in rame da slitta risalenti a prima del 500 a.C., epoca che segna,<br />
per quell’area geografica, l’inizio dell’era dei metalli.<br />
<strong>Campane</strong> (chung), spesso di considerevoli dimensioni, risalenti<br />
all’ottavo secolo a.C. sono state trovate in Cina: prive di battaglio,<br />
venivano percosse sul bordo esterno, con l’estremità di un palo di legno<br />
posizionato orizzontalmente.<br />
Si ha poi notizia della presenza delle campane in Giappone,<br />
India ed Egitto. Qui, particolarmente, si sa che sacerdoti e danzatrici<br />
usavano legarsi dei campanelli alle caviglie durante le sacre cerimonie<br />
nei templi.<br />
In Occidente le prime documentazioni risalgono al VII<br />
secolo a.C. Sono di quest’epoca infatti i campanelli bronzei trovati<br />
nelle vicinanze di Sparta e ora conservati nel museo di quella città.<br />
Altre notizie ci provengono da fonti letterarie.<br />
Per parte greca, sappiamo dell’esistenza di piccole campane da<br />
Eschilio (525-456 a.C.), Euripide (484-487 a C.), Tucidide (455-404<br />
a.C.), Arisofane (444/1- dopo il 388 a.C.), Strabone (64 a.C.-21/4d.<br />
2
C.), Plutaco (50-125 d.C.); mentre sul versante romano preziosi riferimenti<br />
si trovano nelle opere di Tibullo (55/50-19/18 a.C.), Ovidio (43<br />
a.C.-17 d.C.), Manilio (I sec. d.C.), Marziale (38/41-104 d.C.).<br />
Curiosa è poi la segnalazione dovuta allo storico greco romano<br />
Cassio Dione (III sec. d.C.), che nella sua Storia romana (1. LIV,<br />
cap. 4, §§ 1-4) racconta che l’imperatore Ottaviano Augusto nell’anno<br />
22 a.C. fece attaccare una campana alla statua di Giove tonante sul<br />
Campidoglio.<br />
Si tratta tuttavia, sia per quanto attiene ai reperti veri e propri sia<br />
per quanto riguarda i dati ricavabili dalle citazioni letterarie, di oggetti<br />
di piccole dimensioni, adibiti agli usi più disparati (non ultimo quello<br />
apotropaico, di cui forse si può scorgere una traccia nella consuetudine<br />
di suonare le campane a stormo all’arrivo dei temporali che corrispondono,<br />
forse con più esattezza, ai nostri sonagli o campanelli che<br />
non alle campane intese secondo il significato odierno.<br />
Tanti nomi diversi… e poi la Campania<br />
3<br />
Per designare questo tipo di strumenti metallici tuttavia<br />
l’antichità usava termini diversi da quello attuale.<br />
In Grecia infatti lo si conosceva come còdon, secondo<br />
l’accezione metaforica suggerita, a una lingua che privilegia la dimensione<br />
visiva della realtà, da un lessema indicante, con palese analogia,<br />
il fiore di papavero.<br />
A Roma invece, dove la lingua stessa rifletteva l’attenzione di<br />
quel popolo nei riguardi degli eventi acustici, s’impose il vocabolo o-<br />
nomatopeico tintinnabulum.<br />
Il termine ‘campana’ nasce nell’alto Medio Evo quando (secondo<br />
una versione non sufficientemente suffragata da prove), il vescovo di<br />
Nola, Paolino (409–431), avrebbe favorito la produzione per uso liturgico<br />
dei vasa campana (letteralmente: vasi della Campania) o campane,<br />
appunto.<br />
La qualità del bronzo che si produceva in Campania era già nota<br />
a Plinio il vecchio (23-79 d.C.), il quale nella Naturalis historia scrive:<br />
“In reliquis generibus palma Campano perhibetur, utensilibus<br />
vasis probatissimo” (Tra i vari tipi – di bronzo- la palma spetta<br />
a quello Campano, adattissimo per gli utensili domestici).<br />
Isidoro, vescovo di Siviglia nel VII secolo, nei suoi Etymologiarum<br />
sive originum libri, tramanda esplicitamente : “Campanum quoque<br />
inter genera aeris vocatur a Campania scilicet provincia quae<br />
est in Italiae partibus” (Tra i tipi di bronzo c’e anche quello chiamato<br />
Campano, cioè dalla provincia della Campania nei territori italiani).<br />
E prosegue con ulteriori e più precisi dettagli: “Campana a re-
gione Italiae nomen accepit, ubi primum usus huius repertus<br />
est” (il termine campana deriva dal nome della regione d’Italia dove<br />
per la prima volta ne fu scoperto l’uso).<br />
Anche Onorio di Autun (Honorius Augustodunensis, XII sec.),<br />
nella sua opera intitolata Gemma animae, sembra accogliere questa<br />
etimologia quando afferma : “Haec vasa primumu in Nola Campaniae<br />
sunt reperta, Unde sic dicta, majora quippe vasa dictunur<br />
campana, a Campaniae regione; minora Nolae e civitate<br />
Nola Campaniae”. (Questi versi vennero dapprima scoperti a<br />
Nola della Campania. Per cui hanno questo nome, infatti i vasi più<br />
grandi vengono chiamati campani dalla regione Campania, quelli più<br />
piccoli Nole dalla città di Nola in Campania).<br />
Sulla scorta delle informazioni di Onorio, si spiegherebbe, oltretutto,<br />
anche il nome di torre nolare con cui viene designato talvolta<br />
il campanile.<br />
Tuttavia Giovanni di Garlandia (XIII sec.) nel suo Dictionarus si<br />
fornisce una diversa, ancorché fantasiosa, etimologia: “<strong>Campane</strong> dicuntur<br />
a rusticis qui habitant in campis, qui nesciant judicare<br />
horas nisi per campanas” (Le campane prendono il nome dai contadini<br />
che abitano in campagna, i quali non saprebbero che ore sono<br />
se non tramite le campane).<br />
La svolta nell’Età di mezzo<br />
4<br />
Resta comunque come dato di fatto che sebbene si possano individuare<br />
precedenti in epoche antiche, fu tuttavia il Medio Evo che riscoprì<br />
la campana e ne rivoluzionò sia l’aspetto che la funzione.<br />
E’ nell’età di mezzo infatti che:<br />
1) La foggia “a ciotola” o “a tubo” dei tintinnabula evolve gradualmente<br />
verso la caratteristica forma “a calice” della campana moderna;<br />
2) Vengono fusi, dapprima ad opera dei monaci, esemplari di notevoli<br />
dimensioni e issati sui campanili. Papa Stefano II, nel secolo<br />
VIII, fa erigere in S. Pietro una torre campanaria con tre<br />
campane;<br />
3) la campana assume il ruolo di strumento di comunicazione<br />
di massa, prima con finalità eminentemente religiose,<br />
poi assolvendo anche compiti civili, non ultimo quello della<br />
nuova scansione del tempo.<br />
E’ opportuno ricordare, a questo proposito, cosa ha scritto lo storico<br />
Jacques Le Goff: “Più ancora per esigenze pratiche che per ragioni<br />
teologiche, che d’altronde ne sono alla base, il tempo concerto della<br />
Chiesa è, adattato dall’antichità, il tempo dei chierici, ritmato dagli<br />
uffici religiosi, alle campane che li annunciano, eventualmente indica-
to dalle meridiane, imprecise e mutevoli, misurato talvolta dalle clessidre<br />
grossolane.<br />
“A questo tempo della Chiese, mercanti e artigiani sostituiscono il<br />
tempo più esattamente misurato, utilizzabile per le faccende profane<br />
e laiche: il tempo degli orologi. La grande rivoluzione del movimento<br />
comunale nell’ordine è rappresentata proprio da questi orologi rizzati<br />
dappertutto di fronte ai campanili delle chiese.”<br />
(J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, trad. it.<br />
Torino, Einaudi, 1977, p.14).<br />
Dal ferro al bronzo<br />
Le prime campane erano il lamina di ferro battuto, ma solo a<br />
partire dai secoli VII-VIII risalgono i primi documenti ottenuti da fusioni<br />
di bronzo, sebbene nel centro Europa ancora nel XVII sec. si approntassero<br />
campane di ferro fuso.<br />
La più antica campana in Europa, risalente al 613 d.C., si trova al<br />
Museo Civico di Colonia ed è in ferro. In Italia il primo esempio di<br />
bronzo è la piccola campana ritrovata a Canino presso Viterbo (sec.<br />
VII-VIII ?).<br />
Nei secoli successivi la forma della campana si modifica:<br />
l’apertura della bocca viene allargata e, nel contempo, si riduce<br />
l’altezza del vaso, in modo tale che le due grandezze vengano quasi a<br />
coincidere.<br />
S’abbandona l’impiego del ferro come materiale alternativo e<br />
s’impone definitivamente un tipo di bronzo dalla elevata percentuale<br />
di stagno.<br />
Insieme a questo, le modalità d’installazione si arricchiscono, nelle<br />
varie regioni, di nuovi accorgimenti tecnici che consentono di sviluppare<br />
sistemi di suono finalizzati all’esecuzione di concerti (sistema<br />
bolognese, ambrosiano, veronese e altri: v. scheda a parte).<br />
Campana fissa o oscillante<br />
5<br />
Due sono sostanzialmente i modi di ricavare il suono dalle campane:<br />
1) tramite percussione esterna o interna (col battaglio) del bordo<br />
inferiore, con vaso fermo fissato ad un supporto;<br />
2) con campana oscillante: in questo caso il battaglio asseconda i<br />
movimenti del bronzo e ne colpisce l’orlo interno.<br />
Occorre però aggiungere che se il perno d’oscillazione è posizionato<br />
in corrispondenza dell’estremità superiore della campana, essa
acquista un movimento veloce e il battaglio segue la direzione pesa<br />
dalla corsa del vaso: questo tipo di installazione è detta “a slancio”.<br />
Se invece il perno si trova più in basso rispetto alla sua naturale<br />
collocazione, il movimento ondulatorio della campana rallenta. Ne<br />
consegue che il battaglio si muoverà lungo una direttrice opposta a<br />
quella del bronzo e, cadendo, ne colpirà l’orlo inferiore: la campana,<br />
con queste caratteristiche, si dice “controbilanciata” e il suo uso sembra<br />
essere invalso alla fine del XVIII secolo.<br />
In alcune zone dell’Italia meridionale ma soprattutto nell’Est,<br />
specialmente tra i paesi di culto ortodosso, è molto diffuso il primo tipo<br />
di installazione, cioè quello a campana fissa.<br />
Nel resto d’Europa, ma anche in altre parti del mondo, le campane<br />
sono in netta prevalenza “a slancio”.<br />
In certe regioni dell’Italia settentrionale (Piemonte, Liguria, Lombardia,<br />
parte del Veneto, Emilia nord-occidentale) si è imposto l’uso<br />
delle campane “controbilanciate”.<br />
Originariamente sui campanili veniva issata una sola campana.<br />
ma quando se ne aggiunse un’altra, il suono ottenuto dai rintocchi alternati<br />
dei due bronzi fu chiamato “a doppio”.<br />
Questa modulazione, poiché la si impiegò per solennizzare particolari<br />
occasioni liturgiche, divenne ben presto sininomo di suono festoso,<br />
arricchito ed eccezionale rispetto alla liturgia ordinaria. Una<br />
delle prime testimonianze lettera rie in questo senso è fornita da Luigi<br />
Pulci (XV sec.), nel poema Il Morgante maggiore:<br />
Morgante non poté più sofferire<br />
e disse a Carlo: ‘Imperadore, io scoppio<br />
s’io no lo fo con le mie man morire.<br />
Lascia ch’i’ suoni col mio battaglio a doppio:<br />
col primo colpo il farò sbalordire<br />
che ti parrà ch’egli abbia beuto oppio’ .<br />
6<br />
In questo passo tuttavia il valore semantico originario del termine<br />
è adombrato dall’impiego metaforico. In epoche più recenti il sintagma<br />
ha acquisito un valore tecnico che specifica un particolare tipo<br />
di modo di suonare le campane (non più due ma quattro, cinque e in<br />
taluni, rari casi anche sei) in voga nella zona centro-orientale della E-<br />
milia Romagna, le cui origini si possono far risalire, secondo alcune<br />
testimonianze, alla fine del sec.XVI.<br />
Il poeta, che impiega il lessema ‘doppio’ secondo l’accezione che<br />
ancora oggi gli è propria e si trova correntemente tuttora impiegata<br />
dai campanari, è Giovanni Pascoli, nella cui opera tale vocabolo compare<br />
ben otto volte.<br />
Non è quindi un caso che Pascoli sia, nella letteratura italiana,<br />
l’autore che forse più d’ogni altro ha fatto ricorso all’area semanticolessicale<br />
afferente alla campana. Infatti su circa 1.500 componimenti,
il termine ‘campana’, assieme alle sue alterazioni ‘campanella’,<br />
’campanello’, al maschile ‘campano’ e al corrispettivo di sapore più<br />
squisitamente letterario ‘squilla’, compaiono ben 130 volte.<br />
Se poi nel novero comprendiamo tutti i riferimenti al suono delle<br />
campane, come ad esempio: ‘campanile’, ‘Ave Maria’, ‘Angelus’,<br />
‘doppio’, e a tutte quelle espressioni che sono state classificate da<br />
Gianfranco Contini come “linguaggio pre-grammaticale”, allora le occorrenze<br />
salgono a circa 250.<br />
Sarebbe fatica ardua, oltre che sterile, recensire tutte le numerosissime<br />
citazioni che compaiono nelle varie letterature, non solo in<br />
quella nazionale, in relazione alla campana.<br />
Per mantenerci in ambito italiano, dopo l’autore che con maggior<br />
insistenza l’ha evocata, corre l’obbligo di richiamare alla memoria per<br />
lo meno il Poeta più grande che ben due volte, nella Commedia, ci<br />
trasmette la suggestione del suono delle campane:<br />
E ancora:<br />
Era già l’ora che volge al disio<br />
ai navicanti e ‘ntenerisce il core<br />
Io dì c’han detto ai dolci amici addio;<br />
e che lo novo peregrin d’amore<br />
punge, se ode squilla di lontano<br />
che paia il giorno pianger che si more;<br />
Pg VIII 1-6<br />
Indi, come l’orologio che ne chiami<br />
nell’ora che la sposa di Dio surge<br />
a mattinar lo sposo perché l’ami,<br />
che l’una parte e l’altra tira e urge,<br />
tin tin sonando con sì dolce nota,<br />
che ‘l ben disposto spirto d’amor turge<br />
Pd X 139-144<br />
7
SCHEDA 2 - NOTE TECNICHE<br />
LE TECNICHE DI SUONO:<br />
DISTESA, CONCERTO, CARILLON<br />
E LA TRADIZIONE ITALIANA CON MAESTRI<br />
SUONATORI, TRAVAROLI E... CALCIATORI<br />
***<br />
8<br />
Quando si parla di campane, spesso si danno per scontate molte<br />
cose, ed i più credono sia sufficiente far oscillare di poco il vaso bronzeo<br />
per ottenere il risultato sonoro nel massimo della potenzialità.<br />
Nemmeno una minima parte di questa potenzialità che si trova<br />
nei rintocchi dello strumento bronzeo è tralasciata dai suonatori di<br />
campane, i quali con la loro maestria hanno dato vita a diverse tecniche<br />
di suono che ancor oggi sanno far valere e apprezzare. Non tutti,<br />
purtroppo, sanno che i modi di far muovere i bronzi sacri non<br />
sono uguali; se ci si facesse caso si noterebbe come, spaziando da<br />
regione a regione, il suono delle campane cambia perché<br />
cambia la tecnica di suono.<br />
Questa tecnica non consiste in una cadenza o nell’uso di uno stile<br />
piuttosto di un altro, bensì (1) nella diversa armatura ed inceppatura<br />
con cui è montata la campana, (2) nella consistenza dei<br />
contrappesi che si applicano ad essa, (3) nella differente altezza<br />
o posizione che raggiunge nel suonare, (4)<br />
nell’applicazione di diversi tipi di procedimenti per farla muovere,<br />
con un rintocco più lento, o veloce, o cadenzato...<br />
Nel mondo le tecniche di suono sono innumerevoli: una buona<br />
percentuale si può trovare in Italia, dove, a differenza degli altri paesi<br />
che presentano non più di 3 tecniche (distesa, concerto, carillon) il fenomeno<br />
ha tradizioni accentuate che si possono esprimere con suoni<br />
variegati e distinti.<br />
* * *<br />
Tutte le tecniche possono usare un tipo di armatura che può consistere<br />
in:<br />
1. Campana sbilanciata, in cui il corpo bronzeo viene sospeso<br />
tramite un ceppo non contrappesato anche in legno, ed attaccato,<br />
con perni di rotazione o cuscinetti, all’incastellatura all’altezza della<br />
“corona” (la maniglia forata che si usa per sospendere una campana<br />
e posta alla sommità di essa), di modo che non ci sia nessun tipo di<br />
sbilanciamento.<br />
Il sistema di suono più semplice ed universale che esista è lo<br />
slancio. Si aziona tramite una ruota di relativa grandezza nella quale<br />
scorre la corda o la catena del motore.
Può raggiungere dai 45° ai 130° con la posizione quasi a bicchiere<br />
(con la bocca verso l’alto) e si può chiamare anche a “battente volante”,<br />
in quanto questo va a colpire il bordo superiore della campana<br />
distesa.<br />
Il suono che si può ottenere è generalmente alla rinfusa anche<br />
se, con ingranaggi e manualmente, si può eseguire la suonata dandogli<br />
un certo ordine. Comunque sia darà sempre un effetto molto festoso<br />
e continuativo: questo tipo di suono è in uso soprattutto nel Lazio,<br />
anche se si può facilmente trovare dappertutto. Non ha alcuna<br />
tradizione di suono manuale.<br />
Il sistema più antico è quello a “staffa”, che prende nome<br />
dall’asta attaccata al ceppo di sospensione, che collega la corda al<br />
punto di suono. Si dice a battaglio cadente ed è la tecnica più arrangiata<br />
e rudimentale che c’è.<br />
Dal sistema a staffa deriva uno dei più nobili sistemi di suono esistenti<br />
nel nostro paese: il bolognese -modenese.<br />
A Modena si hanno notizie di suono regolare soltanto verso la fine<br />
del XVIII sec., da quando cioè, i Padri Minimi del la chiesa di San<br />
Barnaba provvidero a far fondere un concerto a 4 voci datato 1784<br />
per opera di Ruffini d Reggio Emilia. Per azionare il bronzo ci si serve<br />
di una staffa a “cappio” la qua le non è altro che il lato di un triangolo<br />
isoscele che vertice nel ceppo di sospensione e agli altri due angoli si<br />
trova l’attacco della fune. Si suona per squadre e l’esecutore è a contatto<br />
diretto con lo strumento nella cella campanaria. I concerti vanno<br />
da un minimo di 4 (Do, Re, Mi, Sol) ad un massimo di 6 campane (da<br />
Do a La).<br />
La più diffusa esecuzione di questo stile è il “doppio”. Si mettono<br />
prima le campane in “segno”: con un braccio si manovra la corda che<br />
agisce sul cappio e con l’altro si manovra il battaglio per far sì che<br />
non tocchi le pareti della campana che oscilla senza suonare. Si procede<br />
così di modo che ogni campana dia il rintocco al momento giusto<br />
in sincronismo con le altre tenendo anche conto che quelle di peso<br />
maggiore vanno più lente di quelle di peso minore.<br />
Il repertorio è molto vasto: sono trascritte a combinazioni numeriche<br />
(per ordine di grandezza in cui il numero minore corrisponde alla<br />
piccola, e il maggiore alla più grande).<br />
Una campana in piedi, di qualsiasi tecnica si parli, produce un u-<br />
nico tocco nell’ambito di 360°, e così facendo ruotare note diverse si<br />
creerà qualunque melodia desiderata. Per il doppio non c’è nessun<br />
fermo che blocca, che fermi le campane a bicchiere: quindi è operazione<br />
che richiede molto impegno anche se il suonatore ha come ausilio<br />
un appoggio alla spalla sinistra, detto appunto “spalla”, consistente<br />
in una stanga di legno fissata alla struttura portante delle campane.<br />
Se il suonatore durante lo star dei bronzi nella posizione a bicchiere<br />
starà attaccato con la spalla a questa, non ci sarà nessun peri-<br />
9
colo in un eventuale ribaltamento della campana e, nello stesso tempo,<br />
potrà anche avere un parametro per l’equilibrio da applicare<br />
nell’oscillazione delle campane e nel riportarla a 180°, cosa basilare<br />
per far sì che essa non si ribalti. Le difficoltà aumentano con<br />
l’aumentare del peso dei bronzi.<br />
Quando essi sono di eccessiva grandezza ci si avvale dell’aiuto<br />
dei “cappietti” che imprimono alla campana la spinta per la sua corsa<br />
a mezzo di un’altra fune attaccata al lato opposto del triangolo e così i<br />
suonatori diventano due. Oltre a questi si trovano anche i “travaroli” e<br />
i “calciatori”che si trovano in piedi sull’intelaiatura superiore del castello:<br />
i primi aiutano a mantenere in piedi la campana ed i secondi,<br />
appoggiandosi ad una corda di sicurezza, imprimono sul ceppo della<br />
stessa, tramite il piede, la forza che si risolve nella rotazione.<br />
Da questa semplice descrizione si può capire quale suggestivo<br />
spettacolo offrano i suonatori nell’esecuzione di un doppio nella cattedrale<br />
di San Pietro in Bologna o nella vicina basilica di San Petronio,<br />
ove per 4 campane (50 quintali complessivamente) sono impegnati<br />
più di venti campanari che lavorano tutti in sincronica<br />
perfezione.<br />
Sistemi misti<br />
Sono suoni tipici locali che, a differenza dello slancio modenese,<br />
dell’ambrosiano o veronese che sia, non hanno conosciuto larga<br />
diffusione, ma restano patrimonio culturale del luogo in cui vengono<br />
usati (Gubbio, Piano del Sorrento, San Sepolcro, Precicchie (An) e<br />
molti altri...).<br />
Vi è una campana (solitamente la grande) a distesa, o a bicchiere.<br />
Al suo ritmo tutte le altre campane suonano “accordi” accompagnando<br />
i suoi rintocchi con una melodia, o semplice scampanio, eseguita<br />
con il battaglio o martello tramite una tastiera. Si chiama appunto<br />
doppio “misto” o sistema “misto” perché usa campane<br />
sbilanciate e ferme contemporaneamente.<br />
2. Campana contrappesata, in quanto sormontata da un ceppo<br />
pesante alla cui sommità si trovano contrappesi di pesantezza diversa,<br />
a seconda della velocità di movimento che essa deve mantenere<br />
nella sua corsa o della sua grandezza in concerto.<br />
Il perno di aggancio all’incastellatura risulta inferiore alla corona<br />
cosicché parte della campana stessa funge da ulteriore contrappeso.<br />
La corda che collega la campana al punto di suono scorre su una<br />
notevole “ruota” in acciaio.<br />
I sistemi sono due: l’ambrosiano ed il veronese, impiegati<br />
largamente nell’Italia settentrionale. Il primo in una fascia che va<br />
dall’alta Romagna alla Liguria fino ad abbracciare il Piemonte e la<br />
Lombardia; il secondo in tutto il Veneto.<br />
Si possono trovare concerti anche in Val d’Aosta e Trentino, ma in<br />
10
queste regioni è particolarmente diffuso lo slancio. Le due tecniche<br />
possono rendere il suono a “distesa” in cui le campane si muovono fino<br />
a 90°,a bicchiere (o concerto), e il “campanò”, ovvero a campane<br />
ferme e percosse dal battaglio tramite cordini o tastiera.<br />
Sistema Ambrosiano — Procede con contrappesi che vincolano<br />
la campana ad un movimento molto lento. Alla ruota è attaccato un<br />
gancio che va a toccare una specie di molla (o freno) la quale blocca<br />
la campana in una parte dei 36O° di rotazione; quindi il bronzo, compiuta<br />
una rotazione completa, è costretto a tornare subito indietro al<br />
punto di partenza facendone una seconda, che lo porterà a bloccarsi.<br />
Di conseguenza si avranno due rintocchi in successione.<br />
I concerti sono composti in scale e combinazioni conosciute a<br />
memoria o suggerite dal capogruppo. Sia in questo che nel sistema<br />
vero-nese ogni suonatore pilota una sola campana, ma ove esse sono<br />
di eccessiva grandezza è necessario aggiungerne altri. (Pensiamo qui<br />
alla campana maggiore del duomo di Verona, il cui peso senza armatu<br />
-re varie raggiunge e supera i 5000 kg. e richiede la forza di dieci<br />
braccia per essere messa in piedi).<br />
Sistema Veronese — Prende il nome dalla città in cui è stato<br />
brevettato, presso la chiesa di San Giorgio in Braida, nel 1776. Più<br />
volte presentato nei congressi di musica sacra o sottoposto a parere<br />
di esperti risulta essere an-cora oggi il sistema di suono che traduce<br />
meglio l’esigenza della Liturgia.<br />
Grazie ad esso si possono eseguire tutte le melodie desiderate<br />
anche se si tratta di campane ruotanti. Il corpo bronzeo raggiunge la<br />
posizione a bicchiere senza nessuna misura o fermo e oltretutto i suonatori<br />
sono disposti a cerchio come le campane, alla base dei campanili,<br />
senza poter vedere la posizione assunta dal proprio strumento.<br />
La capiscono, però, dalla lunghezza della corda su cui bisgna e-<br />
sercitare abilità estrema, consistente nel dare alla campana il ritmo di<br />
esecuzione e la giusta velocità in modo che non ritorni indietro, come<br />
far sì che non superi il punto di equilibrio che la farebbe rovesciare<br />
dalla parte opposta. Anche qui come per il bolognese si deve tener<br />
conto che le campane piccole impiegano minor tempo di rotazione rispetto<br />
alle grandi: se non si curerà questo aspetto i meravigliosi accordi<br />
di quattro o cinque campane insieme, di cui le esecuzioni sono<br />
ricolme non daranno l’effetto di alla polifonia che ci si aspetta.<br />
In questi due sistemi il maestro dirige l’esecuzione richiamando<br />
ogni suonatore secondo il numero della campana che pilota (le campane<br />
sono numerate in ordine discendente).<br />
Per l’ambrosiano avviene una pausa tra una scala ed un’altra di<br />
modo che prima si richiama e poi si esegue; per il veronese invece, le<br />
cose sono più difficili. Dato che i pezzi sono svariati e lunghi, il maestro<br />
dirige in contemporanea alla suonata. Ad ogni campana, nota<br />
musicale, può essere attribuita anche una frazione o l’unione di più<br />
frazioni perché venga ad effettuarsi l’accordo.<br />
11
Il repertorio è formato dalla parte tradizionale che si rifà al<br />
canto gregoriano e liturgico (Regina coeli, Christus vincit, Tu scendi<br />
dalle stelle...) e quella di composizione per le campane.<br />
Riguardo a quest’ultima è doveroso ricordare alcuni famosi musicisti<br />
come il vicentino mons. Ernesto Dalla Libera o il veronese mons.<br />
Giuseppe Maggio (1866-1930), ambedue compositori di musica sacra;<br />
Germano Alberti (1888-1977) compositore delle “Sei suonate a nove<br />
campane”; Mario Carregari (1911), Luigi Accordini (1913-1991) ed il<br />
grande ispiratore e maestro veneratissimo da tutti i suonatori di questa<br />
tecnica di suono: Pietro Sancassani, che per più di settantacinque<br />
anni ha lavorato per incrementare l’opera dei suonatori veneti. Oggi i<br />
compositori non mancano: ve ne sono di giovanissimi che per il loro<br />
talento sono arrivati a dirigere società e squadre di grande prestigio,<br />
come il giovane maestro Andrea Consolaro che, tuttora in carica come<br />
vicepresidente dell’Associazione suonatori di campane a sistema veronese,<br />
ha recentemente diretto l’incisone di una musicassetta contenente<br />
pezzi come “Dolce sentire” e “Tantum ergo” e molte famose<br />
composizioni in uso. Durante i concerti di campane il maestro u-<br />
sa i numeri disposti su un tabellone, che leggerà ad alta voce,<br />
anche se i compositori si riservano di stendere la melodia su<br />
normale pentagramma che poi sarà decifrato in numeri.<br />
12<br />
3. Tecniche di campane ferme<br />
La più diffusa tecnica a campane ferme è il “corillon” o “organo di<br />
campane”. Qui i battagli vengono collegati per mezzo di un cordino<br />
d’acciaio, con molle o piccoli passanti, a loro volta a contatto con la<br />
tastiera, che in Italia si trova generalmente al centro della cella campanaria,<br />
mentre altrove è possibile trovarla a metà campanile.<br />
I tasti sono molto grandi e non si suona a modo di pianoforte<br />
con le sole dita, bensì si deve far forza su di essi a pugni<br />
chiusi, tenendo conto dell’intensità richiesta dai vari periodi musicali<br />
e della pesantezza dei battagli delle campane più grandi.<br />
In Italia è accompagnato a tutti i sistemi all’ambrosiana; vi sono<br />
squadre di suonatori soprattutto in Liguria e presso Bergamo, anche<br />
se questo metodo è patrimonio della Francia, dell’Olanda, del Belgio e<br />
anche dell’america, paesi tutti nei quali vi è maggior estensione dei<br />
concerti (che arrivano anche a sessanta e più voci). La tastiera è costituita<br />
da due manuali più pedaliera (come un vero e proprio organo).<br />
Il repertorio è vastissimo e molti maestri, esecutori e compositori<br />
si sono dilettati con questo strumento.<br />
Esiste un’universale serie di preludi, fughe, minuetti... per carillon<br />
scritti su pentagramma in chiave di basso e di violino, che come tutta<br />
la buona musica richiede solide basi di studio e solfeggio. I alcune regioni,<br />
invece, i suonatori eseguono prevalentemente pezzi a memoria<br />
costituiti da arie sacre e profane (come Mira il tuo popolo, Finché la<br />
barca va, Il Piave mormorava...), comunque certi si servono anche dei<br />
numeri trascritti su tabella.
4. Lo scampanio<br />
Per ultimo, ma affatto di poca importanza, abbiamo il simpaticissimo<br />
scampanio. I battagli delle campane, ben ferme e bloccate, vengono<br />
avvicinati alla parete interna del vaso bronzeo ad un massimo di<br />
8-9 cm tramite un cordino o una catenella fissata ad un punto fermo<br />
della muratura del campanile o ad una parte dell’incastellatura. Al<br />
centro di questa si attacca un altro cordino che, tirato, accorcerà la<br />
distanza tra il battaglio e il punto fermo, permettendo alla campana di<br />
emettere il tocco.<br />
Questa tecnica si usa largamente nell’Italia meridionale e nelle<br />
due isole maggiori, ove le campane diffondono una suoneria veloce e<br />
sempre ripetitiva, in alcuni luoghi strutturata a scala ascendente o discendente,<br />
in altri alla rinfusa.<br />
Ove le campane sono accordate in scala è possibile attuare il<br />
suggestivo “rintocco emiliano” o“alla Reggiana” diffuso appunto soprattutto<br />
in Emilia Romagna. E una specie di carillon nato con il nome<br />
“martellata da chiesa” nel bolognese-modenese, a s quattro campane;<br />
ma oggi è facile vederlo esteso anche a cinque o sei.<br />
Dove, ad esempio, i bronzi sono cinque il suonatore, seduto sulla<br />
sedia nella cella campanaria, si lega il cordino del Do al piede destro,<br />
quello del Re al piede sinistro; quello del Mi viene impugnato con la<br />
sinistra, mentre il Fa e il Sol pur avendo un cordino ciascuno vengono<br />
comandati dalla mano destra. Se essa ruoterà a sinistra suonerà il Fa,<br />
se a destra il Sol. Con il solo movimento di mani e di piedi si vengono<br />
a creare armoniose melodie che, accompagnate con i gesti corporali<br />
del campanaro, suscitano sempre entusiasmo tra gli spettatori. Ogni<br />
suonatore comunque, ha il suo metodo di suono tramandatogli dai<br />
suoi maestri e, specialmente dove ci sono sei campane, vengono impiegati<br />
anche i gomiti. La tecnica dello scampanio è usata particolarmente<br />
per i giorni di festa.<br />
Fonti per le schede: testi vari e rielaborazione da materiali reperiti sul web<br />
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