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TraKs Interview 004

Arriva il nuovo numero di TRAKS INTERVIEW, con in copertina i Modena City Ramblers e all'interno interviste esclusive con Ottodix, Droning Maud, VonDatty, Thomas Dylan e un servizio sul progetto TEN!

Arriva il nuovo numero di TRAKS INTERVIEW, con in copertina i Modena City Ramblers e all'interno interviste esclusive con Ottodix, Droning Maud, VonDatty, Thomas Dylan e un servizio sul progetto TEN!

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www.musictraks.com<br />

INTERVIEW<br />

Numero 4 - aprile 2017<br />

Modena City Ramblers<br />

un mondo migliore<br />

Ottodix<br />

VonDatty<br />

Thomas Dylan<br />

Droning Maud<br />

TEN!


sommario<br />

4<br />

8<br />

14<br />

18<br />

22<br />

26<br />

Modena CIty Ramblers<br />

Ottodix<br />

Droning Maud<br />

VonDatty<br />

Thomas Dylan<br />

TEN!<br />

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />

senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />

e provvederemo alla rimozione immediata<br />

TRAKS INTERVIEW<br />

www.musictraks.com<br />

info@musictraks.com


MODENA CITY<br />

RAMBLERS<br />

sperando in un mondo<br />

migliore<br />

“Mani come rami, ai piedi radici” è il nuovo lavoro della storica band emiliana,<br />

che per una volta si occupa un po’ meno di attualità e un po’ di più<br />

di canzoni senza tempo, coinvolgendo in un featuring i Calexico. Abbiamo<br />

chiacchierato con loro, parlando, fra l’altro, di musica balcanica, indie italiano<br />

e Donald Trump. Con una piccola chicca sul prossimo tour.<br />

Cominciamo dalla scelta quasi del<br />

tutto “autarchica”: perché questa volta<br />

avete deciso di fare quasi tutto da<br />

soli?<br />

Il mondo della discografia è cambiato<br />

tanto in questi anni, abbiamo lavorato<br />

con tante strutture verificando i pro e<br />

i contro delle medesime. Da un po’ di<br />

tempo a questa parte abbiamo deciso di<br />

centralizzare sempre di più, anche se<br />

ovviamente ci avvaliamo di fidati colla-<br />

boratori esterni. Dopo tanti anni abbiamo<br />

capito che ci troviamo meglio così.<br />

L’altra “svolta” è quella dei testi, visto<br />

che avete “trascurato” gli episodi<br />

dell’attualità. In overload dall’lp precedente<br />

oppure ci sono altri motivi?<br />

“Niente di nuovo sul fronte occidentale”,<br />

l’ultimo nostro cd di inediti, era effettivamente<br />

pieno di riferimenti all’attualità<br />

e a storie di cronaca dell’ ”altro<br />

ieri” che ci avevano particolarmente


indignato, per esempio ”La Luna di<br />

Ferrara” o “Peppe e Tore”. Non siamo<br />

cambiati. Manteniamo sempre alta la<br />

soglia dell’attenzione e dell’indignazione,<br />

discutiamo e ci confrontiamo spesso<br />

su fatti di cronaca e teniamo sempre<br />

aperta, per dirla in maniera poetica,”una<br />

finestra sul mondo”. Stavolta però è<br />

stato naturale parlare di altro e il disco<br />

si chiude con “Quacet putein”, una dolce<br />

ninna nanna di un padre a un figlio.<br />

Che spera cresca in un mondo migliore<br />

rispetto a quello che gli stiamo lasciando.<br />

Dovessi definire a volo d’uccello le<br />

sonorità di questo disco direi che ci<br />

sono più Balcani che Irlanda. Da dove<br />

nascono questi equilibri?<br />

Direi che hai completamente ragione,<br />

vi sono “più Balcani che Irlanda” in<br />

“Mani come rami, ai piedi radici”. Sicuramente<br />

certe sonorità sono anche<br />

figlie di collaborazioni avvenute nel<br />

tempo. In passato abbiamo diviso il<br />

palco con Goran Bregovic e Kocani Orkestar<br />

e, in tempi più recenti, ci siamo<br />

esibiti sul palco del primo maggio con<br />

la Fanfara Tirana. Era inevitabile che<br />

certe sonorità avessero degli influssi<br />

sulla nostra composizione e così è stato,<br />

anche se la cellula irlandese, mi preme<br />

dire, è nel nostro dna e non la abbandoneremo<br />

mai.<br />

Come nasce “Sogneremo pecore elettriche”?<br />

È un testo un po’ atipico per la nostra<br />

produzione, in effetti. Era nato in inglese<br />

e poi abbiamo cercato di trasporlo in<br />

italiano. Il ritornello fa riferimento al<br />

romanzo di dick (“Do androids dream of<br />

electric sheep?”) ed è una canzone sul<br />

mutamento dell’uomo che perde progressivamente<br />

la sua natura, appunto,<br />

”umana” a causa del vorticoso progresso<br />

tecnologico.<br />

Da dove ha origine la collaborazione<br />

con i Calexico?<br />

Stimiamo da anni la band ed e’ capitato<br />

che prendessimo il loro sound come<br />

ispirazione quando ci apprestavamo<br />

ad arrangiare dei brani. Si prenda, per<br />

esempio, l’arrangiamento di ”Malavida”,<br />

contenuto su ”Tracce clandestine”.<br />

Dal fantasticare a organizzare un featuring<br />

della band il passo è stato breve<br />

e naturale. Uno di noi aveva collaborato<br />

coi Sacri Cuori, band romagnola validissima<br />

che ha collaborato con i Calexico,<br />

ma anche con Los Lobos, Marc Ribot<br />

e Vinicio Capossela. Abbiamo chiesto<br />

ad Antonio Gramentieri, chitarrista<br />

della band, di scrivere una vera e propria<br />

mail di “presentazione”, per così<br />

dire, e inviarla a Joey dei Calexico. Ci<br />

siamo poi incontrati in occasione di un<br />

gig dei Calexico a bologna e abbiamo<br />

consegnato loro una chiavetta usb con<br />

il brano ”Ghost Town”. Dopo poche settimane<br />

i ragazzi dei Calexico ci hanno<br />

inviati degli interventi musicali formidabili<br />

e il brano ha preso la forma che<br />

potete sentire nel cd. Non ti nascondo<br />

che a noi piacerebbe molto se questa<br />

collaborazione sfociasse, non so, in un<br />

tour assieme… vedremo.<br />

Che cosa vi piace della musica italiana<br />

di oggi?<br />

Ti evito la filippica da classico musicista<br />

quasi cinquantenne che di solito<br />

a questa tipologia di domanda parte<br />

con la giaculatoria: ”Eh ai nostri tempi<br />

c’erano più locali, paghe migliori, più<br />

attenzione eccetera”. Tutte cose vere e<br />

sacrosante ma purtroppo non v’è molto<br />

da fare. Se mi chiedi se vi siano nuovi<br />

artisti validi ti rispondo che la musica<br />

buona c’è, c’è sempre stata e sempre ci<br />

sarà. Quella ha a che fare con l’urgenza<br />

espressiva, la voglia di emergere, di<br />

“urlare” qualcosa e non vedo differenze<br />

fra il musicista attuale, quello del ‘500<br />

o quello del futuro lontanissimo. Su<br />

cosa “non ci piace” della musica italiana,<br />

credo che ogni<br />

Rambler potrebbe<br />

stilarti una sua personale<br />

classifica. A<br />

me non piace il filone,<br />

a mio avviso costruitissimo,<br />

dell’indie<br />

italiano, però<br />

devo ammettere che<br />

vi sono degli artisti<br />

interessanti anche<br />

in quel genere. Se<br />

devo farti due nomi<br />

interessanti, a prescindere<br />

da etichette<br />

che lasciano il tempo che trovano, direi<br />

Levante e Brunori.<br />

Fosse stato concepito già in epoca<br />

Trump questo disco sarebbe diverso?<br />

Probabilmente si, però credo che se si<br />

scrive una brutta canzone, poco ”sentita”<br />

su Trump… come dire, Trump<br />

rimane ”in sella” e purtroppo anche<br />

la brutta canzone! Non vogliamo correre<br />

il rischio di sembrare dei ”forzati<br />

dell’impegno”. la nostra storia dimostra<br />

da che parte stiamo e brani impegnati<br />

li abbiamo sempre scritti e sempre li<br />

scriveremo. Il tour che sta per partire,<br />

inoltre, è un vero e proprio viaggio<br />

che attraversa tutta la nostra carriera<br />

e vi diamo una piccola chicca: oltre a<br />

presentare il nuovo cd e suonare i nostri<br />

classici, celebreremo i vent’anni del<br />

nostro fortunato cd ”Terra e Libertà”,<br />

uscito nel 1997. Ne vedrete delle belle!<br />

6<br />

7


OTTODIX<br />

il fascino della scienza<br />

Il suo nuovo disco, “Micromega”, parte da Voltaire per approdare a tutte<br />

le dimensioni dello scibile, corredate da sonorità vicine all’elettronica degli<br />

anni Novanta. Senza dimenticare che l’uomo è sempre al centro di tutto<br />

Puoi raccontare il concept di “Micromega”?<br />

“Micromega”, ispirato a una novella dal<br />

sapore fantascientifico di Voltaire, cerca<br />

di far ragionare sul “senso della posizione”<br />

dell’uomo in mezzo alla natura<br />

reale delle cose. Giocando coi concetti<br />

di micro e macro, invita a ritrovare il<br />

senso della misura, in un’epoca fatta di<br />

eccessi verbali, di odio latente, di tensione<br />

sociale e “social”, ma anche di<br />

involuzione culturale e di mancanza di<br />

una visione chiara del futuro, dato che<br />

tutti i pilastri fondamentali del sistema<br />

che ci regge (noi occidentali), sta scricchiolando<br />

paurosamente, dal concetto<br />

di economia e libero mercato, a quello<br />

di tolleranza e di pace, fino a quello più<br />

spiccio della pensione. La tecnologia<br />

corre come un fulmine e noi fatichiamo<br />

a reggere il passo, scollegandoci spesso<br />

dall’età biologica che abbiamo, dai<br />

bioritmi di cui il nostro corpo ha bisogno<br />

e dell’ambiente, che per mantenere<br />

queste ritmiche lavorative vertiginose,<br />

stiamo via via devastando. La bolla<br />

tecnologica e la continua connessione<br />

online, non aiutano a mantenere certo<br />

il senso del controllo e della posizione.<br />

Per questo ho sentito il bisogno di ispirarmi<br />

artisticamente all’unica fonte di<br />

fascino e mistero che possa risultare<br />

ancora credibile: la scienza. La fisica<br />

suggerisce regole comuni alla materia<br />

(anche se la meccanica quantistica<br />

non quadra ancora con la fisica classi-<br />

ca); credo che abbiamo un bisogno sacrosanto<br />

di riscoprire delle regole, dei<br />

fondamentali su cui basare ogni nostra<br />

singola visione. Un senso comune, democratico<br />

ed equo del giusto, parte solo<br />

dalla scienza, contro religione, politica,<br />

potere, superstizione e interessi economici,<br />

tutte forze che possono essere<br />

soggette a manipolazioni di parte e che<br />

ci stanno mettendo nei guai. In un’era<br />

di bufale e populismo spiccio è solo la<br />

verità dei dati che si cela nella natura<br />

a poterci ridare risposte concrete e<br />

un punto di appoggio. Per questo ho<br />

raggruppato le grandezze del cosmo in<br />

nove ordini, dalle micro particelle, alle<br />

molecole, ai microrganismi e ai collettivi<br />

di animali, all’uomo (“Micromega<br />

Boy”, al centro di tutto), fino al pianeta<br />

Terra, al sistema solare, alle galassie e<br />

ai sistemi di universi teorizzati. Ognuna<br />

di queste grandezze ha ispirato una<br />

canzone che, usando metafore scientifiche<br />

o astronomiche o biologiche, o<br />

geopolitiche, parla di dinamiche umane<br />

che ci riguardano tutti i giorni. “Micromega”<br />

suggerisce di cercare nella fisica<br />

le leggi, le dinamiche delle nostre azioni<br />

e del nostri sbagli, come se zoomando<br />

dall’alto si scoprisse che il formicaio<br />

dell’uomo risponde, su vasta scala, a<br />

misteriosi disegni e schemi fisici che<br />

muovono galassie, banchi di pesci e molecole.<br />

Affascinante, no? Qui si sconfina<br />

nella filosofia e nell’immaginazione<br />

astratta. Territori più prossimi all’arte.<br />

La musica, poi, è matematica e espressività,<br />

quindi il mezzo ideale per coniugare<br />

una simile, ambiziosa operazione.<br />

Solo che ho dovuto studiare un sacco,<br />

8 9


prima di iniziare a scrivere.<br />

“Chimera” parlava di utopie ed era<br />

un disco “politico”, da un certo punto<br />

di vista. Invece qui hai deciso di occuparti<br />

di aspetti galattici oppure microscopici,<br />

sostanzialmente “saltando” le<br />

miserie umane o quasi. Puoi spiegare<br />

perché?<br />

Come dicevo, in realtà le salto solo in<br />

apparenza, andando ad analizzare nei<br />

disegni più grandi e più piccoli di noi,<br />

tutto quello che può spiegare<br />

il nostro agire e gli errori in<br />

loop di cui la storia umana<br />

è piena. Nell’album ci sono<br />

canzoni come “Elettricità”<br />

che parlano chiaramente<br />

della tensione sociale e<br />

dell’odio latente, Ne “la<br />

Risonanza”, la fisica<br />

quantistica tenta simbolicamente<br />

di spiegare perché i collettivi<br />

di animali o di materia simile, in<br />

natura, lavorino al meglio in gruppo,<br />

mentre l’uomo no (perché ha inventato<br />

l’economia e la competizione tra individui).<br />

Anche “Planisfera”, ragionando<br />

sulla rotondità del pianeta, suggerisce<br />

che i punti di vista sono tutti equivalenti,<br />

sopra una palla e che difendere<br />

un passato che non c’è più è assurdo,<br />

perché in natura tutto è in divenire,<br />

tutto ruota e gira. “Zodiacantus” è un<br />

attacco alla superstizione umana. Insomma,<br />

l’uomo è costantemente sotto<br />

il vetrino dell’analisi del microscopio<br />

scientifico, o del telescopio astronomico.<br />

“Chimera” era un disco demolitore<br />

di utopie fallite del XX secolo. Questo<br />

è un album propositivo, che invita a<br />

puntare verso tecnologia pulita, ambiente,<br />

cultura e scienza come nuova<br />

utopia per superare questo lungo momento<br />

di apocalisse collettiva generalizzata.<br />

E’ un album che sembra freddo<br />

solo in apparenza, ma è molto più<br />

profondamente umano: sposta la sfera<br />

di indagine emotiva dal solito amore-morte-sociale<br />

delle canzoni,<br />

alla bellezza, la paura e lo<br />

spleen verso l’infinito e l’ignoto<br />

della natura.<br />

Il disco mi sembra, dal punto<br />

di vista dei suoni, più<br />

compatto e omogeneo dei<br />

precedenti. Quanto ha influito<br />

anche l’apporto di Flavio Ferri<br />

nel discorso?<br />

Il disco è più compatto e scorrevole<br />

innanzitutto perché era impossibile,<br />

vista la complessità delle tematiche<br />

trattate nei testi, creare anche un linguaggio<br />

sonoro articolato. Ho preferito<br />

l’approccio psichedelico elettronico o<br />

ambient pop, per dare un ingrediente<br />

più spirituale e meditativo, anche<br />

se detta così sembra un album new<br />

age, invece si parla di sfumature. E’<br />

un album molto Ottodix. Volevo un<br />

sound vicino all’elettronica ’90, anche<br />

a tratti trip hop (Il mondo delle cose),<br />

ma anche con ingredienti dall’elettronica<br />

di ricerca come quella di Alva<br />

Noto (CERN), che dessero un taglio più<br />

astratto, da laboratorio, o lisergico al<br />

sound. Ho accettato l’invito di Flavio<br />

a condividere la produzione con gioia,<br />

dopo anni di collaborazioni a distanza<br />

e concerti aperti ai DeltaV da Ottodix<br />

(1999-2003). Era la persona adatta a<br />

valorizzare esattamente quegli aspetti.<br />

Il sound DeltaV per me è sempre stato<br />

un riferimento e guarda caso è servito<br />

per migliorare dei provini problematici<br />

come in CERN, brano dalla struttura<br />

complessa elettro-sinfonica, di cui vado<br />

molto fiero, o per far rinascere un brano<br />

come Planisfera, che non mi convinceva,<br />

facendolo diventare una delle colonne<br />

portanti dell’album. Ne “Il mondo<br />

delle cose”, poi, la sua “scuola di Bristol”<br />

è uscita tutta, mettendo una firma<br />

importante. E poi abbiamo discusso,<br />

anche scontrandoci, a casa sua a Barcellona,<br />

ogni singola nota e ogni dettaglio<br />

in un confronto umano molto sano<br />

e genuino. Devo ringraziare Flavio sia<br />

per quello che ha fatto in più che per<br />

avere rispettato i miei complessi provini,<br />

portati in fase già molto avanzata di<br />

finitura. E’ un disco in cui mi riconosco<br />

molto e questo mi da sicurezza nel volere<br />

in futuro ritentare la carta della co<br />

produzione. Sono un autarchico, era la<br />

prima volta per me. E’ comunque un album<br />

nato e pensato tra Barcellona, l’Italia,<br />

Pechino e Berlino, le cui voci sono<br />

state limate in California. Insomma,<br />

un album “planisferico” davvero, nato<br />

da più punti di vista. E bello da cantare<br />

10 11


dal vivo!<br />

Sei stato particolarmente impegnato<br />

con progetti in Oriente di recente.<br />

Puoi raccontare qualcosa e soprattutto<br />

raccontare come viene percepita la<br />

tua musica in paesi così lontani?<br />

In realtà ho contatti di lavoro tramite<br />

la mia attività di artista visivo, con<br />

i circuiti delle gallerie di Pechino, più<br />

che musicali. Alla Biennale Italia Cina<br />

2016, tuttavia, sono andato di persona<br />

a installare e presentare la scimmia<br />

che vedete in copertina dell’album Micromega<br />

(dal titolo omonimo). Presentando<br />

l’installazione all’inaugurazione,<br />

ho cantato in diretta per la tv cinese<br />

“Planisfera”, il brano più simbolico.<br />

L’accogliienza e l’entusiasmo sono stati<br />

dei migliori, ma a di là di quello, ho<br />

imparato molto dai cinesi. E’ un mondo<br />

alternativo, molto informato, che non<br />

ha bisogno necessariamente di noi e<br />

quindi non soffre per forza di esterofilia.<br />

Questo a noi occidentali, ogni tanto<br />

fa bene ricordarlo. Una potenza economica<br />

tale, che praticamente non parla<br />

inglese e che ha la popolazione numericamente<br />

equivalente a tutto l’occidente<br />

messo assieme, perché dovrebbe adattarsi<br />

alle tue regole o alle convenzioni<br />

internazionali inventate dagli occidentali?<br />

Sono caduti anche molti cliché e<br />

stereotipi, è un mondo a noi alieno che<br />

fa bene visitare, con 5000 anni di storia<br />

e di spessore, dietro, non dimentichiamolo<br />

mai, che si vede e si percepisce<br />

tuttora. Comunque, portare lo spettacolo<br />

di “Micromega” a cui stiamo lavorando,<br />

anche in Cina, è uno degli obiettivi<br />

nei prossimi anni.<br />

Vista la tua attività su molti livelli e<br />

con molti mezzi artistici, puoi raccontare<br />

come pensi di presentare questo<br />

disco, soprattutto in tour?<br />

Ho anticipato di poco la risposta. Il tour<br />

avrà una prima fase di concerti più “canonici”<br />

in club o situazioni da showcase,<br />

ma via via punterà verso il vero<br />

scopo: quello di invadere i luoghi della<br />

scienza, della cultura e dell’arte. Il progetto<br />

prevede una mostra itinerante di<br />

mie opere, organizzate come l’album, in<br />

nove settori, ma anche uno spettacolo<br />

tra musica, proiezioni, arte e reading,<br />

in cui scienza e filosofia faranno da collante<br />

a un concerto molto emozionale.<br />

Ho parecchi musicisti che daranno vita<br />

a setup e situazioni diverse; dal più<br />

classico elettro-rock alla Ottodix, fino al<br />

duo electro minimal, voce e synth, passando<br />

per i live con quartetto d’archi,<br />

piano e elettronica. A volte pure tutto<br />

assieme. E’ un live che può svilupparsi<br />

dal micro al mega, appunto. E mi accompagnerà<br />

per parecchio tempo.<br />

Vorrei capire qualcosa di più anche<br />

della piattaforma su Google Chrome<br />

grazie alla quale è possibile ascoltare<br />

il disco<br />

E’ un Mega-Player di mia invenzione,<br />

oltre che un’enciclopedia visionaria.<br />

Non solo il disco, ma una marea di rivisitazioni<br />

delle 9 canzoni iniziali, in<br />

un sistema a matrioska per diramazioni,<br />

in cui ogni canzone genera tre<br />

sotto canzoni satellite, divise a loro<br />

volta in tre sotto versioni sempre più<br />

minimal. Ogni pagina generata da<br />

questa scomposizione a frattali basata<br />

sul numero 3 (radice quadrata di 9, i<br />

brani dell’album), genera 117 (1+1+7<br />

= 9) pagine-canzone, illustrate da me<br />

con soggetti appartenenti all’ordine di<br />

grandezza del brano di partenza. Ci<br />

saranno anche molti contenuti extra<br />

galleggianti, da attivare e scoprire, che<br />

porteranno a voci enciclopediche online,<br />

siti consigliati a tema e i testi dei<br />

brani. Hanno aderito a curare queste<br />

versioni molti colleghi musicisti provenienti<br />

da vari generi diversi e questo<br />

mi ha reso davvero felice. Alcuni<br />

nomiMadaski, Luca Urbani, lo stesso<br />

Flavio Ferri, Gigi Masin e Laura Bisceglia<br />

(ora violoncello per Teho Teardo e<br />

Blixa Bargeld). La piattaforma uscirà<br />

a giugno, curata da me e Anna Magni<br />

e corredata da 9 bellissimi 3D animati<br />

realizzati da Pierfrancesco Soffritti, che<br />

diventeranno in alcuni casi anche installazioni<br />

delle mie prossime mostre.<br />

E crescerà negli anni, come una pianta,<br />

come una galassia in espansione, come<br />

il cervello di una scimmia che si evolve,<br />

input dopo input, indagando la natura<br />

delle cose.<br />

12 13


DRONING MAUD<br />

facendo errori bellissimi<br />

Questo terzo disco è presentato come<br />

una svolta a livello di maturazione artistica.<br />

Che cosa è cambiato nella band<br />

con “Beautiful Mistakes”?<br />

Foto di Luca Bravi<br />

“Beautiful mistakes” è il terzo e nuovo lp della band, impegnata a inseguire,<br />

con successo, atmosfere di pop raffinato ma sostenuto, figlio di cambiamenti<br />

nel processo compositivo<br />

È cambiato il processo compositivo.<br />

Ascoltarsi l’uno con l’altro per dare<br />

spazio alla creatività, senza imporre le<br />

proprie idee, produce sempre risultati<br />

ottimali. Più che di una rivelazione si<br />

può parlare di una presa di coscienza:<br />

la naturale meta di un cammino compiuto<br />

senza forzature di alcun genere.<br />

Potete spiegare meglio il concept del<br />

titolo? Quali sono i “bellissimi errori”<br />

che pensate di aver commesso?<br />

ll punto del discorso è che in generale<br />

molte azioni vengono captate come un<br />

errore soltanto perché noi non reagiamo<br />

nella maniera opportuna. Gli errori<br />

capitati per caso all’interno di un brano<br />

che ci hanno involontariamente suggerito<br />

nuovi modi di suonare e nuovi<br />

arrangiamenti, sono fondamentali per<br />

dare la giusta personalità a una canzone.<br />

Ciò che può sembrare un errore non<br />

è altro che una nuova opportunità.<br />

Da dove nasce la scelta di mettere la<br />

voce decisamente al centro delle vostre<br />

nuove composizioni?<br />

Nelle nostre composizioni non cerchiamo<br />

di colpire l’ascoltatore facendo del<br />

mero esercizio di stile, ma cercando di<br />

comunicare il nostro punto di vista, e<br />

cosa meglio delle parole per arrivare<br />

dritti al punto?<br />

Potete spendere qualche parola sulle<br />

sensazioni che vi hanno portato a scrivere<br />

tutti gli otto brani che compongono<br />

il disco?<br />

SOME CALL LOVE: il bisogno di comunicare.<br />

MISCOMMUNICATIONS: l’incapacità<br />

di comunicare.<br />

ON THE CORNER: l’esigenza di sentirsi<br />

amati.<br />

LAZY SUN: essere fuori luogo, senso di<br />

inadeguatezza e sentimento di non appartenenza<br />

a un ruolo stabilito.<br />

SIMPLE THINGS: la felicità nei piccoli<br />

gesti.<br />

STORYTELLER: la fragilità dei ricordi.<br />

REFERENCES: una rassicurazione,<br />

una piccola certezza. La morte non esiste,<br />

è solo trasformazione.<br />

DUST: non si dimentica mai un amore,<br />

si impara a vivere senza di esso.<br />

Potete descrivere i vostri concerti?<br />

Quali saranno le prossime date?<br />

Nei nostri concerti cerchiamo sempre<br />

di coinvolgere emotivamente le persone<br />

e la riuscita dipende anche dal contesto<br />

in cui ci troviamo e dall’attenzione<br />

che le persone mettono nell’ascoltare<br />

musica. Vi aspettiamo il 28 Aprile 2017<br />

14 15


“release party” Irish Cafè - Pianola<br />

(AQ)<br />

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti<br />

italiani che stimate di più in questo<br />

momento e perché?<br />

Domanda difficile; ascoltiamo poco il<br />

panorama italiano perché ormai è un<br />

po’ troppo standardizzato verso un<br />

mood che non ci rispecchia, comunque<br />

per fare dei nomi i primi che mi vengono<br />

in mente sono EDDA perché della<br />

nostra generazione e tornato con un<br />

bellissimo disco, His Clancyness se si<br />

possono definire tali, bello anche l’ultimo<br />

lavoro di Francesco Di Bella.<br />

www.facebook.com/DroningMaud<br />

16


VONDATTY<br />

alla fine della notte<br />

Esce il 5 maggio “Ninnenanne“, che chiude la “Trilogia della notte“: un<br />

lavoro crudo, sincero e molto autobiografico<br />

“Ninnenanne” chiude la “Trilogia della<br />

notte”: che cosa rappresenta questo<br />

disco, all’interno del progetto?<br />

“Ninnenanne” ha un ruolo fondamentale<br />

nella Trilogia, lo vedo come la fine<br />

di un percorso, ma anche l’inizio di un<br />

altro. Ho dato vita a questo progetto<br />

perché volevo cercare la mia strada<br />

nel mondo della musica, sono partito<br />

da solo in una dimensione prettamente<br />

acustica, poi ho iniziato a soffrirla<br />

perché credevo fosse limitante, così ho<br />

messo su la band, che in buona parte<br />

mi accompagna ancora oggi, per fare<br />

un disco urlato e disperato come “Madrigali”,<br />

decisamente più rock ‘n’ roll.<br />

Ora, grazie anche all’apporto di Fabio<br />

Martini, che insieme a me ha prodotto<br />

artisticamente il disco, sono arrivato a<br />

capire che il mio mondo musicale è solo<br />

nelle canzoni, per cui credo sia il mio<br />

disco più maturo. A livello concettuale,<br />

credo rappresenti “la fine della notte”.<br />

Si dice che sia sempre più buio prima<br />

dell’alba, per questo mi piaceva si intitolasse<br />

“Ninnenanne”, perché potrebbe<br />

anche sembrare un controsenso.<br />

Il disco infatti ha caratteri chiaramente<br />

notturni: quali sono state le fonti di<br />

ispirazione e le caratteristiche della<br />

sua scrittura?<br />

Il disco tocca tematiche personali, a<br />

partire da un rapporto decisamente<br />

complesso con il sonno. È stato scritto<br />

di getto, dopo un lungo periodo di sosta<br />

da qualsiasi tipo di scrittura, già in<br />

19<br />

fase di pre-produzione avevamo deciso<br />

che tutte le canzoni si sarebbero fondate<br />

sulla base di una chitarra acustica o<br />

di un pianoforte. Volevamo che funzionassero<br />

anche ridotte all’osso, dovevano<br />

essere solide fin dalle fondamenta.<br />

Le sonorità sono quelle che fanno parte<br />

del mio background, come di quello di<br />

Fabio Martini e di tutti i musicisti che<br />

collaborano con me, ma in fase di arrangiamento<br />

è stato tutto molto spontaneo.<br />

Sei al terzo lavoro pubblicato, secondo<br />

lp. Il lavoro di composizione si è fatto<br />

più facile o più difficile? In certe can-


zoni del disco sembra di avvertire quasi<br />

un’assenza di sforzo...<br />

A me piace tantissimo scrivere, anche<br />

se a volte dico il contrario. Mi viene naturale,<br />

vorrei quasi far soltanto quello.<br />

Non c’è momento più bello, nella realizzazione<br />

di un disco, che il momento della<br />

scrittura, quello in cui ti immagini<br />

già come verrà fuori una canzone. Stavolta<br />

è stato decisamente particolare,<br />

per me, scrivere a quattro mani, ma è<br />

stato anche decisamente stimolante.<br />

Mi ha colpito “Dalla<br />

carne”: vorrei saperne<br />

qualcosa di più.<br />

È stata la prima canzone<br />

a venir fuori, anche<br />

se aveva un arrangiamento<br />

diverso, alla fine<br />

è stata tra le ultime a<br />

essere completata. Il<br />

testo è semplicemente<br />

un elenco dei motivi<br />

per cui ancora scrivo<br />

canzoni.<br />

Puoi raccontare delle<br />

collaborazioni che figurano sul disco?<br />

Partirei comunque da Fabio, con il<br />

quale siamo amici da più di dieci anni,<br />

anni in cui ci siamo confrontati più e<br />

più volte sui nostri rispettivi progetti,<br />

senza mai riuscire, probabilmente anche<br />

per questioni di personalità, ad avviare<br />

una solida collaborazione (anche<br />

se lui ha suonato nei due lavori precedenti<br />

e spesso fatto da fonico nei live).<br />

Stavolta ci siamo decisamente messi in<br />

gioco, abbiamo scritto, arrangiato, non<br />

sempre è stato semplice, ma alla fine è<br />

stato un lavoro che ci ha portato sicuramente<br />

a crescere. Con Gabriele Proietti<br />

e Sarah Moon siamo molto amici,<br />

da subito avevo pensato che mi sarebbe<br />

piaciuto molto che partecipassero. Sarah<br />

è la prima volta che si confronta<br />

con il cantato in italiano, riuscendo<br />

anche a sorprendermi con la scelta del<br />

registro vocale, Gabriele ha partecipato<br />

in due brani molto<br />

“poco rock”, perché volevo<br />

tirasse fuori dalla<br />

sua chitarra dei suoni<br />

più vicini al suo lato<br />

psichedelico. In “Ad<br />

ogni piccola morte”, poi,<br />

suonano Vieri Baiocchi,<br />

Andrea Carboni e<br />

Giorgio Baldi (che non<br />

poteva assolutamente<br />

mancare, neanche<br />

stavolta). Vieri figura<br />

anche tra i produttori<br />

esecutivi del disco e il suo locale, lo<br />

“Yeah”, è un po’ la mia seconda casa<br />

romana, con Andrea sono una sezione<br />

ritmica molto affiatata, siamo amici<br />

e negli ultimi tempi ci siamo sempre<br />

scambiati opinioni sui rispettivi ascolti.<br />

Quando è stato il momento di entrare<br />

in studio ho voluto coinvolgerli, proprio<br />

perché volevo che in questo disco<br />

suonassero esclusivamente miei amici,<br />

persone che ci tenessero a partecipare<br />

e a dare il loro contributo nel modo migliore.<br />

Riguardo Giorgio Baldi non so<br />

più cosa dire, è stato un “faro” all’inizio<br />

del mio percorso e ogni volta riesce a<br />

stupirmi, stavolta è riuscito a intervenire<br />

soltanto all’ultimo momento, difficilmente<br />

riuscirei a immaginare un mio<br />

lavoro senza neanche due note suonate<br />

da lui. Un’altra collaborazione importante<br />

credo sia quella con Daniele Coccia<br />

(Il Muro del Canto, Surgery), una<br />

voce che mi accompagna nello stereo<br />

da parecchio tempo. Ho scritto la sua<br />

parte immaginandola cantata da lui<br />

ed è stato emozionante quando poi l’ha<br />

eseguita in studio esattamente come la<br />

immaginavo, ci tenevo tantissimo che<br />

partecipasse, per questioni<br />

di stima artistica e di amicizia.<br />

Nel brano, abbiamo<br />

anche voluto chiamare una<br />

serie di amici a fare un coro<br />

“piratesco”. Sicuramente il<br />

momento delle registrazioni<br />

è stato uno dei più belli<br />

dell’intera lavorazione.<br />

Viste le caratteristiche<br />

“notturne” del disco, per i<br />

concerti farai scelte particolari?<br />

Dal vivo, nessuna novità<br />

particolare: mi accompagneranno<br />

i miei musicisti<br />

di sempre Fabio Martini al<br />

contrabbasso, pianoforte e<br />

synth, Andrea Cauduro al<br />

basso e alla chitarra, Giovanni<br />

Abei alla chitarra e<br />

Lorenzo Valerio alla batteria.<br />

Cercheremo di riproporre<br />

il disco nella maniera<br />

più fedele possibile e sicuramente<br />

qualche brano dai<br />

lavori precedenti.<br />

20 21


THOMAS DYLAN<br />

partendo da giri ipnotici<br />

Un’ispirazione evidente fin dallo pseudonimo e una notevole voglia di raccontare,<br />

anche con idee psichedeliche, condensata nell’ultimo lavoro “Spleen<br />

delle sorgenti”. Lo abbiamo intervistato.<br />

Puoi raccontare la tua storia fin qui?<br />

Sono di Bergamo e abito in Valle Seriana.<br />

Ho iniziato a scrivere canzoni verso<br />

i quindici /sedici anni e praticamente<br />

non ho mai smesso. Dai diciotto dipingo,<br />

e anche con la pittura non ho mai<br />

smesso. Ora ho trentanove anni. Scrivo<br />

canzoni in italiano, brani acustici, un<br />

po’ bucolici folk, e dipingo soprattutto<br />

alberi. Ho composto e inciso undici<br />

lavori tra dischi, ep, demo e collaborazioni<br />

(molti con i gruppi con cui suonavo:<br />

Violaspinto, Myblake e Uma; con i<br />

Violaspinto ci suono tuttora). Tutto indipendente.<br />

Tecnicamente, grazie all’esperienza<br />

maturata in questi anni, mi<br />

sento più consapevole e sciolto, la mia<br />

arte è molto semplice, potrebbe farla<br />

chiunque. Probabilmente c’è qualcosa<br />

di più elaborato a livello vocale perché<br />

ho studiato canto sia in Italia che in<br />

India, ma nulla di trascendentale.<br />

Quali sono i tuoi capisaldi musicali?<br />

Nick Drake e Barrett sono artisti estremamente<br />

luccicanti… vanno davvero<br />

oltre…. anche Bob Dylan, lui (ovviamente<br />

attraverso i suoi dischi) ha il<br />

potere di darmi molta energia… adoro i<br />

Black Sabbath con Ozzy; in questo periodo<br />

sto ascoltando Serge Gainsbourg.<br />

Come psichedelia, seppur potrei risultare<br />

scontato, mi piacciono i primi Pink<br />

Floyd e ovviamente Barrett solista;<br />

Robyn Hitchcock, Julian Cope, Twink<br />

Pink, Hight Tide.<br />

Come nasce “Nel bosco”?<br />

L’idea nasce dalle basi dell’Ermetismo,<br />

dove in sintesi si lavora con<br />

gli elementi. E’ stato semplice poi<br />

costruire la canzone come se si interrogassero<br />

i guardiani chiedendo<br />

loro il permesso di poter entrare<br />

nel bosco. A questo punto dopo<br />

che io e mio figlio abbiamo avuto<br />

il permesso di entrare (che poi<br />

è metaforico – micro e macro) le<br />

cose si sono fatte ancora più semplici<br />

e scorrevoli e non ho fatto<br />

nient’altro che spiegare al piccolo<br />

alcuni insegnamenti universali<br />

basilari. Racconta che spesso si<br />

fa un grande giro per poi scoprire<br />

che va già tutto bene. E’ sicuramente<br />

un tema che mi sta molto a cuore e che<br />

emerge spesso nei miei testi. Mi piace<br />

filtrare la realtà attraverso la mia visione<br />

delle cose, attraverso ciò che vivo<br />

e attraverso i miei studi. Praticamente<br />

il 90% del lavoro sta nella ricerca. I risultati<br />

a volte funzionano a volte meno.<br />

Grazie, mi fa molto piacere che ti sia<br />

piaciuta. Tecnicamente per questa canzone<br />

sono partito da un giro ipnotico e<br />

dai ritornelli e quindi poi ho dilatato il<br />

tutto. Cerco sempre comunque di stare<br />

in schemi piuttosto delineati quando<br />

compongo. Ho poi lavorato alla prospettiva<br />

con le sovraincisioni e mixaggio.<br />

Puoi raccontare la strumentazione<br />

principale che hai utilizzato per questo<br />

disco?<br />

22<br />

23


Chitarre acustiche e voci, ci sono anche<br />

un flauto e un paio di chitarre elettriche<br />

pulite. Nessun effetto artificiale<br />

sulle voci, e francamente pochissimi<br />

in tutto il disco, un po’ del mio pedale<br />

delay e una macchinetta che mi ha<br />

prestato mio fratello da DJ. Per il resto<br />

nessun copia e incolla. Per le voci<br />

ho inciso diverse tracce, un paio anche<br />

sfasate per ottenere una sorta di effetto<br />

simile a un delay. E’ praticamente tutto<br />

naturale. Anche il master fatto è stato<br />

delicatissimo. Il master (accanto alle<br />

collaborazioni musicali di altri artisti)<br />

è stato l’unico passaggio non eseguito<br />

interamente da me. Il mixaggio è stato<br />

il momento più creativo a livello di<br />

produzione di questo disco, perchè ho<br />

lavorato sulle profondità, sugli incastri<br />

e risulta tutto molto delicato e a volte<br />

fragile. Come un mosaico.<br />

Puoi descrivere i tuoi concerti?<br />

Certo, i miei concerti si basano sulla<br />

sola chitarra acustica, su voce e tampura.<br />

Si crea quindi un atmosfera intima<br />

e ci si impegna per renderla calda. In<br />

scaletta ho inserito canzoni di questo<br />

disco, del precedente “Cielinoncuranti”<br />

e di quello che sto attualmente realizzando.<br />

Non è un set lungo poichè<br />

preferisco non appesantire la serata.<br />

Alterno canzoni tranquille “ipnotiche” a<br />

qualcuna più sostenuta e siccome quasi<br />

tutte le mie canzoni parlano di sentimenti,<br />

è stato difficile trovare il giusto<br />

equilibrio della scaletta, ma dai concerti<br />

precedenti ho comunque imparato<br />

molto; mi sono reso conto anche che ci<br />

sono canzoni che sento meno. Ma credo<br />

sia un processo naturale. Non le suono<br />

comunque tutte. Per ora ho ho due<br />

date confermate : il 23 aprile all Edonè<br />

di Bergamo (aprirò la serata agli Ella<br />

Goda, nel loro Show Case). E ho una<br />

serata al Museo Maglio di Ponte Nossa<br />

l’ultima settimana di agosto con l’amico<br />

cantautore Luca Dai (due set separati)…<br />

cornice pazzesca e grande energia<br />

che scorre…<br />

Stai già lavorando al prossimo disco?<br />

Sì… Sto lavorando al nuovo disco e sta<br />

venendo più scorrevole dei due precedenti,<br />

proprio sul piano pratico di realizzazione.<br />

Suona, almeno finora, un po’<br />

più sporco, anche perché sto registrando<br />

le acustiche attraverso l’amplificatore<br />

e non solo in modo naturale. Hanno<br />

già collaborato due ospiti con cui ho<br />

suonato per lungo tempo in passato.<br />

“Labo” che in un brano ha messo le<br />

sue chitarre e i suoi effetti, ha creando<br />

uno spiritato tappeto sonoro, un sottofondo<br />

perfetto all’arpeggio portante a<br />

mò di mantra che dirige tutta la canzone.<br />

Brian invece, in un altro brano,<br />

ha suonato il piano e il sintetizzatore<br />

preparandosi in modo preciso già da<br />

casa; il fatto curioso è stato che una<br />

volta registrata la sua parte, che già<br />

andava bene, abbiamo trovato insieme<br />

una formula semplice che ci ha stupiti.<br />

Non abbiamo avuto più bisogno di toccare<br />

nulla.I temi trattati<br />

in questo nuovo lavoro a<br />

mio parere appaiono più<br />

lucidi e quell’ attimo meno<br />

onirici dei precedenti,<br />

meno ermetici. Per assurdo<br />

però la musica sta<br />

andando proprio in quella<br />

direzione. Entrando un po’<br />

nello specifico, una traccia<br />

fa riferimento ai grandi<br />

insegnamenti dettati dal<br />

fondatore dello spiritismo<br />

Allan Kardec; per scrivere<br />

questo brano ho approfondito<br />

e studiato le sue teorie<br />

e i suoi lavori; poi ho<br />

esposto tutto ciò con parole<br />

mie, ponendo anche domande<br />

dettate dalla mia<br />

sensibilità…Una seconda<br />

traccia invece si rifà maggiormente<br />

ad un discorso<br />

legato al Thelema, quindi<br />

a un testo legato alla<br />

magia con la specifica di saper vivere<br />

il proprio tempo, cosa che a volte pare<br />

messa in secondo piano proprio perché<br />

attualmente ci si ascolta meno che in<br />

passato… a mio parere. Una terza invece<br />

è forse quella che si avvicina maggiormente<br />

alla poetica di Spleen delle<br />

sorgenti… un po più decadente; una<br />

canzone d’ amore delicata, una sorta di<br />

acquarello, anche un po fragile se vogliamo,<br />

che racconta del prendere senza<br />

mai chiedere. Ne sto scrivendo una<br />

quarta invece che parla delle maschere,<br />

delle pose che poi portano ai classici<br />

clichés… ho cercato di descrivere e fermare<br />

quell attimo in cui una coppia (in<br />

questo caso) si rende conto, dopo aver<br />

puntato il dito a lungo, di essere dentro<br />

a quelle dinamiche che ha tanto criticato.<br />

Ce ne sarebbe anche una che ho già<br />

finito ma proprio non mi riesce di registrarla,<br />

magari non va d’accordo con le<br />

altre…<br />

24<br />

25


TEN!<br />

dieci foto per dieci canzoni<br />

Alessandro Trapezio è un fotografo bolognese che ha affidato dieci proprie<br />

foto ad altrettante band con la richiesta di comporre un brano ad hoc. E’<br />

nata così una compilation con relativo catalogo. Che ha visto, tra i partecipanti,<br />

Bologna Violenta, Fuzz, His Clancyness, Melampus, Stromboli<br />

Puoi raccontare come nasce il progetto<br />

“Ten!”?<br />

“Ten!” è un progetto nato per caso, dopo<br />

che nel corso degli anni alcuni gruppi o<br />

musicisti mi hanno richiesto delle immagini<br />

per le loro copertine, essendo io<br />

un artista che usa principalmente la fotografia.<br />

E’ capitato che le mie idee per<br />

i loro album non coincidessero con le<br />

loro; così mi sono chiesto cosa sarebbe<br />

successo se fossi stato io a scegliere delle<br />

mie foto, già concepite come copertine,<br />

e le avessi “imposte” ai gruppi. Una<br />

sorta di inversione del canonico processo<br />

che avviene tra fotografo e musicista.<br />

Qui sono stati loro a comporre<br />

un pezzo inedito ispirandosi alla foto,<br />

alla copertina. Ovviamente mi piaceva<br />

anche l’idea di proseguire quel proficuo<br />

sodalizio, anche se ribaltato in<br />

questo caso, tra la fotografia e la<br />

musica, come tra Mapplethorpe<br />

e Patti Smith (o altri centinaia<br />

di casi), in cui opere fotografiche<br />

sono diventate copertine storiche.<br />

Accostare immagini e fotografie<br />

è diventata pratica comune<br />

con le copertine, ma farlo a partire<br />

dalla foto è quasi inedito.<br />

Pensi di aver messo in difficoltà<br />

i musicisti che hai coinvolto?<br />

Sicuramente è stata una bella<br />

sfida per loro, perché non ho<br />

voluto, tra le immagine scelte,<br />

neppure dare loro una foto che<br />

potesse calzare completamente o essere<br />

l’esatto contrario della loro essenza.<br />

Sono stato neutro e quasi del tutto<br />

casuale nell’affidargli le immagini che<br />

avevo scelto. Qualcuno si è trovato subito<br />

a suo agio ed è stato coerente con<br />

il proprio suono, altri dopo una prima<br />

difficoltà hanno creato cose nuove rispetto<br />

al loro stile. Qualcuno mi ha confessato<br />

di essere stato fino all’ultimo<br />

in seria difficoltà perché sentiva lontanissima<br />

l’immagine. Difficoltà di alcuni<br />

a parte, comunque, sono venute fuori<br />

10 tracce secondo me molto belle, tutte<br />

interessanti e in alcuni casi davvero<br />

sperimentali. Credo, per farti un esempio,<br />

che una delle più complesse da musicare,<br />

fosse l’immagine della lapide di<br />

Pier Paolo Pasolini; c’era poco margine<br />

26<br />

27


di inventiva, l’immagine era molto didascalica,<br />

eppure Xabier Iriondo e Roberto<br />

Bertacchini (the shipwreck bag<br />

show), utilizzando citazioni degli Scritti<br />

Corsari, hanno composto una “poesia<br />

elettrica” potente.<br />

Quando hai ascoltato le musiche “derivate”<br />

dalle tue immagini hai avuto<br />

molte sorprese oppure tutto sommato<br />

ti aspettavi questo tipo di risultati?<br />

In un certo senso mi hanno sorpreso<br />

tutti. Chi è rimasto molto fedele<br />

al proprio genere, come per esempio<br />

i Melampus o Giungla, ha composto<br />

delle tracce bellissime e a mio parere<br />

completamente in sintonia con le mie<br />

opere. Altri, come Stromboli e Bologna<br />

Violenta hanno praticamente composto<br />

una colonna sonora che potrebbe a sua<br />

volta continuare la storia di quelle foto.<br />

Ma c’è anche chi mi ha spiazzato, come<br />

Stefano Pilia che ha tirato fuori un<br />

pezzo minimale ma intensissimo, solo<br />

al piano. Ma tutti, proprio tutti sono<br />

stati una sorpresa, quando ho ascoltato<br />

le canzoni per la prima volta ero<br />

emozionato come un bambino e non ci<br />

ho messo nulla a innamorarmi di quei<br />

suoni. Ci sono dei pezzi che rimangono<br />

totalmente in testa e la cosa incredibile<br />

è che messi insieme - e fare la scaletta<br />

non è stato facilissimo - sono un bel<br />

disco, con sonorità molto differenti ma<br />

con un filo sottile che li lega fino alla<br />

fine.<br />

Avevi già un rapporto con gli artisti<br />

che hanno lavorato al progetto? In che<br />

modo avete interagito?<br />

Si, con quasi tutti. Alcuni sono amici<br />

di vecchia data, altri lo sono diventati.<br />

Di tutti sono fan, quello è certo, e nutro<br />

una grande stima per quello che fanno.<br />

Qualcuno l’ho conosciuto di persona<br />

grazie al progetto, qualcuno l’ho conosciuto<br />

meglio. La maggioranza dei musicisti<br />

presenti fa parte della scena indie<br />

(ma non solo) bolognese, ma anche<br />

italiana ed europea. C’è anche Jochen<br />

Arbeit degli Einstürzende Neubauten<br />

che definirei della scena internazionale,<br />

ma non solo, penso agli His Clancyness<br />

spesso in tour negli Usa o ai componenti<br />

storici degli Starfuckers: Manuel<br />

Giannini e Roberto Bertacchini (in questo<br />

caso in due formazioni diverse)!<br />

L’interazione è stata semplice, sono<br />

stati subito entusiasti dell’idea, talvolta<br />

con qualche perplessità, ma subito<br />

collaborativi e incredibilmente, visti<br />

anche<br />

gli impegni<br />

di<br />

alcuni di<br />

loro, velocissimi.<br />

Sono<br />

stato<br />

fortunato.<br />

28<br />

29


E oltre ai musicisti ho avuto anche la<br />

fortuna di completare il tutto in modo<br />

eccellente grazie alla collaborazione di<br />

Riff Records per la produzione, Paolo<br />

Masiero che ha creato una super grafica<br />

per il disco e il catalogo, Federica<br />

Patti per l’organizzazione della parte<br />

espositiva del progetto, Antonio Grulli<br />

e Vera Roveda per i testi e la comunicazione.<br />

Pensi che questo sarà un “unicum” oppure<br />

ritieni che potrai ripetere questa<br />

esperienza in futuro?<br />

Non lo so. Ten! ora sta comunque andando<br />

avanti: sto cercando di portarlo<br />

un po’ in giro. Oltre alla distribuzione<br />

da parte di Goodfellas, io continuo<br />

a cercare spazi e città dove portarlo,<br />

come un tour. Dopo Milano, da Santeria,<br />

ora, il 21 di aprile sarà a La Spezia<br />

sia con la mostra che con un live<br />

che vede una collaborazione inedita<br />

tra Francesco Brasini e i Melampus, al<br />

Frame Live Club. Poi si vedrà. La cosa<br />

bella è proprio che alcuni degli artisti<br />

che hanno partecipato a Ten! si sono<br />

messi in contatto, stanno creando nuove<br />

collaborazioni, e magari riescono a<br />

suonare insieme. Qualcuno non si era<br />

mai conosciuto e chissà che non nascano<br />

nuovi gruppi, Questa è uno degli<br />

aspetti più interessanti che sono successi<br />

con il progetto. Magari potrebbe<br />

essere la base per un ulteriore sviluppo<br />

di Ten!. O magari per un nuovo disco...!<br />

Non è facile ma chissà!<br />

30 31


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