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Alessandro Di Vicino Gaudio: Ego, Jump, a dive into the future

Catalogo della mostra di Alessandro Di Vicino Gaudio alla Galleria Schubert di Milano 20017

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qui? Nessuno a casa che ti aspetta?»<br />

«Per la verità sì, ma non voglio pensarci… capisci?<br />

Non in questo momento».<br />

Gli occhi di Jasmina brillarono di malizia:<br />

«Devo sentirmi lusingata, allora! E se ti chiedessi<br />

di venire a fare serata con me? Che ne dici, ti va<br />

di <strong>dive</strong>rtirti?»<br />

«Ho almeno vent’anni più di te» replicò Ernest,<br />

più incuriosito che sconcertato. «Non hai una<br />

lampadina nella testa che ti dice che sarebbe una<br />

cosa sbagliata?»<br />

«No» rispose candidamente lei. «<strong>Di</strong> solito è<br />

un’altra la parte che mi si accende…»<br />

Ernest tentò<br />

di riprendere il<br />

controllo della<br />

situazione: «Ok,<br />

va bene, va bene.<br />

Facciamo così:<br />

prima vedo cosa<br />

vuole il mio capo<br />

e poi ti chiamo,<br />

semmai. Se rimango<br />

da solo,<br />

voglio dire».<br />

«Interessante»<br />

annotò Jasmina.<br />

«È un po’ che<br />

non lo faccio in<br />

6<br />

un ufficio!»<br />

«Non l’avrei detto» gli<br />

sfuggì a Ernest di riflesso.<br />

Perlomeno Jasmina<br />

ne sembrava felice. «Io<br />

invece mai. Mai fatto in<br />

un ufficio”.<br />

Jasmina mise la ciliegina<br />

sulla torta con un ultimo<br />

occhiolino seduttore:<br />

«Per i dipendenti non c’è<br />

sovrapprezzo».<br />

«Ok, va bene! Stai attaccata<br />

al telefono, eh, che<br />

ti chiamo!» le assicurò<br />

Ernest, allontanandosi in<br />

direzione dell’ascensore<br />

visibilmente ringalluzzito.<br />

Ventiduesimo piano.<br />

Ernest si diresse a passo<br />

spedito in direzione<br />

dell’ufficio del capo, attraversando<br />

lo stanzone deserto di cabine e postazioni<br />

da lavoro. L’ultimo collega se n’era andato<br />

ore prima, fuggendo a prepararsi per una qualsiasi<br />

festa nella quale imbucarsi. Quel luogo <strong>dive</strong>ntava<br />

quasi ameno a quell’ora della sera, quando<br />

il giorno non si sentiva altro che ticchettare di<br />

tastiere e cigolio di stampanti al lavoro. La luce<br />

della città entrava attraverso le grandi vetrate<br />

esterne, i primi fuochi d’artificio cominciavano<br />

ad apparire in cielo e c’era una strana quiete per<br />

le strade: la gente era già a cena, pensò Ernest,<br />

tutti a rifocillarsi prima della nottata brava. Tutti<br />

tranne lui.<br />

Entrò nello<br />

studio di Mike e<br />

lo trovò davanti<br />

allo specchio, a<br />

provarsi le cravatte.<br />

«Oh, Ern! Hai<br />

fatto presto!»<br />

esordì quello.<br />

«Speravo di riuscire<br />

a parlarti,<br />

prima di andare!»<br />

Indosso aveva<br />

un elegante abito

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