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Alessandro Di Vicino Gaudio: Ego, Jump, a dive into the future

Catalogo della mostra di Alessandro Di Vicino Gaudio alla Galleria Schubert di Milano 20017

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zione mostravano<br />

le<br />

immagini<br />

della guerra<br />

che si<br />

stava svolgendo<br />

in<br />

quei giorni<br />

in medio<br />

oriente.<br />

Ernest osservò<br />

il<br />

servizio per<br />

un paio di<br />

secondi,<br />

poi l’indifferenza<br />

e la<br />

lontananza<br />

dal problema<br />

lo<br />

portarono a<br />

riprendere<br />

il suo passatempo<br />

di<br />

osservare i<br />

passeggeri<br />

dormienti<br />

del treno.<br />

Si bloccò sul posto quando riconobbe due fidanzatini<br />

che stavano seduti in disparte, vicino all’altra<br />

uscita. Come gli altri, anche il ragazzo portava<br />

le cuffie e sonnecchiava con gli occhialoni scuri<br />

calati sul naso, mentre la ragazza sembrava ripassare<br />

la lezione della mattinata nel quaderno sul<br />

suo ventre. Sentitasi osservata, alzò lo sguardo e<br />

guardò nella direzione di Ernest: gli riservò un<br />

sorriso luminoso e sincero, quindi ritornò prontamente<br />

ai suoi compiti dimenticandosi della sua<br />

esistenza. A Ernest sembrò di tornare a sentire<br />

il vento gelido dell’abisso falcidiargli la pelle del<br />

viso. Gli venne la nausea e gli toccò mascherare<br />

un rutto nella voce dell’altoparlante che annunciava<br />

la stazione successiva. Fortunatamente la<br />

sua.<br />

Si fece largo tra le persone sulla banchina come<br />

a voler scappare da qualcosa di inquietante che<br />

il suo cervello faticava a comprendere, ma si<br />

piantò nuovamente quando riconobbe lo scortese<br />

tassista del sogno nel barbone addormentato<br />

sui cartoni poco lontano, mentre i lavoratori<br />

gli sfrecciavano accanto senza notarlo. Che poi,<br />

13<br />

avrebbero notato solo un cumulo di coperte e un<br />

barattolo vuoto per gli spiccioli, nemmeno un<br />

cartello scritto in una grammatica da prima elementare<br />

o una chitarra con la quale guadagnarsi<br />

l’elemosina.<br />

Mentre il treno ripartiva alle sue spalle, Ernest<br />

si tranquillizzò e al tempo stesso si sentì stranamente<br />

in colpa: quella notte il tassista gli era apparso<br />

di poche parole, era sembrato scorbutico<br />

e solitario… o almeno, così l’aveva immaginato.<br />

Non sapeva come mai, ma si sentiva in colpa per<br />

averlo sognato in quella maniera, come qualcuno<br />

che si era anche <strong>dive</strong>rtito a sfottere. Non lo aveva<br />

fatto per davvero, certo; non aveva motivo di sentirsi<br />

male solo per aver preso in giro un barbone<br />

quando la sua coscienza ignorava che appartenesse<br />

a lui la faccia del tassista! Eppure, qualcosa<br />

nello stomaco brontolava la sua disapprovazione.<br />

Arrivato al lavoro fu anche peggio: una fiumana<br />

di colletti bianchi in movimento, tra scale mobili,<br />

ascensori e destinazioni. Si rischiava di perdersi<br />

senza una guida. Per Ernest, che pure conosceva<br />

la strada, la guida era e rimaneva Jasmina; peccato<br />

che lei adesso fosse occupata con un ospite della<br />

corporazione, quello che sembrava a tutti gli

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