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Alessandro Di Vicino Gaudio: Ego, Jump, a dive into the future

Catalogo della mostra di Alessandro Di Vicino Gaudio alla Galleria Schubert di Milano 20017

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agazzo e cominciò a farli mettere in pose <strong>dive</strong>rse:<br />

stile Titanic, lei in braccio a lui, lui che tentò<br />

di andare in braccio a lei, loro che si baciavano…<br />

insistettero perfino per farsi un selfie con il suicida:<br />

«Così i miei amici su facebook si roderanno il<br />

fegato dall’invidia!» si giustificò lui, quando trovò<br />

il coraggio di proporre quella posa.<br />

Alla fine la ragazza, che sembrava una fanciulla<br />

di buona famiglia innamorata di un bulletto dalle<br />

scarpe ultimo modello, si accorse delle macchie<br />

rossastre che gli avevano sporcato giaccone e camicia.<br />

«Che ti è successo?» domandò con la sua vocetta<br />

angelica. «Ti sei fatto male?»<br />

«Oh, no» garantì Ernest, tranquillizzandola,<br />

«non è mio questo sangue. È del mio capo».<br />

«Il tuo capo?»<br />

«Precisamente. L’ho ucciso non più di dieci<br />

minuti fa: vedi?» disse, mostrando ai ragazzi le<br />

nocche delle mani piagate dai colpi inferti. «L’ho<br />

colpito finché non ha smesso di respirare, poi l’ho<br />

colpito ancora».<br />

Alla tranquillità con la quale Ernest parlava del<br />

delitto la ragazza reagì ritraendosi, con l’espressione<br />

ansiosa e non più tanto <strong>dive</strong>rtita. Il ragazzo<br />

invece era al settimo cielo: «Hai ammazzato<br />

davvero un uomo? Che cosa malata!» esclamò<br />

entusiasta.<br />

«Se vuoi puoi andare a vedere al ventiduesimo<br />

piano. Il cadavere è ancora lì e ci rimarrà almeno<br />

fino alla riapertura, dopo le ferie».<br />

Il giovane si rigirò verso la fidanzatina: «Hai<br />

sentito? Andiamoci a fare una foto anche col cadavere,<br />

che aspettiamo?!» propose impaziente,<br />

partendo a passo svelto e saltellante verso l’uscita.<br />

La ragazza rimase a qualche metro da Ernest, a<br />

fissarlo dubbiosa.<br />

«Che c’è?» le chiese lui di rimando. «Qualcosa<br />

non va?»<br />

«Perché lo hai ucciso?» replicò lei, serissima.<br />

«Beh… principalmente perché è uno stronzo.<br />

Era, pardon, era uno stronzo. E poi perché mi<br />

trattava di merda tutti i giorni dandomi compiti<br />

impossibili e facendomi richieste folli. Minacciandomi<br />

pure. Mi ero semplicemente stancato<br />

di lasciar correre, capisci che intendo?»<br />

«No, veramente no» replicò sincera lei.<br />

«Credimi, lo capirai crescendo».<br />

«E ora come stai?»<br />

«Ad averlo fatto, dici? Bah… ti dirò, mi sento<br />

bene. Sono felice, avrei dovuto farlo prima. Lo<br />

sai invece cos’è la cosa strana? È che Mike, prima<br />

di morire, mi aveva dato un lavoro che credevo<br />

avesse impiegato giorni per essere risolto, e invece<br />

credo di aver già trovato una soluzione. Aveva<br />

ragione in fin dei conti, c’era un problema nell’applicazione».<br />

«Quindi aveva ragione e l’hai ucciso comunque?»<br />

«Non potevo sapere che aveva ragione quando<br />

l’ho fatto. Siete stati voi ad aiutarmi, sai? Se non<br />

foste saliti quassù chissà quanto avrei dovuto cercare<br />

ancora, prima di trovare l’errore».<br />

«Ah sì? E come ti abbiamo aiutato?»<br />

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