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Alessandro Di Vicino Gaudio: Ego, Jump, a dive into the future

Catalogo della mostra di Alessandro Di Vicino Gaudio alla Galleria Schubert di Milano 20017

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vedersi il naso gocciolante di sangue insozzare<br />

la camicia di seta, non più candida e profumata.<br />

«Sei <strong>dive</strong>ntato pazzo, Ern?!» strepitò. «Stupido<br />

figlio di puttana, sei licenziato! E non è tutto: io<br />

ti denuncio, hai capito?! E ti levo anche quelle<br />

poche cose che hai! Ti strapperò via anche le mutande<br />

e con quelle…»<br />

Ernest arrivò come un bulldozer a colpirlo ancora.<br />

Non era un uomo possente e la forza non era<br />

più quella della gioventù. Però Mike era esile, era<br />

mingherlino, era debole. Arrogante a parole ma,<br />

quando ci fu da misurarsi coi fatti, riusciva solo a<br />

pararsi la testa tra le mani e scivolare a terra, facendosi<br />

accompagnare dal muro. Ernest lo colpì<br />

ancora. E ancora. E ancora. E quando fu troppo<br />

rannicchiato per poterlo comodamente gonfiare<br />

di pugni come una zampogna, incominciò a calpestarlo<br />

e schiacciarlo. <strong>Di</strong> più e con maggiore forza,<br />

senza fermarsi. Senza tregua. Senza ritegno.<br />

Si fermò quando la faccia di Mike era <strong>dive</strong>ntata<br />

ormai una polpetta.<br />

Quante volte l’aveva colpito? Venti, trenta volte?<br />

E quante erano state dopo che aveva perso<br />

conoscenza? Non se lo ricordava e nemmeno gli<br />

importava, a dirla tutta. Mike era a terra, in un<br />

lago di sangue che si stava allargando rapidamente.<br />

Per andare sul sicuro, Ernest prese a due mani<br />

un grosso soprammobile di metallo a forma di<br />

matrioska e con quello gli ridusse il cranio a<br />

pezzettini, schiacciandoglielo e spremendoglielo<br />

con metodici colpi alle zone ancora intatte di<br />

quella testa di cazzo. Ernest rideva, perché chissà<br />

come gli era venuto in mente la moglie Martha<br />

che faceva il suo famoso pesto in casa, e se la immaginò<br />

lì con lui a schiacciare basilico e pinoli…<br />

sebbene basilico e pinoli di solito non emettessero<br />

gli ultimi, scattosi fremiti di vita quando<br />

venivano preparati.<br />

Quando fu soddisfatto si guardò addosso:<br />

aveva la giacca lurida di melma gocciolante e<br />

appiccicosa. Gli schizzi erano isterici sulla sua<br />

camicia, e i pantaloni lordi di filamenti carmini.<br />

D’un tratto la mente abbandonò il pensiero<br />

della moglie, riproponendogli invece quello di<br />

Jasmina, di sotto che ancora lo aspettava. Erano<br />

passati <strong>dive</strong>rsi minuti, davvero lo stava sempre<br />

aspettando? Non importava più nemmeno quello,<br />

ormai. Dubitava avrebbe fatto sesso con lui<br />

vedendolo in quelle condizioni, anche se non ci<br />

avrebbe messo la mano sul fuoco. Tornò all’ascensore<br />

con quel pensiero, attraversando la<br />

quiete immacolata dello stanzone centrale sporcando<br />

la moquette di impronte di sangue. Lasciò<br />

una scia rossa per terra come tante briciole di<br />

pane, eppure si sentiva bene, Ernest, come mai<br />

prima d’ora! Era stato liberatorio dare a Mike<br />

quanto meritava, non immaginava davvero potesse<br />

esserlo tanto… e infine, arrivato all’ascensore,<br />

gli venne voglia di provare qualcosa di ancora<br />

più liberatorio. Qualcosa che era già in programma<br />

da tempo.<br />

Centoventiseiesimo piano.<br />

Il terrazzo sul tetto era grande, dotato di un<br />

panorama mozzafiato e, ovviamente, deserto.<br />

Ernest dominava la città da lassù: si sentiva lo<br />

strombazzare lontano dei clacson, i rumori di<br />

milioni di persone che aumentavano di intensità<br />

ogni minuto che passava, man mano che ci si<br />

avvicinava alla mezzanotte. Lui si sentiva libero e<br />

felice come non mai. Libero dalle responsabilità<br />

quando si mise a sedere oltre la balaustra, felice<br />

di quella solitudine apparente, solo in mezzo a<br />

una metropoli, quando lasciò che le gambe ciondolassero<br />

inerti nel vuoto. L’aria era pungente<br />

sul viso ma non gli importava. Nulla importava,<br />

adesso.<br />

Mentre Ernest pontificava sulle ironie della vita<br />

come è possibile fare soltanto a un passo dall’o-<br />

9

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