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7° MODULO - Teo 7 - Siua

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<strong>7°</strong> <strong>MODULO</strong> - <strong>Teo</strong> 7<br />

Di Roberto Marchesini<br />

Argomenti<br />

1. Le rappresentazioni<br />

2. Le funzioni cognitive<br />

3. L'intelligenza<br />

Obiettivo didattico: dare le conoscenze di base sulle funzioni elaborative, quei predicati<br />

che consentono al soggetto di interfacciarsi in modo informativo al mondo ossia<br />

realizzando le strutture di significato, le operazioni di lavorazione sui dati, le componenti<br />

generali che consentono tutte le attività cognitive. Definire le diverse tipologie di<br />

conoscenza: vocabolari, schema corporeo, cinestesi, prattognosi, euristiche, operanti,<br />

mappe. Specificare le funzioni cognitive di base per individuare le tendenze elaborative, la<br />

flessibilità, la correlazione al mondo, la struttura di interfaccia, l'adattabilità, la resilienza.<br />

Premessa<br />

La mente posiziona il soggetto nella situazione attraverso le specifiche "disposizioni" -<br />

quale motivazione, quale emozione, che livello di arousal vengono attivati - il che significa<br />

assegnare "un valore", che può essere emozionale o motivazionale, a variabili che si<br />

presentano al soggetto nel qui e ora. Oltre a questo la mente attraverso le "elaborazioni"<br />

attribuisce ai diversi contesti dei "significati" in termini: a) di utilità = a cosa serve, cosa<br />

predice, come si affronta; b) di caratteristiche = le qualità che presenta, come è<br />

organizzata, le coordinate per affrontarli. Se le disposizioni indicano la marcatura (mi piace<br />

o non mi piace, mi interessa o non mi interessa) che viene attribuita a un ente, le<br />

elaborazioni richiamano delle icone ovvero dei significati interpretativi, predittivi, operativi<br />

e mappali.<br />

Per fare questo il mondo diventa un campo di possibili input, sotto forma di stimoli e di<br />

report, che chiedono un insieme di processi di "lavorazione" (processazione) per essere<br />

trasformati in significati. Nel lavoro di estrazione dei report come nella loro trasformazione<br />

interpretativa, nel lavoro di riflessione sullo stato presente come nella strutturazione di<br />

prospetti prefigurativi, nella soluzione di un problema come nell’evocazione di un ricordo è<br />

necessario fare affidamento a: 1) operazioni di sintassi degli input (aggiungere,<br />

disgiungere, includere, correlare, etc.) che chiameremo “funzioni logiche”; 2) schemi di<br />

elaborazione capaci di rappresentare in modo specifico l’input (una mappa, un significato,<br />

una norma) che chiameremo “rappresentazioni”; 3) supporti del lavoro cognitivo, ovvero<br />

componenti che sostengono tutte le attività cognitive (memoria, attenzione,<br />

concentrazione, metacognizione) che chiameremo “metacomponenti cognitive”.<br />

La lettura computativa della mente - che non deve essere valutata come esaustiva rispetto<br />

al "come funziona la mente" ma semplicemente utile per comprendere alcuni processi - ci<br />

dice che ogni variabile che si manifesta al soggetto nel qui e ora (cosa è presente, cosa<br />

succede) diventa "situazione" non in modo oggettivo bensì attraverso: a) un lavoro di


estrazione dal contesto - cosa faccio emergere, cosa ricerco, cosa metto in ombra, cosa<br />

completo; b) un lavoro di interpretazione riferito al sé - cosa significa, cosa mi predice, che<br />

utilità ha, che problema può contenere. La variabile dev'essere perciò processata per poter<br />

rappresentarsi al cane come "situazione". Alla situazione, come stato soggettivo nel qui e<br />

ora, il cane deve correlare le proprie "intenzioni" per dar vita a: c) "scelte comportamentali<br />

riferite", cioè adeguate e adattate; d) "valutazione degli effetti" prodotti dal<br />

comportamento adottato. Come si vede abbiamo un flusso elaborativo nei passaggi a-b-cd<br />

che a loro volta ridefiniscono la situazione ovvero danno luogo a un nuovo flusso a-b-cd.<br />

Per realizzare questo flusso elaborativo il sistema deve poter contare di: 1) operazioni<br />

sintattiche o coniugative dette per l'appunto funzioni logiche; 2) schemi di elaborazione<br />

ovvero di icone di confronto dette rappresentazione; 3) di supporti di base per il lavoro<br />

come l'attività mnemonica.<br />

Secondo il modello cognitivo le funzioni logiche, che definiscono la specifica operazione<br />

prevista nel processo di elaborazione, e le rappresentazioni, che specificano lo schema<br />

modale dell’elaborazione, consentono di dar luogo a un ambiente di processazione<br />

altamente organizzato e necessariamente soggettivo. Infatti ogni individuo possiede<br />

schemi di elaborazione differenti e sequenze di elaborazione altrettanto specifiche,<br />

cosicché posti nel medesimo qui e ora due individui daranno luogo a processi elaborativi<br />

differenti e quindi differenti saranno le loro valutazioni, interpretazioni, riflessioni,<br />

prefigurazioni, ricordi. La mente è un sistema di trattamento dati estremamente<br />

complesso, capace di operare computazioni in parallelo e di trasformare il momento in un<br />

prospetto dotato di significato. La mente come ambiente elaborativo prevede: a) sequenze<br />

specifiche di processazioni, b) schemi di organizzazione degli input, c) piani gerarchici di<br />

trattamento dei dati, d) logiche sistemiche di utilizzo delle risorse elaborative.<br />

L’ambiente elaborativo della mente è strutturato in modo tale da permettere specifiche<br />

integrazioni tra le diverse strade attivate dagli input (il mondo viene ridotto a mappa, cioè<br />

in strutture funzionali) e parallelamente di realizzare una condizione di ampia interazione<br />

tra gli elementi (tutto è potenzialmente confrontabile con tutto). In altre parole, si viene a<br />

creare un mondo interno capace di coniugare flessibilità e competenza. Di fronte a un<br />

evento pertanto non solo si mette in moto la valutazione disposizionale ma tutte le<br />

variabili presenti vengono processate per arrivare a formulare un significato. Se le<br />

disposizioni indicano il valore orientativo (mi piace, mi interessa, mi orienta, mi accende<br />

uno stato particolare) di un particolare ente-evento le componenti elaborative specificano<br />

il modo di affrontarlo, ne danno cioè un significato, un'immagine, delle coordinate.<br />

Le performance elaborative sono attività di sintesi - come giudicare, valutare, decidere,<br />

prefigurare, simulare, riflettere, ricordare - che prevedono un gran numero di operazioni<br />

sostenute da funzioni logiche, rappresentazioni, metacomponenti. Per comprendere il<br />

perché del comportamento occorre entrare nel milieu elaborativo e capire le funzioni<br />

informatiche del sistema, vale a dire quali tipologie di operazioni il sistema è chiamato/è in<br />

grado di compiere. Le funzioni elaborative in buona sostanza sono quelle componenti che<br />

rendono simile la mente alle macchine informatiche, anche se ovviamente esistono<br />

notevoli differenza tra un cervello e un computer, non fosse altro per l’incomparabile<br />

complessità del primo rispetto al secondo. Tuttavia è vero che con l’avvento delle<br />

macchine informatiche, ovvero di tecnologie capaci di lavorare sui dati di ingresso (input)<br />

sulla base di informazioni del sistema (software) per dar luogo a nuove informazioni


(output), si è potuto chiarire meglio la mente come evento funzionale realizzato dal<br />

sostrato neurobiologico.<br />

L’approccio cognitivo si differenzia dai precedenti proprio perché legge il comportamento<br />

animale non sotto il profilo della meccanica tradizionale o, per lo più della cibernetica, ma<br />

attraverso una visione informatica dove la mente è un’entità dotata di informazioni e<br />

capace di lavorare sulle informazioni. In questo senso il computer rappresenta una buona<br />

metafora per capire le componenti elaborative, sempre che sappiamo capire il significato<br />

di similitudine evitando l’idea di totale corrispondenza. D’altro canto spiegare il<br />

comportamento animale, e quindi del cane, in termini elaborativi significa ammettere che<br />

la soggettività animale è il frutto di un mondo interno dotato di informazioni, capace di<br />

accumulare ulteriori informazioni e portato a interagire con la realtà trasformandola in un<br />

campo di informazione su cui è in grado di lavorare. Diviene allora evidente come le<br />

spiegazioni associative, meccaniche, energetiche, che ancor oggi caratterizzano i progetti<br />

di training cinofilo, siano del tutto inadeguate e anacronistiche rispetto alle attuali<br />

possibilità di modellizzazione cognitiva.<br />

<br />

1 - LE RAPPRESENTAZIONI<br />

L'animale affronta la realtà esterna attraverso "strutture di conoscenza", la cui origine può<br />

essere innata e/o appresa, tenendo presente l'organizzazione dimensionale tra i due<br />

termini (l'una si realizza attraverso l'altra). In una visione cognitiva e quindi costruttiva del<br />

processo di apprendimento diremo che: i) si apprende attraverso strutture di conoscenza,<br />

per cui a differenza di una visione espositiva e passiva del discente qui ci troviamo di<br />

fronte all'esigenza di possedere uno strumento di conoscenza per affrontare il processo<br />

conoscitivo e su cui appoggiare il processo conoscitivo; ii) nell'apprendimento si<br />

modificano le strutture di conoscenza per cui la stessa situazione vissuta prima<br />

dell'apprendimento e dopo l'apprendimento assume una valenza conoscitiva del tutto<br />

differente. In un approccio siffatto non è possibile tenere in comparti separati innato e<br />

appreso perché l'innato è la prima struttura di conoscenza attraverso cui il soggetto<br />

apprende ed è altresì il materiale su cui agisce il processo di conoscenza modificandolo.<br />

Secondo l’impostazione cognitiva l’animale si interfaccia al mondo attraverso strutture di<br />

conoscenza che possono essere definite in vario modo: a) elementi di connessione, perché<br />

di fatto connettono il soggetto al mondo; b) schemi di elaborazione, perché trasformano<br />

gli input in arrivo al soggetto in output funzionali ossia utili per il soggetto; c) nodi di<br />

significato, in quanto trasformano le variabili in enti-eventi dotati di un significato per il<br />

soggetto; d) elementi del paesaggio biografico del soggetto ovvero termini e predicati del<br />

suo mondo interno; e) risorse esperienziali, perché consentono di fare precise domande al<br />

mondo. Le strutture di conoscenza vengono anche definite "rappresentazioni" in quanto è<br />

come se fornissero un immagine della realtà esterna (ovviamente si tratta di una<br />

epistemica antropocentrica e legata al fatto che noi uomini siamo animali visivi).<br />

Le rappresentazioni specificano il "modo espressivo": come esprimere un'emozione, su<br />

quale target indirizzare una motivazione, come comunicare una certa disposizione, quale<br />

stile assumere in un approccio sociale, come interpretare un particolare evento, quale


chiave solutiva provare di fronte a un certo tipo di scacco, come stare in una certa<br />

situazione, quale il comportamento giusto di fronte a un particolare oggetto, quale<br />

domanda fare al mondo per conoscere meglio una certa situazione.<br />

Le rappresentazioni non sono “automatismi” (determinanti il comportamento) ma<br />

“dotazioni” (strumenti per il comportamento). Per comprendere la differenza tra il modello<br />

di automatismo e quello di dotazione occorre valutare i seguenti aspetti: 1) il rapporto tra<br />

struttura e funzione; 2) il livello di titolarità sulle strutture che rendono possibile; 3) le<br />

caratteristiche di libertà espressiva che consentono; 4) il carattere sistemico o di relazione<br />

interna; 5) la produttività che garantiscono al sistema per costruzione interna.<br />

1) Il rapporto struttura-funzione è un fondamento dell'approccio cognitivo perché lo<br />

"schema elaborativo", come modello proposto, non può essere ridotto a insieme di<br />

"schemi associativi", il modello tradizionale caposaldo del behaviorismo. Se lo fosse in<br />

ossequio al canone di parsimonia non avrebbe senso proporre un nuovo modello. Il<br />

modello schema associativo può essere visualizzato come un filo che unisce un punto (S)<br />

di input con un punto (R) di output, per cui l'effetto può essere visualizzato come una<br />

sorta di interruttore dove la struttura S-R implica la funzione ovvero dato S ho R. Lo<br />

schema associativo è un automatismo perché il rapporto struttura-funzione è<br />

deterministico o di tipo "1 : 1". Il modello schema elaborativo può essere visualizzato<br />

come la cartina di una città che definisce delle coordinate di movimento ossia di utilizzo<br />

dove la coordinata (per esempio le vie tracciate sulla mappa) non implicano la funzione<br />

(l'itinerario specifico che scelgo di fare). Lo schema elaborativo non è un automatismo<br />

bensì una dotazione perché la struttura non implica la funzione, la struttura cioè non è<br />

deterministica sulla funzione ovvero data la struttura non desumo la funzione. Dalla<br />

mappa non posso ricavare l'itinerario e non lo posso fare perché, sebbene la mappa<br />

specifichi delle coordinate di utilizzo, gli itinerari possibili sono praticamente infiniti per cui<br />

il rapporto tra struttura e funzione è di tipo "1 : ∞".<br />

2) Un automatismo, in quanto struttura deterministica, è imperativo (dato S accade R)<br />

ossia non può essere vagliato e non ha margini di utilizzo, per cui possiamo dire che, in<br />

una lettura behaviorista del comportamento, il cane è mosso dai suoi automatismi,<br />

esattamente come un burattino è mosso dai fili. Per questo lo schema associativo viene<br />

definito "condizionamento" in quanto il cane non ne è affatto titolare. Una dotazione,<br />

proprio perché la sua struttura non è determinante rispetto all'utilizzo, non è imperativa<br />

(dato lo schema non ho la funzione) ma chiede la presenza di una soggettività decisionale<br />

ossia che definisca (scelga) una funzione tra il gran numero di funzioni che la struttura<br />

consente. In tal senso nella lettura cognitiva il modello che si adduce per spiegare<br />

l'apprendimento è una dotazione ovvero uno strumento a disposizione della soggettività: il<br />

cane non è un burattino mosso da dei fili. Il modello "schema elaborativo" non solo implica<br />

una pluralità di funzioni ma soprattutto si regge sulla soggettività ovvero sulla piena<br />

titolarità sulle dotazioni. Per questo lo schema elaborativo viene definito "conoscenza" in<br />

quanto il cane ne è pienamente titolare.<br />

3) Se gli automatismi sono visualizzabili come dei fili è evidente che quanto maggiori sono<br />

i condizionamenti tanto più l'individuo è in uno stato di cattività ovvero potremmo dire che<br />

in questa logica l'apprendimento rende prigionieri. In una visione behaviorista sottoporre il<br />

cane a un'attività didattica è come inserire degli interruttori che lo muovono in modo<br />

deterministico, in un rapporto simile a quello che lega l'interruttore all'accensione della


luce. In realtà quello che si nota (ed è molto evidente) è esattamente il contrario ossia<br />

quanto più un cane apprende tanto più è libero ovvero tanto meno è mosso in maniera<br />

rigida e deterministica. Questo è proprio quello che ci dovremmo attendere se<br />

l'apprendimento desse luogo a delle strutture che prevedono una molteplicità di funzioni.<br />

Infatti a ogni struttura acquisita dal soggetto è come se egli si trovasse a disposizione "un<br />

infinito funzionale" in più. Gli schemi elaborativi definiscono un campo finito di funzioni<br />

infinite (come il n° dei raggi all'interno di un cerchio) e quindi rendono possibili dei range<br />

di libertà a disposizione del soggetto cosicché quanto maggiori sono gli schemi posseduti<br />

tanto più vasto è il range di libertà espressiva di cui il soggetto può godere. In altre parole<br />

possiamo affermare che le conoscenze, a differenza dei condizionamenti, rendono il<br />

soggetto sempre più libero.<br />

4) L'approccio associazionista si basa su strutture separate tra loro, vale a dire sul<br />

catalogo di S-R che sono state strutturate, le quali non sono messe a sistema ma possono<br />

essere solo addizionali tra loro o reciprocamente contrastative. L'approccio behaviorista è<br />

analitico in quanto non prevede un'organizzazione sistemica e gerarchica delle parti,<br />

cosicché per spiegare comportamenti complessi deve ricorrere alla catena di S-R dove le<br />

diverse associazioni agiscono tra loro come i tasselli del domino. L'approccio<br />

rappresentazionale è viceversa sistemico: a) basato su strutture gerarchiche come il<br />

rapporto tra comportamenti molecolari (tattiche) e comportamenti molari (strategie); b)<br />

organizzato attraverso le leggi della sistemica che prevedono che dalla sommatoria delle<br />

qualità delle singole parti di un sistema non si possono desumere le qualità del sistema.<br />

L'approccio per strutture gerarchiche è facilmente comprensibile se ci rifacciamo al<br />

modello cognitivo TOTE basato sul fatto che per risolvere qualunque problema il soggetto<br />

deve avvalersi di strategie complessive (livello alto) e di tattiche alternative tese a<br />

raggiungerle (livello basso). Le leggi della sistemica più importanti sono: a) effetto<br />

sinergico-vincolativo = il valore delle risorse si modifica a seconda dei rapporti che le<br />

connettono per effetti sinergici e vincolativi per cui le qualità di un sistema sono + e - la<br />

somma delle qualità delle singole parti; b) effetto emergenziale = mettendo insieme due<br />

enti si realizzano delle qualità che non sono presenti nei singoli enti ossia spesso le qualità<br />

di connessione trascendono le qualità delle singole risorse; c) effetto informativo = il<br />

sistema possiede dei valori che discendono dall’organizzazione complessiva delle parti per<br />

cui se valuto singolarmente gli enti perdo una parte del contenuto, quello informativo.<br />

5) Le dotazioni hanno una loro produttività proprio in virtù del loro carattere sistemico ove<br />

le diverse rappresentazioni possono dar vita a nuove rappresentazioni per svariate<br />

modalità genesiche. Innanzitutto va detto che le rappresentazioni hanno ovviamente una<br />

loro intrinseca resistenza ai cambiamenti, che peraltro è diversa da rappresentazione a<br />

rappresentazione. Esistono per esempio rappresentazioni innate con un alto carattere di<br />

resistenza, per cui è arduo modificarle e nello stesso tempo sono facili al ritorno alla<br />

condizione iniziale. Tuttavia ogni rappresentazione è evolvibile, anche se possiede uno<br />

specifico range di evolvibilità. Il carattere proteiforme della rappresentazione può essere<br />

desunto dalle seguenti considerazioni: a) carattere composizionale = a seconda delle<br />

composizioni in cui entra a far parte la rappresentazione assume un particolare valore per<br />

cui costruendo nuove connessioni alla rappresentazione avremo di fatto nuove dotazioni;<br />

b) carattere metamorfico = le rappresentazioni sono di fatto dei cantieri aperti che<br />

pertanto mutano continuamente adattandosi alle sollecitazioni fruitive; c) carattere


genesico = le rappresentazioni danno luogo a nuove rappresentazioni attraverso<br />

assemblaggio, scissione, cooptazione (produzione di copia con successiva modifica).<br />

<br />

Box sui caratteri delle rappresentazioni<br />

1) Le rappresentazioni sono pacchetti di conoscenza e risorse di interfaccia di diversa<br />

origine:<br />

• INNATE = frutto di processi di selezione naturale<br />

• ESPERIENZIALI = frutto del rapporto tra l’animale e il mondo<br />

• RIFLESSIVE = frutto di maturazione interna<br />

2) Le rappresentazioni sono schemi elaborativi caratterizzati da:<br />

• Molteplicità di utilizzo: come una mappa che non implica l’itinerario ma consente<br />

un’infinità di itinerari o rapporto struttura : funzione del tipo 1 : infinito<br />

• Evolvibilità = le dotazioni danno luogo a un mondo interno che produce nuove dotazioni<br />

e modifica le dotazioni pregresse<br />

• Sistemica = le dotazioni non sono meccanismi separati ma sono entità in costante e<br />

libera relazione tra loro attraverso valori composizionali e organizzazioni gerarchiche<br />

1.1 - Rappresentazioni e sistemica<br />

Le rappresentazioni sono risorse cognitive che non possono essere valutate in modo<br />

singolo ma a seconda delle strutture organizzative assunte: a) per “composizione” dal<br />

momento che possono legarsi ad altre componenti in modo specifico (disciplina) o in più<br />

modi (degeneranza) o presentano una completa libertà di composizione (generalizzazione)<br />

e ovviamente assumono valori differenti se disciplinate, degenerate o generalizzate<br />

nonché, se partecipano a più composizioni variano il loro valore nelle diverse composizioni;<br />

b) per "effetti sistemici" giacché le leggi della sistemica ci portano a interpretare il valore<br />

sempre come risultato di un'azione complessa e non atomica, per cui ogni<br />

rappresentazione va a costituire un equilibrio di sistema che non può essere modificato<br />

agendo in modo atomistico sulla singola dotazione; c) per “piani gerarchici” e non in modo<br />

uniforme e orizzontale, per cui la funzione della dotazione risente del piano gerarchico<br />

occupato e presenta un'attivabilità riconducibile a un processo sequenziale tipo modello<br />

TOTE; d) in “modo dinamico” e non in modo statico e rigido assumendo diversi valori nel<br />

tempo in relazione alla progressione evolutiva del soggetto e agli altri apprendimenti<br />

acquisiti.<br />

Questi caratteri danno luogo a un mondo interno caratterizzato da sistemicità/dinamicità,<br />

in continua evoluzione ma che prevede un preciso "ordine di evoluzione”: a) struttura<br />

evolutiva = in modo frattalico le rappresentazioni danno vita a un piano di sviluppo; b)<br />

progressione evolutiva = ogni fase evolutiva va a organizzare le risorse cognitive<br />

pregresse; c) gradiente di evolvibilità = esistono dei piani a diversa evolvibilità<br />

(virtualità/vincolo). L'apprendimento come formazione di una nuova dotazione è sempre<br />

trasformazione e riformulazione di composizioni: l'apprendimento è perciò accoglienza e in


quanto tale è un dialogo ospitale dove ci si deve preoccupare del sito di ospitalità oltre che<br />

della struttura da ospitare. Lo comprendiamo da queste due istanze: 1) la nuova dotazione<br />

appresa è una trasformazione di una vecchia dotazione; 2) la nuova dotazione appresa si<br />

può connettere solo a specifiche composizioni che la determinano nel suo valore<br />

funzionale.<br />

Secondo l’approccio cognitivo il comportamento non è l’esito di una sequenza di<br />

associazioni S-R - che come tali possono essere strutturate in modo svincolato le une dalle<br />

altre - ma l’espressione di uno “stato funzionale della mente”, che pertanto è chiamato ad<br />

accogliere i cambiamenti (ossia il processo di modificazione della rappresentazione)<br />

cosicché ogni apprendimento deve trovare accoglienza all'interno del sistema. Da questa<br />

lettura, che interpreta il comportamento come il manifestarsi di un “paesaggio cognitivo” -<br />

ovvero di una precisa composizione di componenti mentali - e l'apprendimento come<br />

modificazione sistemica del paesaggio cognitivo discendono due considerazioni<br />

fondamentali: a) nell'apprendimento devo preoccuparmi delle potenzialità di accoglienza di<br />

quella singola trasformazione e degli effetti complessivi operati dal sistema; b) nella<br />

valutazione della dotazione non basta valutare il carattere della rappresentazione come se<br />

fosse enucleata ma devo valutarla in relazione al rapporto organizzativo che assume.<br />

Rispetto al punto "a" dobbiamo ricordare innanzitutto che una didattica cognitiva deve<br />

sempre basarsi sulle caratteristiche del discente perché è lui che definisce il sito di<br />

accoglienza. In seconda battuta dobbiamo ricordarci che per potersi inserire nel sistema la<br />

modificazione deve trovare-implementare un nuovo equilibrio del sistema per cui devo<br />

aspettarmi: 1) un tempo di latenza e un processo di trasformazione quantico; 2) diversi<br />

livelli di resilienza del sistema rispetto alla modificazione in relazione al valore sistemico<br />

della dotazione da trasformare. Rispetto al punto "b" è sbagliato cercare di trovare un<br />

rapporto diretto tra la "dotazione attivata" nel suo carattere singolare e la "funzione<br />

mentale" che è sempre frutto di una composizione. Come si è detto la composizione<br />

attribuisce un valore funzionale particolare alla rappresentazione. Le rappresentazioni si<br />

rendono disponibili come le altre componenti a dar luogo alle composizioni ma il loro<br />

valore cambia a seconda delle composizioni che producono effettivamente nel qui e ora.<br />

Le rappresentazioni diventano anche “strutture che connettono” e quindi le<br />

rappresentazioni sono la base composizionale, ciò che rende la mente un mondo interno:<br />

a) con una particolare configurazione complessiva o struttura biografica, da cui trarre le<br />

dotazioni funzionali; b) con un qui e ora caratterizzato da un particolare stato funzionale;<br />

c) con un gradiente specifico di evolvibilità caratterizzato dalla produttività del sistema e<br />

dal basso livello di resistenza ai cambiamenti delle diverse dotazioni presenti. Quando si<br />

parla di rappresentazioni si deve fare riferimento a questo mondo interno che non è<br />

statico, non è fatto di interruttori atomicamente separati, non è deterministico nelle<br />

funzioni ma non è nemmeno completamente aperto a qualunque forma di cambiamento.<br />

Le rappresentazioni danno al soggetto: a) un'interfaccia rispetto al mondo = le<br />

rappresentazioni consentono di porre le corrette domande al mondo e di strutturare le<br />

immagini di ricerca e le attribuzioni di significato, vanno cioè a comporre la<br />

strumentazione esperienziale; b) una cornice disposizionale = le rappresentazioni<br />

consentono di dare una cornice espressiva a emozioni e motivazioni per esempio<br />

indicando ente che suscita, contesto espressivo, modo espressivo; c) un vocabolario = le<br />

rappresentazioni indicano il contenuto di situazioni/eventi, li rendono cioè fruibili sulla base<br />

concettuale: per es. a cosa serve, cosa predice, dove si trova; d) un catalogo operativo =


le rappresentazioni indicano delle coordinate di azione sul mondo in modo produttivo per il<br />

soggetto, per esempio modalità solutive o euristiche, modalità di manipolazione o prassie;<br />

e) delle bussole o mappali = le rappresentazioni non solo indicano l'ente ma organizzano<br />

in senso spaziale i diversi enti per consentire al soggetto di orientarsi nello spazio e di<br />

ritrovare gli enti di cui necessita; f) lo schema corporeo = le rappresentazioni danno al<br />

soggetto una conoscenza del corpo nei diversi registri: organizzazione complessiva,<br />

percezione liminale, somestesia, prossemica, cinestesia; g) l'appartenenza sociale = le<br />

rappresentazioni di ruolo-rango, di stile interattivo e di regole sociali.<br />

<br />

Box Le rappresentazioni rendono possibili libertà e soggettività<br />

1) Libertà<br />

Le rappresentazioni danno al soggetto libertà espressiva, individualità, perché presentano<br />

queste caratteristiche:<br />

• Non indicano funzioni ma possibilità, “campi di funzioni”<br />

• Non sono esaustive nell’indicare i valori funzionali<br />

• Rendono il soggetto creativo ed evolvibile<br />

2) Soggettività<br />

Le rappresentazioni consentono la soggettività cioè rendono l’animale “soggetto nel<br />

mondo” e non oggetto:<br />

•ELETTIVO: vale a dire parziale giacché la sua presenza (dall’interfaccia all’operatività )<br />

nel mondo è legata alle dotazioni che presenta<br />

•ATTIVO = vale a dire che a differenza degli oggetti che sono passivi nel mondo, il<br />

soggetto dà un’interpretazione non solo perché agisce ma perché domanda ovvero si pone<br />

dei problemi<br />

• COSTRUTTIVO = il soggetto è “costruttore di mondi” perché possiede un mondo interno<br />

e ricostruisce la sua presenza nel mondo sulla base di significati interiori<br />

1.2 - Tipologie di rappresentazioni<br />

Le rappresentazioni sono dotazioni di conoscenza e come tali vanno valutate secondo<br />

diverse scansioni: 1) origine della rappresentazione vale a dire a quale processo va<br />

attribuita quella particolare conoscenza; 2) funzione della rappresentazione ovvero a cosa<br />

serve e come viene utilizzata dal soggetto; 3) organizzazione della rappresentazione ossia<br />

come si va a strutturare nella sistemica cognitiva del soggetto.<br />

Per quanto concerne il punto 1 possiamo distinguere: a) rappresentazioni di base o innate<br />

= sono quelle conoscenze che si sono andate strutturando lungo la storia filogenetica della<br />

specie e vanno attribuite al processo di selezione naturale, tenendo presente che ogni<br />

specie è portatrice di una specifica prospettiva sul mondo data non solo dalle disposizioni<br />

ma anche da pacchetti di conoscenze che si sono rivelate utili nel corso della filogenesi e<br />

che rappresentano una sorta di retaggio di partenza attraverso cui il soggetto affronta il<br />

mondo, come per esempio le gestalt sensoriali; b) rappresentazioni primarie o educative =


sono quelle conoscenze che strutturano il carattere del soggetto e che si vanno<br />

configurando nel periodo fetale e nel primo anno di vita, come la definizione del rumore di<br />

fondo, l'attribuzione di target alle motivazioni, la rappresentazioni degli enti-eventi che<br />

hanno rilevanza nel soggetto, la rappresentazione del conspecifico, la mappatura dello<br />

schema corporeo, lo stile relazionale, le cinestesie di base, la semiotica e la semantica<br />

comunicativa, ovvero un insieme di rappresentazioni che insieme a quelle di base<br />

costituiscono le fondamenta del sistema cognitiva presentando pertanto un'altissima<br />

resistenza al cambiamento; c) rappresentazioni elementari o istruttive = sono quelle<br />

conoscenze che si sviluppano soprattutto nella seconda fase del periodo di socializzazione<br />

e nel periodo puberale, indicano gli strumenti di base sotto il profilo interpretativo,<br />

operativo, sociale, mappale; d) rappresentazioni inferenziali o riflessive = sono quelle<br />

conoscenze che non richiedono un processo esperienziale ma che il soggetto matura<br />

attraverso l'elaborazione interna o l'insight; e) rappresentazioni di competenza o abilitative<br />

= sono quelle conoscenze dal carattere fortemente applicativo o di abitudine che<br />

consentono al soggetto di tradurre le conoscenze precedenti in abilità o attività particolari<br />

come quelle di partnership. Per quanto riguarda il punto 1 l'approccio cognitivo si basa su<br />

una didattica attiva e costruttiva ossia fondata sulle precedenti conoscenze possedute dal<br />

soggetto, pertanto occorre partire da una concezione progressiva (ogni acquisizione<br />

organizza il pregresso) il che significa impostare la didattica in modo tale che il soggetto<br />

attraverso le sue dotazioni costruisca l’apprendimento. Le linee guida per la didattica attiva<br />

saranno pertanto: i) costruire il corretto “contesto problematico”; ii) cercare la coerenza<br />

per l’apprendimento; iii) suscitare le adeguate composizioni utili; iv) realizzare un<br />

vantaggio per il soggetto. Rispetto a quanto si è detto avremo inoltre una particolare<br />

interpretazione dei tre processi pedagogici di base: 1) educazione = è il processo che<br />

mette a punto le fondamenta rappresentazionali del soggetto attraverso una declinazione<br />

delle conoscenze innate e la costruzione di cataloghi sociali, ambientali e biografici -<br />

facendo molta attenzione perché si tratta delle rappresentazioni che stanno alla base<br />

dell'identità del soggetto e non vanno interpretate come semplici pacchetti di conoscenza;<br />

2) istruzione = è il processo che consente di affiancare o completare queste fondamenta<br />

caratteriali attraverso la costruzione di strumenti di lavoro o rappresentazioni elementari<br />

che diverranno il fondamento per poi realizzare le rappresentazioni applicative - ricordando<br />

che il pacchetto di “rappresentazioni elementari” dev’essere quanto più completo e<br />

articolato possibile per cui l’istruzione dev’essere più orientata all’arricchimento che<br />

all’immediata applicabilità; 3) abilitazione = è il processo che rende possibile la<br />

coniugazione di carattere e strumenti di conoscenza perché mette alla prova il soggetto in<br />

specifiche performatività.<br />

Per quanto concerne il punto 2 possiamo distinguere le diverse conoscenze a seconda del<br />

loro valore di utilizzo (quando e perché vengono utilizzate, che funzione adattativa<br />

svolgono) ossia in riferimento a quale utilità o tipologia di utilità corrispondono. In tal<br />

senso avremo:<br />

a) rappresentazioni esperienziali = quelle conoscenze che servono al soggetto per<br />

monitorare il suo ambiente, fare esperienza nel senso di cogliere le opportunità e sfuggire<br />

i rischi dividendo in primis le variabili ininfluenti (rumore di fondo) da quelle che hanno<br />

rilevanza (intervenienza) con il soggetto, facendone un catalogo, nonché le gestalt o<br />

strutture di ricostruzione sensoriale e le immagini di ricerca, definizione delle salienze dei<br />

target, e parimenti gli stili di ricerca;


) rappresentazioni interpretative = quelle conoscenze che danno: i) significato agli entieventi<br />

considerati intervenienti e definiscono dei veri e propri vocabolari di variabili<br />

strumentali ovvero utili a qualcosa (serve a) e variabili predittive ossia che preannunciano<br />

un determinato evento (anticipatorie); ii) correlazione agli enti-eventi e definiscono una<br />

vera e propria sintassi di connessioni correlative ovvero che collegano una variabile a<br />

un'altra (se x allora y, se x e solo x allora y) o di connessioni causali (se agisco su x<br />

ottengo y); iii) concetti o idee vale a dire schemi interni a cui assegnare le variabili esterne<br />

non necessariamente contraddistinte da un minimo comune denominatore;<br />

c) rappresentazioni disposizionali = quelle conoscenze che danno una cornice espressiva a<br />

emozioni e motivazioni o per disciplina o per degeneranza istituendo delle variabili di<br />

target (elemento che suscita o indirizza), variabili di contesto (ambiente e situazione dove<br />

si esprime la componente), variabili cinestesiche (modalità motoria e posturale attraverso<br />

cui esprime la componente), variabili comunicative, di tipo concertativo o collativo, o di<br />

trasmissione sociale della disposizione;<br />

d) rappresentazioni comunicative = quelle conoscenze che permettono la comunicazione<br />

corretta (cioè comprensibile e non fraintesa) e adeguata (correlata alle specifiche finalità<br />

che ci si pone per comunicare) ovvero che indicano le variabili semiotiche ossia i segni utili<br />

per comunicare, i significati da attribuire ai segni, le funzioni (aree e ambiti di pragmatica)<br />

che il soggetto assegna alla comunicazione, spesso in forma bilinguistica;<br />

e) rappresentazioni sociali = quelle conoscenze che consentono al soggetto di posizionarsi<br />

correttamente nel milieu di relazioni sociali centrifughe e centripete in particolare di<br />

appartenenza o socializzazione, di specifico posizionamento nel gruppo o di ruolo-rango e<br />

di affiliazione, di percezione del sé e di affettività, di regole condivise o norme sociali, di<br />

stili interattivi e di script contestuali;<br />

f) rappresentazioni mappali = quelle conoscenze che consentono al soggetto di muoversi<br />

nel mondo attraverso delle indicazioni di massima e ricostruendo la realtà esterna in modo<br />

schematico e in particolare definendo un catalogo di ambienti conosciuti o mappe<br />

cognitive, dei riferimenti bussola o coordinate di viaggio, dei siti utili ovvero una<br />

catalogazione ordine degli oggetti (dove si trovano), dei riferimenti di categorie di ambienti<br />

o topognostica, per esempio la spiaggia, le grate, etc;<br />

g) rappresentazioni operanti = quelle conoscenze e competenze che consentono al<br />

soggetto di agire sul mondo per ottenere i suoi obiettivi e che possono essere suddivisi in:<br />

i) euristiche o ricette solutive, modalità attraverso cui il soggetto prova a risolvere una<br />

situazione di scacco come il sedersi, toccare col naso, agire su una maniglia, allontanarsi;<br />

ii) prassie o conoscenze di prattognosi o capacità di manipolare la realtà come prendere<br />

con la bocca e spostare, tirare fuori con le zampe; iii) cinestesie ossia gli schemi motori<br />

utili come avanzare, indietreggiare, ruotare, ribaltarsi, salire, scendere, saltare,<br />

accucciarsi;<br />

h) rappresentazioni di schema corporeo = quelle conoscenze che danno al soggetto<br />

confidenza e proprietà con il suo corpo e con lo spazio occupato dal corpo, favorendo una<br />

sensazione di benessere ed equilibrio, rappresentazioni che possono a loro volta essere<br />

suddivise in: i) di liminarietà o di organizzazione liminale del corpo nel suo complesso; ii)<br />

di somestesia o di sensibilità del corpo nelle sue diverse parti; iii) di prossemica o di spazio<br />

complessivo occupato o percepito come inviolabile dal soggetto nei suoi parametri spaziali<br />

e geometrici; di cinestesia o di capacità motoria come molteplicità di movimento,<br />

eumetria, ritmia, coreografia, movimento fine.


Per quanto concerne il punto 3 diciamo che le diverse strutture rappresentazionali vanno<br />

organizzate in modo coerente su un "Piano prossimale d’esperienza (PPE)" ovvero su una<br />

struttura ben coesa e formata che consentono la dialettica tra il soggetto e il mondo - in<br />

questo caso intendendo con il termine mondo non solo la realtà esterna ma l'intera<br />

collezione di dati empirici, compresi quelli che arrivano dal corpo, da trasformare in input e<br />

successivamente in output del sistema cognitivo. In altre parole il Piano Prossimale<br />

d’Esperienza indica le conoscenze che il soggetto possiede e che danno valore al dato<br />

empirico secondo i parametri di: a) Emergenza = cosa emerge nel contesto; b) Pertinenza<br />

= cosa ha importanza o è riferito-connesso a un'altra variabile; c) Interpretazione = cosa<br />

vuol dire quella particolare variabile; d) Valore = che rapporto ha con il sé. Solo grazie a<br />

queste operazioni il soggetto vive un’esperienza, ma queste operazioni non nascono da<br />

una singola struttura rappresentazionale ma da un sistema che ha organizzato le diverse<br />

dotazioni rappresentazionali, rendendole peraltro coerenti con quelle disposizionali. Il<br />

soggetto non vive in una realtà empirica oggettiva ma trasforma il dato empirico<br />

accessibile in un’esperienza e lo fa a seconda del piano prossimale d’esperienza che<br />

possiede. Proviamo a formulare un esempio ponendo una situazione esperienziale<br />

particolare: il cane si trova in una situazione sconosciuta e per fare esperienza deve<br />

mettere in pratica una serie di operazioni complesse ovvero che richiedono l'intervento di<br />

più tipologie di rappresentazioni. Deve infatti: a) far emergere le variabili intervenienti<br />

ossia accordare la propria attenzione solo a certi segnali; b) selezionare i segnali in ordine<br />

alla pertinenza; c) interpretare i segnali selezionati; d) attribuire un valore ai significati; e)<br />

scegliere il comportamento adeguato rispetto al valore. Solo allora possiamo fattivamente<br />

parlare di un'esperienza. Queste operazioni solo apparentemente hanno una singolarità<br />

rappresentazionale o elaborativa, in realtà si tratta di operazioni sistemiche condotte lungo<br />

il PPE.<br />

L'emergenza per esempio è un'attenzione selettiva sull'insieme di segnali accessibili sotto il<br />

profilo della finestra sensoriale: è come se il soggetto illuminasse alcuni di questi segnali<br />

mettendo in ombra gli altri segnali. La pertinenza è un'ulteriore selezione basata sul<br />

valore, è una scelta che pertanto richiede specifiche immagini di ricerca e ricostruzioni<br />

gestaltiche del dato: è come se il soggetto mettesse in forte rilievo alcuni segnali che<br />

hanno valore in quella particolare circostanza. Nell'interpretazione il soggetto cerca: i) le<br />

relazioni (il rapporto tra i diversi segnali, il rapporto tra i segnali e il sé, l’orientamento<br />

spaziale); ii) le sequenze (l’ordine temporale, le relazioni di causa/effetto, le situazioni<br />

seriali); iii) le affinità (quando due segnali sono spesso o sempre compresenti, uguale<br />

valore di due segnali); iv) le opposizioni (quando un segnale esclude un altro, il valore<br />

opposto dei segnali, le differenze); v) i comuni denominatori (i segnali di categoria, le<br />

regole comuni, le associazioni libere); vi) i riferimenti (i segnali di rilevanza, i segni, le<br />

approssimazioni). A questo punto e solo adesso il soggetto può emettere un referto di<br />

valore o rapportare il dato empirico rispetto al sé: 1) tipo di relazione: congiuntiva,<br />

disgiuntiva; 2) valore di relazione: appetitivo, avversativo; 3) tipo di riferimento: ambiente,<br />

sociale, autoreferenza; 4) significato di relazione: mappale, correlativa, causale. E questo<br />

è prodromo del passo successivo che contempla la scelta comportamentale.


1.3 - Rappresentazioni e pedagogia<br />

Il lavoro sulle rappresentazioni, riguardante lo sviluppo di "schemi modali" sempre più<br />

articolati, pertinenti, complessi, adattativi, è molto importante: 1) sotto il profilo didattico<br />

perché le rappresentazioni indicano quali attenzioni si devono tenere per favorire<br />

l'apprendimento; 2) nella scelta degli obiettivi pedagogici poiché le rappresentazioni<br />

indicano quale indirizzo dare al processo evolutivo. Lo sviluppo delle rappresentazioni<br />

concerne sia l'ambito educativo, ossia la costruzione del carattere, sia l'istruzione, ovvero<br />

la realizzazione del pacchetto di conoscenze di base.<br />

1) Per quanto concerne la didattica, ovvero i problemi e le attenzioni con cui ci deve<br />

confrontare per favorire i processi di apprendimento, va detto che le rappresentazioni<br />

sono componenti di base su cui si appoggia l'apprendimento. Per poter costruire nuove<br />

conoscenze è indispensabile attivare il "corretto flusso di rappresentazioni": a)<br />

esperienziali = al fine di poter cogliere gli elementi utili per il processo di apprendimento;<br />

b) interpretative = al fine di comprendere i requisiti strutturali del problema che richiede<br />

un apprendimento; c) disposizionali = per definire l'orientamento, il livello di apertura e il<br />

grado di attivazione al problema; d) operanti = al fine di individuare l'euristica di<br />

approssimazione utile al problema; e) di schema corporeo = poiché l'apprendimento ha a<br />

che fare con la percezione del corpo e la movimentazione del corpo. Una didattica<br />

cognitiva, perciò attiva e costruttiva, parte dal presupposto che il conoscere si appoggi su<br />

dotazioni di conoscenza e non su casualità di reazioni motorie, per cui è indispensabile<br />

strutturare il contesto di apprendimento al fine di evocare le dotazioni giuste, quelle che<br />

occorrono a quel particolare processo di apprendimento. Il problema evocativo è pertanto<br />

il cuore della didattica cognitiva.<br />

Rispetto al problema evocativo ci troviamo di fronte a due quesiti: 1) scelta della<br />

dotazione da evocare, 2) modo per evocare la dotazione scelta. Il problema 1 ha diverse<br />

sfaccettature: 1a) il richiamo rispetto al contesto, ovvero quale strada è migliore in quella<br />

precisa situazione; 1b) l'utility più vicina su cui posso lavorare; 1c) la modalità di<br />

approssimazione, per esempio il modeling o lo shaping. Quando parliamo modalità di<br />

evocazione ci riferiamo alla capacità di attivare una particolare dotazione e sappiamo che<br />

dipende da diversi fattori: 2a) presenza della dotazione, 2b) livello di attivabilità, 2c)<br />

sinergie che presenta, 2d) correlazione al contesto, 2e) funzioni evocative. Rispetto al<br />

punto "2a" c'è poco da dire: se il coniglio non possiede la m. predatoria non posso certo<br />

evocarla. Ma possiamo pensare a dotazioni utili o assemblabili e costruire percorsi di<br />

approssimazione alla dotazione richiesta. Per quanto riguarda il punto "2b" va detto che<br />

l'attivabilità riguarda la composizionalità della componente e il suo volume intrinseco e<br />

ovviamente entrambi poggiano sui ambiti innati e di sviluppo. L'attivabilità peraltro<br />

riguarda la freschezza rispetto al qui e ora del soggetto ovvero quanto tempo è trascorso<br />

dall'ultima attivazione. Rispetto al punto "2c" è ovvio che quanti maggiori siano le sinergie<br />

e minori le controlaterali alla disposizione tanto più facile sarà l'evocazione della dotazione.<br />

Inoltre è importante considerare il rapporto espressivo G x A / C, dove i due termini G<br />

(gratificazione) e A (autoefficacia) sono direttamente proporzionali all'evocazione mentre il<br />

terzo C (costo) è inversamente proporzionale. Riguardo al punto "2d" va detto che quanto<br />

più il contesto è correlabile (elicita, stimola, rende possibile) tanto più è facile l'evocazione<br />

della dotazione. Infine va detto che se il cane è rafforzato nelle funzioni evocative, punto


"2e", quale per esempio la memoria, tanto più facile sarà l'evocazione di risorse anche non<br />

fortemente attivabili.<br />

Il problema evocativo non può essere eluso per cui è indispensabile lavorare sul contesto,<br />

sulla situazione e sulla relazione didattica: 1) costruendo delle situazioni che facilitino, nel<br />

ricordare o richiamare, l'evocazione delle risorse utili o necessarie; 2) creando una<br />

progressione nell'attività didattica, cioè partendo dalle risorse più comuni o facilmente<br />

attivabili in modo da favorire la gradualità evocativa; 3) appoggiandosi a eventi generali di<br />

evocazione, come i giochi di memoria o gli esercizi di controintuizione; 4) realizzando delle<br />

situazioni relazionali che favoriscano in modo selettivo solo alcune evocazioni. In altre<br />

parole si struttura una didattica che non attende che casualmente il soggetto metta in atto<br />

una espressione utile all'apprendimento anche perché nell'impostazione cognitiva la<br />

risposta-proposta solutiva non è casuale ma correlata ossia espressa secondo coordinate<br />

di pertinenza o di euristica riferita. Il cane non è passivo e l'educatore deve metterlo nelle<br />

migliori condizioni per poter costruire il suo apprendimento.<br />

2) Le rappresentazioni sono dei fondamentali evolutivi anche per quanto riguarda gli<br />

obiettivi pedagogici, sia in senso educativo che in senso istruttivo. Analizzando le diverse<br />

tipologie di rappresentazione (paragrafo 1.2 punto2) è possibile osservare quanto sia<br />

indispensabile aiutare il cucciolo a sviluppare le diverse conoscenze-competenze nelle<br />

singole tipologie, per esempio prattognosi piuttosto che somestesi. Ma in questa sede è<br />

utile accorpare le diverse competenze in comparti su cui operare in modo complessivo. Già<br />

è possibile differenziare gli obiettivi educativi da quelli istruttivi: a) nell'ambito educativo,<br />

ossia nella formazione complessiva del carattere del cane, ritroveremo obiettivi<br />

esperienziali (per esempio la definizione del rumore di fondo) disciplinativi (contenimento<br />

delle motivazioni enfatiche e problematiche), di socializzazione (riferibili sia al<br />

riconoscimento del partner sociale che alla comunicazione e allo stile interattivo), di<br />

schema corporeo (somestesi, liminarietà, cinestesi); b) nell'ambito istruttivo, ossia nella<br />

formazione del pacchetto di base di conoscenze e competenze, ritroveremo obiettivi<br />

esperienziali (quali domande porre al mondo), interpretativi (quali significati assegnare agli<br />

eventi del mondo), operativi (quali capacità di manipolazione e di soluzione), comunicativi<br />

(la competenza linguistica verso conspeciofici ed eterospecifici), sociali (come inserirsi<br />

correttamente nelle situazioni affiliative o pubbliche), cinestesiche (quali capacità motorie<br />

poter utilizzare), mappali (a quali coordinate affidarsi).<br />

Ritornando ai comparti ritroveremo: 1) il piano prossimale d'esperienza che unisce le<br />

competenze esperienziali o di estrazione delle variabili e le competenze interpretative<br />

ovvero di vocabolario, dove il ppe indica l'interfaccia tra il soggetto e il mondo e di<br />

conseguenza quali domande il soggetto è in grado di porre e come struttura la sua<br />

correlazione al qui e ora; 2) il profilo sociale che unisce conoscenze riferite al partner<br />

(riconoscibilità o impregnazione), competenze riferite allo stile interattivo, capacità<br />

comunicative sia nell'emissione che nella corretta traduzione, competenze somestesiche e<br />

cinestesiche, rappresentazioni disposizionali o di espressione delle emozioni; 3) l'identità<br />

biografica che unisce rappresentazioni esperienziali, soprattutto riferite all'autoefficacia,<br />

rappresentazioni di schema corporeo soprattutto nell'ambito somestesico e cinestesico,<br />

rappresentazioni sociali, con particolare riferimento alle rappresentazioni di ruolo e di<br />

affiliazione, le rappresentazioni disposizionali soprattutto nell'ambito dell'espressione delle<br />

emozioni, le rappresentazioni mappali riguardanti i luoghi conosciuti e il proprio mondo; 4)


le competenze operative del soggetto che rappresentano un pacchetto di strumenti che<br />

consentono al soggetto di agire sul mondo sulla base di coordinate di utilità ove ritroviamo<br />

rappresentazioni interpretative, in particolari predittive e strumentali, rappresentazioni<br />

operative come le euristiche e le prattognosi, rappresentazioni mappali per avere una<br />

sorta di bussola-cartina di orientamento nel mondo con i riferimenti utili, le<br />

rappresentazioni cinestesiche e in particolare le strutture espressivo-comportamentali nei<br />

diversi registri di organizzazione, eumetria, strumentalizzazione, ritualizzazione.<br />

<br />

2 - LE FUNZIONI COGNITIVE<br />

Le doti elaborative del soggetto non sono solo di ordine rappresentazionale, vale a dire<br />

attribuibili agli schemi di elaborazione ovvero alle conoscenze possedute dall’individuo, ma<br />

riguardano altresì le risorse funzionali, quelle cioè che: 1) "sostengono l'attività<br />

elaborativa" stessa, come la memoria, l'autocontrollo, la concentrazione, la capacità<br />

controintuitiva; 2) "indicano le operazioni" a cui sottoporre i dati in ingresso, se in senso<br />

disgiuntivo o correlativo, solo per fare degli esempi. Parliamo nel primo caso di<br />

"metacomponenti cognitive", ovvero di componenti che presiedono a tutte le attività<br />

cognitive, un po' come la ram di un computer, e che pertanto stanno al di sopra (da cui il<br />

termine "meta") alle composizioni cognitive stesso - la memoria ne è l'esempio più<br />

esplicito. Nel secondo caso ci riferiamo alle operazioni del sistema e le definiamo come<br />

"funzioni logiche" perché indicano i rapporti che stabiliscono tra i diversi dati in ingresso -<br />

la distinzione, la categorizzazione, la correlazione sono esempi altrettanto lampanti di ciò a<br />

cui ci stiamo riferendo. Le funzioni cognitive, nelle loro metacomponenti e funzioni logiche<br />

mettono in moto il sistema elaborativo cosicché il rafforzarle in senso pedagogico ha come<br />

risultato una maggiore dinamicità o flessibilità elaborativa del soggetto.<br />

Per favorire la crescita elaborativa del soggetto bisogna lavorare sulla “flessibilità<br />

cognitiva” attraverso l’uso libero, cooptativo, creativo delle risorse rappresentazionali, se<br />

non si vuole cadere nella “fissità cognitiva” del soggetto, nel senso dell’applicazione<br />

passiva e procedurale delle conoscenze. Le metacomponenti e le funzioni logiche hanno<br />

proprio lo scopo di rafforzare nel soggetto questa tendenza a indicare delle strutture di<br />

rapporto e a implementare dei processi di riflessione: per esempio del tipo "= piuttosto<br />

che ≠" tra i significati rappresentazionali che emergono dai dati in ingresso. Abituare il<br />

cane ad attività di distinzione, come scegliere tra due target, consente non solo di lavorare<br />

sulle rappresentazioni (come sono fatti i due target, cosa li contraddistingue) ma di<br />

rafforzare le metacomponenti, per esempio la memoria, e il lavoro logico del disgiungere<br />

ovvero di mettere a paragone, opporre, distinguere, individuare un comportamento<br />

differenziato per i due target. In questo senso parliamo di flessibilità come "mantenere la<br />

mente in azione".<br />

Al contrario si rischia una forte fissità cognitiva del cane che: 1) agisce secondo schemi<br />

rigidi e prefissati o "tendenza procedurale"; 2) manifesta una forte difficoltà a modificare o<br />

a correlare il proprio comportamento alle situazioni specifiche o particolari o "deficit di<br />

flessibilità"; 3) fatica a costruire nuovi profili di adattamento alle modificazioni che<br />

intervengono nel suo ambiente di vita o "deficit di adattabilità".


2.1 - Funzioni logiche<br />

Quando si parla di funzioni logiche si devono intendere delle “prassi elementari di<br />

elaborazione” che rendono possibile la processazione degli elementi repertoriati – interni<br />

ed esterni – e danno all’individuo la capacità di orientarsi nel mondo attraverso eventi di<br />

trasformazione del mero dato che si presenta incompleto e isolato e quindi richiede delle<br />

operazioni di congiunzione. Le funzioni logiche definiscono una sorta di sintassi che<br />

consente di assegnare un preciso tipo di rapporto tra i diversi input che il soggetto ha a<br />

disposizione, il dato infatti richiede: a) di essere separato o isolato dal contesto, b) di<br />

essere completato rispetto a delle mancanze, c) di essere distinto da altri dati simili, d) di<br />

essere inserito all'interno di una categoria; e) di essere correlato ad altri dati; f) di essere<br />

trasformato in un concetto. Sono le funzioni logiche a realizzare questi processi: il dato<br />

cioè non ha un valore in sé (oggettività) ma lo assume a seconda del tipo di elaborazione -<br />

per l'appunto quelle permesse dalle funzioni logiche - vale a dire se congiunto ad altri dati<br />

(funzione "e") piuttosto che separato da altri dati (funzione "o") o correlato ad altri dati<br />

(funzione "se").<br />

Il modello cognitivo si basa sulla "definizione di operazioni di elaborazione" e, se le<br />

rappresentazioni possono essere visualizzate come dei software di processazione, le<br />

funzioni logiche ricordano i diversi tasti della tastiera di un computer. Le funzioni logiche<br />

sono specifiche operazioni della mente che consentono un trattamento dati strutturato<br />

nelle caratteristiche sequenziali e nell’organizzazione gerarchica del processo. Parlare di<br />

funzioni logiche significa ammettere una grammatica di operazioni di base (aggiungere,<br />

congiungere, disgiungere, includere) che permettono al soggetto una sorta di aritmetica di<br />

base (del tipo: +, -, =, ≠) o se vogliamo di punteggiatura che completa i significati<br />

definiti dalle rappresentazioni. Per esempio la funzione "distinguere i cani dai gatti"<br />

prevede l'attivazione di due rappresentazioni - quella riferita alla forma "cane" e quella<br />

riferita alla forma "gatto" - e per lo meno di una funzione logica: il distinguere ossia la<br />

funzione "o".<br />

Possiamo dire che le funzioni logiche sono gli “operatori di base” del processo elaborativo<br />

(per esempio congiungere piuttosto che opporre, correlare piuttosto che causare,<br />

distinguere piuttosto che categorizzare) e consentono di fare un lavoro sull’input, in modo<br />

tale da rendere il report utile-fruibile, ossia coerente al bisogno di conoscenza e quindi di<br />

orientamento del soggetto. Per comprendere le funzioni logiche è necessario pertanto<br />

riferirsi a performance elementari di elaborazione (sovente indicabili con operazioni logicomatematiche),<br />

operazioni che quasi sempre vengono assemblate in sequenze o in<br />

strutture gerarchiche per ottenere la performance elaborativa sintetica ossia l’attività<br />

cognitiva.<br />

Come abbiamo visto nell'esempio cane ≠ gatto, per dar luogo all’attività cognitiva, ovvero<br />

per costruire la performance mentale vera e propria – quale prestazione finale da tradurre<br />

in un comportamento – è necessario che le funzioni logiche poggino su altre componenti<br />

elaborative (le rappresentazioni) e su metacomponenti (la memoria). Anche le componenti<br />

posizionali (le emozioni, le motivazioni) sono chiamate in questo processo di sintesi perché<br />

indicano il movente della processazione stessa. È sbagliato perciò cercare una<br />

corrispondenza tra la performance finale della mente, ossia l’attività cognitiva, e la singola<br />

funzione logica giacché quest’ultima: 1) è solo una delle diverse operazioni che in


sequenza/gerarchia compongono un’attività cognitiva; 2) necessita di appoggiarsi in modo<br />

composizionale ad altre componenti mentali per trasformarsi nella performance cognitiva.<br />

Poniamo il caso che l’attività cognitiva richiesta sia la comprensione, vale a dire il “capire i<br />

requisiti strutturali di un problema”. Punto (1): per valutare la struttura di un problema<br />

sono necessarie più funzioni logiche, per esempio: a) far emergere le parti salienti del<br />

problema; b) individuare le mancanze da completare; c) mettere in correlazione le diverse<br />

variabili. Per realizzare una prestazione di comprensione è necessario cioè accendere le<br />

funzioni logiche sopracitate ovvero quelle operazioni che consentono al soggetto di<br />

orientarsi e lavorare sull’insieme dei dati del problema. Punto (2): per realizzare l’attività<br />

cognitiva di comprensione è necessario l’apporto composizionale di più caratteri cognitivi:<br />

a) l’assetto motivazionale = la soluzione deve attenere a uno specifico orientamentointeresse<br />

del solutore; b) l’assetto emozionale = la soluzione è favorita da uno stato di<br />

apertura all'esperienza ovvero di gioia e sicurezza del solutore; c) la memoria = il solutore<br />

deve far mente locale ad altre esperienze precedenti che abbiano avuto una<br />

conformazione di scacco analoga e ricordarsi ricette solutive utili; d) le rappresentazioni<br />

utili = il solutore deve poter contare su immagini di ricerca, su euristiche, su vocabolari.<br />

Le funzioni logiche sono perciò operazioni che: 1) si ancorano a specifici schemi di<br />

processazione, le rappresentazioni; 2) richiedono funzioni di base come la memoria o la<br />

concentrazione; 3) devono poter contare su disposizioni coerenti sia in termini di<br />

motivazioni che di emozioni e stato di arousal. Se prendiamo in considerazione solo<br />

l'evento elaborativo il rapporto tra funzione logica e rappresentazione può essere così<br />

descritto: se le funzioni logiche sono il “tipo” di operazione da compiere, le<br />

rappresentazioni sono il “come” realizzarle. Per esempio se distinguere è l’operazione<br />

(dividere “a” da “b”) ossia la funzione logica, il modo di condurre la distinzione – ossia<br />

distinguere sulla base della forma, del colore, del sesso, etc. – è di ordine<br />

rappresentazionale, cioè richiede e si appella a contenuti specifici ovvero a schemi<br />

(modalità) di disgiunzione.<br />

Le funzioni logiche sono perciò degli operatori e ciascuno di questi sottopone gli elementi<br />

repertoriabili a filiere di processi molto specifici: per esempio, mentre con la parola<br />

“distinzione” si intende la capacità di “attribuire valori diversi a report simili” o di inserire il<br />

simbolo ≠ tra due termini, con la parola “categorizzazione” si indica al contrario la<br />

proprietà di “attribuire valori simili a report diversi” ovvero di inserire il simbolo = tra due<br />

termini. Le funzioni logiche sono operazioni, vale a dire processi che indicano il modo di<br />

riferire il soggetto al report o i report tra loro: aggiungere o togliere, disgiungere o<br />

includere, assomigliare o opporre, correlare o causare, intensificare o mitigare. Le funzioni<br />

logiche sono pertanto tipologie di processi a cui vengono sottoposti i report interni o<br />

esterni, al fine di essere qualificati sotto il profilo sintattico e dar luogo a delle strutture di<br />

significazione.<br />

Box: Le funzioni logiche<br />

Le funzioni logiche sono le operazioni cognitive elementari:<br />

DISTINGUERE = dare risposte diverse a stimoli simili<br />

CATEGORIZZARE = dare risposte simili a stimoli diversi<br />

GENERALIZZARE = dare risposte simili al variare di una o più qualità del target<br />

CONCETTUALIZZARE = costruirsi un’idea astratta dell’ente target


CORRELARE = trovare legami tra uno stimolo e un altro<br />

CAUSARE = individuare rapporti di causa-effetto tra due enti<br />

COMPLETARE = aggiungere parti mancanti a un ente<br />

FOCALIZZARE = fai emergere un particolare ente<br />

Il lavoro sulle funzioni logiche è molto importante proprio per mantenere attiva la mente<br />

del cane ed evitare che affronti i problemi affidandosi esclusivamente sulle euristiche.<br />

Un'eccessiva insistenza su procedure operative o solutive, già strutturate e<br />

consuetudinarie, diminuisce la capacità riflessiva del cane, anche perché è un modo più<br />

comodo e parsimonioso di affrontare i problemi. Purtroppo il comportamento procedurale<br />

toglie flessibilità cognitiva al cane oltre che rinchiuderlo in uno stato di staticità evolutiva,<br />

pertanto è fondamentale lavorare sulle funzioni logiche che renderanno possibili le<br />

seguenti qualità: a) flessibilità generale nell'adeguamento comportamentale alle situazioni;<br />

b) maggiore virtualità del sistema e quindi risorse evolutive che vengono mantenute anche<br />

nell'adulto; c) adattabilità alle fluttuazioni ambientali, situazionali, relazionali, sociali; d)<br />

ampia evocabilità anche delle componenti a minore attivabilità del sistema cognitivo; e)<br />

tendenza a riflettere sulle situazioni e a operare confronti interni prima di procedere<br />

all'espressione comportamentali.<br />

Gli esercizi sulle funzioni logiche - in un'ottica di crescente difficoltà - possono essere i<br />

seguenti: 1) distinzione ossia distingui un target da un altro = per esempio mettendo in<br />

una mano un oggetto di forma sferica e nell'altra uno di forma cubica andrò a premiare<br />

quando il cane sceglie quello di forma sferica; 2) generalizzazione ovvero individua una<br />

qualità comune = per esempio ti premio tutte le volte che scegli l'oggetto riconducibile alla<br />

forma sferica anche se di diversa grandezza o materiale; 3) categorizzazione ossia<br />

individua un utilizzo comune = per esempio in una mano metto dei giocattoli e nell'altra<br />

altri oggetti e devi scegliere sempre i giocattoli; 4) concettualizzazione ovvero fatti un'idea<br />

del target = possiamo avere diverse idee o concetti, per esempio scegli la palla (anche se<br />

da rugby), scegli il maggiore, scegli il nuovo; 5) correlazione ovvero individua la variabile<br />

giusta per ottenere il premio = per esempio si utilizzano diversi stimoli (luci, rumori) e il<br />

cane deve individuare quello che predice la presenza di un premio in un contenitore; 6)<br />

causazione ovvero trova il rapporto causale tra due eventi e impara a causare il secondo =<br />

per esempio il primo evento fa aprire un contenitore dove c'è del cibo e il cane deve far<br />

accadere il primo evento.<br />

2.2 - Metacomponenti cognitive<br />

Il secondo aspetto che prendiamo in considerazione nella valutazione delle funzioni<br />

cognitive riguarda quegli aspetti che nelle scienze cognitive vengono definiti come<br />

metacomponenti, quali la memoria, l'autocontrollo, la metacognizione, il metaapprendimento.<br />

Le metacomponenti indicano sistemi di base nell’integrazione elaborativa,<br />

aspetti cioè che chiedono una continua accessibilità in tutti i processi elaborativi. La<br />

memoria, per esempio, è sempre chiamata in causa in ogni attività cognitiva come<br />

struttura generale di accesso, al punto tale che generalmente la visualizziamo come una<br />

sorta di banca dati o magazzino sempre accessibile. In realtà la memoria è data dalle


prassi di accesso al magazzino non dal magazzino in sé, vale a dire dalla capacità di<br />

recuperare dati in tempo reale al fine di sostenere le diverse attività cognitive.<br />

Per questo la memoria si rafforza lavorando in modo specifico su di essa e parallelamente<br />

un training riferito alla memoria, o meglio alle memorie, potenzia in modo complessivo<br />

tutte le attività cognitive del soggetto. Motivo per cui le attività di training mnemonico<br />

hanno uno spazio rilevante nell’approccio cognitivo perché potenziano il sistema nel suo<br />

complesso. Ancora una volta è utile tracciare una netta distinzione tra approccio<br />

behaviorista di impostazione analitica, ogni apprendimento è separato, e approccio<br />

cognitivo di impostazione sistemica, è l’insieme nel suo complesso che si sviluppa e si<br />

rimodella. Nell’impostazione sistemica ogni singolo apprendimento è avvantaggiato se il<br />

sistema è robusto e coerente e parimenti ogni apprendimento entra nel sistema con<br />

conseguenze d’insieme. Lavorare sulla memoria, come peraltro sulle altre<br />

metacomponenti, non significa pertanto rafforzare esclusivamente le attività mnestiche del<br />

soggetto ma tutte le attività cognitive, compreso un particolare processo di<br />

apprendimento. Come vedremo, gli esercizi sulle metacomponenti implicano il<br />

coinvolgimento di tutto il sistema e quello che ne deriva è un rafforzamento generale che<br />

viene speso in termini di flessibilità e potenzialità.<br />

Quando vogliamo indurre adattabilità ci riferiamo a questi predicati che diventano perciò<br />

un ulteriore puntello per l'integrazione del cane. Avere flessibilità significa non avere paura<br />

del nuovo o dell'estraneo, saper adeguare con plasticità il proprio intervento rispetto a<br />

quello che la situazione richiede. La forza delle funzioni logiche e delle metacomponenti<br />

dona al sistema capacità riflessiva ed evocativa, dove per capacità evocativa s'intende la<br />

funzione di attivazione di componenti-composizioni a bassa attivabilità. Questa qualità è<br />

fondamentale quando dobbiamo correggere una deriva comportamentale. Le<br />

metacomponenti sono svincolate dalla performance specifica ma aprono e rendono<br />

possibili molte performance. Il meta-apprendimento, per esempio, è importantissimo<br />

perché aiuta il cane nei successivi processi di apprendimenti, indirizzandolo secondo<br />

precise coordinate.<br />

Le più importanti metacomponenti cognitive sono date da: 1) la memoria nei suoi caratteri<br />

generali (di lavoro, episodica, concettuale); 2) l'attivazione cognitiva (attenzione e<br />

concentrazione); 3) l'autocontrollo o capacità di frenare l'impulsività; 4) la capacità di<br />

affrontare l'apprendimento (apprendere ad apprendere); 5) la capacità di seguire un<br />

percorso mentale di soluzione (metacognizione). Occorre saper lavorare su ciascuna di<br />

queste metacomponenti per poter affiancare al lavoro prettamente conoscitivo (quello<br />

sulle rappresentazioni) un esercizio più fondativo ovvero di sostegno cognitivo dell'intero<br />

sistema.<br />

1) Le memorie del soggetto in genere vengono suddivise: a) sulla base operativa in<br />

memoria a breve durata o di lavoro e memoria a lunga durata o di magazzino; b)) sulla<br />

base funzionale in memoria biografica o autoriferita, memoria concettuale o riflessiva,<br />

memoria procedurale o cinestesica. La memoria operativa è quella che consente al<br />

soggetto di sequenziare correttamente le sue attività. Può essere stimolata attraverso<br />

giochi di memorizzazione a temporalità progressiva. Per esempio: ti mostro dove metto la<br />

pallina, ti porto fuori dalla stanza per un minuto poi rientri e la prendi; quindi allungo<br />

l’intervallo di due, poi cinque, poi dieci minuti. In questo modo si allungano i tempi di<br />

ritenzione di un dato.


La memoria a lungo termine si divide in memoria concettuale, vale a dire riferita a<br />

conoscenze, e memoria biografica riferita a ricordi. Per quanto concerne la memoria<br />

concettuale si può allenare il soggetto a ricordare dove sono posizionati certi oggetti o<br />

come funziona un particolare meccanismo. Per quanto concerne la memoria biografica si<br />

lavora sulle emozioni che evocano certi posti o particolari situazioni vissute per esempio si<br />

fa una lunga passeggiata in un bosco e si nasconde un oggetto poi, dopo qualche giorno,<br />

si ritorna sul posto e si fa ritrovare l'oggetto. Nello stesso tempo è importante strutturare il<br />

training mnemonico insistendo sia sugli aspetti referenziali, per esempio il significato di<br />

alcune parole o gesti, sia sugli aspetti concettuali, l’idea di palla.<br />

2) Un altro aspetto di particolare rilevanza riguarda l’attivazione cognitiva sia per quanto<br />

concerne la capacità di essere attivato verso il mondo (attivazione cognitiva centrifuga o<br />

capacità acquisitiva) sia per quanto riguarda la capacità di mobilitare le risorse di<br />

riflessione (attivazione cognitiva centripeta o concentrazione). Lavorare sull’attenzione<br />

significa esercitare il cane sui seguenti ambiti: a) la curiosità esplorativa; b) il tempo<br />

dedicato all’esplorazione; c) la prontezza della risposta; d) la difficoltà del processo<br />

esplorativo.<br />

Lavorare sulla concentrazione significa dare dei compiti che necessitano di una corretta<br />

sequenzialità di processo: a) lavorare sulla calma rispetto a un problema, ovvero saper<br />

discernere i tempi corretti nella risposta; b) evitare la fissità di risposta e lavorare sulla<br />

variabilità della richiesta; c) allungare progressivamente i tempi di lavoro cognitivo del<br />

cane.<br />

3) L'autocontrollo è una metacomponente importante per il comportamento riflessivo e, se<br />

il lavoro sull'arousal riduce la velocità del sistema (reattività, sensibilità), il lavoro<br />

sull'autocontrollo consente di inserire dei freni al sistema: parliamo pertanto di due<br />

variabili che agiscono in sintonia. L'autocontrollo è come un filtro che consente al cane di<br />

frenare la sua impulsività rispetto agli orientamenti disposizionali. Gli esercizi che lavorano<br />

sull'autocontrollo sono stemperati in tutta la pedagogia cinofila e molte attività evolutive<br />

apparentemente focalizzate sulla gestione-controllo del cane (per esempio il seduto) in<br />

realtà poggiano sull'autocontrollo. Di certo l'esercizio del "resta" è quello che più<br />

palesamente insiste sull'autocontrollo, tuttavia anche la centripetazione, soprattutto nella<br />

mediazione e nel riposizionamento, sono attività che lavorano sull'autocontrollo. Gli<br />

esercizi più complessi sull'autocontrollo riguardano la centripetazione con stimolo cinetico<br />

oppure l'hand.<br />

nuove o a capire i requisiti strutturali dei problemi.<br />

4) Il meta-apprendimento è un fenomeno che solitamente non si prende in considerazione<br />

e che tuttavia è facilmente rilevabile: il cane apprende ad apprendere. Si tratta di un<br />

valore aggiunto molto importante che può essere facilitato attraverso particolari<br />

attenzioni: a) esplicitare il set di apprendimento e la situazione di didattica ( script<br />

didattico ); b) rafforzare le capacità di attenzione e concentrazione del cane e gli<br />

autocontrolli; c) rompere le sequenze procedurali, vale a dire l’esercizio “apertura di nuove<br />

finestre”. Il meta-apprendimento d'altro canto prevede due versioni differenti: 1) imparare<br />

ad apprendere osservando un maestro o seguendo un modello = un riscontro che si<br />

ottiene lavorando soprattutto con il modeling e attraverso l'azione tutorale del pet-owner;


2) imparare ad apprendere prendendo delle iniziative o provando = un riscontro che si<br />

ottiene lavorando sulla serendipity, sullo scacco e sullo shaping dove la soluzione chiede<br />

un tentativo o comunque un'azione.<br />

5) Si intende per meta-cognizione la capacità del cane di riflettere e di evitare di lasciarsi<br />

guidare dall’impulsività. Il detour, vale a dire allontanarsi dal target per raggiungerlo, è un<br />

esercizio utile perché il cane deve andare contro le sue tendenze per poter risolvere il<br />

problema. La metacognizione riguarda quelle funzioni che servono per realizzare i processi<br />

cognitivi stessi, per esempio esercitarsi nel problem solving attraverso: a) l’“insight”, ossia<br />

la produzione di soluzioni nuove riferite a una situazione di scacco o a un problema; b) la<br />

“controintuizione”, ossia la capacità di realizzare un processo opponendosi a ciò che<br />

verrebbe spontaneo compiere, per esempio il “detour”; c) la “comprensione”, vale a dire<br />

l’analisi mentale dei requisiti strutturali di un problema; d) l’“analisi”, ossia la divisione di<br />

un problema complessiva. Anche in questo caso il lavoro del trainer apparentemente si<br />

discosta dal compito specifico, vale a dire insegnare specifiche configurazioni cinestesiche<br />

e operative, ma nella realtà si pone in modo propedeutico e sinergico a esso.<br />

<br />

2.3 - Flessibilità cognitiva e pedagogia<br />

Funzioni logiche e metacomponenti definiscono il "profilo elaborativo" del cane che<br />

rappresenta la misura della capacità del soggetto di utilizzare con flessibilità le proprie<br />

dotazioni posizionali e rappresentazionali e quindi di avere: a) appropriatezza =<br />

comportamento fortemente correlato a quello che la singola situazione richiede; b)<br />

adattabilità = capacità di ammortizzare le fluttuazioni e di dar vita a nuovi paesaggi<br />

mentali. La flessibilità indica pertanto sia la disponibilità di risorse cognitive da declinare<br />

alle situazioni nuove sia la capacità di utilizzare con plasticità le risorse possedute. Il grado<br />

del profilo elaborativo può essere: 1) Alto profilo elaborativo = indica un forte livello di<br />

flessibilità: creatività, variabilità comportamentale, alta capacità di apprendimento,<br />

memoria spigliata; 2) Basso profilo elaborativo = indica tendenza alla fissità cognitiva, a<br />

comportamenti procedurali, a scarsa adattabilità, a difficoltà solutive e di apprendimento.<br />

La flessibilità cognitiva è importante perché aiuta il cane a stare vicino a noi e a inserirsi<br />

con competenza e gratificazione, cioè a vivere in un ambiente di forti fluttuazioni dove le<br />

“procedure fisse” non bastano per rispondere con competenza alle sfide sociali (vivere in<br />

un ambiente complesso di relazioni) e integrative (vivere in rapporto con macchine,<br />

automazioni e meccanismi).<br />

La flessibilità cognitiva va favorita e costruita fin dai primi mesi di vita quando: 1) i fattori<br />

di flessibilità sono ancora forti; 2) non si sono strutturate delle procedure fisse che tolgono<br />

flessibilità. La flessibilità cognitiva dipende da un insieme di fattori : a) potenziamento<br />

delle metacomponenti cognitive; b) esercizi sulle funzioni logiche; c) complessità del piano<br />

prossimale d’esperienza; d) profilo sicuro nell'affettività, nell'autoefficacia, nell'attenzione,<br />

nell'assetto emozionale; d) posizionalità disciplinata e sviluppo riflessivo.<br />

Rispetto ai punti "a" e "b" ci sono delle condizioni cornice che favoriscono lo sviluppo della<br />

flessibilità cognitiva: i) l’incrocio tra uno stato di sostenuta motivazione e una situazione<br />

problema; ii) le situazioni di novità, sia sotto il profilo contestuale che referenziale; iii)<br />

l’apertura di nuove finestre ovvero di nuove possibilità nelle sequenze comportamentali;


iv) le situazioni di gioco con oggetti capaci di produrre effetti non previsti e stimolare la<br />

curiosità; v) l’esercizio del problem solving in aree non illuminate da particolari euristiche.<br />

Rispetto al punto "c" la ricchezza esperienziale del soggetto si compone: i) dal numero<br />

delle strutture rappresentazionali possedute; ii) dal rapporto tra rappresentazioni<br />

esperienziali e rappresentazioni interpretative; iii) dall'evocabilità delle rappresentazioni di<br />

ppe nelle aree poco attivate; iv) dalla disponibilità composizionale di queste; v) dal<br />

numero di collegamenti tra le rappresentazioni. Le conoscenze non danno solo<br />

“competenze” o capacità adattative per il soggetto ma anche possibilità per costruire<br />

nuove conoscenze e dare ricchezza rappresentazionale significa favorire la flessibilità. Per<br />

favorire la flessibilità rappresentazionale occorre evitare di anticipare le conoscenze<br />

applicative bensì strutturare bene le conoscenze elementari attraverso: 1) esercizi<br />

composizionali = variare i legami tra le diverse strutture rappresentazionali ( per es.<br />

esercizio “apertura nuove finestre” ) aiuta ad aumentare l’accessibilità a quella<br />

rappresentazione e la disponibilità della rappresentazione a dar luogo a nuove<br />

composizioni; 2) esercizi organizzativi = rafforzare le capacità associative tra le diverse<br />

rappresentazioni, come unire competenze ascrivibili a script differenti.<br />

La flessibilità è legata anche ad alcuni aspetti del profilo sicuro (d): i) favorire l'apertura<br />

verso tutto ciò che è nuovo (fiducia, affidamento); ii) dare coesione dell’identità per<br />

evitare stati ansiosi o conflittuali; iii) lavorare sulla sicurezza per favorire la proattività nelle<br />

aree della prova e delle iniziative; iv) favorire meccanismi di autoefficacia come esercitare<br />

il cane su problemi accessibili e dargli fiducia e consenso (bravo!); v) promuovere una<br />

corretta affettività attraverso il sostegno costante e coerente; vi) favorire l'attenzione<br />

centrifuga, per esempio si lavora sull’interesse del soggetto verso il mondo, vii)<br />

promuovere l'assetto emozionale positivo attraverso stimoli appetitivi e somatopsichica.<br />

Per quanto concerne il punto "e" va detto che il comportamento motivo ed emotivo<br />

nonché la polarizzazione e la fluttuazione di arousal tolgono flessibilità e ingabbiano il<br />

soggetto all’interno di risposte rigide e innate. La capacità di gestire emozioni, motivazioni<br />

ed arousal consente al soggetto una maggiore flessibilità di risposta / proposta. Per<br />

rafforzare il profilo riflessivo: i) si lavora sulle motivazioni problematiche e centrifugative<br />

attraverso un intervento disciplinativo; ii) si lavora sulle motivazioni centripete e sociali<br />

attraverso un intervento degenerativo; iii) si contengono le motivazioni autocentrative; iv)<br />

si contengono le emozioni negative; v) si dà un modo espressivo alle emozioni sociali; v) si<br />

lavora sulla calma e sulla stabilità di arousal; vi) si promuovono gli autocontrolli.<br />

A compromettere la flessibilità cognitiva del soggetto in età evolutiva contribuiscono: a)<br />

uno stato di bassa motivazione o di frustrazione motivazionale; b) una continua<br />

fluttuazione nelle polarità di arousal; c) un assetto emozionale con prevalenza delle<br />

emozioni negative; d) la ripetizione ossessiva degli stessi esercizi; e) la standardizzazione<br />

delle risposte operative richieste al cane; f) un’affettività alterata con profili insicuri e<br />

deficit nel distacco; g) uno sviluppo esiguo del piano prossimale d’esperienza; h) una<br />

prevalenza del rapporto inibitivo da parte del pet-owner; i) un ambiente povero nello<br />

stimolare curiosità, riservare sorprese, motivare l’esplorazione, incentivare la<br />

gratificazione; l) una non corretta progressione nella proposizione delle situazioni di scacco<br />

con alterazione dell’autoaccreditamento.<br />

Anche il posizionamento sociale del cane può inficiare lo sviluppo di una buona flessibilità<br />

cognitiva, in particolare è dannosa sia la centralità del cane, sotto i profili di ruolo, rango e<br />

affiliazione, perché diminuisce la tendenza ad apprendere all’interno del gruppo e rafforza


l’autoreferenza, sia la marginalizzazione eccessiva del cane, perché mette una seria<br />

ipoteca sul suo autoaccreditamento. Non vi è dubbio tuttavia che le due leve più<br />

importanti nello sviluppo della flessibilità cognitiva siano date dal lavoro sulle funzioni<br />

logiche e sulle metacomponenti cognitive. Da qui occorre partire se si vuole evitare la<br />

fissità cognitiva del soggetto. Diremo che vi è una deriva di fissità cognitiva tutte le volte<br />

che non si riscontra variabilità nel lavoro cognitivo ovvero vi è una prevalenza di schemi<br />

elaborativi fissi più che operatività cognitiva. La fissità limita pertanto l’accesso all’insieme<br />

delle dotazioni cognitive, è come se creasse delle stanze cognitive fortemente divise tra<br />

loro, quindi l’espressione assume un profilo procedurale che ricorda l’automatismo.<br />

Questo stato (proceduralità, script, approccio euristico) facilita i processi di competenza,<br />

crea cioè adattamento, e non vi è dubbio che in molti ambiti sia utile. Addirittura possiamo<br />

riscontrare situazioni dove non solo una stringa comportamentale è trasformata in<br />

procedura ma uno “stare nella situazione”, ovvero un complesso proattivo e reattivo, viene<br />

trasformato in un copione (script). La fissità cognitiva non è pertanto in sé un handicap se<br />

non assume una netta prevalenza sul lavoro cognitivo nel suo complesso ossia se non<br />

impedisce la mobilitazione delle dotazioni cognitive. In due situazioni questo diventa<br />

evidente: a) nelle procedure di interazione tra percezione del mondo ed espressione<br />

comportamentale; b) nelle situazioni dove occorre affrontare uno scacco mettendo in atto<br />

un evento solutivo.<br />

Partiamo dal punto (a). Il processo elaborativo nelle diverse macrocategorie cognitive<br />

(percezione, riflessione, prefigurazione, etc.) può infatti trovarsi ingabbiato in strutture<br />

molto rigide: per esempio a una particolare rappresentazione percettiva (immagine) si<br />

collega sempre la medesima rappresentazione orientativa (target) cui segue una specifica<br />

rappresentazione cinestesica (comportamento) – il tutto ovviamente marcato da una<br />

peculiare cornice motivazionale ed emozionale. Si viene cioè a creare una sequenza<br />

elaborativa molto rigida, ossia una procedura, che chiude il cane all’interno di uno schema<br />

espressivo e che quindi limita l’utilizzo ampio delle singole dotazioni rappresentazionali.<br />

Non c’è un vero e proprio lavoro cognitivo perché non c’è confronto tra le dotazioni<br />

cognitive e non c’è un’ampia chiamata in causa degli operatori e delle metacomponenti. La<br />

cascata in sequenza delle rappresentazioni infatti non permette alla singola<br />

rappresentazione di aprire più opzioni, all’una segue l’altra, cosicché le diverse<br />

rappresentazioni chiamate in causa nella procedura perdono un po’ di valore come<br />

dotazioni. Flessibilità significa pertanto evitare la prevalenza di sequenze rigide nel<br />

processo elaborativo e dare a ogni rappresentazione accesa più opzioni di collegamento ad<br />

altre fonti rappresentazionali. Pertanto l’elaborazione è flessibile se non ingabbiata<br />

all’interno di una sequenza preordinata, ma presenta una pluralità di attivazione in<br />

ingresso e in uscita. Per fare questo è necessario esercitare il cane sulla pluralità<br />

opzionale, per esempio “aprendo nuove possibili finestre” a seguito dell’attivazione di ogni<br />

singola rappresentazione. L’esercizio consiste nel far seguire a metà di una sequenza<br />

comportamentale già strutturata un comando totalmente differente e in qualche modo<br />

contrastativo con la cascata che si andrebbe ad attivare. Un altro modo consiste<br />

nell’evitare che uno schema cinestesico (per esempio il seduto) sia sempre attivato dalla<br />

medesima rappresentazione percettiva (il modo di porsi del conduttore). Stessa<br />

considerazione può essere fatta per le rappresentazioni orientative: evitare che a un<br />

particolare target sia sempre associata la medesima rappresentazione cinestesica (modo di<br />

comportamento) o strumentale (valore d’uso). Parallelamente è necessario evitare il


apporto stretto tra rappresentazioni percettive e orientative: per esempio non bisogna<br />

collegare alla stessa immagine (quella pallina) l’idea del target (palla), ma far sì che<br />

lavorando con più palline il soggetto sganci la rappresentazione orientativa (il target, ossia<br />

l’idea di pallina) dalla fissità su un’unica rappresentazione percettiva (quella medesima<br />

pallina).<br />

Valutiamo ora il problema solutivo, punto (b). Notiamo una fissità cognitiva quando il cane<br />

di fronte a una situazione-problema si chiude nella semplice proposizione di euristiche,<br />

vale a dire: i) non valuta i requisiti strutturali del problema (comprendere); ii) non valuta<br />

la composizione del problema (analizzare); iii) non è in grado di produrre una risposta ad<br />

hoc (creare). La strada solutiva più veloce, quella cioè che non richiede la messa in campo<br />

della triade “comprendere-analizzare-creare”, è quella di utilizzare schemi solutivi rivelatisi<br />

utili in altre situazioni. Come si è detto, esistono delle rappresentazioni solutive che si sono<br />

andate strutturando per diverse strade: 1) per cooptazione, quando il cane mettendo in<br />

pratica un comportamento rivolto a un particolare target scopre che il medesimo può<br />

essere utile anche per risolvere un problema; 2) per vicarianza, quando il cane osserva un<br />

altro soggetto rispondere efficacemente a un problema attraverso una particolare strategia<br />

solutiva; 3) per approssimazione, quando il cane struttura una risposta per piccoli passi<br />

solutivi, ossia avvicinandosi lentamente alla soluzione; 4) per insight, quando il cane<br />

produce una risposta nuova correlata alle caratteristiche strutturali del problema; 5) per<br />

controintuizione ovvero andando per opposizione rispetto al canone comportamentale<br />

implicato dalla situazione specifica. Queste euristiche sono il frutto di un complesso lavoro<br />

cognitivo del soggetto, esercitato nell’ambito esperienziale, riflessivo, attraverso processi<br />

di apprendimento e di lavoro solutivo. Ovviamente esistono anche ricette che non hanno<br />

richiesto tale impegno, quali: 6) euristiche retaggio del processo filogenetico, 7) euristiche<br />

emergenti, vale a dire realizzate dall’incrocio di più euristiche che presentano tuttavia<br />

qualità nuove, 8) euristiche casuali, ossia sorte da un evento contingente.<br />

Una volta che l’euristica si è strutturata essa rappresenta una ricetta solutiva utile capace<br />

di evitare al soggetto il lavoro solutivo ossia di mobilitare gli operatori e le<br />

metacomponenti cognitive. Risolvere un problema richiede peraltro una qualità aggiuntiva,<br />

vale a dire capire e cogliere la presenza di un problema, ossia essere in grado di<br />

problematizzare nei diversi aspetti: vedere uno scacco (opportunità/rischio) laddove il<br />

soggetto non si trova in una situazione palese di scacco; collegare lo scacco a una<br />

situazione-problema ossia a un insieme-intreccio di relazioni di causa-effetto. Per<br />

rafforzare la flessibilità cognitiva bisogna pertanto esercitare il soggetto nelle aree dove<br />

non sia immediatamente associabile una particolare euristica aiutandolo: i) a<br />

problematizzare, presentandosi al cane come propositori di problemi-opportunità; ii) a<br />

comprendere, ossia a cercare nel problema i punti focali e le lacune da colmare; iii) ad<br />

analizzare, cioè a lavorare sui problemi per tappe successive; iv) a creare, ossia a produrre<br />

nuove soluzioni.<br />

Ora, chiarito cosa intendiamo per flessibilità cognitiva, è importante analizzare il perché di<br />

tale obiettivo pedagogico ovvero per quale motivo è utile (per il cane, per la sua<br />

integrazione nell'ecumene, per l’implementazione di attività collaborative, per l’affiliazione<br />

di pet-ownership) che accanto alla stesura di fissità (procedure, script, euristiche) vi sia<br />

nel soggetto un’ampia disponibilità al lavoro cognitivo. La flessibilità è legata: alla capacità<br />

di mobilitare le dotazioni cognitive, ossia di utilizzare in modo libero le risorse<br />

rappresentazionali; alla tendenza a utilizzare le componenti operative del lavoro cognitivo,


ovvero le funzioni e le metacomponenti cognitive. La flessibilità quindi facilita l'evocazione<br />

delle risorse a bassa attivabilità e quindi aiuta i processi riabilitativi. Se la fissità produce<br />

competenza in determinati ambiti (specializzazione) e quindi forte correlazione a particolari<br />

contesti, situazioni o lavori (adattamento), la flessibilità dona capacità evolutive al sistema<br />

cognitivo (sviluppo) e capacità di ammortizzare le fluttuazioni che intervengono<br />

sull’ambiente ordinario, quali novità, cambiamenti, straordinarietà, contingenze<br />

(adattabilità). La flessibilità cognitiva è molto utile soprattutto nell’età evolutiva perché: 1)<br />

mantiene solida l’evolvibilità del sistema cognitivo; 2) consente al cane ampliamento e<br />

mobilitazione delle dotazioni.<br />

Prendiamo in considerazione il punto (1), ossia l’evolvibilità del sistema cognitivo. Molte<br />

scuole ritengono che sia molto più produttivo anticipare le coordinate di fissità (procedure,<br />

euristiche, script) nei primi mesi dell’età evolutiva, anche perché ovviamente è molto più<br />

sensibile un soggetto giovane alla strutturazione di fissazioni e quindi sotto il profilo<br />

operativo è forte il portato di competenza che si assegna e si raggiunge. Tuttavia così<br />

facendo si limita l’orizzonte esperienziale del soggetto e lo si chiude in schemi fissi di<br />

espressione comportamentale. È utile pertanto evitare la standardizzazione degli esercizi,<br />

l’insistenza sulle procedure, la strutturazione di copioni soprattutto nei primi sei mesi di<br />

vita, al fine di non anticipare eventi di fissazione a discapito dell’evolvibilità complessiva<br />

del sistema. Il cane nel primo semestre deve soprattutto giocare e stare in cornici di ampia<br />

flessibilità responsiva, dove cioè è permesso e favorito il provare schemi e coreografie<br />

comportamentali nuove sollecitate da situazioni fluttuanti, deve rimanere all’interno di<br />

condizioni emotivamente positive e rassicuranti sotto il profilo dell’affettività, dove cioè<br />

non c’è la prevalenza inibitiva, il rigido controllo, la spada di Damocle della continua<br />

punizione. Il sistema cognitivo del cane nel primo semestre di vita deve soprattutto<br />

crescere e mantenere neurobiologicamente un’alta connettività della rete. Per questo è<br />

necessario evitare di chiudere le diverse stanze cognitive creando dei percorsi privilegiati e<br />

in qualche modo svincolati dall’insieme e parimenti evitare che vi sia una prevalenza<br />

dell’utilizzo di schemi operativi sul lavoro cognitivo. Rispetto al concetto di evolvibilità<br />

dobbiamo dire che la flessibilità è utile perché: i) consente di ampliare per quanto è<br />

possibile il piano prossimale d’esperienza favorendo l’apertura esperienziale del soggetto;<br />

ii) favorisce lo sviluppo delle componenti operative, ossia delle funzioni e delle<br />

metacomponenti cognitive; iii) aiuta lo sviluppo di un approccio aperto e flessibile alle<br />

situazioni. Potremmo dire che favorire il mantenimento di una discreta flessibilità cognitiva<br />

consente al soggetto di restare per certi versi cognitivamente giovane mentre, al contrario,<br />

anticipare le coordinate di fissità nel primo semestre di vita significa invecchiare<br />

prematuramente la cognitività dell’individuo.<br />

Rispetto al punto (2) occorre sottolineare che quanto più il sistema è connesso e<br />

connettibile, vale a dire quanto meno avremo chiuso le stanze cognitive, tanto più le<br />

diverse strutture rappresentazionali avranno il valore di dotazione, ovvero potranno essere<br />

mobilitate durante il lavoro cognitivo. Questo aspetto è fondamentale in una pedagogia<br />

che voglia per quanto possibile favorire un ruolo attivo nel cane nell’integrazione sociale e<br />

parimenti lo sviluppo di un ruolo di partner e non di strumento.<br />

La flessibilità cognitiva è un obiettivo che si persegue come abbiamo visto evitando le<br />

situazioni standardizzate ovvero quelle che producono una prevalenza delle risposte<br />

procedurali ed euristiche e un impoverimento dell’orizzonte cognitivo del soggetto con: i)<br />

chiusura su ambiti molto ristretti di ordine motivazionale, ii) motivazioni incorniciate in


modo molto rigido, iii) prevalenza degli script rispetto alla riflessione valutativa e alla<br />

risposta ad hoc. L’importanza della flessibilità cognitiva è principalmente riconducibile a<br />

due qualità: 1) l’adattabilità del cane, ovvero la sua capacità di ammortizzare i<br />

cambiamenti, di affrontare con successo le situazioni di novità, di tollerare le alterazioni al<br />

quadro abituale, di mantenere anche da adulto un buon livello di apertura al mondo e di<br />

apprendimento; 2) la collaboratività del cane, ossia la capacità di essere attivo nella<br />

partnership, vale a dire di apportare valore aggiunto, prestazioni non richieste, affrontando<br />

situazioni e problematicità non previste dall’uomo ed essendo flessibile rispetto alla<br />

molteplicità dei fattori in gioco.<br />

Abbiamo già dedicato ampio spazio al lavoro sulle componenti cognitive, e principalmente<br />

sulle metacomponenti, che consentono di evitare la fissità cognitiva. Un discorso a parte<br />

merita il concetto di “volano cognitivo” che non sempre viene preso nella giusta<br />

considerazione da parte delle scuole di training. In genere si pensa che l’apprendimento<br />

del cane debba essere finalizzato a realizzare nell’animale una conoscenza o una<br />

competenza specifica, che debba essere cioè esplicitamente spendibile in un’attività<br />

pratica e dimostrabile. In realtà le attività cognitive hanno feedback di rafforzamento non<br />

solo sullo specifico – per esempio connettere due rappresentazioni – ma sulla sistemica,<br />

vale a dire sulla capacità della rete di funzionare come un sistema. Le attività cognitive, in<br />

altre parole, sviluppano non solo competenza specifica ma anche competenza cognitiva:<br />

quando un cane apprende una modalità di comportamento acquisisce qualcos’altro che<br />

non fa riferimento alla modalità di apprendimento bensì alla modalità cognitiva, nel caso<br />

specifico apprende ad apprendere. Rafforzare la modalità cognitiva significa che ogni<br />

apprendimento specifico facilita l’acquisizione di ulteriori apprendimenti, vale a dire che c’è<br />

un effetto volano riferibile alla modalità cognitiva, ossia alla macrocategoria e al tipo di<br />

attività cognitive che vengono richieste per realizzare quella particolare performance<br />

cognitiva. Pertanto per favorire la flessibilità cognitiva è necessario esercitare le diverse<br />

modalità cognitive nel senso di costruire delle situazioni dove al cane sia richiesto di stare<br />

in particolari macrocategorie cognitive o di compiere particolari attività cognitive proprio al<br />

fine di favorirne lo sviluppo e di realizzare delle condizioni di volano cognitivo. Le attività<br />

pedagogiche si differenziano da quelle addestrative anche perché basate non tanto sulla<br />

definizione di capacità, ma sul rafforzamento delle componenti cognitive, cioè di quelle<br />

qualità che stanno alla base della vita mentale del soggetto.<br />

<br />

3 - L'INTELLIGENZA<br />

Quando si parla di caratteristiche cognitive si devono intendere delle precise prestazioni<br />

mentali capaci di dare dei premi adattativi in riferimento al contesto e allo stile di vita della<br />

specie. Pertanto occorre parlare di attività cognitive differenti o, meglio, di collezioni di<br />

performatività cognitive che si sono andate strutturando in ogni specie con profili molto<br />

particolari e in virtù di peculiari premi di sopravvivenza e riproduzione. Una prestazione<br />

cognitiva, nel suo essere vocazione, trascina sempre con sé un punto di forza e uno di<br />

debolezza: se infatti trasportiamo la cognitività di una specie al di fuori del suo<br />

contesto/stile di vita, ossia di richiesta cognitiva, quasi sempre quello che era un punto di<br />

forza diviene un punto di debolezza. L’intelligenza di una specie è sempre il punto di


sintesi delle sue vocazioni cognitive, vale a dire delle attività cognitive che presenta<br />

nell’ordinarietà del suo mentalismo e nell’affrontare scacchi e problemi. Ammettere una<br />

mente significa pensare all’animale come un soggetto che sta nella situazione spaziale e<br />

temporale in un modo mentale. L’essere mentale implica “macrocategorie cognitive”<br />

rispetto a particolari ordini e temporalità della funzione mentale come: 1) “esperire” il<br />

mondo esterno secondo coordinate di rilevanza; 2) “riflettere” sulla situazione e sulla sua<br />

intersezione con lo stato del soggetto; 3) “risolvere” una situazione-problema o una<br />

circostanza di scacco; 4) “prefigurare” una condizione futura; 5) “ricordare” un evento, un<br />

concetto o una procedura.<br />

Ciascuna delle macrocategorie cognitive presenta a sua volta delle performance di sintesi<br />

(cioè eventi cognitivi dove sono coinvolte sia le componenti elaborative che quelle<br />

posizionali) che prendono il nome di attività cognitive. A loro volta queste possono essere<br />

prodotte in modalità differenti, esattamente come la performance visiva è realizzata in<br />

modi differenti nelle varie specie e in alcuni animali può addirittura mancare. Se la<br />

sensorialità è funzione comune, i sensi implicati possono essere differenti e anche in<br />

comunanza di sensi rinveniamo finestre di sensibilità differenti. Il concetto di<br />

macrocategoria cognitiva può essere accomunato a quello di sensorialità mentre le attività<br />

cognitive sono i vari sensi presenti in modo diverso e differentemente tarati nelle specie.<br />

<br />

Box Attività cognitive<br />

Le macrocategorie cognitive implicano particolari performance di sintesi che prendono il<br />

nome di attività cognitive:<br />

a) “esperire”, significa interfacciarsi alla realtà esterna ossia: 1) far emergere i report sulla<br />

base di operazioni di salienza e focalizzazione; 2) lavorare sui report ossia strutturarli sulla<br />

base di conoscenze; 3) organizzare i rapporti tra i report; 4) attribuire pertinenza ai report<br />

sulla base del valore autoriferito e dei bisogni del soggetto;<br />

b) “riflettere”, significa capire il proprio presente ossia: 1) valutare la distanza tra il sé e il<br />

target individuato; 2) giudicare lo spazio di opportunità e rischi di una situazione; 3)<br />

inferire ossia ricavare qualcosa non presente; 4) riferirsi ossia fare un resoconto sul<br />

proprio stato;<br />

c) “risolvere”, significa sciogliere un nodo problematico o cogliere un’opportunità ossia: 1)<br />

cogliere la presenza di un problema-opportunità; 2) comprendere ovvero capire la natura<br />

del problema; 3) passare in rassegna possibili soluzioni; 4) analizzare ossia scomporre il<br />

problema; 5) creare ovvero produrre una soluzione nuova;<br />

d) “prefigurare”, significa immaginare un possibile stato futuro ossia: 1) programmare<br />

ovvero individuare delle possibili mete; 2) pianificare ovvero organizzare delle strategie e<br />

delle tattiche; 3) prevedere ossia individuare possibili cascate di eventi; 4) simulare ossia<br />

provare mentalmente delle possibili interazioni tra enti e relative conseguenze;<br />

e) “ricordare”, significa avvalersi delle situazioni passate ossia: 1) interpretare ossia dare<br />

un significato agli eventi sulla base di valori referenziali o di concetti; 2) rimembrare<br />

ovvero fare riferimento a coordinate biografiche; 3) applicare ossia dar luogo a procedure<br />

standardizzate.


Mentre le macrocategorie cognitive sono comuni a tutte le specie di animali, le attività<br />

cognitive che le compongono sono differenti da specie a specie perché differenti sono le<br />

prestazioni utili a quella specie. Le diverse attività cognitive si riferiscono a: 1) quesiti<br />

dotati di una loro specificità; 2) modalità di intrapresa, per esempio: orientarsi nel mondo<br />

seguendo delle coordinate di spazio piuttosto che dei riferimenti d’ambiente, affrontare i<br />

problemi in modo analitico attraverso la scomposizione piuttosto che in modo sintetico<br />

attraverso l’insight, organizzare le proprie strategie da solista oppure muoversi con logiche<br />

di squadra e sapersi inserire all’interno di dinamiche sistemiche, avere molta creatività e<br />

inventare delle nuove procedure o essere capaci di apprendere un gran numero di<br />

riferimenti, sviluppare un’articolata organizzazione somestesica e cinestesica oppure<br />

esternalizzare le funzioni avvalendosi di strumenti, sviluppare un’articolata capacità<br />

comunicativa o una forte dotazione empatica di comprensione dell’altro.<br />

Dalla diversa presenza e specializzazione delle varie attività cognitive si deduce il tipo di<br />

intelligenza complessiva della specie, in una valutazione plurale del carattere intellettivo<br />

dove non ha senso parlare in termini quantitativi, giacché molto spesso le diverse<br />

intelligenze sono incommensurabili tra loro. Come non ha senso chiedersi se fossero più<br />

intelligenti Einstein o Tolstoj, Picasso o Darwin, Mozart o Nureiev, perché di fatto dotati di<br />

intelligenze differenti, allo stesso modo è forviante comparare l’intelligenza enigmistica del<br />

gatto con l’intelligenza sociale del cane, l’intelligenza comunicativa dei cetacei con<br />

l’intelligenza orientativa dei roditori, l’intelligenza mimetica dei primati con l’intelligenza<br />

referenziale dei corvidi. La domanda centrale che dovremo porci sarà quindi la seguente:<br />

che tipo di intelligenza possiede il cane? Occorre infatti riflettere su quali vocazioni e abilità<br />

cognitive può fare affidamento il cane e, viceversa, quali siano i suoi punti di debolezza<br />

vuoi come controparte di una vocazione vuoi per una effettiva mancanza di quella abilità.<br />

L’approccio cognitivo affronta l’analisi delle dotazioni intellettive partendo: a) dalle<br />

caratteristiche del problema, vale a dire quali funzioni cognitive sono coinvolte nel<br />

processo elaborativo; b) dalle caratteristiche dello scacco, vale a dire in quale rapporto si<br />

trova la soggettività nella situazione problema.<br />

Il punto (a) indica la difficoltà funzionale del problema e investe le operazioni di base<br />

(disgiungere, correlare, etc.), la metacognizione (l’analisi, l’insight, etc.), il modo di<br />

affrontare le situazioni problema di quella specie. Il punto (b) riguarda il tipo di scacco<br />

subito ossia il rapporto tra problema e soggetto e investe le rappresentazioni (per esempio<br />

le conoscenze possedute e la capacità di costruire vocabolari), le componenti posizionali<br />

(motivazioni, emozioni, etc.), il tipo di elementi a cui fare riferimento (oggetti e<br />

meccanismi piuttosto che relazioni tra soggetti). Capire l’intelligenza del cane significa<br />

pertanto comprendere i punti di forza e i punti di debolezza nelle situazioni problema e<br />

nello scacco e vuol dire altresì analizzare il modo di porsi del cane di fronte alla<br />

complessità del problema stesso. Questo modo implica il fatto stesso di riconoscere la<br />

presenza di un problema nonché capire i diversi requisiti funzionali del problema e le<br />

performance che richiede.<br />

Box Problemi e Scacchi<br />

Se prendiamo in considerazione un problema, tipo “come aggirare un ostacolo per<br />

liberare un po’ di guinzaglio al fine di raggiungere un target altrimenti precluso”,<br />

possiamo definire:


a) i seguenti ambiti problema: 1) controintuizione, raggiungere il target<br />

allontanandosi da esso; 2) esternalizzazione, pensare al guinzaglio come un’entità<br />

che può allungarsi; 3) insight, comprendere che è l’ostacolo a diminuire la<br />

lunghezza del guinzaglio;<br />

b) i seguenti ambiti di scacco: 1) affrontare il problema da solista cioè non cercare<br />

la collaborazione; 2) lavorare sugli oggetti per modificare le situazioni; 3) non<br />

seguire la propria focalizzazione ossessiva sul target.<br />

Già da questo possiamo vedere che il cane avrà delle serie difficoltà in questo<br />

problema:<br />

a) la sua intelligenza sociale lo porta a cercare la collaborazione e a distrarsi<br />

rispetto all’approccio enigmistico;<br />

b) la sua tendenza ostinativa, basata sulla capacità di focalizzare il target e non<br />

demordere, renderà problematico il detour;<br />

c) la difficoltà nel lavorare sugli oggetti renderà complicata quella<br />

esternalizzazione che in definitiva risulta centrale nella soluzione, ossia pensare<br />

alla corda come un’entità modificabile.<br />

La vocazione sociale è un punto di forza cognitiva perché rende il cane molto abile nel<br />

muoversi nelle relazioni e nell’attivare dinamiche di squadra e tuttavia in una situazione<br />

enigmistica può risultare un handicap; allo stesso modo la vocazione ostinativa rende il<br />

cane molto efficace nel non lasciarsi distrarre dalle situazioni e nel non perdere mai di<br />

vista l’obiettivo, come peraltro nel non farsi scoraggiare dalle difficoltà, e tuttavia nel<br />

detour questa focalizzazione ostinata può risultare un ostacolo cognitivo. Occorre guardare<br />

ai problemi e alle difficoltà in modo plurale, evitando il giudizio antropocentrico e la<br />

tendenza ad anticipare subito un giudizio sulla performance. Noi diamo per scontate molte<br />

cose e non vediamo l’effettiva natura del problema, ossia quali quesiti si deve porre il<br />

soggetto per affrontare il problema. Nell’esempio precedente quello che in genere non<br />

viene preso in considerazione è la difficoltà oggettiva del cane nel passare da una visione<br />

fissa e immutabile del guinzaglio a una visione modificabile. Questo passaggio non implica<br />

solo una trasformazione nel pacchetto di conoscenze, ma anche la tendenza a lavorare<br />

sugli oggetti per ottenere degli obiettivi ossia a esternalizzare le funzioni. Spesso inoltre si<br />

è portati a dare un giudizio di merito, attribuendo un segno positivo o negativo, a una<br />

coordinata cognitiva, per esempio “non perdere di vista il target” o “non lasciarti<br />

scoraggiare” o “non farti distrarre dalle situazioni esterne”. In realtà in alcune circostanze<br />

queste coordinate possono essere il fattore vincente, mentre in altre possono risultare il<br />

punto critico ossia ciò che fa fallire la prova. Valutiamo pertanto le caratteristiche peculiari<br />

della cognitività canina senza lasciarci distrarre dal giudizio di merito o dal confronto con la<br />

cognitività umana.<br />

<br />

3.1 - L'intelligenza del cane<br />

Per affrontare la cognitività canina è necessario dismettere molti dei pregiudizi<br />

antropocentrati e soprattutto evitare di considerare la cognitività umana una misura utile<br />

per valutare quella di altre specie. Il cane non fa differenza in questo anche perché il


contesto e lo stile di vita del suo progenitore, il lupo, sono profondamente diversi da quelli<br />

che filogeneticamente hanno plasmato le performance cognitive utili nella specie umana.<br />

Le attività cognitive, dal cui insieme si ricava la peculiarità intellettiva specie-specifica,<br />

sono infatti prestazioni – come la struttura morfologica o la funzionalità degli apparati –<br />

che vengono plasmate e valutate secondo coordinate specifiche di fitness. Il che significa<br />

che una prestazione utile in un contesto/stile di vita potrebbe rivelarsi un impiccio in un<br />

altro contesto/stile di vita. Non dobbiamo dimenticare che la selezione opera su criteri di<br />

efficacia (= utile a) e di efficienza (= risparmio di risorse), pertanto una prestazione in<br />

differenti contesti/stili potrebbe mancare al criterio di efficacia (uno zoccolo impedisce di<br />

salire sugli alberi) o a quello di efficienza (la presenza di occhi in animali che vivono<br />

nell’oscurità è un inutile dispendio di risorse). Come i sensi dell’uomo non possono essere<br />

utilizzati come metro di paragone per misurare la sensorialità degli animali non umani, allo<br />

stesso modo i diversi profili cognitivi, ossia le diverse intelligenze animali, non possono<br />

essere una misura utile per valutare un profilo differente. Il cane presenta alcune dotazioni<br />

cognitive che ne favoriscono l’integrazione socio-relazionale nella comunità umana e<br />

nell’antroposfera e parimenti la costruzione di strutture di partnership, ossia di ambiti di<br />

collaborazione in attività specifiche. A questo riguardo è evidente che le diverse razze di<br />

cani presentano differenze anche e soprattutto nelle caratteristiche cognitive verso cui<br />

sono vocate o portate sotto il profilo attitudinale. Chiaramente un’analisi dettagliata delle<br />

diverse vocazioni-attitudini intellettive delle varie razze ci richiederebbe molto tempo e ciò<br />

esula dagli intenti di questo manuale. Qui si vuole semplicemente individuare quei tratti<br />

comuni intellettivi che, anche se in maniera differente nelle varie razze, caratterizzano<br />

comunque il cane come specie. Le intelligenze a cui possiamo fare riferimento parlando di<br />

cane sono: a) intelligenza sociale, b) intelligenza integrativa, c) intelligenza ostinativa, d)<br />

intelligenza olfattiva, e) intelligenza comunicativa.<br />

Queste vocazioni presentano peraltro delle debolezze, per esempio nell’enigmistica<br />

(affrontare i problemi da solo), nell’esternalizzazione (avvalersi di strumenti), nella<br />

creatività. Quando parliamo di intelligenza pertanto non dobbiamo solo considerare delle<br />

plusvalenze cognitive ma altresì dei vincoli cognitivi, come per tutte le specializzazioni.<br />

Intelligenza sociale<br />

Il cane presenta una spiccata intelligenza sociale proprio per il fatto che il lupo, suo<br />

progenitore, affida la propria sopravvivenza al gruppo. Il branco non è solo una<br />

dimensione affiliativa (vivere insieme, condividere uno spazio di vita, conoscersi, aiutarsi,<br />

fare grooming), ma è altresì una dimensione operativa (cacciare in gruppo, difendere in<br />

modo collettivo il proprio territorio, allevare ed educare insieme la cucciolata). Possiamo<br />

definire l’intelligenza sociale facendo riferimento a queste caratteristiche: 1) capacità di<br />

muoversi all’interno di sistemiche relazionali in modo da ottenere il miglior beneficio per<br />

sé; 2) capacità di visualizzare le dinamiche relazionali all’interno del gruppo; 3) capacità di<br />

costruire una squadra operativa strutturata; 4) capacità complesse di concertazione e<br />

coordinamento operativo.


PRESTAZIONI COGNITIVE RIFERITE ALL’INTELLIGENZA<br />

SOCIALE<br />

Il cane per realizzare i propri compiti di intelligenza sociale deve poter fare<br />

affidamento su queste prestazioni:<br />

•) conoscere perfettamente le caratteristiche individuali degli altri membri del<br />

branco nello stile e nelle capacità;<br />

•) conoscere il tipo di relazioni che intercorrono tra i diversi membri del branco<br />

sotto il profilo affiliativo (grado di vicinanza e amicizia), di ruolo (a chi affidarsi<br />

nelle diverse situazioni) e di rango (di posizionamento gerarchico);<br />

•) avere una buona intesa sotto il profilo interattivo con gli altri membri del<br />

branco;<br />

•) sapere su quali leve agire rispetto alla sistemica del gruppo per ottenere<br />

particolari cose;<br />

•) fare attenzione a tutti gli indizi riguardanti la sistemica del gruppo e i<br />

mutamenti relazionali che possono verificarsi;<br />

•) fare attenzione a tutti gli indizi che riguardano il proprio posizionamento<br />

all’interno del gruppo;<br />

•) ricavarsi un proprio spazio operativo nella sistemica relazionale negli aspetti<br />

collaborativi, sia esercitandosi in un ruolo sia lavorando sulla concertazione;<br />

•) provare degli schemi operativi di gruppo, da una parte richiamando l’attenzione<br />

degli altri dall’altra centripetandosi sugli individui più accreditati;<br />

•) assumere uno stile comportamentale coerente con quello del gruppo;<br />

•) accrescere il proprio posizionamento sociale all’interno del gruppo sia<br />

attraverso l’interazione con gli altri sia acquisendo competenze operative;<br />

•) strutturare degli script di lavoro molto specifici;<br />

•) sviluppare dei processi affiliativi molto intensi basati sull’aiuto e sulla<br />

reciprocazione.<br />

L’intelligenza sociale riguarda la capacità di stare nelle situazioni di gruppo mantenendo<br />

una forte attenzione per il gruppo, un interesse prioritario per le dinamiche sistemiche, un<br />

sentirsi basato sull’appartenenza e sulle proiezione d’insieme (essere con). Il cane, in altre<br />

parole, pensa in modo collettivo, è comunitario per natura e la sua intelligenza è orientata<br />

a sviluppare attività cognitive riferite alla relazione; come un politico di lignaggio, egli sa<br />

sempre come muoversi all’interno di sistemiche relazionali sia facendo appello a capacità<br />

mnestiche di alto profilo, ricordarsi un gran numero di dettagli relazionali, sia lavorando su<br />

prefigurazioni altrettanto complesse, per esempio simulazioni o pianificazioni. Quindi la<br />

soluzione di un problema o la capacità di cogliere un’opportunità sollecita nel cane<br />

l’emergenza del “noi”, richiede cioè la sollecitazione di un’attività di squadra, non l’azione<br />

da solista. Se pertanto un cane di fronte a una difficoltà guarda il partner non è per<br />

esimersi dall’attività solutiva, nè per arrendersi e affidare all’uomo il problema bensì per<br />

attivare l’azione collaborativa del noi solutivo.


Intelligenza integrativa<br />

Un altro aspetto sempre riferibile alle capacità socio-relazionali, ma in questo caso di tipo<br />

integrativo nell’antroposfera, riguarda quelle differenze rispetto al lupo che si sono andate<br />

accumulando in virtù del processo di domesticazione. Il cane infatti è stato selezionato<br />

nelle capacità di: a) tollerare situazioni di socialità allargata, ossia la presenza-contiguità di<br />

soggetti che non appartengono al gruppo, pensiamo alle metropoli o ai condomini; b)<br />

integrarsi in situazioni ambientali molto differenti tra loro e fluttuanti, pensiamo<br />

all’evoluzione tecnologica o alle trasformazioni sociali; c) aumentare le proprie capacità<br />

comunicative nel media visivo (linguaggio del corpo) e nel media uditivo (attribuire<br />

significati a fonemi); d) accrescere le tendenze collaborative e la disponibilità a lasciarsi<br />

guidare dall’uomo (docilità).<br />

Queste doti richiedono flessibilità cognitiva, potenziamento dei vocabolari referenziali,<br />

capacità metacognitive di apprendimento, rafforzamento delle vocazioni e delle attitudini a<br />

comunicare. Le caratteristiche integrative prevedono altresì la tendenza del cane a<br />

osservare l’uomo e a imitarlo, una dote che viene spesso definita “allomimetica”, vale a<br />

dire capacità di assumere comportamenti messi in atto da altre specie. Il cane arriva a<br />

riproporre delle euristiche, come spostare un oggetto o aprire una porta, senza averle<br />

precedentemente provate ma semplicemente avendole viste dal partner umano. Questo<br />

aspetto dovrebbe essere maggiormente considerato nel progetto educativo, poiché lo<br />

sviluppo del cane va oltre la seduta di apprendimento finalizzato e si realizza nella vita<br />

quotidiana grazie all’intelligenza integrativa del cane e appoggiandosi alla capacità del petowner<br />

di coinvolgere il cane nelle faccende ordinarie, ossia di vivere effettivamente con il<br />

cane nelle diverse occupazioni e nei dettagli della quotidianità. Non vi è dubbio che<br />

l’intelligenza sociale, frutto della filogenesi del lupo, e l’intelligenza integrativa, frutto del<br />

processo di domesticazione, facciano del cane l’animale che per elezione è in grado di<br />

interpretare e fare sua la dimensione di vita dell’uomo.<br />

Intelligenza ostinativa<br />

Abbiamo visto che il cane presenta una spiccata intelligenza ostinativa che può essere<br />

tradotta nelle seguenti qualità: a) non perdere di vista il target; b) non rinunciare al suo<br />

raggiungimento; c) non lasciarsi distrarre da altri report; d) non farsi scoraggiare dagli<br />

insuccessi. Ancora una volta filogenesi del lupo e processo di domesticazione hanno<br />

contribuito a rafforzare nel cane queste caratteristiche che implicano: 1) capacità di tenere<br />

a mente ovvero di visualizzare il target; 2) capacità di passare in rassegna le euristiche<br />

applicabili a quella situazione- problema; 3) capacità di focalizzare ovvero di mantenere<br />

fisso il target rispetto alle fluttuazioni ambientali.<br />

La tendenza ostinativa è la qualità che consente molte delle partnership storiche come la<br />

conduzione di un gregge, la ricerca, la difesa. Ma ovviamente, come per tutte le qualità,<br />

esiste una contropartita a questa vocazione, vale a dire il fatto che il cane nella vita<br />

ordinaria può fissarsi su un obiettivo ed è molto difficile farlo desistere. Allo stesso modo,<br />

se il compito richiesto è quello di allontanarsi dal target o sospendere l’approccio euristico<br />

al problema, ecco che il cane si trova a fare molta fatica nella soluzione, più di altre specie<br />

(come i roditori) che sono più aduse alla cognitività orientativa, ossia a operare delle<br />

perlustrazioni intorno alla situazione problema.


Intelligenza olfattiva<br />

Un altro ambito dell’intelligenza canina riguarda la capacità di lavorare sui report olfattivi e<br />

di realizzare discriminazioni apprese. Siamo abituati a pensare a queste doti come una<br />

semplice “questione di naso” in realtà, se è vero che la mucosa olfattiva del cane è una<br />

finestra di accesso molto ampia e specializzata nella raccolta dei report chimici, dovrebbe<br />

ormai esserci chiaro che la percezione, come evento di organizzazione esperienziale,<br />

prevede delle funzioni cognitive altrettanto complesse come la salienza, la focalizzazione,<br />

la distinzione, etc. In altre parole, dietro alla grande finestra olfattiva è necessario che ci<br />

sia una grande mente olfattiva: l’olfatto del cane non si misura pertanto solo sulla<br />

superficie della mucosa olfattiva ma altresì sul numero di neuroni coinvolti e di<br />

conseguenza sulle componenti elaborative e posizionali chiamate in causa nella percezione<br />

olfattiva. L’orientamento olfattivo poggia sulle capacità di far emergere un report e<br />

strutturare una corretta discriminazione, sull’apprendimento e sulla memoria, su un<br />

preciso assetto emozionale e di arousal, su un plateu specifico di motivazioni. Questo ci<br />

porta a capire che quanto più rafforzeremo la cognitività complessiva del cane, soprattutto<br />

esercitando le funzioni cognitive coinvolte e le metacomponenti cognitive, tanto più la<br />

prestazione olfattiva risulterà potenziata e correlata al compito previsto.<br />

Intelligenza comunicativa<br />

Di certo una caratteristica importante della cognitività del cane sta nella sua capacità di<br />

stare all’interno di eventi comunicativi. Ancora una volta sottolineiamo il fatto che valutare<br />

l’animale come entità cognitiva porta a una trasformazione globale del modo di<br />

considerare la comunicazione. Non più risposta a stimoli o a pulsioni, la comunicazione si<br />

gioca sulla capacità di stare nell’atto relazionale attraverso un profilo dialogico, che<br />

pertanto prende in considerazione: a) aspetti semiotici, ovvero l’utilizzo di segni a scopo<br />

comunicativo; b) aspetti semantici, ossia la capacità di attribuire a un segno un significato<br />

specifico; c) aspetti pragmatici, vale a dire la capacità di costruire degli stati relazionali e di<br />

svolgere alcune funzioni attraverso la comunicazione; d) aspetti mediatici, ovvero la<br />

capacità di utilizzare specifici canali di comunicazione. Il retaggio filogenetico del lupo ha<br />

lasciato in eredità al cane una particolare vocazione comunicativa che si realizza nelle<br />

seguenti capacità: 1) utilizzo di un gran numero di segni e di una molteplicità di canali<br />

(visivi, chimici, uditivi, tattili); 2) organizzazione delle sistemiche attraverso l’interazione<br />

dialogica; 3) flessibilità nell’apprendimento di semantiche complesse sia di ordine<br />

disposizionale sia di ordine referenziale; 4) utilizzo della comunicazione nelle prassi di<br />

collaborazione del gruppo; 5) presenza di metasegnali che indicano il modo di interpretare<br />

una situazione o uno stato comunicativo dell’emittente (per esempio l’inchino per gioco).<br />

Il retaggio della domesticazione ha inoltre predisposto il cane a fare attenzione e ad<br />

apprendere alcuni aspetti della comunicazione umana: a) l’attribuzione di significati<br />

referenziali ad alcuni fonemi (le parole per esempio); b) la capacità di osservare e<br />

interpretare la mimica facciale dell’uomo; c) la tendenza a considerare comunicativa la<br />

gestualità degli arti anteriori; d) la tendenza a fare attenzione al portato comunicativo<br />

degli strumenti; e) la capacità di accettare pragmatiche conative. Siamo poco inclini a<br />

comprendere lo sforzo del cane nell’assumere una sorta di bilinguismo comunicativo che<br />

gli permetta di entrare con competenza nei nostri registri di comunicazione. In realtà è<br />

molto più il cane che si adopera a capirci di quanto noi facciamo con lui, a dispetto della<br />

nostra tanto decantata capacità linguistica.


3.2 - Lavorare sull’intelligenza del cane<br />

Capire il cane vuol dire saper osservare una mente in azione, anche se dotata di facoltà<br />

intellettive molto differenti dalle nostre. Lo sviluppo del cane è quindi la crescita armonica<br />

di un’intelligenza che ha già un carattere di base, come la forma foliare o la struttura della<br />

chioma di un albero. Questo non significa che lo sviluppo è già predisposto, bensì che il<br />

tipo di rispecchiamento operato dallo sviluppo si realizza attraverso una precisa matrice di<br />

organizzazione cognitiva. Come nel caso dell’albero, il rispecchiamento realizza la matrice<br />

secondo coordinate di sviluppo che gli provengono dal mondo esterno e che pertanto<br />

guidano la crescita dell’albero in un modo piuttosto che in un altro. Nel processo di<br />

sviluppo l’intelligenza può essere accresciuta o depressa, indirizzata in modo armonico<br />

oppure sbilanciata, enfatizzata nelle vocazioni o emendata rispetto ai vincoli che queste<br />

comportano. Un progetto pedagogico dovrebbe pertanto essere molto attento a sviluppare<br />

le intelligenze del cane mitigando i vincoli che queste contemplano. Le intelligenze si<br />

sviluppano lavorando attivamente sia sulle attività cognitive, ovvero sulle performatività<br />

cognitive di sintesi, sia sulle componenti cognitive, come vedremo nei prossimi capitoli. Il<br />

concetto di base tuttavia sta nel fatto che ogni processo di apprendimento è anche un<br />

processo di sviluppo dell’intero sistema. Orbene, tutto questo si discosta nettamente dalla<br />

visione riduzionista e analitica propria dell’approccio behaviorista, un modello molto povero<br />

che in sostanza tratta il cane solo come una macchina reattiva e associativa tale per cui<br />

l’unica preoccupazione del trainer si risolve nel dar luogo a una collezione di legami S-R.<br />

Nell’approccio cognitivo parliamo di un particolare orientamento intellettivo del cane,<br />

primariamente sociale, comunicativo e integrativo ma parimenti in grado di dar luogo a<br />

partnership molto produttive in virtù di una cognitività olfattiva complementare a quella<br />

visiva dell’uomo e di concerto a una tendenza ostinativa nell’affrontare gli scacchi e le<br />

situazioni problema. L’intelligenza del cane dev’essere il punto di partenza di qualunque<br />

percorso di sviluppo e nello stesso tempo il target primario del processo pedagogico.<br />

Abbiamo visto come la prosocialità non sia semplicemente un tollerare la presenza<br />

dell’uomo ma faccia affidamento a qualità raffinate e complesse di intelligenza sociale e<br />

integrativa. Allo stesso modo la collaboratività del cane non è l’ubbidienza, l’inibizione, la<br />

produzione di automatismi performativi standardizzati bensì la capacità del cane di<br />

comunicare, concertarsi, complementarsi all’uomo in un buon equilibrio di competenza e<br />

flessibilità, ostinazione e docilità, memoria e creatività. Per realizzare questo tipo di<br />

intelligenza il cane deve poter fare affidamento a doti posizionali e a doti elaborative molto<br />

particolari e sono proprio queste risorse che fanno la ricchezza della dimensione cognitiva<br />

del cane e che pertanto meritano di essere valorizzate nel processo di sviluppo. Purtroppo<br />

nelle prassi addestrative quasi sempre avviene esattamente il contrario e il cane si trova a<br />

essere depauperato delle sue qualità più preziose. Quando parliamo di partnership uomocane<br />

dobbiamo viceversa fare affidamento sulle peculiarità cognitive del cane perché è<br />

proprio da queste che si realizzano quelle doti di flessibilità operativa e concertativa che<br />

consentono partnership molto articolate, come l’assistenza, la collaborazione, l’affiliazione,<br />

la capacità operativa concertata su ambiti molto differenti tra loro.<br />

Per lavorare sull’intelligenza sociale del cane occorre fare molta attenzione alle dinamiche<br />

sistemiche ovvero: 1) essere coerenti nei comportamenti interattivi del gruppo; 2) favorire<br />

le attività collaborative con il cane; 3) vivere la quotidianità con il cane e renderlo


partecipe delle attività del gruppo; 4) essere propositivi con il cane ossia attivare delle<br />

attività con l’assenso motivazionale del cane; 5) implementare coordinate di<br />

centripetazione sul pet-owner; 6) realizzare esercizi che premiano il cane tutte le volte che<br />

sa entrare correttamente nelle dinamiche del gruppo; 7) lavorare sull’accreditamento del<br />

pet-owner; 8) assegnare dei ruoli e dei profili di attività che verranno realizzati dal cane;<br />

9) realizzare dei giochi di problem solving basati sulla cognitività sistemica.<br />

Per lavorare sull’intelligenza integrativa del cane è necessario porre il cane in molte<br />

situazioni dove occorre muoversi in vari contesti: 1) aumentare l’abitudine del cane a<br />

confrontarsi con tecnologie; 2) realizzare dei percorsi in cui il cane deve transitare tra<br />

gruppi di persone e tra situazioni interattive particolarmente disturbanti o problematiche;<br />

3) lavorare su report visivi, uditivi, tattili tipici dell’ambiente urbano; 4) aumentare la<br />

coordinazione corporea e l’organizzazione cinestesica sulla precisione del movimento; 5)<br />

mettere il cane di fronte alle attività più comuni che può riscontrare in ambito urbano; 6)<br />

favorire la flessibilità cognitiva nell’affrontare situazioni nuove; 7) lavorare sulla memoria<br />

orientativa del cane.<br />

Rispetto all’intelligenza ostinativa è necessario da una parte disciplinare le tendenze<br />

ostinative su precisi ordini di attività dall’altra mitigare le tendenze ostinative lavorando<br />

sull’autocontrollo, sulla concentrazione, sulla controintuizione attraverso esercizi che<br />

chiedano al cane di allentare la fissità orientativa per poter raggiungere il successo<br />

solutivo. Questi esercizi devono essere effettuati con estrema gradualità, cercando di<br />

evitare le situazioni di eccessivo richiamo ostinativo e i problemi che prevedano il concorso<br />

di molte facoltà deboli: per esempio mettere insieme detour, utilizzo di strumenti,<br />

soluzione enigmistica. Il modo migliore è affrontare una facoltà debole per volta.<br />

Per lavorare sull’intelligenza olfattiva è necessario arricchire le occasioni di monitoraggio<br />

olfattivo del cane dandogli l’opportunità di visitare ambienti diversi e di concentrarsi<br />

nell’attività olfattiva, per esempio attraverso esercizi di ricerca, di discriminazione, di<br />

orientamento. Come per l’uomo l’arricchimento mentale passa attraverso l’esercizio visivo,<br />

allo stesso modo rafforzare la cognitività olfattiva del cane significa non solo potenziare<br />

questo tipo di intelligenza ma tutto il sistema cognitivo. Spesso si ritiene che la<br />

performance olfattiva non sia altro che l’esercizio di una funzione già data; in realtà<br />

l’intelligenza olfattiva richiede esercizio cognitivo per potersi sviluppare in modo<br />

conveniente appoggiandosi a funzioni cognitive esperienziali e mnestiche.<br />

Infine l’intelligenza comunicativa si rafforza se si costruiscono delle situazioni comunicative<br />

intraspecifiche e soprattutto tra uomo e cane, basate cioè su un patto semiotico,<br />

semantico, pragmatico e mediatico con il cane ed evitando di essere semplicemente<br />

informativi per lui. Prima di tutto occorre abituare il cane a stare in una situazione<br />

comunicativa ovvero: 1) la capacità di fare attenzione alla mimica facciale; 2) la<br />

conoscenza di situazioni di comunicazione; 3) l’insegnamento di precise semantiche<br />

attribuibili a fonemi, gesti, posture, prossemiche; 4) la capacità di allargare gli ambiti di<br />

comunicazione oltre le pragmatiche tradizionali; 5) lavorare sui metasegnali ossia sui<br />

segnali che si riferiscono ad altri segni; 6) creare situazioni di comunicazione strumentale.

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