luglio - agosto - Carte Bollate
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PercHÉ le donne sono In cArcere<br />
1. Reati contro il patrimonio, soprattutto le rom, con pene<br />
aggravate dalla recidiva.<br />
Simona: Sono in carcere da due mesi, la prima volta<br />
sono stata arrestata 9 anni fa per un furto, mi hanno<br />
dato una pena lieve, un anno e 4 mesi, ma poi ho rubato<br />
ancora e ancora. Adesso, per la recidiva, per l’ultimo<br />
furto mi hanno condannata a 5 anni, anche se si è<br />
trattato di una cosa da niente. Ho fatto sbagli, ma non<br />
così gravi. Rubo profumi di marca e poi li rivendo per<br />
vivere. So che è brutto ma sinceramente quando uscirò<br />
sarò costretta a farlo ancora. Sono sola, vengo da una famiglia<br />
povera, non ho documenti: chi mi dà un lavoro?<br />
In Romania si guadagnano 200 euro al mese, non si può<br />
vivere e si è costretti a emigrare. Non nego i miei sbagli<br />
ma la pena è eccessiva rispetto al reato.<br />
2. Spaccio di droga.<br />
3. Reati contro la persona, prevalentemente delitti passionali.<br />
Pochissimi i reati associativi: non fanno parte di associazioni<br />
criminali e se ne fanno parte hanno un ruolo gregario.<br />
cosA FAnno In cArcere<br />
Il lavoro<br />
Le donne denunciano il fatto di avere poche opportunità lavorative,<br />
mai professionalizzanti. Di fatto la percentuale di<br />
donne che lavorano è pari e a volte leggermente superiore<br />
a quella degli uomini, ma raramente si tratta di lavori che<br />
creino una prospettiva per il dopo.<br />
Giulia: Non abbiamo le stesse opportunità lavorative degli<br />
uomini, soprattutto non abbiamo lavori professionalizzanti<br />
e questa è una preoccupazione per il futuro.<br />
Margit: Il lavoro è un problema, siamo costrette a dipendere<br />
dalle nostre famiglie, che generalmente non hanno<br />
mezzi per mantenerci.<br />
Elena: Sarei disposta a lavorare anche gratis pur di poter<br />
esercitare il mio mestiere di infermiera, in carcere<br />
ce n’è bisogno ma la mia proposta non è stata presa nep-<br />
pure in considerazione. Adesso mi hanno ammessa al<br />
lavoro esterno, ma andrò a fare l’inserviente, un lavoro<br />
che non mi serve a preparare il mio futuro. Mi manca<br />
il mio amatissimo lavoro, è la cosa che mi fa stare peggio:<br />
sono nata e voglio morire infermiera ma non so se<br />
dopo il carcere riuscirò a reinserirmi facendo questo<br />
mestiere.<br />
Caterina: Continuiamo a pensare che potremmo essere<br />
più centrali per il famoso Progetto <strong>Bollate</strong>, perché se un<br />
carcere come questo vuole offrire una possibilità di recupero<br />
e di reinserimento sociale, dobbiamo constatare<br />
che noi donne non abbiamo pari opportunità.<br />
Anche a <strong>Bollate</strong> la percentuale di donne che svolgono attività<br />
lavorative all’interno del carcere o in articolo 21 è pari a<br />
quella degli uomini, anche se sono escluse dalle attività più<br />
qualificanti e remunerative, riservate agli uomini.<br />
Attività professionalizzanti nelle carceri in Italia<br />
Venezia: saponi, lavanderia, sartoria, azienda agricola<br />
Milano: sartoria<br />
Monza: giocattoli<br />
Roma: azienda agricola<br />
Trani: calzetteria<br />
Vercelli: sartoria<br />
Bologna: cefal per inserimento in Coop di tipo B<br />
Pozzuoli: Coop Lazzarelle (caffè)<br />
La scuola<br />
• Una percentuale più elevata di donne, rispetto alla<br />
popolazione maschile detenuta ha una scolarità medioalta<br />
(diplomate 36% nel 2005, 7,5% analfabete)<br />
• Le attività scolastiche e di formazione sono in espansione<br />
ma sottodimensionate rispetto alla richiesta<br />
• In tutti i corsi di studio, di ogni ordine e grado, la percentuale<br />
di frequenza delle donne è superiore a quella<br />
degli uomini<br />
A <strong>Bollate</strong>, per dare alle donne le stesse opportunità di studio<br />
si è spostata la scuola nel reparto femminile, dove studiano<br />
anche gli uomini in situazione di controllo e di sicurezza. Lo<br />
stesso si potrebbe fare per altre attività, ma questo non avviene.<br />
PensAre InsIeMe Al FeMMInIle<br />
Lo stesso dipartimento dell’amministrazione penitenziaria<br />
ammette: il carcere è maschio, nel senso che ignora le problematiche<br />
femminili, anche se recentemente il ministero<br />
della giustizia e il Dap hanno elaborato un progetto rivolto<br />
agli operatori per Pensare insieme al femminile (Piaf).<br />
Nei paragrafi che seguono prenderemo in considerazione i<br />
risultati dell’indagine incrociandoli con le testimonianze di<br />
una decina di detenute di <strong>Bollate</strong>.<br />
Obiettivi del Piaf<br />
• Maggiore visibilità della detenzione femminile<br />
• Pari opportunità, in termini di tutela diritti individuali<br />
• Maggiore attenzione a tutelare il rapporto detenute /figli<br />
• Maggiori opportunità trattamentali<br />
• Definizione di percorsi consoni all’utenza femminile<br />
• Tutelare il valore della differenza di “genere”secondo co-<br />
carte<strong>Bollate</strong><br />
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