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marzo-aprile - Carte Bollate

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leadership femminile<br />

Donne 1 – Sono diventate più importanti perché il regime carcerario è migliorato<br />

Il segno<br />

di un cambiamento<br />

andare in prigione, secondo frequenti luoghi comuni,<br />

corrisponde ad essere tagliati fuori dalla vita. Si tratta<br />

di un’affermazione per diversi aspetti coincidente<br />

con la realtà. Basta l’esperienza pur molto parziale di<br />

chi frequenti il carcere come volontario o per motivi professionali<br />

per accorgersi che a “chi è dentro” mancano un sacco di<br />

cose a cominciare da quelle più importanti: la libertà di andare<br />

e venire, il fare sesso, la varietà delle immagini del mondo, la<br />

possibilità di curiosare sulle cose che cambiano sino alle scelte<br />

di trascorrere a proprio piacimento del tempo e della possibilità<br />

di frequentazione di questa o quella persona. Ricordo questo<br />

perché le considerazioni che seguiranno non sembrino affette<br />

dalla faciloneria di chi parla di carcere e di carcerati come se<br />

si trattasse di una condizione qualsiasi tra le tante che si possono<br />

vivere, con le sue regole, i suoi vincoli, ma, tutto sommato,<br />

con i suoi spazi di autodeterminazione e di libero arbitrio.<br />

Pensate un po’, potrebbe dire qualcuno alla ricerca di confronti<br />

sdrammatizzanti, a chi sta in ospedale a lungo, bloccato da una<br />

malattia, afflitto da malesseri e dolori: no, signori, il carcere è<br />

una costrizione del tutto speciale e pesante; stare dove non si<br />

vorrebbe e magari con qualche incertezza o molti dubbi sull’esserselo<br />

meritato è peggio di quasi tutto il male che si possa<br />

immaginare. Ciò detto, tuttavia, possiamo anche aggiungere<br />

che la condizione dei ristretti non è affatto priva di possibilità<br />

di osservazione di alcune novità che maturano nel contesto<br />

sociale in cui il carcere è insediato. Prendete per esempio il<br />

rapporto tra i generi, donne e uomini, dico, che non si sa bene<br />

se a torto o ragione vengono tenacemente negati o vietati dai<br />

regolamenti carcerari. Ma l’evoluzione del ruolo delle donne<br />

diventa, sia pure in una realtà che le tiene separate a norma<br />

di regolamento, una presenza evidente, fonte di esperienze di<br />

vita e di riflessione su come cambia il mondo. Intanto <strong>Bollate</strong><br />

è un carcere al femminile per<br />

quanto riguarda la dirigenza:<br />

si tratta di una realtà del tutto<br />

evidente e che segna una<br />

netta rottura con il passato.<br />

Qualcuno vede nella presenza<br />

delle donne al comando<br />

uno degli aspetti di novità<br />

della disciplina (legislativa e<br />

regolamentare) delle carceri<br />

quasi che il ricorso a quello<br />

dei due sessi legato all’idea<br />

di maternità, alla dolcezza<br />

di aspetto e di comportamento,<br />

alla cura della casa e<br />

della persona, alla custodia e<br />

protezione dei bambini, i più<br />

deboli e amati, fosse il veicolo<br />

del cambiamento di un<br />

ambiente a lungo lasciato incupire nell’immaginario collettivo<br />

come posto di rapporti aspri e severi, mirato all’afflizione e alla<br />

vergogna, negato alla compassione e alla dolcezza. Forse è vero,<br />

è anche per questo che le donne contano di più nelle moderne<br />

strutture di detenzione, ma credo sia anche legittimo considerare<br />

la loro presenza come la conseguenza, più che la causa, di<br />

una evoluzione civile del regime carcerario, da una parte, e del<br />

riconoscimento, dall’altra, nella società della ricchezza di risorse<br />

pubbliche e non solo private rappresentate dal mondo femminile.<br />

Cioè: le donne sono diventate più importanti nei luoghi<br />

di reclusione perché il regime carcerario è migliorato. Del resto<br />

molte innovazioni corrispondenti alla norma costituzionale sul<br />

rapporto tra pena, espiazione e riabilitazione sono dovute al lavoro<br />

e alla cultura di uomini che hanno fortemente contribuito<br />

al miglioramento della condizione carceraria.<br />

un’apertura all’ottimismo<br />

Basta pensare, ancora, alla riforma da cui è nata la polizia penitenziaria,<br />

tuttora a composizione prevalentemente maschile,<br />

che ha largamente trasformato il rapporto tra i detenuti,<br />

considerati persone, e il carcere inteso come luogo di riabilitazione<br />

e recupero sociale. Insomma: il ruolo delle donne nella<br />

vita del carcere anche per quanto riguarda i reparti riservati<br />

agli uomini non è casuale o soltanto frutto di sagge iniziative<br />

dirigenziali. E’, invece, il segno di una evoluzione positiva<br />

che ha caratterizzato il carcere in quanto parte di una società<br />

che, almeno in questo caso, cambia in meglio. Nel suo piccolo,<br />

come si dice, anche il nostro giornale ne è testimonianza<br />

per la facilità di inserimento dei contributi della redazione<br />

femminile sin dal primo numero successivo all’apertura della<br />

sezione riservata alle donne e per la felicità di scrittura e di<br />

argomenti, più spesso centrati sul mondo delle emozioni e dei<br />

sentimenti, di quei contributi.<br />

Si tratta di un’apertura<br />

all’ottimismo in un mondo,<br />

quello del carcere, che,<br />

come abbiamo precisato in<br />

apertura di queste righe,<br />

non concede davvero molto<br />

alla serenità, ma non nega a<br />

“chi è dentro” la possibilità<br />

di capire cosa sta maturando<br />

di nuovo nella società in<br />

cui è in attesa di ritornare. E<br />

concludiamo la nostra riflessione,<br />

ci sembra giusto, con<br />

un cavalleresco inchino alle<br />

signore che con noi, detenuti<br />

o no, con grazia e pazienza<br />

condividono la nostra fatica<br />

di vivere. ma r i o ma u r i<br />

carte<strong>Bollate</strong><br />

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