Milano - Carte Bollate
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suicidi<br />
CarCErE – In 66 si sono tolti la vita da gennaio a novembre<br />
Cronache di morte<br />
dietro le sbarre<br />
I<br />
giornali raccontano le storie di compagni<br />
di disavventura che muoiono<br />
dentro le mura del carcere in circostanze<br />
non sempre chiare e noi ogni<br />
volta proviamo una fitta al cuore pensando<br />
alle sofferenze che questi hanno<br />
dovuto patire e alle motivazioni che, in<br />
caso di suicidio, li hanno portati a scelte<br />
così drastiche.<br />
I suicidi nelle carcere italiane sono il<br />
20% in più della media nazionale e aumentano<br />
di mese in mese. Dall’inizio<br />
dell’anno sono morti 168 detenuti, di cui<br />
66 per suicidio. Nel solo mese di novembre<br />
i decessi sono stati 17, di cui 5 per<br />
suicidio, 6 per malattia e 6 per cause ancora<br />
da accertare. Secondo l’Osservatorio<br />
permanente sulle morti in carcere ci<br />
si avvicina al “record” del 2001 quando a<br />
togliersi la vita furono in 69.<br />
Pensare a queste persone che si sono tolte<br />
la vita per molti è difficile, perché non<br />
si comprendono i problemi fino a quando<br />
non li si vive in prima persona. Cronaca<br />
di una morte annunciata è un bellissimo<br />
libro del premio Nobel Gabriel Garcia<br />
Marquez in cui si racconta la storia di un<br />
assassinio che tutti in un piccolo paese<br />
si aspettavano tranne il morto: può capitare<br />
anche nelle carceri italiane. Può<br />
succedere, è successo, di essere arresta-<br />
10 carte<strong>Bollate</strong><br />
to perché in possesso di pochi grammi<br />
di sostanze stupefacenti e di non uscire<br />
vivo dalla detenzione - com’è accaduto<br />
a Stefano Cucchi - senza che nessuno<br />
sappia con chiarezza cos’è successo nel<br />
luogo “più sicuro del mondo”.<br />
In alcuni Paesi che alcuni ritengono<br />
meno “civili”, i suicidi in carcere sono<br />
meno frequenti che in Italia: un esempio<br />
è la Romania dove ci sono 40 mila detenuti<br />
e avvengono circa 5 suicidi all’anno.<br />
Un dato che ci fa capire che nelle carceri<br />
italiane c’è qualcosa che non funziona.<br />
“Premettendo che ogni decesso dietro<br />
La protesta estrema dello sciopero della fame<br />
Si muore ancora nelle carceri italiane e l’aumentare di questi<br />
gesti estremi ha solo un nome: disumanizzazione.<br />
ci si chiede com’è possibile che in un posto come il carcere,<br />
dove la sorveglianza e l’attenzione sull’individuo sono d’obbligo<br />
per regolamento, possa ancora accadere una cosa<br />
del genere? È possibile che nessuno riesca a capire il malessere<br />
dei soggetti a rischio? Solo attraverso queste attenzioni<br />
si può educare qualcuno ad avere fiducia nel prossimo, in<br />
modo che non si isoli e si crei circoli viziosi nella mente.<br />
uno degli ultimi casi, sul quale la magistratura ha aperto<br />
un’inchiesta, è quello di Ben Gargi, tunisino di 41 anni, detenuto<br />
a Pavia, pover’uomo del quale nessuno ha saputo<br />
leggere il disagio, morto dopo un lunghissimo sciopero della<br />
fame che aveva intrapreso per ribadire la propria innocenza.<br />
noi non vogliamo credere che non si possa fare niente per<br />
prevenire questi cortocircuiti mentali estremi, non crediamo<br />
che non si possa fare niente per evitare tutte queste morti.<br />
Stefano cucchi<br />
le sbarre rappresenta di per sé un fatto<br />
inaccettabile per la civiltà del Paese e<br />
per le nostre coscienze, viene da chiedersi<br />
quanti dei detenuti che muoiono<br />
ogni anno avrebbero potuto essere fuori<br />
dal carcere e, probabilmente, essere<br />
ancora vivi” sostiene l’Osservatorio permanente<br />
sulle morti in carcere.<br />
“Le morti sono più frequenti tra i carcerati<br />
in attesa di giudizio, rispetto ai<br />
condannati, in rapporto di circa 60/40:<br />
mediamente, ogni anno in carcere muoiono<br />
90 persone ancora da giudicare con<br />
sentenza definitiva e le statistiche degli<br />
Viviamo in un mondo in evoluzione mentre il carcere sembra<br />
non cambiare mai. Si può accettare tutto con indifferenza,<br />
ma questo campanello d’allarme è diventato ormai<br />
una sirena perenne e ci deve far riflettere.<br />
ci auguriamo che stavolta con l’ennesima “disgrazia” si incominci<br />
ad agire, che l’interlocutore che non dà risposte<br />
cominci a fare più attenzione alle persone più soggette a<br />
farsi del male.<br />
È notizia recente che un nostro compagno, Graziano traballi,<br />
da oltre 60 giorni in sciopero della fame, si sta lasciando<br />
morire perché sente di aver subito un’ingiustizia, e a<br />
Palazzo di Giustizia, dopo l’ennesimo rifiuto da parte del<br />
tribunale del riesame, ha ingoiato una lametta. attualmente<br />
è all’ospedale in gravi condizioni, la lametta si è messa<br />
di traverso e non si può operare. da parte nostra speriamo<br />
che questo caso si risolva presto e che sia da monito per tutti<br />
coloro che qui dentro non trovando risposte al loro disagio<br />
scelgono mezzi estremi per farlo. nino Spera