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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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Dal varco delle mura, i Turchi giunsero fino alla<br />

cattedrale dove un gruppo di fedeli vi si era barricato.<br />

I Turchi recisero il capo all’arcivescovo Stefano<br />

Pendi<strong>nel</strong>li e la strage continuò sino a che l’ultimo<br />

degli otrantini rifugiato fu ucciso.<br />

Ahmet Pascià radunò i suoi uomini e gli abitanti<br />

superstiti e ordinò che tutti gli abitanti di Otranto, di<br />

sesso maschile e di età superiore a quindici anni,<br />

abbracciassero la religione islamica.<br />

Gli ottocento uomini presenti si rifiutarono e furono<br />

tutti decapitati.<br />

I Turchi, occupata Otranto, la utilizzarono come base<br />

per scorrazzare indisturbati in tutto il Salento,<br />

seminando terrore e morte fino al Gargano.<br />

La reazione aragonese indugiò a manifestarsi, anche<br />

perché Venezia persisteva <strong>nel</strong>la sua neutralità e gli<br />

altri stati italiani erano interessati più alle guerre in<br />

terraferma che sul mare, mentre i Turchi ricavarono<br />

il tempo per fortificare Otranto.<br />

Saldo sulle sue posizioni, <strong>nel</strong>l'ottobre del 1480, Gedik<br />

Ahmet Pascià ripassò il Canale di Otranto con gran<br />

parte delle sue truppe dopo aver ripetutamente<br />

devastato con continue scorrerie i territori di Lecce,<br />

Taranto e <strong>Brindisi</strong>, lasciando a Otranto solo una<br />

guarnigione di 800 fanti e 500 cavalieri.<br />

Mentre gli aiuti promessi dalla cristianità italiana ed<br />

europea tardavano ad arrivare, tra le incomprensioni,<br />

gli interessi e le evidenti disparità tra le possibili forze<br />

da mettere in campo, l’inverno del 1481 trascorse<br />

senza un’effettiva reazione, mentre gli Ottomani<br />

ricevevano gli aiuti via mare, senza grandi contrasti.<br />

Con l'arrivo <strong>della</strong> buona stagione, il re aragonese di<br />

Napoli Ferrante poté intraprendere le operazioni di<br />

assedio a Otranto, grazie agli aiuti ottenuti dagli stati<br />

italiani che finalmente si resero conto del pericolo per<br />

la loro sopravvivenza rappresentato dall'occupazione<br />

turca.<br />

La città fu stretta d'assedio, sia per terra sia per<br />

mare, e a risolvere finalmente la situazione fu la<br />

morte del cinquantaduenne sultano Maometto II,<br />

sopraggiunta <strong>nel</strong>la notte tra il 3 e il 4 maggio 1481.<br />

Mentre la successione del sultano ottomano aveva<br />

aperto le ostilità tra i suoi figli, Bayezid e Cem,<br />

aprendo una nuova grave crisi per l'impero turco, gli<br />

Ottomani a Otranto, privi di rinforzi e pressati dalle<br />

milizie cristiane, furono costretti a cedere, e così<br />

Ahmet Pascià accettò la resa incondizionale il 10<br />

settembre 1481, riconsegnando la città al duca<br />

Alfonso di Calabria e tornandosene tranquillamente a<br />

Valona.<br />

Ma la mossa non sortì gli effetti sperati e anche<br />

Ferdinando II, seguendo le orme del padre Alfonso<br />

II, dovette fuggire <strong>nel</strong>lo stesso 1495 in Sicilia da<br />

dove, questa volta appoggiato da Venezia, mantenne<br />

per vari mesi, una guerra di guerriglia capeggiata da<br />

Federico I, suo fratello minore, contro i Francesi.<br />

In quella crudele guerra, <strong>Brindisi</strong> si schierò sempre<br />

al fianco degli Aragonesi, a differenza di molte altre<br />

città salentine, tra le quali Lecce e soprattutto<br />

Taranto, che furono invece partigiane francesi. E in<br />

riconoscimento di ciò, quando dopo pochi mesi il re<br />

Ferdinando II ritornò sul trono di Napoli, fece<br />

coniare una serie di monete con incisa la frase<br />

‘fidelitas brundusina’ e con sul rovescio lo stemma<br />

<strong>della</strong> città con le due colonne.<br />

Inoltre, molto probabilmente proprio <strong>nel</strong>la zecca di<br />

<strong>Brindisi</strong>, si coniò una moneta -il mezzo carlino- con,<br />

sul dritto, la figura di San Teodoro in piedi, tenendo<br />

<strong>nel</strong>la destra il pastorale e poggiando la sinistra su di<br />

uno scudo, in cui sono rappresentate le due colonne<br />

dello stemma di <strong>Brindisi</strong>, e sul rovescio, lo stemma<br />

<strong>della</strong> casa d'Aragona sormontato dalla corona.<br />

Finalmente gli Aragonesi conservarono il regno, ma<br />

divennero ‘debitori’ di Venezia alla quale avevano<br />

dato in pegno e a garanzia di quanto ricevuto, il<br />

possesso delle città di Trani Otranto e <strong>Brindisi</strong>, che<br />

passarono infatti ai Veneziani.<br />

Il 30 di marzo 1496 <strong>nel</strong>la cattedrale di <strong>Brindisi</strong> si<br />

formalizzò la consegna tra Priamo Contareno,<br />

rappresentante del Doge di Venezia Agostino<br />

Barbarigo, e il notaio Geronimo De Imprignatis,<br />

inviato del re di Napoli. E questi, Ferdinando II<br />

d’Aragona, con una lettera volle scusarsi e spiegare<br />

ai <strong>Brindisi</strong>ni le ragioni e la supposta temporalità di<br />

quella cessione.<br />

Bibliografia:<br />

- LE MURA DI BRINDISI: SINTESI STORICA: G. Carito<br />

– 1981<br />

- BRINDISI DURANTE L’INVASIONE TURCA DI<br />

OTRANTO: V. Zacchino – 1978<br />

- BRINDISI E GALLIPOLI SOTTO GLI ARAGONESI: L.<br />

De Tommasi – 1975<br />

- BRINDISI IGNORATA: N. Vacca – 1954<br />

- MEMORIA HISTORICA DELL’ANTICHISSIMA E<br />

FEDELISSIMA CITTÀ DI BRINDISI: A. Della Monica<br />

– 1764<br />

- DELL’ANTIQUITÀ E VICISSITUDINE DELLA CITTÀ<br />

DI BRINDISI: G.M. Moricino – manoscritto del 1600<br />

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