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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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L’assalto dei Turchi a Otranto <strong>nel</strong> 1480<br />

«Con la caduta di Costantinopoli Maometto II<br />

rivendicò apertamente i suoi diritti di possesso su<br />

<strong>Brindisi</strong>, Otranto e Gallipoli, come antiche parti<br />

dell’impero bizantino da lui conquistato.<br />

Già <strong>nel</strong> 1454 veniva relazionato al re Alfonso<br />

d’Aragona che il sultano ’’…fondandosi su antiche<br />

predizioni e interpretazioni, aveva intenzione di<br />

erigersi signore d’Italia e <strong>della</strong> città di Roma,<br />

ritenendo che, come si era impossessato <strong>della</strong> figlia,<br />

cioè di Bisanzio, così avrebbe potuto conquistare<br />

alche la madre, cioè Roma…’’.<br />

A tal fine Maometto II si era già assicurato <strong>della</strong> facile<br />

realizzazione del passaggio da Durazzo <strong>Brindisi</strong>: qui<br />

peraltro, l’impressione dell’i<strong>nel</strong>uttabilità di uno<br />

sbarco turco era fortissima, anche in relazione ai<br />

frequenti arrivi di profughi dalle terre conquistate dai<br />

maomettani» -Vittorio Zacchino-<br />

Il momento era del resto propizio a Maometto II. Non<br />

era da temere un serio contrasto al passaggio di una<br />

flotta invasora: le armate aragonesi e pontificie erano<br />

impegnate dal 1478 contro Firenze. E la pace, che <strong>nel</strong><br />

1479 aveva chiuso la lunga guerra turco‐veneta,<br />

manteneva Venezia ufficialmente neutrale e serviva<br />

da copertura alla sua intrinseca ostilità verso il re di<br />

Napoli, al quale voleva togliere le città pugliesi.<br />

Anche se fu abbastanza accreditata l’idea che<br />

l’ammiraglio ottomano Gedik Ahmet Pascià avesse<br />

puntato su <strong>Brindisi</strong> prima di dirottare su Otranto per<br />

ragioni circostanziali, in effetti, la scelta di Otranto<br />

probabilmente non dovette essere solo un ripiego<br />

occasionale: Otranto, infatti, era palesemente<br />

indifesa, mentre <strong>Brindisi</strong> aveva ricevuto rinforzi<br />

aragonesi e in più, era infestata da una temibile peste.<br />

All’alba del 28 luglio del 1480, alcune decine di<br />

migliaia uomini a bordo di un’imponente flotta<br />

composta da un paio di centinaia di navi, giunsero da<br />

Valona sulle coste salentine e sbarcarono poco a nord<br />

di Otranto, presso i laghi Alimini, <strong>nel</strong>la baia poi detta<br />

dei Turchi, e da lì si diressero verso la città.<br />

Fatta razzia del borgo fuori le mura, Ahmet Pascià<br />

propose ai cittadini una resa umiliante e di fatto<br />

inaccettabile, obbligando gli abitanti di Otranto a<br />

difendersi dall’inevitabile assedio.<br />

Ben due settimane durò la tenace resistenza finché,<br />

l’11 agosto, l’armata turca riuscì ad aprire un varco<br />

tra le mura <strong>della</strong> città, e da lì si riversò <strong>nel</strong> centro,<br />

avanzando con razzie e crudeltà indicibili: le vie<br />

cittadine furono inondate da sangue e coperte da<br />

corpi martoriati.<br />

dal colore che a certe ore sembrava assumere la<br />

pietra di carpano con cui era stata fabbricata: era<br />

sorto il Castello Alfonsino, detto anche Aragonese.<br />

Poi <strong>nel</strong> 1484 furono invece i Veneziani che<br />

tentarono la conquista di <strong>Brindisi</strong> allestendo una<br />

flotta al comando di Giacomo Marcello, il quale<br />

pensò bene non attaccarla dal mare e sbarcò a<br />

Guaceto da dove iniziò la marcia su <strong>Brindisi</strong>.<br />

Ma Pompeo Azzolino, nobile e coraggioso brindisino,<br />

organizzò un gruppo di cittadini e uscì all’incontro<br />

di Marcello, affrontandolo e sconfiggendone le<br />

truppe fino a rigettarlo in mare. Al rientro in città<br />

Azzolino fu accolto trionfalmente dai suoi<br />

concittadini che disposero sulla facciata del suo<br />

palazzo, di rimpetto al mare sul corno destro <strong>nel</strong>le<br />

Sciabiche, una tavola di marmo a memoria del fatto.<br />

Alfonso proseguì le opere di fortificazione di<br />

<strong>Brindisi</strong> e <strong>nel</strong> 1485 munì di un grande antemurale la<br />

torre già costruita sull’isola di Sant’Andrea<br />

trasformandola in castello, e <strong>nel</strong> 1492 fece praticare<br />

un largo fosso per tagliare l’isola affinché il mare,<br />

passando per questo, circondasse il castello da ogni<br />

parte.<br />

E il re Ferrante fece rinforzare anche il castello di<br />

terra, facendo erigere sulla sponda esterna del fosso<br />

un altro muro di cinta e agli angoli fece costruire<br />

quattro baluardi rotondi. Poi fece coprire il fosso<br />

con una solida volta così da ricavare una strada<br />

interna protetta e sormontata da rifugi interrati, e<br />

finalmente fece spianare dentro del forte una piazza,<br />

vuota sotto per poterla minare in caso di necessità.<br />

Il Castello Alfonsino di <strong>Brindisi</strong><br />

Ferrante morì il 25 gennaio del 1494 e sul trono gli<br />

successe il figlio Alfonso II, che però presto abdicò in<br />

favore del proprio figlio Ferdinando II, detto<br />

Ferrantino, <strong>nel</strong>l’intento vano di evitare l’invasione<br />

del regno da parte di Carlo VIII di Francia, il quale<br />

pretendeva la successione come erede degli<br />

Angioini.<br />

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