Brindisi nel constesto della storia
Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.
Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.
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Più apertamente fece sentire la sua autorità il nipote,<br />
Lorenzo il Magnifico, ma ciò facendo accrebbe le<br />
opposizioni già esistenti contro la sua famiglia che<br />
finalmente <strong>nel</strong> 1478 ebbero il loro epilogo <strong>nel</strong>la così<br />
detta congiura dei Pazzi.<br />
Però il pugnale dei congiurati non riuscì a<br />
raggiungere che il fratello minore di Cosimo, Giuliano,<br />
mentre il primo domò la congiura e tenne testa con<br />
successo, per quanto non senza difficoltà, anche ai<br />
nemici esterni, il papa ed il re di Napoli, che avevano<br />
di nascosto sostenuto la congiura.<br />
Dopo ciò Lorenzo, per poter ancor più agevolmente<br />
esercitare la propria influenza sulla cosa pubblica,<br />
provocò una riforma <strong>della</strong> costituzione interna che<br />
mirò a semplificare il sistema delle nomine alle<br />
magistrature cittadine. Inoltre egli si circondò di una<br />
pompa veramente principesca, per mantenere la<br />
quale fu necessario mettere a grave contributo le<br />
casse dello stato con effetti deleteri per le pubbliche<br />
finanze. Tutto ciò fomentò nuovo malcontento, e,<br />
morto Lorenzo <strong>nel</strong> 1492 all'età di 43 anni, non passò<br />
molto che tutto l'edificio <strong>della</strong> signoria medicea<br />
precipitò.<br />
La calata del francese Carlo VIII in Italia, provocò<br />
infatti in Firenze una sollevazione contro Piero dei<br />
Medici, il lussurioso figlio di Lorenzo, che fu cacciato<br />
dalla città <strong>nel</strong> 1494. La città passò <strong>nel</strong> dominio più<br />
verbale che sostanziale, del domenicano Gerolamo<br />
Savonarola, che da molto tempo andava predicando<br />
contro le pompe dell'epoca medicea, e tuonando il<br />
ravvedimento dai pulpiti.<br />
Caduti i Medici, turbata tutta Italia dall'invasione<br />
francese, Firenze seguì con fanatismo il domenicano e<br />
lo stato venne trasformato in una teocrazia, con a<br />
capo lo stesso Cristo, con Savonarola il suo vicario<br />
visibile. Egli tenne per parecchi anni Firenze sotto la<br />
sua influenza, ma a poco a poco si raffreddarono gli<br />
ardori ascetici da cui la città era stata invasa e<br />
l'antico partito mediceo risollevò la testa.<br />
Il monaco, ostinato <strong>nel</strong>le sue idee, venne a rottura col<br />
papato che gli scatenò contro l'ordine dei francescani<br />
e da ultimo si convenne che tra i domenicani e i<br />
francescani dovesse decidere la prova del fuoco, ma i<br />
nemici del Savonarola mediante astuti maneggi<br />
fecero sì che all'ultimo momento la prova non avesse<br />
luogo e allora il popolo abbandonò il suo profeta che,<br />
imprigionato dalla signoria a lui avversa, <strong>nel</strong> 1498<br />
venne torturato e bruciato con altri domenicani. La<br />
caduta di Savonarola portò alla restaurazione degli<br />
ordinamenti repubblicani a Firenze e solo una<br />
generazione dopo, i Medici riuscirono a rimettere<br />
piede in città.<br />
Per quel processo dovette essere trasferito a<br />
<strong>Brindisi</strong> tutto l’apparato <strong>della</strong> “giustizia” e la scelta<br />
<strong>della</strong> sede indica che <strong>Brindisi</strong> doveva rappresentare<br />
<strong>nel</strong> regno, il luogo di maggiore attività e di maggiore<br />
frequenza di quei cavalieri, come del resto lo<br />
dimostrano numerose altre circostanze.<br />
Che il processo fu celebrato in Santa Maria del<br />
Casale, non significa che lo fu dentro l’attuale Chiesa<br />
-che non esisteva ancora in quanto edificata qualche<br />
anno dopo da Caterina di Valois, moglie di Filippo,<br />
principe di Taranto, incorporandovi <strong>nel</strong>l’interno<br />
un’antica cappella- ma piuttosto in qualche<br />
convento o edificio adiacente che dal titolo <strong>della</strong><br />
cappella prese nome.<br />
Quanto alla circostanza che per la celebrazione<br />
dell’infame processo fosse stato scelto un luogo<br />
solitario in aperta campagna, ciò si spiegherebbe col<br />
fatto che si trattava di un “processo” che, per le<br />
assurde cose che si sarebbero dette e per le palesi<br />
ingiustizie di procedura e di sostanza che si<br />
sarebbero consumate, sembrò più opportuno agli<br />
organizzatori, Carlo II d’Angiò re di Napoli e suo<br />
cugino Filippo il Bello re di Francia, di tenere il più<br />
lontano possibile occhi e orecchie altrui.<br />
Furono architettati ben 127 capi delle accuse più<br />
assurde e con le più evidenti calunnie, fatte<br />
sostenere da falsi testimoni prezzolati, nonché con<br />
pretese confessioni estorte con la tortura. Gli<br />
inquisitori si insediarono il giorno 15 maggio e<br />
procedettero in tutta fretta alla sentenza contro gli<br />
indifesi Templari, detenuti e torturati <strong>nel</strong> castello di<br />
Barletta, impediti di prendere parte al processo che<br />
si svolgeva a loro insaputa. Gli imputati furono<br />
condannati, i beni incamerati e l’ordine soppresso.<br />
L’autorità papale del debole Clemente V non ebbe<br />
energia sufficiente per infrenare e tener testa a tanta<br />
ignomia. Gli arcivescovi di <strong>Brindisi</strong> e di Benevento,<br />
che erano stati officiati tra i giudici, solo trovarono<br />
la forza di rifiutarsi di intervenire al processo.<br />
Santa Maria del Casale sede <strong>nel</strong>l’agosto 1310 del<br />
“Processo a tutti i Templari del Regno di Napoli<br />
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