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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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La via Appia e la via Minucia, poi Traiana<br />

Nell'anno 105 aC, sorpresivamente, un esercito<br />

romano fu completamente battuto e annientato dai<br />

barbari in prossimità del basso Rodano e si temette di<br />

vederli presto invadere l'Italia. E a quel punto, Roma<br />

fu assalita da grande spavento.<br />

Sembrò che nessuno potesse tener loro testa<br />

all'infuori dell’allora console Gaio Mario e per questo<br />

egli fu eletto la seconda volta console per l'anno 104<br />

aC e fu rieletto ripetutamente negli anni seguenti.<br />

Gaio Mario proveniva da una famiglia <strong>della</strong> provincia<br />

italiana che non faceva parte <strong>della</strong> nobiltà romana ed<br />

era riuscito a distinguersi e giungere alla ribalta <strong>della</strong><br />

vita pubblica di Roma, solamente per merito <strong>della</strong><br />

propria competenza militare.<br />

Intanto gli invasori si erano nuovamente allontanati,<br />

passando dalla Gallia <strong>nel</strong>la Spagna; ma <strong>nel</strong> 102 aC<br />

tornarono a presentarsi per invadere l'Italia: i<br />

Teutoni per la via lungo la costa ligure e i Cimbri dal<br />

Nord.<br />

Gaio Mario fronteggiò i Teutoni <strong>nel</strong>la Provenza, ad<br />

Aquae Sextiae non lontano da Marsiglia e questi,<br />

rimasti sorpresi dell'attacco, furono facilmente e<br />

pesantemente sconfitti.<br />

Alla vittoria sui Teutoni, seguì l'anno dopo la vittoria,<br />

nei campi Raudi presso Vercellae, sui Cimbri, che <strong>nel</strong><br />

frattempo avevano fatto irruzione in Italia; essa fu<br />

ottenuta da Gaio Mario <strong>nel</strong> suo quinto consolato.<br />

Il salvatore di Roma, il vincitore dei Teutoni e dei<br />

Cimbri, fu rieletto console per l'anno seguente; ma<br />

questo sesto consolato dell'anno 100 aC doveva<br />

rivelarsi fatale per Mario.<br />

A questo punto, infatti, era tornato ad alzar la testa il<br />

partito popolare che era guidato da Lucio Appuleio<br />

Saturnino, che <strong>nel</strong>l’anno 99 aC era stato rieletto<br />

tribuno <strong>della</strong> plebe. Sennonché <strong>nel</strong> giorno in cui egli<br />

iniziò il suo secondo tribunato, il 10 dicembre<br />

dell'anno 100 aC, avvennero nuovi gravi tumulti per<br />

le vie di Roma.<br />

<strong>Brindisi</strong> divenne terminale, oltre che <strong>della</strong> via Appia,<br />

anche <strong>della</strong> via Marittima, la strada costiera lungo<br />

l’Adriatico, e <strong>della</strong> via Minucia, la futura via Traiana,<br />

che dall’Abruzzo scendeva verso il Sannio e da qui in<br />

Puglia a completare il sistema viario che aveva come<br />

cardine il porto di <strong>Brindisi</strong>.<br />

Per la città di <strong>Brindisi</strong> seguirono anni in cui, sebbene<br />

l’importanza militare venne a scemare per lunghi<br />

periodi, mancando gli interventi dei Romani in<br />

grandi guerre con l’Oriente come quelle che si erano<br />

susseguite negli ultimi cent’anni, crebbe per il porto<br />

l’importanza commerciale, legata ancora una volta<br />

alla sua posizione geografica privilegiata ed alla<br />

sapiente integrazione <strong>della</strong> densa rete stradale, con<br />

quella delle numerose e floride rotte marittime.<br />

<strong>Brindisi</strong>, oltre che per il suo porto e per la pescosità<br />

delle sue acque, fu decantata anche per la fertilità<br />

<strong>della</strong> sua campagna, da sempre famosa per la<br />

quantità e la qualità del vino.<br />

Strabone, forse il più grande geografo dell’antichità,<br />

attestò che l’agro brindisino era migliore di quello<br />

tarantino; Varrone e Plinio lodarono la vigna<br />

brindisina; Ennio decantò il sarago brindisino<br />

“Brundusii sargus bonus est”.<br />

Quando <strong>nel</strong> 145 aC, sbarcati a <strong>Brindisi</strong> giunsero da<br />

Atene a Roma, l’accademico Carneade, lo storico<br />

Diogene e il peripatetico Critolao, tutta la migliore<br />

gioventù romana accorse desiderosa di ascoltarli.<br />

Quei filosofi ateniesi che si recarono a Roma, erano<br />

padroni <strong>della</strong> cultura e dei metodi filosofici del loro<br />

tempo; e a Roma di filosofia non solo se ne capiva<br />

poco, ma addirittura nulla. Per tutta conseguenza,<br />

essi fecero in Roma l'effetto di profeti ed ebbero<br />

anche la sorte comune dei profeti; la loro attività fu<br />

accolta più volentieri che in patria.<br />

Mentre Diogene parlava con semplicità e sobrietà e<br />

Critolao usava frasi delicate e ben tornite, Carneade<br />

invece aveva la parola calda e veemente riempendo<br />

la città del suo frastuono al pari di un uragano<br />

impetuoso.<br />

I Romani padri dell'ultima generazione, videro di<br />

buon occhio che la loro gioventù approfittasse <strong>della</strong><br />

cultura greca; solo Catone se ne adombrò e temette<br />

che la gioventù romana dimenticasse dell'operare e<br />

<strong>della</strong> guerra per darsi all’oratoria, e quando vide che<br />

persino il senatore Gaio Acilio domandava di poter<br />

servire da interprete ai Greci in senato, il suo sdegno<br />

traboccò. Egli fece in modo che il senato romano<br />

definisse rapidamente la questione che li riguardava<br />

affinché se ne tornassero in fretta alle loro scuole ad<br />

ammaestrare i figli degli Elleni, e la gioventù romana<br />

potesse così nuovamente ascoltare solamente la<br />

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