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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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le richieste territoriali italiane: i territori compresi<br />

entro l’arco alpino fino al Quarnaro e in più, un certo<br />

regime di autonomia per gli Italiani di Dalmazia. Il 24<br />

maggio l’Italia dichiarò guerra all’Austria e questa<br />

dispose uno schieramento difensivo sulle posizioni di<br />

confine lungo l’Isonzo e le alture del Carso. A causa<br />

dei limitati mezzi offensivi dell’esercito italiano, la<br />

guerra su questo nuovo terzo fronte assunse da subito<br />

un carattere di logoramento: le offensive italiane,<br />

guidate dal generale Cadorna, anche se non<br />

spezzarono la difesa nemica, obbligarono comunque<br />

l’Austria a inviare forze più numerose.<br />

Sul fronte orientale, a partire dai primi di maggio i<br />

Tedeschi sfondarono e poi continuarono ad attaccare<br />

l’esercito russo, conseguendo un grande successo<br />

militare: i Russi, che persero circa la metà degli<br />

effettivi e dovettero abbandonare una parte enorme<br />

di territorio, tuttavia non si piegarono alla pace<br />

separata che i Tedeschi cercarono d’imporre. In<br />

primavera fallirono anche le azioni franco‐inglesi nei<br />

Darda<strong>nel</strong>li e a Gallipoli, progettate da Churchill per<br />

aprire una via di comunicazione diretta con la Russia.<br />

Poi, l’ingresso <strong>della</strong> Bulgaria in guerra a fianco degli<br />

imperi centrali, segnò <strong>nel</strong>l’ottobre del 1915 il crollo<br />

<strong>della</strong> Serbia, e così, il 1915 si chiuse con il<br />

rafforzamento delle posizioni degli imperi centrali su<br />

tutto il fronte orientale.<br />

Nel 1916, sul fronte occidentale, con gli Anglo‐<br />

Francesi costretti ad attendere l’inizio dell’estate per<br />

lanciare un’offensiva, i Tedeschi presero l’iniziativa<br />

con una grande battaglia sul fronte di Verdun, che<br />

però risultò in una grande vittoria difensiva francese,<br />

anche se la Germania inflisse molte più perdite di<br />

quante ne subì. Il disimpegno di Verdun favorì<br />

l’offensiva anglo‐francese del 1° luglio, <strong>nel</strong>la quale i<br />

mezzi in opera si rivelarono i maggiori fino ad allora<br />

impegnati e apparve un’arma nuova, il carro armato.<br />

E comunque, il risultato non incise sulle reali posizioni<br />

degli eserciti contrapposti, e il fronte si mosse di solo<br />

qualche chilometro.<br />

Sul fronte italiano, l’Austria avviò in aprile una<br />

grande offensiva in Trentino con il fine di sfondare la<br />

linea dell’Isonzo, ma fu bloccata e il 14 giugno iniziò<br />

la controffensiva italiana, conclusasi il 25 con il<br />

ripiegamento generale degli Austriaci. Superata la<br />

minaccia sul Trentino, Cadorna spostò uomini e mezzi<br />

sull’Isonzo e attaccò di sorpresa gli Austriaci, le cui<br />

forze erano relativamente scarse anche per i<br />

prelevamenti fatti a favore del fronte orientale.<br />

L’attacco portò in agosto alla conquista di Gorizia.<br />

Contemporaneamente, sul fronte orientale, fu sferrata<br />

l’offensiva russa, i cui risultati, quasi nulli contro il<br />

settore tedesco, furono grandiosi contro gli Austriaci.<br />

Le acque del porto di <strong>Brindisi</strong> si riempirono di<br />

decine e decine di unità militari, italiane, francesi e<br />

inglesi: incrociatori, corazzate, sottomarini e<br />

idrovolanti. E si istallarono varie batterie costiere,<br />

fisse e mobili.<br />

«… Il 27 settembre 1915, alle ore 8 e 10 minuti del<br />

mattino un boato squarciò l'aria del porto di<br />

<strong>Brindisi</strong>: esplose la santabarbara <strong>della</strong> corazzata<br />

Benedetto Brin alla fonda <strong>nel</strong>l’avamporto, di fronte<br />

alla costa Guacina. La nave s'incendiò e s'inabissò<br />

portando con sé in fondo al mare 456 marinai, la<br />

metà dell’intero equipaggio di 943 uomini che quel<br />

lunedì erano imbarcati, e tra i tantissimi caduti il<br />

comandante <strong>della</strong> nave, il capitano Gino Fara Forni e<br />

anche il comandante <strong>della</strong> 3ª Divisione Navale <strong>della</strong><br />

2ª Squadra, il contrammiraglio Ernesto Rubin de<br />

Cervin.<br />

L'affondamento <strong>della</strong> Benedetto Brin<br />

Porto di <strong>Brindisi</strong> ‐ 27 settembre 1915<br />

Immediatamente dopo lo scoppio, le autorità<br />

militari avanzarono l'ipotesi dell'attentato ad opera<br />

dei nemici di guerra austriaci, ma poco a poco<br />

cominciò a prendere corpo anche la più verosimile<br />

possibilità di un'autocombustione avvenuta <strong>nel</strong>la<br />

grande stiva adibita a deposito di munizioni: il<br />

calore <strong>della</strong> sala motori, vicina al locale <strong>della</strong><br />

santabarbara, avrebbe innescato l'incendio che a sua<br />

volta avrebbe fatto scoppiare le munizioni. Mai fu<br />

data una risposta definitiva... e ormai, certamente<br />

non importa troppo sapere l'esatta verità, né certo<br />

mai importò troppo saperla a quei 456 marinai.<br />

Sulla banchina del porto si raccolse una folla enorme<br />

che assistette al crudele spettacolo del recupero dei<br />

corpi dilaniati e dei superstiti feriti che furono<br />

ricoverati <strong>nel</strong>l'ospedale <strong>della</strong> Croce Rossa e<br />

<strong>nel</strong>l'Albergo Internazionale, che fu subito adibito a<br />

infermeria d'emergenza e che, per l'occasione, funse<br />

da ospedale militare. Il sindaco, Giuseppe Simone,<br />

indisse tre giorni di lutto cittadino e il consiglio<br />

comunale deliberò intitolare alla “Benedetto Brin” e<br />

ai suoi caduti una strada del rione Casale.<br />

I funerali delle prime salme recuperate ebbero luogo<br />

il giorno successivo allo scoppio e per le altre<br />

proseguirono anche nei giorni seguenti.<br />

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