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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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I difficili inizi del Regno d’Italia<br />

Il primo parlamento nazionale d’Italia si riunì a<br />

Torino il 18 febbraio 1861 e il 17 marzo ratificò<br />

l’unificazione, proclamando il Regno d’Italia. Vittorio<br />

Emanuele II assunse “per grazia di Dio e volontà <strong>della</strong><br />

nazione“ il titolo di Re d’Italia e venne proclamato che<br />

Roma sarebbe stata sottratta al papa per diventare la<br />

capitale del regno.<br />

Il nuovo stato, politicamente, si costituì all’insegna<br />

dell’affermazione <strong>della</strong> borghesia del nord,<br />

garantendo ai latifondisti del sud la continuità dei<br />

loro privilegi ed escludendo, in tutto il regno, le masse<br />

contadine e gli importanti strati <strong>della</strong> piccola<br />

borghesia, da ogni influenza <strong>nel</strong>la vita politica.<br />

Dopo aver affrontato e finalmente risolto l’obiettivo<br />

dell’incorporazione al regno, del Veneto,<br />

possedimento austriaco e delle Marche e dell’Umbria,<br />

possedimenti pontifici, l’ultimo obiettivo per<br />

completare l’unità del paese, rimase Roma.<br />

Il papa Pio IX, <strong>nel</strong> dicembre 1864 pubblicò il Sillabo,<br />

condannando la libertà di discussione di coscienza e<br />

di stampa, il socialismo, il razionalismo e il<br />

liberalismo. Un decalogo che la gerarchia<br />

ecclesiastica accolse <strong>nel</strong>la stragrande maggioranza,<br />

sebbene la parte meno illiberale del clero si<br />

affrettasse a metterne in dubbio l’importanza e<br />

l’autorità.<br />

Nel governo italiano quella pubblicazione papale<br />

provocò grande indignazione e, per accrescerne il<br />

contrasto, si promulgò una serie di leggi che misero<br />

fine ai vistosi privilegi ecclesiastici, sopprimendo<br />

congregazioni ed incamerandone i beni immobiliari,<br />

con la scusa dell’assunzione di responsabilità da parte<br />

dello stato, dell’istruzione e <strong>della</strong> beneficenza.<br />

Dovendo poi escludere, per l’acquisizione di Roma,<br />

una posizione accondiscendente di Napoleone III, si<br />

pensò di puntare sulla possibilità di un’insurrezione<br />

popolare all’interno dello Stato pontificio che avrebbe<br />

costretto il governo italiano a intervenire. Un<br />

progetto questo che fu ostacolato da Garibaldi, il<br />

quale preferì tentare la liberazione armata di Roma,<br />

rimanendo però sconfitto dalle truppe francesi di<br />

Napoleone III, accorso in aiuto del papa.<br />

Nel 1870 scoppiò la guerra tra Francia e Prussia, e<br />

Napoleone dovette ritirare il suo presidio militare da<br />

Roma. Quando Napoleone III perse la guerra e in<br />

agosto il suo impero cadde, il governo italiano tentò<br />

un accordo con Pio IX. Al rifiuto del papa, si passò<br />

all’azione armata. Il 12 settembre, le truppe italiane<br />

al comando del generale Cadorna, entrarono in<br />

territorio pontificio senza incontrare resistenza.<br />

<strong>Brindisi</strong> <strong>nel</strong> nuovo Regno d’Italia<br />

Nel meridione, l’ordinamento amministrativo del<br />

territorio non cambiò molto con l’annessione al<br />

regno italiano e a livello regionale, <strong>Brindisi</strong> continuò<br />

ad appartenere alla vasta provincia di Lecce, che<br />

solo mutò il suo nome da quello precedente di<br />

provincia di Terra d’Otranto.<br />

La provincia di Lecce restò suddivisa in quattro<br />

circondari, gli stessi anteriori quattro distretti, di<br />

uno dei quali <strong>Brindisi</strong> restò il capoluogo, e al<br />

circondario di <strong>Brindisi</strong> continuarono ad appartenere<br />

16 comuni e 4 frazioni. Gli altri tre circondari <strong>della</strong><br />

provincia restarono Gallipoli, Taranto e Lecce.<br />

Quello di <strong>Brindisi</strong> era il più piccolo dei 4 circondari<br />

<strong>della</strong> provincia di Lecce, infatti non includeva i<br />

comuni di Fasano e Cisternino che appartenevano<br />

alla provincia di Bari, mentre quelli di San Pietro<br />

Vernotico e Cellino San Marco appartenevano al<br />

circondario di Lecce, anche se i piccoli comuni di<br />

Veglie, Guagnano e Salice Salentino, allora erano<br />

aggregati al circondario di <strong>Brindisi</strong>.<br />

Rispetto agli attuali venti comuni appartenenti alla<br />

sua provincia, <strong>Brindisi</strong> <strong>nel</strong> 1861 era solo al quinto<br />

posto per numero di abitanti, contandone 9.137, con<br />

meno di Francavilla Fontana, Ceglie Messapico,<br />

Ostuni e Fasano. Solo cinquant’anni dopo, <strong>nel</strong> 1901,<br />

<strong>Brindisi</strong> passò al primo posto con 23.106 abitanti.<br />

Il primo sindaco post unitario fu Antonio Balsamo e<br />

il 27 gennaio 1861, si votò per la prima camera dei<br />

deputati del regno e a <strong>Brindisi</strong> venne eletto Cesare<br />

Braico, medico garibaldino. In quello stesso anno, la<br />

cronaca cittadina registrò che a luglio furono fucilati<br />

in piazza 11 soldati borbonici catturati a Cellino San<br />

Marco e condannati per brigantaggio.<br />

Il brigantaggio post unitario <strong>nel</strong> brindisino<br />

Il territorio, per lo più pianeggiante e comunque per<br />

nulla impervio dell’entroterra brindisino, fu il meno<br />

adatto a quelle attività di guerriglia proprie del<br />

brigantaggio, spiegando ciò in buona parte la<br />

limitata diffusione che vi ebbe il fenomeno, il quale,<br />

in effetti, se si escludono alcune manifestazioni<br />

molto puntuali che si produssero nei primissimi<br />

giorni che seguirono alla proclamazione del regno<br />

d’Italia, in tutto il brindisino rimase temporalmente<br />

delimitato a un arco di tempo molto breve e ben<br />

definito, quello compreso tra il settembre e il<br />

dicembre del 1862.<br />

Nonostante anche <strong>nel</strong>le campagne brindisine ci<br />

fossero tutte quelle gravissime condizioni sociali ed<br />

economiche che in tutto il meridione costituirono la<br />

causa vera del risorgere endemico del brigantaggio.<br />

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