Brindisi nel constesto della storia
Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.
Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.
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L’anno seguente però, Ferdinando I cambiò il suo<br />
atteggiamento e, per poter abrogare la costituzione<br />
concessa, finì addirittura col favorire l'intervento<br />
militare austriaco.<br />
Le potenze <strong>della</strong> Santa Alleanza, infatti, decisero<br />
l’intervento contro i rivoluzionari che <strong>nel</strong> regno delle<br />
Due Sicilie avevano obbligato il re a proclamare la<br />
costituzione, e il 7 marzo del 1821 l’esercito austriaco<br />
guidato dal principe di Metternich, sconfisse a Rieti<br />
quello napoletano costituzionalista del generale<br />
Guglielmo Pepe, e il 24 marzo entrò a Napoli.<br />
Nel 1825, Ferdinando I morì con 76 anni d’età e dopo<br />
ben 66 di regno. Gli successe il principe ereditario,<br />
Francesco I, il quale, rinnegando i suoi timidi trascorsi<br />
costituzionali, mostrò le sue inclinazioni più<br />
conservatrici e reazionarie, mantenendo in gran<br />
parte inalterata la politica paterna. I sei anni di regno<br />
di Francisco I trascorsero senza gran rilevanza<br />
politica e furono caratterizzati da alcuni timidi<br />
progressi in campo economico e in quello delle<br />
infrastrutture.<br />
Nel 1830 in Europa si rieditarono i moti liberali di<br />
dieci anni prima, e questa volta si propagarono in<br />
seguito alla deposizione del re Carlo X Borbon di<br />
Francia che fu sostituito da Luigi Filippo d’Orleans, un<br />
monarca costituzionale che regnò per ben 18 anni.<br />
Seguirono i moti d’indipendenza del Belgio e, con<br />
meno fortuna, quelli <strong>della</strong> rivoluzione cadetta in<br />
Polonia. In Italia, scoppiarono moti nei ducati e <strong>nel</strong>lo<br />
Stato Pontificio, senza però produrre grandi<br />
conseguenze.<br />
A Napoli, alla morte del re Francesco I, <strong>nel</strong> 1830, salì<br />
sul trono Ferdinando II, che conquistò la benevolenza<br />
del popolo, e inizialmente anche la stima dei liberali.<br />
Insieme a un grosso sforzo di riorganizzazione<br />
dell'esercito, il nuovo re dette impulso al progresso in<br />
diversi settori, permettendo a Napoli di divenire un<br />
centro d'eccellenza, e di raggiungere diversi primati:<br />
Nel 1837 fu la prima città in tutta Italia ad avere<br />
l'illuminazione a gas; <strong>nel</strong> 1839 venne inaugurata la<br />
Napoli‐Portici, prima ferrovia italiana.<br />
Nel 1841 nacque l'Osservatorio Vesuviano, primo<br />
centro vulcanologico del mondo. Furono inaugurate<br />
linee telegrafiche, strade, ponti, strutture sanitarie,<br />
scuole e istituti professionali, e la popolazione di<br />
Napoli raggiunse il mezzo milione di abitanti,<br />
all’epoca indubbiamente la città più grande d'Italia.<br />
La cultura popolare e intellettuale vide la nascita<br />
<strong>della</strong> grande tradizione <strong>della</strong> canzone napoletana e<br />
delle prime espressioni del teatro dialettale, e la<br />
fioritura, <strong>nel</strong>le arti figurative, <strong>della</strong> scuola di Posillipo.<br />
In difesa <strong>della</strong> città e del porto di <strong>Brindisi</strong><br />
Nel 1829 lo svizzero Charles Didier, visitò <strong>Brindisi</strong> e<br />
la descrizione che ne fece, per molti aspetti non<br />
differì molto da quella fatta esattamente 40 anni<br />
prima da un altro viaggiatore, il suo connazionale<br />
Carl Ulysses von Salis.<br />
Scrisse Charles Didier: «... Non rinnovandosi più<br />
l’acqua del porto interno, essa divenne una palude<br />
pestilenziale. Sono stati fatti in seguito alcuni lavori<br />
per allargare il canale, anche recentemente, ma sono<br />
insufficienti e nondimeno il porto è per metà<br />
colmato… Decimata dalla malaria, la popolazione è<br />
scesa da centomila abitanti a seimila: tra il 1827 e il<br />
1829, <strong>nel</strong>la desolata città, le nascite sono state 1117<br />
a fronte di 2323 morti. <strong>Brindisi</strong> é pochissimo<br />
civilizzata e poco industrializzata e le campagne dei<br />
dintorni sono vere steppe deserte e spesso<br />
paludose, dove si può camminare un giorno intero<br />
senza incontrare un viso umano e senza trovare un<br />
albero sotto cui ripararsi dal sole...»<br />
Il 23 agosto 1830, il Comune di <strong>Brindisi</strong> affidò al<br />
canonico Giovanni Tarantini, che era in Napoli per<br />
completare i suoi studi, l’incarico di rappresentante<br />
ufficiale <strong>della</strong> città presso la corte, il governo e gli<br />
uffici addetti, per la causa <strong>della</strong> bonifica del porto e il<br />
prosciugamento delle paludi mefitiche che erano<br />
intorno alla città.<br />
«… Contemporaneamente, l’illustre brindisino<br />
Giovanni Monticelli, avuto sentore di manovre di<br />
palazzo tendenti a distogliere il re Ferdinando II dal<br />
promuovere lavori di risanamento del porto di<br />
<strong>Brindisi</strong> a favore <strong>della</strong> costruzione di un novello<br />
porto in Gallipoli, si mobilitò in prima persona<br />
recandosi più volte a Napoli <strong>nel</strong> 1831, scrisse per il<br />
re una sua prima relazione intitolata “Difesa <strong>della</strong><br />
città e porti di <strong>Brindisi</strong>”.<br />
In quella relazione, Monticelli denunciò le manovre<br />
in atto tendenti a screditare ogni progetto di<br />
recupero del porto di <strong>Brindisi</strong>, basate su una serie di<br />
mezze verità e di aperte menzogne, tutte utilizzate<br />
per mascherare null’altro che meschini interessi<br />
economici e miserrimi campanilismi a favore di<br />
Gallipoli e contro <strong>Brindisi</strong>.<br />
E dimostrò l’infondatezza di quelle scellerate e<br />
interessate opinioni secondo le quali l’aria malsana<br />
di <strong>Brindisi</strong> fosse un qualcosa d’intrinseco alla città,<br />
indipendente cioè dalla problematica dell’ostruzione<br />
delle acque del porto interno e fosse pertanto un<br />
qualcosa d’irrimediabile e costituisse quindi, una<br />
ragione per sé sufficiente a non investire denari su<br />
quella disgraziata città.<br />
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