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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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La Restaurazione in Europa e <strong>nel</strong>le Sicilie<br />

La definitiva sconfitta di Napoleone favorì il ritorno<br />

<strong>della</strong> pace sul continente Europeo. Le potenze alleate<br />

si adoperarono per ristabilire gli equilibri<br />

internazionali che, prima la rivoluzione francese e poi<br />

la politica espansionistica di Napoleone, avevano<br />

sconvolto. La restaurazione dell’ordine avvenne<br />

all’insegna del principio di legittimità, che previde il<br />

ritorno sul trono di tutti i sovrani spodestati.<br />

Annullare a ritroso il processo storico si rivelò<br />

tuttavia un’impresa impossibile, perché i principi<br />

liberali e democratici diffusi in tutto il continente<br />

dalla rivoluzione francese non poterono essere<br />

cancellati dalla coscienza collettiva, mentre il<br />

complesso di riforme introdotte dal Codice<br />

napoleonico rimase un punto di riferimento. Il<br />

realismo politico indusse in molti casi a derogare la<br />

rigida applicazione del principio di legittimità, a<br />

vantaggio del principio di equilibrio tra le potenze<br />

europee. E le divergenze e contraddizioni <strong>nel</strong>l’azione<br />

restauratrice favorirono indirettamente i movimenti<br />

nazionalistici, anche armati, che si svilupparono<br />

durante la restaurazione. Una restaurazione, che<br />

quando non fu apertamente repressiva fu comunque e<br />

ovunque assolutamente conservatrice e pertanto,<br />

l’opposizione effettiva all’ordine costituito poté<br />

organizzarsi solo clandestinamente e in tutta Europa<br />

proliferarono le associazioni segrete che, con<br />

carattere elitesco, condussero l’attività clandestina<br />

responsabile dei moti insurrezionali dell’800.<br />

Dal punto di vista formale, con la restaurazione, il<br />

Regno di Francia venne riportato ai confini del 1792<br />

delimitato da: Paesi Bassi, Confederazione germanica,<br />

Confederazione svizzera e Regno di Sardegna. La<br />

Russia mantenne la sovranità sulla Finlandia e sulla<br />

Bessarabia e ottenne il controllo su gran parte del<br />

Ducato di Varsavia. La Prussia acquisì la Renania e<br />

parte <strong>della</strong> Sassonia e <strong>della</strong> Pomerania. La Gran<br />

Bretagna ottenne il riconoscimento dei possedimenti<br />

di Malta e Isole Mauritius, strategici al commercio. Il<br />

Regno di Danimarca cedette alla Svizzera la<br />

Norvegia, ottenendo i ducati di Holstein e Lauenburg.<br />

E furono reintegrati i possedimenti coloniali delle<br />

monarchie di Spagna e di Portogallo.<br />

In Italia, la Lombardia, il Veneto e il Trentino Alto<br />

Adige ritornarono direttamente <strong>nel</strong>le mani<br />

austriache. Il regno di Sardegna s’ingrandì e conservò<br />

la propria indipendenza. Il principato di Parma e<br />

Piacenza, il ducato di Modena e Reggio e il<br />

granducato di Toscana, restarono saldamente sotto la<br />

sfera d’influenza dell’Austria. Lo Stato pontificio, con<br />

Romagna, Marche, Umbria e Lazio, fu lasciato <strong>nel</strong>le<br />

mani del papa.<br />

<strong>Brindisi</strong> <strong>nel</strong> Regno delle Due Sicilie<br />

Nel 1815, dopo la decennale parentesi “francese“ dei<br />

due re napoleonici, e questa volta al riparo delle<br />

armi austriache e delle navi inglesi, ritornarono sul<br />

trono del Regno delle Due Sicilie i Borbon, ancora<br />

con lo stesso re Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia<br />

e, da quel momento ufficialmente, I delle Due Sicilie.<br />

Dopo i soliti festeggiamenti che accompagnarono la<br />

partenza dei governanti di turno e l’arrivo dei nuovi,<br />

il ritorno borbonico in questo caso, anche a <strong>Brindisi</strong><br />

i fatti insurrezionali del 1820 e 1821, ebbero un eco<br />

rilevante e produssero importanti ripercussioni:<br />

Nella notte del 17 settembre 1820 fu attaccata una<br />

pattuglia del reggimento ’Real corona’ accasermato<br />

<strong>nel</strong> castello di terra, dove funzionava il bagno<br />

penale, e dal quale il 25 si rapportò l’evasione di un<br />

gruppo di “galeotti”. L’attacco fu attribuito agli<br />

“eversivi” Giovanni Crudo, Luigi D’Amico e Nicola<br />

Moricchio.<br />

E quando da Napoli giunse finalmente la notizia<br />

<strong>della</strong> promulgazione <strong>della</strong> Costituzione:<br />

«… Il carbonaro Giuseppe Capece di Cisternino fece<br />

cucire una bandiera tricolore con gli emblemi<br />

carbonari, la fece benedire e la portò al Forte da<br />

Carlo Marzolla e la sostituì a quella di S.M. Al suo<br />

fianco c’era anche Francesco Doria, capitano del<br />

Lazzaretto… A <strong>Brindisi</strong>, altri immischiati nei moti<br />

carbonari del 1820 furono anche Carlo Berardi e<br />

Vito Montenegro, gestori di farmacia… E i due<br />

carbonari brindisini, Pietro Magliano e Domenico<br />

Nervegna, parteciparono a Napoli alla causa del<br />

generale Guglielmo Pepe...» c.d.s.d.b. 1787‐1860<br />

Poi, <strong>nel</strong> marzo dell’anno seguente, il 1821, a Napoli<br />

tornarono in carica i ministri fedeli a Ferdinando I e<br />

giunsero puntuali le condanne per i liberali<br />

compromessi che avevano propugnato la<br />

costituzione del 1820: molti furono esiliati, e tra loro<br />

Francesco Pennetta di <strong>Brindisi</strong>.<br />

Il 20 giugno 1821, il decurionato di <strong>Brindisi</strong> approvò<br />

la costituzione del corpo delle guardie civiche e<br />

precisò che non potevano farne parte individui che<br />

erano appartenuti alle proscritte società segrete,<br />

proibizione valida anche per le nomine di altri<br />

impiegati pubblici.<br />

Il 21 giugno, giorno del Corpus Domini, alcuni<br />

carbonari «… Fecero insultare mosignor vescovo di<br />

<strong>Brindisi</strong> che andava a cavallo colla processione:<br />

fecero sparare a mare dentro al porto due<br />

cannonate per spaventare il cavallo, e così il povero<br />

prelato si rompeva il collo, e si abbinchiavano di risa<br />

i bricconi…» c.d.s.d.b. 1787‐1860<br />

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