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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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<strong>della</strong> nuova Accademia Reale, e i tecnici<br />

apprezzarono l’attenzione prestata agli studi<br />

scientifici e industriali.<br />

I commercianti furono i più scontenti, a causa del<br />

blocco inglese imposto ai commerci di Napoli, blocco<br />

che rovinò gli affari e fomentò il contrabbando, che lo<br />

stesso Murat tollerò e finanche favorì.<br />

Il re si fece personalmente promotore del Codice<br />

Napoleonico, lo introdusse <strong>nel</strong> regno già alla fine del<br />

1808 facendolo pubblicare a Napoli tradotto<br />

all’italiano dall’originale francese emanato il 21<br />

marzo del 1804, e lo fece entrare in vigore il primo<br />

gennaio 1809.<br />

Un nuovo sistema legislativo civile assolutamente<br />

innovativo che, fra le tante altre novità, consentì per<br />

la prima volta in Italia il divorzio e il matrimonio<br />

civile.<br />

Il codice, che suscitò subito polemiche <strong>nel</strong> clero più<br />

conservatore che vide sottratto alle parrocchie il<br />

privilegio <strong>della</strong> gestione delle politiche familiari<br />

risalente al 1560, ebbe però un’importanza enorme e<br />

duratura, assieme agli altri codici suoi<br />

contemporanei, come quello di procedura civile del<br />

1806, quello del commercio del 1807 e quello penale<br />

del 1810.<br />

Il Codice Napoleonico di fatto, ammodernò ed<br />

efficientò lo stato napoletano, tanto da addirittura<br />

finire per confluire <strong>nel</strong> codice civile italiano del 1865.<br />

Il marchese <strong>della</strong> Schiava fu l’ultimo “preside”<br />

borbonico di Terra d’Otranto, e il 7 marzo 1806 per<br />

quella provincia fu nominato dal governo<br />

napoleonico, il conte Francesco Anguissola, che da<br />

allora in avanti, si chiamò “intendente “.<br />

Lecce fu designata capoluogo <strong>della</strong> provincia che fu<br />

divisa in due sottintendenze, quella di Taranto e<br />

quella di Mesagne, <strong>nel</strong> cui distretto furono compresi<br />

i comuni di Campi, Salice, Francavilla, Oria, San Vito<br />

degli Schiavi, Ostuni, Martina, Ceglie e <strong>Brindisi</strong>.<br />

Mariano Monticelli, brindisino, fu il primo<br />

sottintendente di Mesagne.<br />

Quando a Napoli s’insediò il nuovo re napoleonico, a<br />

<strong>Brindisi</strong> era sindaco Teodoro Vavotici, e ci rimase<br />

per ancora un paio d’anni coadiuvato dai nuovi corpi<br />

rappresentativi dei comuni, che presero il nome di<br />

“decurionati“ e a parteciparvi furono chiamati i<br />

possidenti, in numero di 10 e che avessero non<br />

meno di 48 ducati di rendita <strong>nel</strong>le città da 3.000 a<br />

6.000 abitanti e, <strong>nel</strong>le città più popolose, in numero<br />

del 3 per mille degli abitanti e con non meno del<br />

doppio di rendita. L’elezione dei decurioni fu<br />

affidata al sorteggio, e quella del sindaco e dei<br />

deputati alle commissioni comunali, a maggioranza.<br />

Il 14 novembre 1806, furono nominati i docenti<br />

dell’Università di Napoli e il brindisino Teodoro<br />

Monticelli, di antica fede giacobina, ebbe la cattedra<br />

di Teologia morale.<br />

Fu intrapreso il restauro <strong>della</strong> via Egnazia, da Napoli<br />

fino alla Puglia e il 5 marzo del 1808, il re emanò il<br />

decreto per la costruzione e direzione di una strada<br />

rotabile da Bari a Lecce: “Il primo tratto da Bari a<br />

Monopoli. Il secondo tratto da Monopoli ad Ostuni<br />

passerà, abbandonandovi l’attuale via <strong>della</strong> marina,<br />

per Fasano. Il terzo tratto da Ostuni a Lecce si<br />

condurrà per <strong>Brindisi</strong>, e poi, passando per Tuturano,<br />

San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Surbo, perverrà<br />

a Lecce. La suddetta strada sarà fatta a spese del<br />

tesoro del regno e delle offerte volontarie delle<br />

popolazioni che vorranno concorrere alla spesa, sia<br />

in danaro, in generi, in trasporti, o in giornate di<br />

travagliatori”.<br />

A seguito <strong>della</strong> prevista soppressione di monasteri e<br />

conventi <strong>nel</strong> regno, <strong>nel</strong> 1809 in <strong>Brindisi</strong> toccò a<br />

quello dei conventuali <strong>della</strong> chiesa di San Paolo, e fu<br />

così che la chiesa di San Paolo eremita passò<br />

dall’amministrazione dell’arcivescovo a quella <strong>della</strong><br />

confraternita dell’Immacolata, cosa che poi consentì<br />

alla chiesa di salvarsi dalla decretata demolizione.<br />

L’arcivescovo De Leo fu naturalmente molto<br />

rammaricato da quelle iniziative dello stato<br />

napoleonico e Vito Guerreri, a tal proposito, scrisse:<br />

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