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Brindisi nel constesto della storia

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città? È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

Perché non “raccontare” la storia di Brindisi nel contesto della storia? E così facilitare ai lettori interessati a meglio orientarsi nella oggettivamente complessa articolata e comunque densissima e avvincente storia plurimillenaria della città?
È nata così questa proposta: chiara, semplice e schematica; un testo in due colonne parallele; sulla colonna di sinistra il “contesto della storia” e su quella di destra la “storia di Brindisi”. Due testi di fatto del tutto separati: ognuno dei due da poter essere letto in maniera del tutto indipendente dall'altro. L’idea è che si possa scorrere la storia di Brindisi e, nel momento in cui lo si ritenga opportuno e utile, o necessario per meglio recepire o valorizzare quella storia, si possa al contempo consultare il contesto storico in cui quella storia di Brindisi trascorse. D'altra parte, anche se incredibile, esistono solo due o tre libri sulla Storia di Brindisi, dalle origini ad oggi, e tutti sono oltremodo datati, nonché non più disponibili.

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Le nuove province furono 15: Teramo, L'Aquila, Chieti,<br />

Molise, Terra di Lavoro, Capitanata, Benevento,<br />

Napoli, Salerno, Potenza, Bari, Lecce, Cosenza,<br />

Catanzaro e Reggio Calabria.<br />

Nel 1808, al re Giuseppe Bonaparte, che fu destinato<br />

da Napoleone a regnare sulla Spagna, succedette<br />

Gioacchino Murat, ammiraglio francese e cognato di<br />

Napoleone, il quale fu incoronato re delle Due Sicilie il<br />

primo agosto, col nome di Gioacchino Napoleone.<br />

Gioacchino Murat: Re delle Due Sicilie dal 1808 al 1815<br />

Olio di Heinrich Schmidt – Reggia di Caserta<br />

Il nuovo sovrano catturò subito la simpatia di molti<br />

cittadini napoletani con la riconquista di Capri, che<br />

sottrasse agli Inglesi.<br />

Murat continuò l’azione del suo predecessore e<br />

impulsò l’ammodernamento, anche fisico, dello stato.<br />

Fondò il Corpo degli ingegneri di ponti e strade,<br />

origine <strong>della</strong> Facoltà d’ingegneria a Napoli, la prima<br />

in Italia, e la cattedra di agraria <strong>nel</strong>la medesima<br />

università e avviò opere pubbliche di rilievo non solo<br />

a Napoli, ma anche <strong>nel</strong> resto del regno.<br />

La nobiltà apprezzò la riorganizzazione dell’esercito<br />

sul modello francese. I letterati apprezzarono la<br />

riapertura dell’Accademia Pontaniana e l’istituzione<br />

presenza delle armi inglesi e napoletane e con la<br />

riluttanza dei napoleonici ad abbandonare l’area.<br />

«… Il 13 giugno 1801 verso le quattro del<br />

pomeriggio, un brigantino borbonico, il Lipari, che<br />

recava a bordo 64 soldati al comando del tenente di<br />

vascello Ruggiero Settimo, ed era seguito da una<br />

polacca sorrentina carica di frumento, entra <strong>nel</strong><br />

porto di <strong>Brindisi</strong>. Erasi quivi appena ancorato,<br />

quando appaiono quattro vascelli britannici, i quali<br />

cannoneggiano con violenza le due navi, che<br />

minacciano di affondare gravemente colpite.<br />

Gl’inglesi quindi accorrono con una squadra di<br />

lancioni, e catturate le artiglierie insieme al<br />

comandante col pilota, tentano di trascinar seco i<br />

legni pericolanti.<br />

A questo punto intervengono i francesi e divampa<br />

furiosa la mischia, a cui partecipano le fortezze<br />

brindisine: granatieri francesi e marinari britannici<br />

trovano la morte. Dai registri dei morti <strong>della</strong><br />

Cattedrale di <strong>Brindisi</strong> però, non risultano decessi<br />

francesi per tale evento. Ma risultano morti<br />

<strong>nel</strong>l’ospedale regio, senza i sacramenti, molti dei<br />

soldati francesi che erano <strong>nel</strong> circondario <strong>della</strong> città<br />

e che venivano sepolti <strong>nel</strong>le chiese, alcuni con<br />

famiglia, decimati i più dalle febbri malariche.<br />

A Mesagne, vi era alloggiato e mantenuto con vitto<br />

un battaglione costituito da 350 soldati francesi.<br />

Questi e tutti gli altri, tra il 30 di aprile e il 5 di<br />

maggio dell’anno 1802, giusto gli accordi firmati l’11<br />

aprile dai francesi e dagli inglesi <strong>nel</strong> trattato di pace<br />

ad Amiens, avrebbero dovuto sgombrare la<br />

provincia di Terra d’Otranto dove si erano<br />

comportati da conquistatori. Non lo fecero e<br />

cominciarono solo dopo a partir a più riprese.<br />

L’esercito francese infatti, fece ufficialmente ritorno<br />

in Terra d’Otranto e in provincia di Bari, il 15 luglio<br />

1803, per le difficoltà sorte tra Francesi e Inglesi.<br />

Agli ultimi di dicembre Francia vi mandò le truppe<br />

cisalpine, composte di veneti, di genovesi, di romani,<br />

di siciliani, e di leccesi. Volevano che si chiamassero<br />

italiani, benché fossero frammisti a Polacchi.<br />

A <strong>Brindisi</strong> i soldati francesi mancarono solo dal<br />

maggio 1802 al luglio 1803, e a Lecce, <strong>nel</strong>l’aprile del<br />

1804, se ne contavano oltre 3.000, sotto il comando<br />

del generale Lechi…» c.d.s.d.b. 1787‐1860<br />

Ma ormai il trono dei Borbon sul regno di Napoli,<br />

aveva i suoi giorni contati e i soldati francesi, non<br />

solo a <strong>Brindisi</strong> ma in tutto il regno, sarebbero<br />

rimasti di casa per quasi 10 anni: dal 1806 al 1815:<br />

gli anni dei due regnanti napoleonici a Napoli, prima<br />

Giuseppe Bonaparte e poi Gioacchino Murat.<br />

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