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In copertina l’opera Matrix Divina del<br />
M° Massimo Patroni Griffi.<br />
Sito dell’Associazione Culturale Teatrale Mimesis<br />
www.associazione<strong>mimesis</strong>.com<br />
Sponsor dell’antologia<br />
Video d’apertura della XIX edizione del Premio<br />
Nazionale Mimesis di poesia.<br />
https://www.youtube.com/watch?v=GvwWNDisDn8
Gabriele Sparagna e Giorgia Tommasino ricevono il premio<br />
per “ i piccoli poeti”. Con Giovanna La Vigna, Mariano<br />
Dinacci e il Presidente di Mimesis Nicola Maggiarra
Giuria e staff<br />
Il Pubblico del Mimesis
Prefazione Antologia poetica Matrix Divina<br />
Mimesis <strong>2016</strong><br />
Antologia varia, articolata, plurale, che, con tutte le opere<br />
selezionate, ci offre un esempio concreto e palpabile dei diversi<br />
stili con cui la poesia contemporanea si propone al lettore.<br />
Scrivere di Poesia, e fare Poesia sono cose serie; non si<br />
improvvisa, se poveri di mente o di emozioni. E basta questo?<br />
No di certo. Lo scoglio più grande è forse la parola, che il<br />
poeta, come giocoliere, lavora, ritaglia, smussa, arrotonda,<br />
dilata, inventa insomma; fino a darle quel senso umano che<br />
dell'umano ha qualcosa di più. Se poi la Natura ti s'aggrappa<br />
all'anima, la fa sua quest’anima, la rapisce e la trascina fra<br />
colline aspre di mare, su montagne brillanti di neve, su piane<br />
meriggiate di sole, o su orizzonti senza limiti per gli azzardi di<br />
una vista mortale, e dopo averla colorata è disposta a ridartela<br />
carica di sostanza che parla di te, della tua storia, allora è lei<br />
che dice tutto, e tu, silenzioso e in estasi, l'ascolti mentre<br />
proficua ti rende la sua preda. Ed è lì che il tuo fatto si fa storia<br />
universale.<br />
È tutto là il grande senso della poesia: andare oltre i<br />
confini dello spazio ristretto in cui viviamo. Ed è quello che<br />
fanno i POETI con le loro impennate verbali, con le loro<br />
intuizioni etimo-foniche, con le loro vibrazioni interiori e con<br />
quel grande slancio fonico-linguistico vòlto a completare<br />
l'equilibrio eternamente umano e dis/umano fra il seno che<br />
canta e la parola che suona.<br />
E sono proprio questi poeti che con i mezzi terreni, forse<br />
troppo terreni, cercano, con una vertiginosa verticalità, di<br />
allungare lo sguardo oltre quei limiti che esigono l'apporto<br />
dell'anima. Se poi l'abbondanza di emozioni è sorretta e<br />
controllata da intrecci metrici di grande impatto armonico si fa<br />
da brividi il poièin. E parlo dell'impiego di una saggia varietà<br />
versificatoria, che, passando da misure brevi a più ampie,
prepara il terreno a una cascata di armonie, epicentri e culmini<br />
di luminosa liricità. Direbbe il poeta: "La vita ha bisogno del<br />
sogno, come la morte ha bisogno della vita. Ma è proprio la<br />
morte a far sì che il sogno vada oltre l'umano per farsi<br />
sostanza, e pezzo di un cuore che vinca la sorte".<br />
Qui si canta; i versi dicono di musicalità, dicono di cultura,<br />
di organicità, di equilibrio, di suoni che accarezzano i sensi, di<br />
misure intrecciate in nessi corrispondenti ai ritmi che da<br />
sempre pulsano nell’umano esistere. Da che l’uomo è uomo. E<br />
non c’è argomento che non sia adatto a tradursi in poesia:<br />
sociale, politico, erotico, religioso… Basta che il Poeta lo faccia<br />
suo, lo imbeva del suo sentire, lo trasformi in immagine e lo<br />
renda al foglio pregno di vitalità. Sta qui la differenza fra realtà<br />
e immagine. Se mi soffermo su un oggettivismo piatto,<br />
disanimato, e impersonale tutto al più faccio cronaca, non<br />
certo poesia.<br />
I più grandi autori antichi e contemporanei ci hanno<br />
dimostrato che l’unico mezzo di ostacolare la morte è il ricorso<br />
alla memoria. A quel pozzo inesauribile di vicende che,<br />
sfumate dal tempo, ma non vinte, ci parlano di fragilità, di<br />
amore, di malinconia, di cose perse, e sempre vive; di vicende<br />
che ci chiedono di tornare a respirare aria di terra natale,<br />
familiare.<br />
E noi possiamo farlo, possiamo soddisfare le richieste di<br />
tale vicende: lo possiamo fare incastonandole nell’armonia del<br />
canto.<br />
Nazario Pardini
Stefano Fucili e la sua band Piazza Grande per l’omaggio<br />
a Lucio Dalla: “L’ultima luna”<br />
La Repubblica venerdì 26 agosto <strong>2016</strong>
Il M° Fabrizio Martone
Il Giornale di Latina
Il Messaggero venerdì 26 agosto <strong>2016</strong>
MIMESIS: da sinistra, Giovanna La Vigna, Nino Fausti,<br />
Nicola Maggiarra, Patrizia Stefanelli, il segretario Giovanni<br />
Martone, Mariano Dinacci . Manca in foto la redazione di<br />
Mimesis con Marco Martano e Barbara Scudieri che in questo<br />
momento effettuano le riprese video.<br />
PREMI CONFERITI<br />
SEZIONE "A" POESIA INEDITA<br />
1° classificato: € 500, offerti dal Comune di Itri, targa ricordo,<br />
pergamena con motivazione<br />
e 5 copie dell’antologia;<br />
2° classificato: € 200, targa ricordo, pergamena con<br />
motivazione e 5 copie dell’antologia;<br />
3° classificato: € 100, targa ricordo, pergamena con<br />
motivazione e 5 copie dell’antologia.
SEZIONE "B" POESIA EDITA<br />
1° classificato: Contratto editoriale gratuito con la C E<br />
“Edizioni Stravagario” che prevede la pubblicazione di una<br />
silloge di 60 pagine in 100 copie, targa ricordo, pergamena con<br />
motivazione e 5 copie dell’antologia;<br />
2° classificato: € 200, targa ricordo, pergamena con<br />
motivazione e 5 copie dell’antologia;<br />
3° classificato: € 100, targa ricordo, pergamena con<br />
motivazione e 5 copie dell’antologia.<br />
FINALISTI VINCITORI di entrambe le sezioni:<br />
Monile in argento creato da Esmeralda Crea e Marco Tessari,<br />
pergamena con motivazione, 5 copie dell’antologia, una<br />
confezione di vini pregiati dell’Azienda Agricola Monti Cecubi<br />
di Itri.<br />
SEZIONE "C" POESIA DIALETTALE EDITA O INEDITA<br />
(con allegata traduzione in italiano)<br />
1° classificato: PREGIATA CREAZIONE di Massimo Patroni<br />
Griffi, pergamena motivazione e 5 copie dell’antologia;<br />
2° classificato: Targa, pergamena con motivazione e 5 copie<br />
dell’antologia;<br />
3° classificato: Targa, pergamena con motivazione e 5 copie<br />
dell’antologia.<br />
PREMIO SPECIALE STAMPA: Nella serata di premiazione<br />
una giuria di giornalisti, critici ed editori, assegnerà, in<br />
estemporanea tra tutte le poesie selezionate, il “Premio<br />
Speciale Stampa” alla poesia di maggiore impatto<br />
comunicativo. Targa artistica e pergamena con motivazione.
POESIA INEDITA<br />
I CLASSIFICATO Rodolfo Vettorello. Riceve il premio del<br />
Comune di Itri, dall’assessore alla cultura Dott.ssa Paola Soscia<br />
e dal Sig. Sindaco Dott. Antonio Fargiorgio.<br />
Dammi lavoro Dio, dammi lavoro<br />
Dammi lavoro Dio,<br />
dammi il dolore<br />
del corpo che si piega alla fatica,<br />
dammi la fame che mi fa capire<br />
che il pane costa lacrime e sudore.<br />
Non devi darmi giorni di sereno<br />
se non mi dai le piaghe sulle mani..
Domani avrò il coraggio di parlarle,<br />
di dirle che ho perduto il mio lavoro.<br />
Quest’oggi fingerò che non sia stato<br />
e partirò col treno del mattino.<br />
Il giorno passerò sulla panchina<br />
d’una sala d’aspetto, alla stazione.<br />
Domani forse le dirò ogni cosa:<br />
la donna capirà che sono un uomo<br />
che pregherebbe Dio di avere in dono<br />
la morte certa al posto di lavoro<br />
piuttosto che la morte per vergogna.<br />
Si muore tutti e alcuni sulla scena.<br />
Vorrei morire, Dio dei disperati<br />
come muoiono i santi sulle croci,<br />
coi ferri del mestiere alla cintura<br />
e nelle mani<br />
il fuoco del sudore che le brucia.
II CLASSIFICATA Caterina Cellotti. Premiata dal<br />
Prof. Pasquale Balestriere.<br />
Nei sereni giardini della sera<br />
Danza nell’aria un fremito d’aurora<br />
un’alchimia di luci e di presagi: è l’età<br />
dei vent’anni, l’età degli anni nei boccioli<br />
un guizzo ardito tra pensieri e sogni.<br />
Mi dici – Vorresti ripercorrere quegli ani?<br />
Tornare indietro, vivere quel mono<br />
cullando attese, passioni, ansie, germogli?<br />
- No, grazie – non ho esitazioni.<br />
La vita ha già scritto sulle pagine bianche<br />
del mio <strong>libro</strong>, tra ossimori del troppo<br />
o quasi niente, tra fragili scintille e meraviglie<br />
tra poche primavere e lunghi inverni
la pelle che scolora o che sfavilla.<br />
E poi, a cosa è valso riempire il mio<br />
bagaglio che a volte tanto pesa di fatica<br />
a volte lo sospingo in braccio al vento?<br />
Un bagaglio che ho colmato di tenera<br />
memoria, di voci accarezzate dal sorriso,<br />
dell’amore donato a piene mani<br />
di lacrime sigillate nelle tasche<br />
di preghiere, d’idee… Se torno indietro,<br />
tutto svanisce nel sentiero nascosto<br />
di un viaggio tra cenere di giorni arrugginiti<br />
e fossili di cieli già ammansiti.<br />
E parlano le rughe a custodire trepide<br />
memorie di ciò che non si è più e<br />
a spiegare il senso vero di ogni cosa.<br />
Forse mi piacerebbe la magia di un attimo<br />
soltanto: al tempo dolceamaro scivolato<br />
tra le dita, al rapido invecchiare lento<br />
della vita, mescolare un riverbero d’aurora<br />
quando il sole appare e accende<br />
il cuore, ricamando profumi e voli e canti<br />
e poi… sostare nei sereni giardini<br />
della sera.
III CLASSIFICATO Mauro Corona. Premiato dal<br />
Prof. Candido Meardi.<br />
Ti sia certo l’istante che non vivi<br />
Il non essere e l’essere erano suono<br />
(Lorenzo Calogero)<br />
Ti sia certo l’istante che non vivi<br />
e delle piume il vento<br />
se cogli attimi d’incanto nella pioggia<br />
o se la nebbia curva la parola<br />
e la dissimula dal vero<br />
Ti sia pena allora o vanto se il vento<br />
allontana da te<br />
le nostre varie umanità e ricerca<br />
lo spento fulgore che ti nasconde<br />
al canto
Tu sei una natura dalla materia densa<br />
e indecifrata, mutevole traccia<br />
degli eventi e muta come i colli a sera<br />
di pioggia e d’alberi percorsi nei sentieri<br />
Ti sopravvive l’estro o la penuria greve<br />
dei pensieri se basta chiudere le mani<br />
per trattenere il fiato che non torna<br />
Un’alchimia lieve ti resta<br />
dove muti silenzio in canto<br />
e la perduta voce delle cose
IV CLASSIFICATO Giovanni Caso<br />
Sulla scacchiera dell’eternità<br />
Ci resta poco ormai del nostro giorno<br />
che volge al suo crepuscolo dorato,<br />
ci consegniamo al miele del silenzio,<br />
come fiumi volteggiano i pensieri.<br />
Se potessimo insieme riascoltare<br />
il canto dei gabbiani, se sapessimo<br />
disegnare la luna dell’infanzia,<br />
tutto sarebbe bello come allora.<br />
Ma la luna già cala oltre le siepi.<br />
Eppure custodiamo nel respiro<br />
il profumo dei primi aspri germogli.<br />
Non siamo più i fanciulli che salivano<br />
sui muri dei giardini, il fiato in gola,<br />
il tempo ormai accompagna i nostri passi<br />
verso le rive dell’autunno, all’acqua<br />
delle memorie<br />
– ma non manchi il fuoco<br />
per vincere l’inverno, né un’altana<br />
per afferrarci al vento delle stelle.<br />
C’è un’alba di trifoglio sul cuscino<br />
quando ci risvegliamo<br />
– ed ogni volta<br />
andiamo col sorriso sulle labbra
a filare coi grilli i nostri panni.<br />
Ognuno è un universo nel suo corpo<br />
di fragile farfalla, ognuno ha forza<br />
per non fermarsi al sasso della soglia.<br />
Il cuore è in viaggio e non si ferma ancora.<br />
Eppure siamo lembi di un sussurro<br />
sulla scacchiera dell’eternità.
V CLASSIFICATO Giuseppe Barba<br />
Mare di ieri, mare di oggi<br />
Seduto a meriggio fra piccole dune,<br />
nascosto alla strada da due tamerici,<br />
rivedo la vita, le ormai troppe lune,<br />
i giorni più tristi, le ore felici.<br />
Un sole di sangue mi invoglia a pensare,<br />
e nel vento che palpita come il mio cuore<br />
s’accendono e spengono scaglie di mare,<br />
lampi d’un tempo, ricordi d’amore.<br />
Ricordi di lune su campi di grano,<br />
papaveri e spighe a vegliare sospiri,<br />
il silenzio del mondo, concerti d’arcano,<br />
le Pleiadi e l’Orsa, i loro respiri,<br />
capelli a ventaglio fra i trifogli e le viole,<br />
occhi di sogno tra mimose e asfodèli,<br />
due labbra corallo più calde del sole,<br />
un alcova di muschio tra i fiori e gli steli.<br />
E memorie di notti su letti di sabbia,<br />
fra lingue di mare a lambire la pelle,<br />
fra giunchi ondeggianti a fare da gabbia,<br />
e lassù San Lorenzo a incendiare le stelle;
e sul carro dell’Orsa viaggiava l’ebbrezza,<br />
viaggiavano l’anima e mille chimere,<br />
e il mondo era un volto, una dolce carezza,<br />
e tutto era lì, in quelle magiche sere.<br />
Adesso da vecchio, in qualche notte di luna,<br />
ti cerco, mare che muovi il mio cuore,<br />
anche se oggi, allo scoglio e alla duna,<br />
tu porti pezzi di un mondo che muore,<br />
putridi resti di sogni e speranze<br />
di bimbi che han perso i loro domani,<br />
e narri storie di orrore e mattanze<br />
e di un Dio che non vede inferni lontani.
VI CLASSIFICATA Carla Baroni<br />
La stria e il partigiano<br />
La stria venne, con la scura pelle<br />
nere le lunghe vesti e tra i capelli<br />
un qualche filo bianco. Via via<br />
brutta stria che rechi la magia<br />
cantavano i bambini che abitavano<br />
le case in riva al Po andando a letto.<br />
E si imputava a lei ogni malanno<br />
che capitasse a caso sul podere,<br />
la mucca senza latte, la mal bianca<br />
che faceva cader le foglie al pero<br />
e se il fiume ingrossava, maledetta,<br />
era lei che faceva la fattura.<br />
Venne di notte, aveva mani lunghe<br />
capaci di frugare in mezzo all'erbe<br />
e trovarvi l'aneto e la cicuta<br />
e il tarassaco e il latte di gallina<br />
tutti a guarire, tutti a far unguenti<br />
o tisane che fanno addormentare.<br />
E invece trovò lui il partigiano<br />
ferito ad una gamba da un moschetto<br />
forse di un suo compagno un po' sbadato.<br />
Lontani spari a sbalzi sopra l'argine<br />
e a tratto a tratto un luccichio nel buio.<br />
L'uomo gemeva, gli occhi come brace,
la bella bocca tumida socchiusa<br />
e lei, di nuovo, si sentì una donna<br />
non più la fattucchiera disprezzata.<br />
E lo trascinò quasi alla sua casa<br />
fatta di pietre e frasche, una capanna<br />
nascosta tra le foglie degli ontani.<br />
E sciolse sulle spalle i bei capelli<br />
e gli guidò la mano sopra i colli<br />
turgidi dei suoi seni sitibondi.<br />
Tempesta fuori, tra gli spari e i tuoni<br />
si udivano le raffiche del vento<br />
ma più grande tempesta era nei cuori.<br />
E fu così per giorni, notti e giorni<br />
poi il vento si acquietò, il fiume pure...<br />
Quando le nacque un figlio, tutti dissero<br />
che il diavolo l'aveva posseduta,<br />
ma quel bimbo così tanto voluto<br />
le rischiarò il sentiero della vita.<br />
Nessuno seppe mai del partigiano<br />
che attraversò di notte il fiume a nuoto.
VI A PARI MERITO Roberto Benatti<br />
Potrà mai finire l’amore?!<br />
Non l’egoismo d’un volto,<br />
né il vibrar d’una voce;<br />
un alone intorno al ricordo,<br />
l’amore,<br />
una lama fra le palpebre<br />
a tagliare l’ombra,<br />
a ferire l’illusione.<br />
E’ un guado l’attesa<br />
sul fiume di zelo<br />
che non prova vergogna,<br />
perché l'amore è eterno:<br />
l’avanti e indietro<br />
d’un barcollar di cimase.<br />
I semi d’amore<br />
germogliati nella paura<br />
aspettano inerti<br />
che il vento li strappi.<br />
Chi potrà fermare<br />
le parole ormai dette?<br />
E chi sa dirmi di lei?<br />
Se parla<br />
del ragazzo dai capelli bianchi
che la insegue nei sogni,<br />
se sussulta il suo petto<br />
all’udire il suo nome.<br />
Il dubbio è a spaglio<br />
stasera,<br />
sulle dita lunghe delle ombre,<br />
fra i rami e nel frascare delle foglie.<br />
Forte la tentazione<br />
di chiudere gli occhi<br />
e di non riaprirli.<br />
Forse l’amore<br />
è negli alberi capovolti,<br />
fra i raspi ossuti<br />
e ritorti<br />
di malinconiche radici<br />
intrecciate e confuse<br />
come l’età dei ricordi bambini.<br />
E’ notte,<br />
e i grilli non consolano il buio.<br />
Il vento ha lingue di lupo,<br />
il viso s’imperla di pensieri.<br />
Tuoni sordi e tamburi di rane<br />
implorano scrosci,<br />
s’oscura il cielo delle stagioni.<br />
Il naso è schiacciato<br />
contro i vetri di pioggia,
lo sguardo perso<br />
in follie di fughe,<br />
tra le impronte sull’erba,<br />
su quanto è ancora lontano,<br />
domani.
VII CLASSIFICATA Franca Cavallo. Ritira il premio Caterina Cellotti.<br />
Gioisce il merlo sopra il bagolaro<br />
A me sospira lungamente il giorno<br />
al rosseggiar del cielo sopra i sassi<br />
tra basole di pietra senza tempo<br />
e vecchi bagolari canterini.<br />
Ha smesso di bussare alla finestra<br />
la vecchia luna che rotola sull’erba<br />
ed è rimasta lì , come aquilone<br />
impigliato alle fronde degli ulivi.<br />
Non altro mi consola che il silenzio<br />
di quest’autunno che rapina i sogni<br />
e saccheggia le vigne inaridite.<br />
Gioisce il merlo sopra il bagolaro
Il nonno<br />
VII A PARI MERITO Pompeo Mattioli. Premia il<br />
Prof. Pasquale Balestriere.<br />
Il nonno<br />
aveva un vecchio somaro<br />
di mosche<br />
E la luna che a sera<br />
condiva di biacca<br />
le stoppie.<br />
Amava<br />
d’identico amore<br />
le voci<br />
che il vento portava<br />
Scalando<br />
ansante la valle;
le piccole stelle<br />
con le quali vantarsi,<br />
il mezzo toscano<br />
che marciva tra i denti,<br />
i pochi<br />
denti rimasti.<br />
E amava<br />
ancora la neve<br />
sciolta<br />
nella vecchia gavetta,<br />
le notti all’addiaccio<br />
Col canto dei grilli<br />
che come<br />
una vecchia mitraglia<br />
sminuzzava il silenzio,<br />
tossiva, increspava e moriva<br />
ma poi ripigliava<br />
sgranando lo stesso rosario…<br />
Allora<br />
contavano i morti<br />
sepolti nel fango<br />
o impigliati<br />
come bioccoli di lana nei voci,<br />
ai cavalli di frisia,<br />
allora<br />
Contava le poche<br />
monete di rame rimaste,<br />
le ciocche ormai marce,<br />
le stelle
Invecchiate d’un tratto.<br />
“Al paese…” diceva ogni tanto.<br />
Ma il paese<br />
era un’ombra lontana<br />
Ed i vecchi<br />
le facce stupite<br />
e un po’ sciocche<br />
d’una foto gualcita.<br />
“Al paese…”<br />
diceva sommesso,<br />
e pensava<br />
che un paese ci fosse davvero<br />
laggiù dove i monti<br />
vestivano l’azzurro<br />
E che ancora ci fosse<br />
la bruna Maria<br />
con occhi di pianto,<br />
nascosta<br />
Oltre il nuovo pagliaio<br />
dove una sera,<br />
piangendo e soffiando<br />
come una giumenta…<br />
Al paese…<br />
Le ore bastavano appena<br />
per le cose d’un giorno,<br />
per la rabbia e la fame,<br />
per l’orto<br />
La stalla e la vigna,<br />
per le storie d’amore<br />
contate
Sotto il lume a petrolio.<br />
Al paese<br />
c’era un Cristo di legno<br />
e sua madre,<br />
la sera,<br />
parlava con esso,<br />
della vacca malata<br />
e delle quattro galline<br />
ormai vecchie.<br />
Ogni giorno al paese<br />
il sole nasceva<br />
cuocendo nei campi<br />
la spiga<br />
e cullando nell’ombra<br />
la loro stanchezza,<br />
ma certo non era<br />
Lo stesso, non certo<br />
lo stesso di neve<br />
che nasceva d’un tratto<br />
e poi tramontava<br />
Portandosi<br />
i poveri morti<br />
contati ogni giorno.
VIII CLASSIFICATA Rosanna Di Iorio. Premia il<br />
Prof. Pasquale Balestriere.<br />
NUMERO QUATTROCENTOOTTANTATRE,<br />
MASCHIO, APPENA TRE ANNI E FORSE MENO<br />
Tu non c’eri tra le onde quella sera<br />
mentre si scatenava la bufera.<br />
No, tu non hai provato la paura,<br />
il gelo che l'assenza di una luce<br />
nelle viscere getta al fuggitivo.<br />
Tu non eri nel panico, travolto,<br />
alla ricerca ostile di un riparo<br />
improbabile col passar del tempo.<br />
Non hai visto le mani disperate,<br />
bagnate e gonfie sussultare, uscire
sotto la pioggia dell’Indifferenza,<br />
di un mattino feriale uguale ad altri<br />
e dove un nome è un nome e niente più.<br />
NUMERO QUATTROCENTOOTTANTATRE,<br />
MASCHIO, APPENA TRE ANNI E FORSE MENO<br />
In riva tanti corpi e poche facce<br />
ancora calde nel precario stato<br />
tra la vita e la morte. Tu non c'eri.<br />
Tu eri dentro l’angolino d’ombra<br />
tranquillo, e cavalcavi le stesse onde,<br />
gli intrecci. Sotto un sole illuminato.<br />
Oggi anche gli uccelli, indaffarati,<br />
ai tralicci non sanno cosa fare.<br />
Mentre tu sempre là nel tuo cantuccio<br />
sospeso aspetti il seguito di un sogno<br />
con carovane misere che vanno<br />
lentamente in attesa di una Voce<br />
Come Odisseo per cedere Speranza.<br />
Una voce che circola dabbasso,<br />
il volto nudo senza mai vergogna<br />
e che nasconde il sole tra le pieghe<br />
dell’Incoscienza. Come sempre. Vaga.<br />
Inutilmente vana. Come sempre.<br />
E dici che non è successo niente.<br />
Eppure sai che le sirene più<br />
sanno cantare ormai. Ma non fai niente.
IX CLASSIFICATO Angelo Taioli<br />
Di tutte le sentinelle<br />
Di tutte le sentinelle di polvere<br />
lasciate a contare anni sulle vene<br />
dei mobili, a tremare sulle cenge<br />
ridenti dei ricordi incorniciati,<br />
confidi ancora almeno una<br />
abbia vegliato attenta nelle notti<br />
di ciglia della bambola sul letto?<br />
Nel vai e vieni dei fantasmi, qualcuno<br />
abbia segnato in eterei libri<br />
mastri, il resoconto dell’assenza?<br />
dell’erba alta nel cortile, dell’edera<br />
che allunga occhi<br />
nello scuro di crepe di lucertole?<br />
O anche tu sei rimasta, con le spalle<br />
contro un angolo di vento, confusa<br />
nel mite di un natale? Assieme al pino<br />
che mettemmo a dimora nell’abbraccio<br />
di una fioriera di cemento? (uguale<br />
a quelli che vedemmo in fila, appena<br />
fuori il parcheggio a pagamento in piazza<br />
duomo, davanti al velluto deserto<br />
della porta della misericordia<br />
- spruzzati di neve sintetica -<br />
che imploravano sguardi sotto i portici<br />
degli ultimi saldi,<br />
alla gente senza peccato,<br />
che camminava svelta e sicura<br />
nelle scarpe con l’acca.)
X CLASSIFICATA Antonio Colandrea<br />
“Cave d’autunno”<br />
Cave d’autunno, covi di ricordi<br />
di rovi e mandorle, capponi<br />
di uomini chini a spingere vagoni<br />
lungo binari in fuga verso il mare.<br />
Amigdala dorata la memoria<br />
s’apre e m’inonda<br />
di schizzi d’arso sale<br />
nessun ricordo affonda<br />
bensì ogni cosa adesso affiora, sale.<br />
Con schianti di granata partoriva<br />
la candida montagna i suoi graniti<br />
rosseggiava al tramonto la tua casa<br />
da un frastaglio di mandorli parata<br />
E ci portavi in dono meraviglie:<br />
le verdi asprigne drupe<br />
i ruspanti introvabili castrati<br />
dai muscoli di marmo…<br />
Canto il rimpianto, cerco l’armonia<br />
per via perduta, ai cardini del tempo<br />
m’impongo di provare a rattoppare…<br />
mi pungo ai cardi dell’è troppo tardi!<br />
Da pietra incandescente a nano spenta<br />
al gioco torno degli antichi incastri<br />
ma gli angoli smussati più non hanno<br />
punte che vanno ad ancorarsi al cuore.
Figlio d’autunno anch’io come calcare<br />
dovevo transitare in altra forma<br />
e frantumarmi, farmi dilavare.<br />
L’onda che monta adesso è una marea<br />
da pietra viva a riva mi riporta<br />
come pomice sasso calcinato<br />
al cuore abbacinato del calcare.<br />
Ispirata da “Cave d’autunno” di Montale
MENZIONE DI MERITO Saverio Cristiani<br />
50 ANNI<br />
Campo di concentramento di Mauthausen, aprile<br />
1995<br />
Tre giorni di vento<br />
Signore<br />
tre giorni soltanto<br />
Il primo in coro a pregare<br />
in ginocchio a pregare<br />
i soldati a pregare<br />
quest’ultima croce<br />
da sola<br />
a spezzarci la voce<br />
Tre giorni di vento<br />
Signore<br />
tre giorni soltanto<br />
Il secondo a guardare<br />
con gli occhi sbarrati<br />
in silenzio a guardare<br />
le file accorciarsi sul prato<br />
ed il fumo salire<br />
lontano nel cielo velato<br />
Tre giorni di vento<br />
Signore<br />
tre giorni soltanto<br />
Il terzo da soli a salire<br />
la scala più dura<br />
la scala che porta a morire<br />
il fiato più corto ogni momento<br />
quel fiato diventi<br />
soltanto tre giorni di vento
MENZIONE DI MERITO Maricla Di Dio<br />
Se questa è pace<br />
Ti allontani e con te cade un giorno<br />
che somiglia a quello di domani<br />
Un fascio di bruma dietro la porta del sole<br />
L’ora del respiro bianco, delle cose ripassate<br />
e stese ad un filo di luna<br />
In un fosso del giardino moscerini e foglie<br />
Poi, nell’oscuro, cresce il silenzio<br />
Manca un grano d’amore<br />
Un brivido, una carezza sul cuore<br />
Se questa è pace, ha il sapore del sorbo<br />
E gocciola e s’annida negli incavi un gelo d’alto autunno<br />
Anche i muri perdono calore<br />
Mi abbraccio. Il freddo scopre la fragilità dell’osso<br />
Dorme Siena di profondo blu<br />
Case di carta<br />
Lontane. Oltre i vetri.
MENZIONE DI MERITO Adriana Lozza<br />
Amato figlio<br />
Da prima che tu fossi ti ricordo<br />
A tingermi la vita di chimere<br />
A dare voce e forma ai miei silenzi<br />
Per non più inganni di parole vuote.<br />
Ricordo il tuo albeggiare in desideri<br />
Contro il delirio del mio triste assenso<br />
Contro foschie di cieli tumultuosi<br />
Verso una gioia luminosa e grande.<br />
Io ti trovai potente nei miei sogni<br />
Ancora informe a dirmi della vita<br />
A fare dei miei dubbi una speranza<br />
Per il mio amore ancora da pensare.<br />
Ma il mondo intero si faceva opaco<br />
Nei giorni in cui svaniva la mia attesa<br />
E un flusso oscuro mi graffiava il cuore<br />
Lasciandomi il dolore dei miei errori.<br />
Stordirmi ancora in una nuova attesa<br />
Stravolta da disprezzi e incomprensioni<br />
Lungo un sentiero senza direzione<br />
A ritrovar la traccia del mio amore.<br />
Ma ancora tu a tessere il mio tempo<br />
In trame di pensieri già pensati<br />
In giochi di memorie mai svanite<br />
Per nuove aurore ancora da guardare.
Amato figlio, è il suono inesplorato<br />
D’intenso pronunciar di sentimenti<br />
Quando all’inerzia ed al clamore antico<br />
Ho dato un volto ed un valore nuovo.<br />
E andammo insieme oltre le barriere<br />
Ad abbracciar la vita in altri modi<br />
A ritrovar sentieri mai tracciati<br />
Tra i varchi informi dei perduti amori.<br />
Ricordi amari a dare peso ai giorni<br />
E nuove lontananze da esplorare<br />
Per la malia di un vuoto menzognero<br />
Lasciato al suo destino disperato.<br />
Ma il nostro camminare negli affanni<br />
Si fece storia in cieli misteriosi<br />
Tra ombre e luci e sguardi tempestosi<br />
Lungo distanze ancora da colmare.<br />
E poi l’abisso buio, e ancora buio<br />
Dentro i silenzi al giorno irrivelati<br />
Tra le volute delle antiche sfere<br />
Per le stagioni ancora da inventare.<br />
Tutto lasciammo al vento della vita<br />
Oltre le alture ai passi consumate<br />
Tra le maree dei tuoi albeggianti anni<br />
E i fuochi fatui delle mie passioni.<br />
Non più parole a dirci del destino<br />
Ma echi di silenzi sconosciuti<br />
E il suono greve ai passi solitari<br />
A calpestar speranze ormai perdute.
Ma un orizzonte ancora abbacinante<br />
Ci viene incontro al chiaro dell’aurora<br />
E porta antiche mete alla coscienza<br />
Ormai accesa di una luce nuova.<br />
E adesso noi avvinti dall’amore<br />
Che non sa fingersi finito<br />
Perché il mistero di cui siam fatti dono<br />
Riveli la sua logica immortale.<br />
Amato Figlio ancora voglio dire<br />
Ti sia la vita fonte di ogni bene.
MENZIONE DI MERITO Elena Varriale. Premiano Il<br />
Presidente di Mimesis Prof. Nicola Maggiarra e la direttrice<br />
del Premio Dott.ssa Patrizia Stefanelli.<br />
Sibilla<br />
Dark lady della predizione o<br />
Vergine nera maledetta da Apollo<br />
sono Amaltea, Sibilla di antro fumante.<br />
Nella carne invecchio, tra rughe mi dispero<br />
ma di morte non conoscerò liberazione.<br />
Nella terra d’Averno e del fuoco<br />
destino scritto è il mio vaneggio<br />
farnetico, sobbalzo, ansimo, prevedo:<br />
sono la perenne veggente vecchia!<br />
Sentite l’eco di voce che ferisce l’antro?<br />
Rimbalza dalla pietra sulla pelle
è un sibilo di viscere in fiamme<br />
lava incandescente che entra nelle vene<br />
rantolo di roccia rovente è l’inferno<br />
che accende l’orrore delle visioni.<br />
Col ventre gravido di oracoli<br />
mi consumo nel dolore, mi dilanio<br />
nelle veggenze: tremo, sussulto, arranco.<br />
A confortarmi c’è la pietas che stringo<br />
con foga tra i mille perché invocati.<br />
Domande e quesiti, istanze e preghiere<br />
riesco a contenere tutto, ma è nella luce<br />
che ferisce gli occhi bui della morte<br />
ed illumina tortuose strade della profezia<br />
che trovo le risposte che dispenso.<br />
Ferita che sfibra in eterno è il mio tormento:<br />
conoscere tutto e non poter vivere niente.
POESIA EDITA<br />
I CLASSIFICATO Carmelo Consoli .Riceve il premio<br />
dall’editrice Dott.ssa Irene Sparagna per la poesia<br />
“Lampedusa”. In queste foto riceve anche il Premio Speciale<br />
stampa dalla giuria dei giornalisti-critici-editori.
Lampedusa<br />
Potessi addolcirla questa terra amara,<br />
restituirla al profumo antico delle zagare,<br />
allo stupore dorato delle maree lontane,<br />
fanciullo perso tra calanchi neri di schiume,<br />
capperi e ginestre sgomente d'infinito tra le rocce.<br />
Potessi ritornare alla dolcezza degli approdi,<br />
di quattro vele all'orizzonte,<br />
nel canto sereno della risacca,<br />
all'isola cara che mi fu madre di odorosi silenzi,<br />
speranze d'amore tra albe dorate e rosati tramonti.<br />
Nei bianchi sentieri, nelle fumide campagne<br />
adesso ho perso la mia ombra solitaria<br />
tra polvere e mare nelle controre assolate,<br />
per unirmi a vite sconosciute in un grido<br />
di fame e libertà.<br />
Ho lasciato nel legno marcio dei barconi,<br />
nelle misere spoglie alla deriva<br />
il canto di marine luccicanti,<br />
gli orizzonti colmi di stelle e l'illusione<br />
che oltre il filo azzurro dei confini ci fossero<br />
mondi favolosi, uomini uniti da un sogno di pace e dignità.<br />
E ora potessi addolcirla questa terra amara,<br />
con la fragranza antica delle piane,<br />
l'odore buono del pane, del fumo dei camini.<br />
Renderla l'Itaca preziosa<br />
che spunta dalle acque della morte e sorride di vigne,<br />
ulivi, piane colme di grano e di pietà.<br />
Potessi tornare al tempo dei cieli immensi
senza guerre, mescolare la meraviglia che sorgeva<br />
allora dalle onde con il coro di dolore<br />
di infinite processioni a un passo ormai dall'isola felice,<br />
la prua in vista del candore dei gelsomini.
II CLASSIFICATO Valerio Di Paolo. Riceve il premio dal<br />
Prof. Candido Meardi.<br />
… quello che resta … (per Anna)<br />
Non ci sarà più l’acciottolio dei piatti<br />
in quei dopopranzo d’estate,<br />
né ci sarà l’ultima fetta di anguria<br />
sul tavolo della cucina.<br />
Sarà inutile dire ai ricordi di mettersi in posa e sorridere ancora.<br />
Spenti i papaveri non crescerà più neanche il grano.<br />
Dopo il fischio del treno che passa<br />
rimane il suono che man mano si spegne<br />
poi, resti sola.
Sarà come abitare il destino, passerai le giornate<br />
a incartare quel che resta dei sogni<br />
nel giornale di ieri.<br />
Sarà come guardare un vassoio di frutti di cera<br />
posato sul tavolo della cucina<br />
là, dove c’era la fetta di anguria.<br />
La voce non troverà più la bocca<br />
nemmeno per mettere un “mio”<br />
dopo una parola o un pensiero d’amore.<br />
Il silenzio che resta non possiamo dividerlo mai<br />
con nessuno, ognuno avrà il suo.<br />
Rimarrai in quelle vecchie stazioni<br />
dove i treni non fermano più,<br />
con i ricordi che ronzano in testa,<br />
segmenti di voli di mosche<br />
sotto una lampada spenta da tempo.<br />
Ti farà compagnia solo un vento di treno<br />
che trascina davanti ai tuoi oggi<br />
le pagine del giornale di ieri,<br />
dentro un dialogo fitto<br />
tra la neve e la neve.
III CLASSIFICATA Giusy Frisina. Riceve il premio<br />
dal Prof. Candido Meardi e dal Prof. Nicola Maggiarra.<br />
Visione greca<br />
Luna d’oro sul blu<br />
Jonico imbrunire<br />
Moneta inestimabile<br />
Da non dimenticare<br />
Vedo<br />
L’alba d’oro che si accende<br />
Sulla fiaccola attenta dei miei occhi<br />
Olimpiade sognata sulle strade d’Oriente,<br />
Tu antico padre dalle spalle larghe,<br />
Tu risvegliami sul teatro del cosmo<br />
Aperto all’entusiasmo delle stelle -<br />
Solo per me e solo per chi insegue
L’armonia antica nelle notti scure<br />
Solo per chi - leonessa di Micene -<br />
Attende quella luce e non si stanca<br />
Tu aprimi le porte dei ghiacciai<br />
Vedo<br />
Un giorno puro ed assolato<br />
Immerso dentro la città svenduta<br />
Sui muri di cemento senza nome<br />
Che pure abbraccia i profughi pietosa<br />
E annida fiabe di vecchi e di bambini<br />
Nelle pagine nude dei condomini<br />
E salva sulle colline la sua Storia<br />
Vedo<br />
Il mare brillare eterno nel denso pomeriggio<br />
Nell’azzurra stregata primavera<br />
Dove ogni cosa è ferma o in movimento<br />
In estasi o in tormento<br />
Secondo come la guardi<br />
Vedo<br />
Il papavero e la pietra<br />
Contendersi la gloria<br />
In silenzioso dialogo nel verde<br />
Sull’abissale inquieta rotta del tempo<br />
Ora rimasto a trattenere il fiato<br />
Per questa strana luce che lo avvolge<br />
Ma senza più aspettare una risposta<br />
Se la domanda può bastare a se stessa
Vedo<br />
La vita che s’inebria del suo cielo<br />
Mentre divento farfalla dalla mente quantica<br />
Che entra dalle finestre e resta fuori<br />
Per poter contemplare la bellezza<br />
Delle alte colonne del tempio<br />
Come del filo d’erba e della brezza<br />
Vedo<br />
Le commosse lanterne della Plata<br />
Sospese nell’incanto del tramonto<br />
Dipinto sull’Acropoli<br />
Che di colpo s’illumina di giallo<br />
Lottando con la notte che ora scende<br />
Sulla cima di una memoria remota<br />
Nascosta solo dagli alberi<br />
Vedo<br />
L’agorà che si alza all’improvviso<br />
Più dolcemente sull’ orlo della sera<br />
E tu sali solenne magistrato<br />
Saggio filosofo – poeta - visionario<br />
Su per le strade polverose e bianche<br />
Di una città salvata solamente<br />
Dal grande desiderio di rinascere<br />
E chiami Atena e arriva Poseidone<br />
Dalle vele sul mare che ritorna<br />
Vedo<br />
Che non sono più chi sono
Quando ritrovo le mie radici in un mondo<br />
Cancellato da secoli<br />
E non so più se arrivo o sto partendo<br />
Se la danza delle Tìadi sul Parnaso<br />
Sia sacra a Dioniso e cara anche ad Apollo<br />
E l’uno vada ancora verso l’altro<br />
Nel sacro cerchio dell’eterno ritorno<br />
E vago<br />
Ancora là dove mi appare<br />
La scintilla più viva della mente<br />
E penso ancora a te<br />
Che non dici più niente<br />
Nel silenzio che ora mi risponde<br />
E sarà nulla e resta solo il dubbio<br />
Eppure volo anche se resto a terra<br />
Più umana e più divina finalmente<br />
Con sullo sfondo il volto della Sfinge<br />
Che chi sa come ci sorride sempre
IV CLASSIFICATA Maddalena Leali<br />
Bisso di mare (Byssus)<br />
A Kevin<br />
Il piccolo cancello aperto dall’alba<br />
e Clementina la gatta a fare la guardia<br />
dei miei pochi gradini di ogni mattina.<br />
Girata la toppa, ricordi? spingevo la porta.<br />
Un sussurro il tuo nome,<br />
uno scoppio la tua risata. Eri là.<br />
Dolce, l’ansia si disperdeva<br />
sotto i pini marittimi,<br />
fra gli aghi secchi e le processionarie.<br />
Il tempo disperso nei ritmi diversi,<br />
convulsi, gioiosi, tristi, complicati,<br />
seppure amorevoli, giochi complessi<br />
per le anime cieche, algoritmi<br />
ogni giorno sconnessi,<br />
percezioni semplici soltanto<br />
ai sensi dei bimbi.<br />
Ricordi? l’anno dei no, l’anno dei sì,<br />
i giochi del su, la paura del giù.<br />
E il buio… E quel tuo camminare<br />
restando seduto alla conquista<br />
del complice nido dell’amico<br />
come te sfortunato.<br />
Breve, questa piccola ombra
che lasci a me che continuo a vivere.<br />
Mi vedi? Malinconica e muta, non triste.<br />
Perché non sei nella memoria trapassata,<br />
precipitoso e lieve, come tela di rado<br />
ordito e inesistente trama, preziosa,<br />
però, e protetta come bisso di mare,<br />
sconosciuto e nascosto alle menti dei più.<br />
Il tempo sempre raggiunge<br />
e s’indossa a qualcuno lacerandone i giorni,<br />
Stupido tempo: nella sua inconsapevole<br />
erranza tralascia il bisso di mare<br />
dei giorni del sì e del no,<br />
dei giochi del giù e del su.<br />
E io che so di averti amato tanto<br />
riparo di seta lo strappo … e ti trattengo.
IV CLASSIFICATO A PARI MERITO Rodolfo Vettorello.<br />
Riceve il premio dal Prof. Pasquale Balestriere.<br />
Elogio dell’imperfezione<br />
Aride stelle in cielo;<br />
geometrie<br />
senza emozione, senza luce, senza<br />
una semplice nota dissonante,<br />
una parvenza minima che parli<br />
della bellezza dell’imperfezione.<br />
Questo universo immobile ci incanta<br />
e l’ordine perfetto ci seduce<br />
ma vivere è tutt’altro.<br />
E’ il fango che produce<br />
le fioriture magiche del cuore.<br />
Si vive male, a volte, ma si vive
malgrado la follia degli assoluti.<br />
Si spera il sole e intanto ci si appaga<br />
del freddo di un inverno senza luce.<br />
Il vento cresce<br />
e porta neve all’uscio delle case,<br />
risale le colline addormentate<br />
nell’infinito sonno senza luna.<br />
Come in letargo, la natura tace<br />
e un tempo impercettibile trascorre<br />
sull’orologio, al muro di cucina.<br />
Non farei cambio della mia fortuna<br />
di vivere una vita irrazionale<br />
con l’equilibrio inutile dei saggi.<br />
La geometria perfetta dei solstizi<br />
genera mostri.<br />
Solo il cuore,<br />
la sua tachicardia disordinata,<br />
dà il giusto ritmo al vivere una vita<br />
di un’unica certissima nozione:<br />
la meraviglia dell’imperfezione.
V CLASSIFICATO Saverio Cristiani<br />
Il pozzo<br />
C’è un pozzo profondo nascosto<br />
tra le righe che leggi<br />
Ogni tanto mi ci fermo a pensare,<br />
e pescando a casaccio nel buio<br />
attingo quel po’ di dolore che basta<br />
a tirar sera col fiato di sempre.<br />
Poi sciolgo la mano al saluto e riparto<br />
lasciandomi dietro una polvere antica<br />
e tanta corda<br />
come rimpianto<br />
a penzolare.
VI CLASSIFICATA Franca Donà. Riceve il Premio<br />
Dal Prof. Nicola Maggiarra e dalla Dott.ssa Patrizia Stefanelli<br />
Quando i fiori cantavano<br />
Per quei fiori rossi mai fermi<br />
all’aria che sa di cielo e di campane<br />
per quei ricordi nel fazzoletto bianco<br />
pronti a far piangere se penso<br />
a mio padre e la sfilata dietro la bandiera<br />
lo stemma senza corona che è più regale<br />
nel campo vermiglio la falce e il martello<br />
e tu con un garofano sulla giacca buona<br />
la musica che rimbomba dentro al cuore<br />
i capelli indietro lucidi e gli occhi ancor di più<br />
a costruire l’Italia del lavoro e la famiglia.<br />
A quei fiori rossi, al fremito del cuore<br />
a quella musica che il vento ha catturato<br />
a mio padre, al suo bicchier di vino<br />
all’uomo che è stato … io dico “grazie”<br />
per quei garofani che porto dentro al cuore.
VII CLASSIFICATA Carmela Esposito mentre saluta il pubblico<br />
La casa del sole<br />
Le carte dell’avvenire<br />
chiusero un anno<br />
sulle cose di dicembre<br />
Stesero un velo<br />
sullo smagrito cipresso del camposanto<br />
conta in quel luogo<br />
il silenzio dei taciturni<br />
che tengono tutto dentro.<br />
Anche la mente<br />
ha un suo lutto<br />
lavato via da una mimosa di marzo<br />
o dai passi incerti del primo pettirosso<br />
non tutti sanno volare
non tutti sanno partire.<br />
Già la pioggia nel giardino<br />
spolvera foglia a foglia<br />
cycas nell’aiuola<br />
scrosta calce dai muri<br />
la casa di sole<br />
diventa triste per sempre<br />
le rose respirano a fatica<br />
i tarli scavano buchi<br />
larghi una vita.
MENZIONE DI MERITO Carla Maria Casula<br />
Pennellate di me<br />
Dischiusa a vita incerta<br />
- otto mesi di cova trafelata -<br />
ho respirato il rosso delle fragole<br />
quel maggio capriccioso<br />
che bagnava la pioggia col calore<br />
nei viali della luce<br />
tra le rose spettinate dal vento<br />
e i respiri materni sillabati<br />
Voce nebbiosa e stanca<br />
sul giaciglio di vetro<br />
- pulsava il cloroformio -<br />
vestivo attese bianche stropicciate<br />
nella corsa grinzosa contro il tempo<br />
che con gli artigli muti<br />
smorzava i vagiti<br />
dietro la bocca implume a spine alterne<br />
senza il velluto in fiore<br />
- poi mi coprì l’aroma della vita –
MENZIONE DI MERITO Domenico Pisana<br />
Notte di San Lorenzo 2014<br />
Consegnami o cielo<br />
al mio canto di libertà,<br />
sguardo dell’anima sul mare,<br />
ridonami l’aria e le stelle,<br />
che danzano come numi dell’olimpo,<br />
la tenue carezza di sangue e di miele,<br />
l’odore salmastro della sabbia,<br />
il sussurro di una brezza di vento,<br />
il sogno amato non sognato<br />
che sversa nelle trafitte delle fibre<br />
foglie verdi destinate ad ingiallire.<br />
Cielo, restituiscimi i tuoi germi d’infinito,<br />
le trasparenze ricamate di voci sibilanti<br />
che parlano lingue di pensieri indecifrabili:<br />
voglio riascoltare ciò che i poeti sanno ascoltare,<br />
imparare la lingua del cuore<br />
che l’impercettibile luccichio delle stelle<br />
possa riflettersi o negarsi: non importa<br />
essere un granello di più, il granello calpestato,<br />
il granello leggero che l’onda si porta via.
MENZIONE DI MERITO Fernando Della Posta<br />
City frame Blues<br />
La città che sgombra, s’ingombra s’inonda.<br />
Mi chiedo le persone sul far della sera<br />
che cosa si dicano in strada<br />
tra il sole che canta l’abisso<br />
e la luna che risponde a dispetto.<br />
Un’ala di fuoco s’andrà celando nel vespro<br />
come un cataclisma nascosto;<br />
avrà pochi cantori invece del sonno<br />
cui rinnovare ogni sera il suo pianto:<br />
pazzi innamorati e bimbi di passo,
da sprazzi di cielo e finestre di specchio,<br />
che s’aprono di smania tra bave di vento<br />
dall’urlo dell’ultimo isolato violento.<br />
Vorrei, sotto i portici inanellati di gelo<br />
dal mio bicchiere di bourbon al banco del mondo<br />
disegnarti gli sguardi a calmare la sera<br />
come il baco nel bozzolo a filare la seta.
MENZIONE DI MERITO Annalisa Rodegherio<br />
“ E’ questa<br />
la notte in cui si<br />
genera al bambino<br />
la madre”<br />
(Nascita di Maria)<br />
Rainer Maria Rilke<br />
ANNA<br />
Era un coro d’angeli<br />
a intonare melodie<br />
per la chiarità del seme<br />
che s’aggrappava al grembo.<br />
Il tuo, Anna, non a caso, scelto.
Intorno adesso s’alzano colonne,<br />
arcate e volte<br />
a colmare spazi antichi<br />
mentre in piena luce<br />
con sguardo dolce avanzi,<br />
ora figlia, al braccio di tuo padre.<br />
Sposa avvolta in veli di magnolia<br />
incanti gli occhi<br />
mentre esibisci grata,<br />
il frutto-dono, la grazia del Disegno:<br />
essere figlia del figlio che ti è nato,<br />
essere madre che se lo stringe al petto.<br />
(Dedicata a mia nipote Anna, diventata prima madre e poi<br />
sposa, dopo anni di anoressia)
POESIA DIALETTALE<br />
I CLASSIFICATO Luciano Gentiletti. Riceve il Premio dal<br />
M° Massimo Patroni Griffi che offre una sua opera.<br />
Er mistero de la vita<br />
Quanno che vojo scappà via dar monno<br />
me vado a rifuggià de sopra a 'n monte:<br />
ce sò li boschi... l'acqua de 'na fonte...<br />
'na pace che te scenne ner profonno.<br />
Sortanto si vai immezzo a la natura<br />
ritrovi quer te stesso soffocato,<br />
riacchiappi li valori c'hai scordato,<br />
t'accorgi che stai drento a un'avventura.
T'abbasta guardà 'n fiore... l'animali...<br />
e scopri che ce sta 'na vita sola:<br />
c'è chi striscia... chi cammina... chi vola,<br />
ma in fonno semo fatti tutti uguali.<br />
Vorebbe da sapé perché ce stamo...<br />
perché ce sta la pianta e l'animale...<br />
perché c'è chi fa er bene e 'n artro er male...<br />
da 'ndove semo usciti e 'ndove annamo.<br />
Quanno ch'è sera, attorno ar focolare,<br />
guardo quer foco e fò volà er penziero:<br />
l'anima mia se sperde ner mistero<br />
come un fiume ch'affoga drento ar mare.<br />
IL MISTERO DELLA VITA<br />
Quando voglio fuggire dal mondo / vado a rifugiarmi sopra un<br />
monte:/<br />
ci sono i boschi... l'acqua di una fonte.../ una pace che ti<br />
scende nel profondo./<br />
Soltanto se sei immerso nella natura/ puoi ritrovare te stesso,/<br />
riprenderti i valori che hai dimenticato/ accorgerti che stai<br />
dentro un'avventura./<br />
Ti è sufficiente guardare un fiore... un animale.../ per renderti<br />
conto che la vita è una sola:/<br />
c'è chi striscia... chi cammina... chi vola,/ ma nel profondo<br />
siamo tutti uguali./
Vorrei sapere perché esistiamo.../ perché esiste la pianta e<br />
l'animale.../<br />
perché c'è chi è propenso a fare il bene e chi il male.../ da dove<br />
veniamo e dove andiamo./<br />
Scende la sera e accanto al focolare/ la mente è affollata di<br />
pensieri:/<br />
l'animo mio si perde nel mistero/ come un fiume che annega<br />
nel mare./
II CLASSIFICATA Daniela Gregorini<br />
Dal muntiròzz<br />
Adè sin machì, su l’alt, no’ dó,<br />
indulcìt’ da quell che vdén.<br />
Guarda ma sta terra<br />
ndó c’avén l’ ràich:<br />
è ‘l crìn ‘ndó sinn cresciùt.<br />
Guarda l’ pòrch ‘nti càmp<br />
domesticati dai contadìn,<br />
còm i capéi dla pupa<br />
che tu hai petnàt.<br />
Guarda i colór, giù giù fin da piéd<br />
‘ndó cmìnc’n l’ càs ricamàt<br />
su l’òréll del tappèt c’lèst, l’ mar,<br />
che tira ‘l ròccl<br />
ma cla strisciulìna d’ réna.<br />
Guarda ma ‘l maés, l’ vìgn,<br />
i ulìv, ‘l gràn ch’ verdéggia…<br />
anicò inscén par na cuperta<br />
ch’ t’ha fatt nònnta a scàcch,<br />
sa l’uncinét… e l’autostrada<br />
è na piega ‘ntél mèzz.<br />
Fermt. Fermt a sentì i passr ch’ cantn,<br />
l’ gagg’ ch’ sgàgg’n, ‘l tord ch’ zìrla<br />
o ‘l mèrl ch’schocc’la…<br />
fra càlc giorn arnirànn l’ róndn a stórm<br />
e arcminciarà la festa .<br />
Pù sènt ‘st’odór e tiénl da cónt :<br />
ancora è quèll intìc dla campagna,<br />
anca si i palazz ènn nùti su a ròta;<br />
è quell dl’burìn<br />
che s’arampica fin maquasù,
di àlbr che buttn fòra i fiór;<br />
st’ódór ch’ t’ s’appicc’ca ma l’anma<br />
cóm quell dla pèll d’ mamta<br />
che, passàt i ann, énn te potrai scordà<br />
e si sarai distànt<br />
t’ darà gust argì a trovà.<br />
Dal poggio<br />
Adesso siamo qui, in alto, noi due,/ addolcite da quello che<br />
vediamo./Guarda questa terra/dove abbiamo le radici:/è il<br />
cesto per pulcini dove siamo cresciute./Guarda i solchi dei<br />
campi/addomesticati dai contadini,/ come i capelli della<br />
bambola/ che tu hai pettinato./Guarda i colori, giù giù fino in<br />
fondo/ dove cominciano le case, /ricamate sull’orlo/del<br />
tappeto celeste ,il mare,/che fa la corte alla strisciolina di<br />
rena./guarda le maggesi, le vigne,/ gli olivi, il grano che<br />
verdeggia…/tutto insieme pare una coperta /che ti ha fatto<br />
nonna a scacchi,/con l’uncinetto…e l’autostrada/ è una piega<br />
nel mezzo./ Fermati. Fermati ad ascoltare i passeri che<br />
cantano/le gazze che starnazzano, il tordo che zirla, il merlo<br />
che chioccola…/fra qualche giorno torneranno le rondini a<br />
stormi/e ricomincerà la festa./Poi senti quest’odore e<br />
custodiscilo:/ ancora è quello antico della campagna/anche se<br />
i palazzi sono spuntati a ripetizione;/è quello del venticello di<br />
bora/ che ti bacia la fronte,/degli alberi che buttan fuori i<br />
fiori;/quest’odore che ti si appiccica all’anima,/come quello<br />
della pelle di tua madre/che, passati gli anni, non potrai<br />
scordare/e se sarai distante ti darà gusto tornare a trovare.
III CLASSIFICATO Giuseppe Vultaggio<br />
Lupu di mari<br />
A Favignana 1 , ‘st jornu, c’è bunazza 2 ,<br />
lu mari pari ogghiu, ‘un si rimìna,<br />
lu suli nesci fora e si l’abbrazza…<br />
‘na varchicedda nesci di bulìna.<br />
‘Na riti, lentamenti, un vechhiu ‘ntrizza,<br />
chi d’’a so’ vita, fu cumpagna e vantu,<br />
nto mentri, l’aria, la risacca sbrizza,<br />
d’’i tonnaroti 3 già, si senti ‘u cantu.<br />
La menti scurri e si rivìri arzuni;<br />
li verri cu diu Giovi e cu Nettunu<br />
e poi, “lupu di mari”, a lu timùni,<br />
fu cumannanti e “patri” p’ognerunu.<br />
Ricorda quannu, un tempu, a lu scurari,<br />
‘na fimmina, a lu portu, l’aspittava,<br />
ricorda d’’i soi occhi lu brillari,<br />
d’’u so’ caluri…quannu l’abbrazzava.<br />
La persi un jornu e cu idda…la so’ vita,<br />
fu un jornu malirittu, malandrinu;<br />
abbrucia ancora forti dda ferita,<br />
fu mala sorti o forsi…fu destinu!<br />
Canciau lu ventu e ora…l’accarizza,<br />
calau lu suli supra la banchina,<br />
lu vecchiu lassa ‘n terra la so rizza…
‘na varchicedda trasi di bulina!<br />
Traduzione letterale: LUPO DI MARE<br />
A Favignana, oggi, c’è bonaccia, / il mare<br />
sembra olio, non si muove, / il sole esce<br />
fuori e se lo abbraccia…/ una barchetta esce<br />
di bolina. / Una rete, lentamente, un vecchio<br />
intreccia, / che della sua vita fu compagna e<br />
vanto, / nel mentre , l’aria, la risacca<br />
schizza, / dei tonnaroti 3 già, si sente il canto.<br />
/ La mente scorre e si rivede giovanotto; / le<br />
guerre con dio Giove e con Nettuno / e poi,<br />
“lupo di mare”, al timone, / fu comandante<br />
e “padre” per ciascuno (s’intende dei suoi<br />
uomini). / Ricorda quando, un tempo,<br />
all’imbrunire, / una donna, al porto,<br />
l’aspettava, / ricorda dei suoi occhi il<br />
bagliore, / del suo calore…quando<br />
l’abbracciava.<br />
La perse un giorno e con lei…la sua vita, /<br />
fu un giorno maledetto, malandrino; / brucia<br />
ancora forte quella ferita, / fu per sfortuna o<br />
forse…fu destino! / E’ cambiato il vento ed<br />
ora…lo accarezza, / si è abbassato il sole<br />
sopra la banchina, / il vecchio lascia per<br />
terra la sua rete…/ una barchetta entra di<br />
bolina!<br />
1. Favignana: Con Levanzo e Marettimo è<br />
isola dell’arcipelago siciliano<br />
delle “Egadi” (di fronte la città di<br />
Trapani)<br />
1. 2. Bunazza: propriamente lo stato del
mare in calma e tranquillità;<br />
termine marinaro per evidenziare<br />
una bella giornata.<br />
1. 3. Tonnaroti: pescatori di tonno.
MENZIONE DI MERITO<br />
Maria Teresa Di Marco<br />
Lamentu de la me terra<br />
La me bedda Sicilia io cantu<br />
di pupi aranci e cavaleri<br />
di lu so mari ca comu u mantu<br />
di la Madonna la cuntenti.<br />
E finemula, vi dicu, io mi scantu<br />
Taliarimi pi beru un vi cummeni<br />
aiu u cori ruttu e l’occhi chin’’i chiantu<br />
di comu m’at’ arrubbatu tutti li beni<br />
La zagara ciusisci e fetu sentu<br />
di munnizza e corruzioni<br />
ma unn’aviti sintimentu<br />
Pi la vostra stessa condizioni?<br />
Chi ciusciassi ora stu ventu<br />
di puisia e boni ntinzioni.<br />
Chi ci canti? Aranci sfatti<br />
‘nterra persi e scafazzati?<br />
O li farini chi t’accatti<br />
ca un sa d’unni su purtati?<br />
Io mi sentu afflitta, chi dicu? Dispirata<br />
NNi facistivu minnitta di la me biddizza<br />
Canta di carretti e stiddi<br />
di lanari e tramontana
ma adduma st’occhi, sti faiddi<br />
e va vidi unni si ‘ntana<br />
Cu fa porci commidi e cumanna<br />
cu fa finta di nenti e nun la sganga<br />
sta smania d’omertà<br />
sta mafia, la disonestà<br />
E diccillu: la pinsata è schifiusa<br />
u mari di Sicilia un si spurtusa.<br />
Lamento della mia terra La mia bella Sicilia io canto/di pupi,<br />
arance e valaieri/ del suo mare che, come manto/della<br />
Madonna lo racchiude./ E finiamola, vi dico, io ho<br />
paura/guardarmi davvero non vi è conveniente/ho il cuore<br />
rotto e gli occhi pieni di pianto /per come mi avete rubato tutti<br />
i beni. / La zagara fiorisce e io sento tanfo7 d’immondizia e<br />
corruziione/ma non avete sentitmento (ragione cuore)/per la<br />
vostra stessa condizione?/Magari soffiasse questo vento di<br />
poesia e buone intenzioni/ Cos’hai da cantare? Arance<br />
ammuffite / a terra, perse e schiacciate?/ o le farine che<br />
compri/che non sai da dove provengono?/ io mi sento afflitta,<br />
che dico’ Disperata/ ne avete fatto rovina della mia bellezza<br />
amata/canto i carretti e stelle / di oleandri e tramontana/ ma<br />
accendi (apri) gli occhi queste faville/ e vai a vedere dov’è<br />
rintanata/ chi fa i porci comodi e chi comanda / chi fa finta di<br />
niente e non la sradica/ questa smania di omertà/ questa<br />
mafia, la disonestà/ E diglielo: l’idea è schifosa/ il mare di<br />
Sicilia non si buca (U mari di Sicilia un si spurtusa) e il motto<br />
degli artisti siciliani, contro le trivelle nel Canale di Sicilia alla<br />
ricerca del petrolio.
MENZIONE DI MERITO Pasquale Aceto<br />
Billo<br />
E mo<br />
m'chiamman' "Cazzillo recchiappese"<br />
Ma in verità? so snob e cacciatore<br />
Zompo fujo e fiuto tutto<br />
Ma chell' che chiù m' piace e fa<br />
è o' poeta.<br />
Si Signore,<br />
o' poeta.<br />
Parlo ca luna cò vient' miez'e fronne<br />
e quann' m' ne tene parlo pur' co' cielo ma<br />
stì quatt fess'<br />
che stann' attuorn a me<br />
nun vonn' capì niente e tutt' chess.<br />
e me chiamm'n
Billoooooooooooooooooooooooo<br />
E i vac'<br />
le zomp' braccia<br />
e me facc'io coccolà.
La giuria dei giornalisti-editori-critici sta per comunicare a il<br />
vincitore del Premio Speciale Stampa. Da sinistra: Marco<br />
Martano, Barbara Scudieri, Orazio La Rocca, Orazio Ruggieri,<br />
Massimo Patroni Griffi, Daniela Cecchini, Irene Sparagna.
Foto di gruppo<br />
Piazza Umberto I
Il nostro presentatore, Mariano Dinacci, saluta le<br />
rappresentanti delle Associazioni intervenute a consegnare il<br />
premio offerto: Associazione Don Cosimino Fronzuto Onlus-<br />
Prof.ssa Rosamaria Ugliano e Associazione Diritto & Donna-<br />
Dott.ssa Maria Cattolico.
Mariano Dinacci e Giovanna La Vigna, che si è occupata<br />
dell’accoglienza dei poeti, ricevono<br />
il premio Mimesis per la collaborazione
LE VOCI RECITANTI<br />
ANDREA MAIORANA della band Piazza Grande di<br />
Stefano Fucili
NINO FAUSTI
NICOLA MAGGIARRA
PATRIZIA STEFANELLI
STEFANO FUCILI cantautore. Stefano è stato paroliere<br />
e musicista per Lucio Dalla
Il segretario del Premio Giovanni Martone<br />
con Patrizia Stefanelli al buffet. Stanchi ma contenti
CIAO!<br />
https://www.youtube.com/watch?v=Hu80<br />
uDzh8RY&list=RDHu80uDzh8RY
ciao!