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n. 80 Aprile 2013

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documenti<br />

Gestione dei conflitti<br />

ed empowerment<br />

Agli aspetti tecnici si aggiungono alcune questioni di tipo sociale,<br />

“perché gli spostamenti legati a nomadismo e/o transumanza finiscono<br />

spesso per creare conflitti tra agricoltori e pastori a causa<br />

dello scarseggiare di pascoli e punti d’acqua superficiali, alla pressione<br />

demografica e agricola crescente, e alla scarsa conoscenza,<br />

da parte degli allevatori, delle leggi che normano le piste e l’accesso<br />

ai punti di rifornimento” spiega Anna Calavita, cooperante<br />

CISV in appoggio alla realizzazione delle attività del progetto UE.<br />

“Per questo motivo si stanno elaborando convenzioni locali per la<br />

gestione degli spazi; i diversi attori presenti sul territorio si danno<br />

regole sull’utilizzo delle risorse così da evitare tensioni e contrasti.<br />

Un lavoro di questo tipo, anche in situazioni di aperto conflitto<br />

come nel caso maliano, può favorire una convivenza pacifica a<br />

livello locale, facilitando l’espressione delle diverse culture e dei<br />

diversi settori di attività”. In particolare, racconta Kalilou Kone,<br />

veterinario responsabile dei progetti CISV a Sevarè, in Mali, “la<br />

gestione dei conflitti pastori-agricoltori è stata presa in carico dalla<br />

popolazione attraverso l’attivazione di comitati locali (a livello<br />

comunale o di villaggio) che sono stati sviluppati in modo da elaborare<br />

modelli di gestione condivisa del suolo, ripartizione delle<br />

tasse e delle royalties sulle risorse pastorali, ecc”.<br />

Oltre a questo, il progetto ha cercato di colmare una grave<br />

lacuna di tipo organizzativo, “perché il nomadismo e le grandi<br />

distanze provocano la dispersione territoriale e, di conseguenza,<br />

una debole capacità dei leader delle Organizzazioni pastorali<br />

a organizzarsi e a influire sulle politiche fondiarie regionali<br />

e nazionali” spiega Alessandra Casu. “Uno degli obiettivi perseguiti<br />

dal progetto è proprio il rafforzamento delle capacità<br />

professionali degli allevatori delle 7 Organizzazioni partner - 3<br />

in Senegal, 2 in Mali, 1 in Burkina Faso e 1 in Niger per un<br />

totale di 40.000 beneficiari - attraverso un processo di empowerment,<br />

cioè di rafforzamento della rete di allevatori del<br />

Sahel e la realizzazione di un sistema di scambio d’informazioni<br />

efficace per gestire possibili rischi (ad es. epidemie, informare<br />

su pascoli, punti d’acqua, su costi relativi al mangime ecc…).”<br />

Il concetto di empowerment include il rafforzamento del ruolo<br />

della donna che, avendo una parte importante nel sistema produttivo<br />

- soprattutto nella trasformazione e commercializzazione<br />

del latte - “deve avere l’opportunità di una partecipazione<br />

più diretta ai meccanismi della governance politica, economica<br />

e sociale in difesa dei propri diritti” dice Anna Calavita. A tal<br />

fine si sono svolti percorsi di formazione mirata di cui hanno<br />

beneficiato un centinaio di donne in Senegal e Mali. Altre formazioni<br />

sono state rivolte a favorire l’allevamento tutelando i<br />

pastori dai principali ostacoli con cui devono confrontarsi (in<br />

particolare la riduzione degli spazi a disposizione delle mandrie);<br />

per lo stesso motivo sono state realizzate trasmissioni<br />

radiofoniche, sedute di animazione teatrale nei villaggi e traduzione<br />

di documenti (come i testi legislativi) nella lingua delle<br />

etnie locali, fulfudé, bambara, dogon, haussa, mooré e wolof.<br />

Tutte le iniziative hanno avuto diverse ricadute anche in Piemonte,<br />

“ad esempio si è realizzato un percorso di sensibilizzazione<br />

sulla sovranità alimentare nella scuola Marie Curie di Grugliasco,<br />

con focus sulla produzione e l’utilizzo di carne e latte, per far<br />

riflettere le giovani generazioni sul consumo consapevole e la<br />

cittadinanza attiva” spiega Alessandra Casu. Un impegno, questo,<br />

che rientra nella più ampia campagna CISV sul diritto al cibo<br />

lanciata quest’anno con il titolo “Siamo tutti nella stessa pentola!”.<br />

Si tratta di una serie di iniziative sul territorio piemontese<br />

che “puntano a creare una nuova consapevolezza sugli impatti<br />

prodotti dalle nostre scelte quotidiane di consumo e produzione”<br />

spiega Alessandra Casu, “e favoriscono la conoscenza delle<br />

esperienze positive e delle ‘buone pratiche’ che anche in Africa<br />

e in America Latina si stanno realizzando”.<br />

i<br />

I NUMERI DEL PROGETTO<br />

400.000<br />

allevatori transumanti e agro-allevatori<br />

16.000.000<br />

bovini e ovini coinvolti<br />

Razze bovine principali:<br />

Zebù Peul, zebù Azawak, zebù Maure, zebù<br />

M’bororo, Ndama<br />

Razze ovine principali:<br />

Fellata, Bali bali<br />

Miglioramento della qualità<br />

di apporto proteico:<br />

carne e latte per almeno 250.000 adulti e almeno<br />

<strong>80</strong>0.000 bambini tra i 2 e i 5 anni<br />

Per Informazioni e per sostenere il progetto: www.cisvto.org<br />

Agricoltura <strong>80</strong><br />

35

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