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Monografija - drugo izdanje - italijanski - niska rezolucija

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scriva solo il sussurro della natura transitoria del destino<br />

umano. Nella sua opera maggiore, Il ponte sulla Drina,<br />

quattro secoli passano senza che nulla cambi, mentre i personaggi<br />

principali sembrano essere più personificazioni dello<br />

spazio e del tempo che esseri umani. Andrić scrisse: “… e<br />

sotto le nubi fitte tutto sembrava immutabile e immortale, il<br />

grano immaturo sembrava il grano dell’anno prima, mentre<br />

i defunti sembravano i neonati… Perché: il vento è sempre<br />

stato solo vento, e la sabbia è sempre stata solo sabbia. E il<br />

vento ha sempre e incessantemente scompigliato e solcato<br />

la sabbia, e tuttavia il vento non riesce a disperdere la sabbia,<br />

né la sabbia a stancare il vento”.<br />

Ivo Andrić nacque in Bosnia, poi si trasferì a Zagabria,<br />

quindi a Vienna e a Cracovia per studiare letteratura slava<br />

e storia. Nel 1914 fu accusato di tradimento dal regime<br />

austroungarico, fu arrestato e passò un anno in prigione e<br />

altri due in esilio… Descrisse la sua esperienza di prigionia<br />

nel libro di poesie Ex ponto, e molti anni dopo, quando era<br />

ormai uno scrittore affermato, nel romanzo La corte del diavolo.<br />

Il romanzo racconta la storia di un uomo che, senza<br />

motivo, diventa la vittima di uno stato basato sulla violenza.<br />

Il direttore della prigione descritto nel romanzo è Latif-bey,<br />

che filosofeggia sulla colpevolezza umana, che è eterna e<br />

incomprensibile, e perciò non esistono gli innocenti, tutti<br />

sono colpevoli (“Non ci sono innocenti in questa corte.<br />

Nessuno è arrivato qui per sbaglio. Se passa dalla porta di<br />

La paura<br />

o visto che, di questi tempi, la principale e spesso uni-<br />

spinta che sottende ogni azione umana è la paura<br />

“Hca<br />

– allarmante, senza senso, spesso immotivata, ma vera e<br />

profonda paura. Forse all’inizio c’erano altri motivi, ma oggigiorno<br />

la paura è quello principale. La paura rende la gente<br />

malvagia e meschina, o la rende generosa, perfino buona […]<br />

L’audace e meravigliosa anima dell’uomo giace morta come<br />

una pietra sul fondo del mare mentre il suo corpo è preda di<br />

una paura bestiale e di un incomprensibile panico”.<br />

(da Ex Ponto)<br />

ui è così da molto tempo: chi è coraggioso e orgoglioso<br />

perde il pane, la libertà, la proprietà e, rapi-<br />

“Q<br />

damente e facilmente, la vita; ma chi piega la testa e cede<br />

alla paura perde così tanto di sé, è così consumato dalla<br />

paura che la sua vita diventa indegna”<br />

(da Travnička hronika - Cronache di Travnik)<br />

“Il vento è sempre stato solo vento,<br />

la sabbia soltanto sabbia. Il vento ha<br />

sempre, incessantemente, scompigliato<br />

e solcato la sabbia, e tuttavia il vento<br />

non riesce a disperdere la sabbia<br />

né la sabbia a stancare il vento”<br />

questo cortile, allora non è innocente. Ha commesso un crimine,<br />

fosse anche solo nei suoi sogni”). Ma è il meticoloso,<br />

quasi pedante e soprattutto eccezionale realismo che fa di<br />

Andrić un Kafka più grande dello stesso Kafka (il quale dichiarò<br />

che stava cercando l’autentica colpevolezza, la radice<br />

di tutti i mali). La quantità di dettagli che Andrić fornisce<br />

rendono la storia sul mondo della prigione, e la prigione del<br />

mondo, così dinamica e brutalmente possibile fino ad arrivare<br />

alla crudeltà. Nonostante ciò, la storia stessa è uguale<br />

al resto della prosa di Andrić: scorre lentamente verso la<br />

conclusione e questa lentezza preannuncia che comunque<br />

non c’è fine, perciò non c’è bisogno di affrettarsi.<br />

Nel 1920, dopo la prima guerra mondiale, Andrić pubblicò<br />

un eccezionale racconto breve, Il viaggio di Alija<br />

Đerzelez, intuendo che il suo percorso letterario si sarebbe<br />

tuffato nella storia. Usò la storia per cercare le fonti dei<br />

miti e delle leggende, trovando in entrambi l’eterno enigma<br />

e l’eterna risposta alle domande sull’essenza dell’esistenza<br />

umana. Parlando della sua storia, Andrić affermò: “Non<br />

sono cambiato da quando [ho scritto] Alija Đerzelez”.<br />

Entrò nel corpo diplomatico ed ebbe successo nella carriera.<br />

I suoi rapporti diplomatici ne rivelano le lucide capacità<br />

analitiche e persino previsioni sugli sviluppi storici. Lavorò<br />

a Roma, Bucarest, Graz, Marsiglia, Madrid e Ginevra. Concluse<br />

la carriera diplomatica quando fu nominato ministro<br />

plenipotenziario a Berlino, dove si trovava quando è scoppiata<br />

la guerra. Durante la seconda guerra mondiale visse a<br />

Belgrado, appartato, ritirato dal pubblico in un isolamento<br />

volontario nella sua casa. Ma la sua silenziosa resistenza fu<br />

evidente quando, in quanto scrittore serbo, rifiutò l’offerta<br />

di pubblicare i suoi libri fino a che fosse durata l’occupazione<br />

tedesca. Mentre la guerra infuriava in tutta Europa,<br />

Andrić scrisse i suoi libri più importanti: i romanzi Il ponte<br />

sulla Drina, Cronaca di Travnik e La signorina. Tutti e tre i<br />

romanzi furono pubblicati nel 1945. Dieci anni dopo, il suo<br />

capolavoro, La corte del diavolo, fu presentato al pubblico.<br />

Nel 1961 Ivo Andrić fu insignito del Premio Nobel per<br />

la Letteratura.<br />

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