Monografija - drugo izdanje - italijanski - niska rezolucija
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Il principe Rastko, il futuro San Sava, si fece monaco<br />
all’età di diciassette anni, fuggendo dalla corte di suo padre<br />
Nemanja per raggiungere il monastero di Vatopedion<br />
sul monte Athos. “Chi è che, a quest’ora tarda, bussa alla<br />
porta del monastero di Athos nel silenzio e nella pace della<br />
notte?”, scrisse Vojislav Ilić, versi che ogni bambino serbo<br />
conosce a memoria. Da monaco, Sava costruì e fondò il<br />
monastero di Chilandari (insieme al padre Nemanja che in<br />
seguito si fece anch’egli monaco, prendendo il nome di Simeone).<br />
Alla notizia che in Serbia infuriava la guerra civile,<br />
San Sava trasferì le reliquie di San Simeone nel monastero<br />
di Studenica e fece far pace ai fratelli maggiori Vukan e Stefano<br />
(questi fu il primo re serbo ad essere incoronato) sopra<br />
le sacre reliquie del padre. Egli contribuì, fra l’altro, alla costruzione<br />
di Žiča e agli affreschi di Studenica.<br />
Nel 1219 ottenne, attraverso le procedure ecclesiastiche,<br />
l’autonomia (“autocefalia”) della Chiesa serba ortodossa,<br />
di cui fu nominato primo arcivescovo. Nel 1204, durante<br />
la quarta crociata, i cavalieri con la Croce presero Costantinopoli<br />
e fondarono il cosiddetto impero latino d’Oriente,<br />
ma non riuscirono a sconfiggere<br />
l’impero bizantino, la cui<br />
corona era allora contesa fra il<br />
cosiddetto impero di Trebisonda<br />
(in Asia Minore) e quello di<br />
Nicea (nei Balcani). Il patriarca<br />
di Costantinopoli risiedeva a<br />
Nicea dove Sava, in conformità<br />
alle norme ecclesiastiche, andò<br />
a richiedere l’autonomia della<br />
Chiesa serba, richiamandosi<br />
alle decisioni del IV Concilio<br />
Ecumenico Ortodosso. Inoltre<br />
usò le proprie capacità diplomatiche<br />
per trarre vantaggio<br />
dai maneggi dell’arcivescovato<br />
di Ohrid che, nella persona<br />
dell’arcivescovo Domentijan,<br />
mirava a rimuovere il patriarca<br />
di Costantinopoli e, seguendo la<br />
politica del despotato dell’Epiro,<br />
ad acquisire la supremazia<br />
su tutte le Chiese ortodosse.<br />
Con l’approvazione dell’imperatore<br />
Teodoro Laskaris, il<br />
patriarca Manuel nominò Sava<br />
supremo arcivescovo “di tutti i Serbi e delle terre marittime”<br />
e la Chiesa serba fu elevata allo status di arcivescovato<br />
diventando autocefala (con la facoltà di organizzare concili<br />
di vescovi e di nominare vescovi e arcivescovi) separandosi<br />
così dall’arcivescovato di Ohrid. Poi Sava incoronò suo fratello<br />
Stefano secondo il cerimoniale ortodosso, nonostante<br />
questi avesse già ottenuto la corona e il titolo di re dal papa<br />
di Roma. Tutto ciò a compimento dell’opera di Stefano Nemanja<br />
e dei Gran Župan suoi predecessori, grazie ai quali<br />
la Serbia divenne un regno e, con la sua Chiesa, uno stato<br />
indipendente.<br />
Sava istituì nuove diocesi e ripristinò alcune di quelle<br />
vecchie. Sava fu consigliere di tre re serbi per cui condusse<br />
importanti missioni diplomatiche: suo fratello Stefano<br />
Primo Incoronato, re Radoslav e re Vladislav. Si recò in<br />
pellegrinaggio due volte in Terra Santa e dal monte Sinai<br />
portò in Serbia uno degli oggetti sacri più importanti,<br />
ovvero un’icona raffigurante la Santa Madre di Dio<br />
Trojeručica (ovvero “con tre mani”) che è conservata nel<br />
monastero di Chilandari.<br />
Sava fondò ospedali e scuole.<br />
Oggi i Serbi lo celebrano durante<br />
lo Slava della scuola (uno<br />
slava è una festività religiosa e<br />
familiare tipica soltanto della<br />
religione serba ortodossa<br />
fra le nazioni ortodosse). La<br />
festa di San Sava fu celebrata<br />
per la prima volta come Slava<br />
della scuola nella città di Zemun<br />
nel XIX secolo. Il primo<br />
verso dell’Inno a San Sava recita:<br />
“Cantate con amore a San<br />
Sava, santo patrono della Chiesa<br />
e della scuola serba”.<br />
Sava morì nel paese di Trnovo,<br />
nell’odierna Bulgaria, dove<br />
Vladislav prelevò le reliquie di<br />
suo zio e, con molte difficoltà, le<br />
trasferì nell’edificio che gli dobbiamo,<br />
il monastero di Mileševa.<br />
Nel 1595 l’albanese Sinanpascià,<br />
che era un “serasker”,<br />
ossia un generale, dell’esercito<br />
ottomano, appresa la notizia<br />
che i Serbi del Banato aveva-<br />
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