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Associazione Culturale Castiglione Nostra<br />

Di Castijune s’armane<br />

ngandate<br />

Storie Personaggi Soprannomi Mestieri e Professioni<br />

A cura della Banca di Credito Cooperativo<br />

di Castiglione M. R. e Pianella


Associazione Culturale Castiglione Nostra<br />

Di Castijune s’armane<br />

ngandate<br />

Storie Personaggi Soprannomi<br />

Mestieri e Professioni<br />

A cura della Banca di Credito Cooperativo<br />

di Castiglione M. R. e Pianella


Hanno collaborato<br />

Maria Antonietta Ferretti<br />

Gabriele Di Battista<br />

Giorgio De Fabritiis<br />

Francesco Sorgentone<br />

Marino Belisario<br />

Ringraziamenti<br />

Alla Banca di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo e Pianella<br />

Alla Amministrazione Comunale di Castiglione Messer Raimondo<br />

A tutte le persone che ci hanno concesso le foto<br />

A Ernesto Di Nicola<br />

A Ernesto Giannetti<br />

A Raffaele Castagna<br />

A Rocco Oronzo<br />

Progetto grafico e impaginazione<br />

Melarido di Adriano Ridolfi, Penne PE<br />

Stampa<br />

Arti Grafiche Cantagallo, Penne PE


INDICE<br />

Prefazione 5<br />

Nota degli autori 7<br />

Castijune - poesia di Ercolino Micoletti 9<br />

Presentazione 11<br />

Toponomastica di Castiglione e contrade 15<br />

Capitolo 1 19<br />

Cenni storici 21<br />

Lo stemma del paese 21<br />

Origini del nome 21<br />

Colle San Giorgio - Santa Maria - Appignano 22<br />

Castiglione paese 25<br />

Secolo XV 26<br />

Secolo XVI 28<br />

Secolo XVII 31<br />

Secolo XVIII 32<br />

Secolo XIX 34<br />

La chiesa parrocchiale di San Donato 37<br />

La croce processionale di Castiglione Messer Raimondo 38<br />

La Festa di San Donato Martire 39<br />

Le chiese e le cappelle 40<br />

Appignano 45<br />

Le chiese di Appignano 47<br />

Il convento di Appignano 48<br />

Capitolo 2 51<br />

Personaggi storici 53<br />

Domenicantonio Toro 55<br />

Michele Candelori 59<br />

Gennaro Pensieri 67<br />

Angelo Pompei 71<br />

Soci fondatori della Cassa Rurale ed Artigiana 75<br />

I presidenti della Banca 77<br />

Capitolo 3 79<br />

Li soprannume - I soprannomi 81<br />

Perché il soprannome? 82<br />

Elenco dei soprannomi 97<br />

Dialettando 103<br />

Sentenze 104<br />

Modi di dire 105<br />

Pillole… dialettali 105<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4 107<br />

Mestieri e professioni 109<br />

Il Sarto 111<br />

La sarta 115<br />

Il calzolaio 118<br />

Il muratore 121<br />

Il fabbro 124<br />

Il falegname 126<br />

Il mulino ad acqua 128<br />

La cantina 130<br />

Il commerciante 133<br />

Il macellaio 136<br />

Il commerciante di bestiame 137<br />

Il venditore di porchetta 137<br />

Il fornaio 138<br />

Il fotografo 138<br />

Il venditore di elettrodomestici 139<br />

Il benzinaio 139<br />

Il lattaio 140<br />

L’ambulante 140<br />

Sali e tabacchi 141<br />

Il barbiere 141<br />

La parrucchiera 142<br />

L’orefice 142<br />

Il fattore 143<br />

L’agente del dazio 143<br />

Il medico 144<br />

Il farmacista e il veterinario 145<br />

La levatrice 145<br />

Il dipendente del Comune 146<br />

Il vigile 146<br />

Il fontaniere 147<br />

L’operatore ecologico 147<br />

Il dipendente dell’ufficio postale 148<br />

Il cantoniere 149<br />

Il camionista 150<br />

L’autista 151<br />

Il parroco 152<br />

Il frate 153<br />

Il sagrestano 153<br />

Il maestro 154<br />

La maestra 156<br />

Il bidello 157<br />

Personaggi da ricordare 159<br />

Coro di Castiglione Messer Raimondo 163<br />

Gli Amici dell’Allegria 165<br />

Prof. Gabriele Faccia 166<br />

Foto di un tempo passato… 167<br />

Bibliografia 175<br />

Di Castijune s’armane ngandate


5<br />

PREFAZIONE<br />

Tra i valori fondanti del Credito Cooperativo c’è il modo “differente” di fare banca. Una banca che<br />

appartiene al suo territorio e quindi partecipativa alla crescita culturale e sociale della collettività.<br />

Questa iniziativa dell’Associazione Castiglione Nostra è stata ben accolta dal Consiglio di Amministrazione<br />

che ha inteso contribuire alla stampa del <strong>libro</strong> perché rappresenta un documento per la conservazione<br />

dei costumi e delle tradizioni di un popolo; storie, usanze e personaggi che potrebbero andare perduti<br />

per sempre. Il volume, ricco di fotografie e di citazioni, ripropone tanti momenti di vita passata, fatta di<br />

avvenimenti e di situazioni spesso dimenticate. Ma quanti sacrifici hanno fatto i nostri padri, professionisti,<br />

artigiani e contadini, veri maestri di vita, che nel dopoguerra hanno risollevato le sorti di una nazione<br />

ridotta alla miseria? Non dimentichiamo che questi mestieri artigianali e rurali sono stati alla base della<br />

nascita del nostro istituto e, non a caso, vengono citate l’idea e l’opera del maestro Angelo Pompei che,<br />

riunendo 92 soci, fra artigiani, agricoltori e professionisti, riuscì a costituire la Cassa Rurale ed Artigiana<br />

di Castiglione Messer Raimondo. Questo è motivo di orgoglio e manifesta l’apprezzamento degli autori<br />

e della comunità intera, che in qualche modo si sentono legati a questa istituzione, che oggi resta un fiore<br />

all’occhiello non soltanto per il territorio di Castiglione, ma per tutti quei paesi dove la banca opera.<br />

Per concludere questa breve introduzione voglio esprimere il mio plauso e il ringraziamento del<br />

Consiglio di Amministrazione agli autori, che hanno contribuito alla realizzazione di questo volume,<br />

impegnandosi alla riscoperta di usi e costumi del nostro territorio.<br />

Dott. Alfredo Savini<br />

Presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca di Credito Cooperativo<br />

di Castiglione M. Raimondo e Pianella<br />

Di Castijune s’armane ngandate


7<br />

NOTA DEGLI AUTORI<br />

Pasquale Ammazzalorso<br />

Come promesso in una serata dell’agosto 2014, noi componenti l’Associazione “Castiglione Nostra”,<br />

dopo un lavoro un po’ laborioso, siamo riusciti a mettere insieme il materiale in nostro possesso e a dare<br />

alle stampe un <strong>libro</strong>, sperando di fare cosa gradita a tutti i Castiglionesi. Un grazie particolare alla Banca<br />

di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo e Pianella che ha permesso la pubblicazione di<br />

questo volume. Si tratta di un lavoro semplice, senza pretese letterarie, ma che ha uno scopo ben preciso:<br />

esso è diretto soprattutto alle giovani generazioni, che non avendo potuto godere di quell’importante periodo<br />

del secondo dopoguerra, avranno così la possibilità di conoscere la vita e le attività dei loro antenati,<br />

padri e nonni, che hanno onorato Castiglione, facendone un paese ammirato in tutta la Vallata del Fino.<br />

Chi invece ha vissuto tale periodo ritroverà, scolpiti nella memoria, persone e luoghi, che susciteranno<br />

un certo rimpianto per quel mondo ed anche un po’ di commozione. Quel patrimonio culturale, di solidarietà,<br />

di operosità, di attaccamento al proprio paese, che i nostri antenati ci hanno lasciato, non deve<br />

essere dimenticato, ma conservato e trasmesso alle future generazioni. Infine, è bene ricordarlo, questo<br />

volume semplice è nato dal grande amore che nutriamo per il nostro “bel borgo natìo”.<br />

Mauro Giangrande<br />

Dedico questo mio impegno alla memoria di mio padre Vincenzo e di mia mamma Lelia.<br />

“Posso dire soltanto che appartengo a quelli che lontano se ne sono andati, ma sempre ritornano, però il<br />

seno della terra più non li trattiene, che già li hanno svezzati di fuori. Partono e continuano eternamente a<br />

tornare…” Uno scritto di un musicista contemporaneo di cui molto condivido... l’approssimarsi della vita<br />

gioca scherzi imprevedibili, ti pone domande tremende alle quali poi bisognerà dare risposte. I bilanci si<br />

fanno a fine corsa ed è il tempo loro, occorre pensare ad un lascito ad un ricordo ad una testimonianza<br />

che non disperda nel buio del tempo preziose ed insostituibili figure che hanno camminato prima di noi<br />

su questo suolo... a li ringhire, abballe a lu bborije, arrete a lu fosse, oppure su ... allu capijlme, o sotte a li<br />

mure. Quello che più mi manca di quegli anni è il sapore di quelle giornate, gli odori, i timbri delle voci<br />

che più non ascolto ma che porto dentro come una specie di DNA ed oramai fanno parte di me. Oggi<br />

volti giovani hanno sostituito quelli vecchi, ma la saggezza e la singolarità di quelle persone rimarranno<br />

per sempre nei nostri ricordi; con questa pubblicazione spero che anche altre generazioni, che non li<br />

hanno potuto conoscere, li conoscano e prendano coscienza che ...la vita non è quella che si è vissuta, ma<br />

quella che si ricorda… e, come la si ricorda… per raccontarla poi agli altri che verranno!<br />

(Gabriel Garcia Marquez)<br />

Francesco Ammazzalorso<br />

“Alla ricerca delle nostre radici e alla conservazione di un patrimonio, perché i giovani non dimentichino<br />

la terra dei loro padri e trovino in essa i motivi per un futuro migliore”. Vivendo in un mondo<br />

che la tecnologia ha reso inumano, credo sia indispensabile voltarsi indietro e tornare ad attingere ad un<br />

passato più semplice, ma più bello, ricco di valori, di storie di vita paesana, di battute e di risate spensierate.<br />

Perciò ho accolto con entusiasmo l'invito a partecipare alla stesura di questo volume, inserendoci<br />

qualcosa della mia tesi di laurea in “dialettologia italiana” sul mio paese. Oggi riuscire a divulgare un<br />

<strong>libro</strong> su Castiglione e dintorni, alla portata di tutti, è sicuramente da considerare un valido contributo<br />

Di Castijune s’armane ngandate


8<br />

Cenni storici<br />

alla cultura, alla conoscenza della storia e delle tradizioni del nostro paese, soprattutto per coloro che se<br />

ne sono allontanati, ma che vi sono rimasti sempre nostalgicamente legati e per i figli dei <strong>castiglione</strong>si<br />

emigranti, che vogliono conoscerlo e visitarlo.<br />

Francesco Barillaro<br />

Ho aderito con piacere all’invito a collaborare alla realizzazione di questa opera mettendo a disposizione<br />

quanto in mio possesso: documenti, fotografie e cartoline d’epoca, frutto della mia passione che coltivo<br />

da tanti anni. Sicuramente un valido contributo alla conservazione della tradizione locale.<br />

La mia disponibilità rappresenta un doveroso ringraziamento verso la comunità <strong>castiglione</strong>se che mi<br />

ha accolto insieme con la mia famiglia.<br />

Fausto Trequadrini<br />

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere<br />

che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”<br />

(Cesare Pavese).<br />

Le vicende della vita mi hanno portato lontano da Castiglione appena compiuti i diciotto anni e, pur<br />

avendomi dato tanto, mi hanno tolto il piacere di godermi nel profondo il paese ed i compaesani.<br />

Sarà anche per questo che sono profondamente attaccato alla mia terra, alle mie origini, che leggo tante<br />

volte con commozione la citazione di Pavese, che mi porta a pensare ai luoghi e alle persone, lasciati ma<br />

non persi; ad intonare con la chitarra, da solo o insieme ad altri, “paese mio che stai sulla collina...”. Perciò<br />

ho partecipato con entusiasmo alla stesura di questo <strong>libro</strong>, senza remore e senza pensare a quanto fosse<br />

difficile concretizzarlo; ed ora che l’avventura è giunta al termine penso di uscirne arricchito per tre motivi:<br />

1) Sono stato insieme agli amici di sempre durante la stesura e alle tante sessioni di revisione;<br />

2) Ho dato il mio piccolo contributo per tramandare nel tempo fatti e persone di Castiglione;<br />

3) Ho imparato molte cose sul nostro paese e trovato tanti nuovi motivi per volergli bene.<br />

Non aspettatevi un trattato ampio e compendioso, non si è inteso dare alle stampe la nostra “Divina<br />

Commedia” ma semplicemente fare una cosa simpatica e piacevole da avere, sfogliare e leggere.<br />

Sono certo che, nel passare di pagina in pagina, vi scapperanno tanti sorrisi e qualche lacrimuccia.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


9<br />

CASTIJUNE<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

sol’ a vide’ duva sta’ pusate<br />

a ducente e cchiu’ metre sopra na culline<br />

vasciate da lu sole tutti li matine<br />

da l’ilbire fitti fitte sta’ ammandate<br />

come nu tissute villutate<br />

che s’aepre alla strada bbianche di la pritire<br />

chi sembre la scrime di na capillire.<br />

Ercolino<br />

Poesia in originale di Ercolino scritta di suo pugno.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


11<br />

PRESENTAZIONE<br />

L<br />

’idea di pubblicare un <strong>libro</strong> su Castiglione nasce qualche tempo<br />

fa da un gruppo di persone, riunite nell’Associazione “Castiglione<br />

Nostra”, interessate a ricostruire, almeno in parte, il cammino<br />

di una comunità cercando di cogliere alcuni momenti di vita vissuta,<br />

ricordando fatti, luoghi e persone di periodi storici diversi, che sono<br />

stati rappresentati in una serata paesana pubblica svoltasi nell’agosto<br />

2014 nell’anfiteatro comunale del capoluogo.<br />

Il progetto, tutto da pianificare, non aveva certamente l’ambizione<br />

di realizzare un’opera di ampio respiro, ma di cogliere alcuni momenti<br />

significativi della vita di una comunità, fatta di gente semplice e benpensante,<br />

composta da artigiani e agricoltori, ricordando alcune figure<br />

caratteristiche ed importanti, che hanno lasciato un segno per il paese e<br />

che costituiscono un patrimonio storico e culturale da non disperdere.<br />

Un pensiero grato va a quanti, con impegno e dedizione, hanno<br />

contribuito alla strutturazione del <strong>libro</strong> ma anche a tutti quei paesani<br />

che, nel loro piccolo, hanno messo a disposizione opere, scritti, lettere,<br />

poesie e fotografie, che hanno permesso la ricostruzione di un passato,<br />

che tutti abbiamo interesse a ricordare e rendere di pubblico dominio.<br />

La speranza è che il <strong>libro</strong> che presentiamo, attraverso la conoscenza<br />

ed il ricordo delle nostre origini, dell’umile e sacrificata vita dei nostri<br />

genitori e dei nostri nonni, ci sia di aiuto per conoscerci meglio, riscoprendo<br />

quanto di buono c’è nell’ambiente in cui abbiamo vissuto e<br />

viviamo, in modo da difenderlo e valorizzarlo in maniera sempre più<br />

efficace.<br />

Vorremmo evidenziare che non è stato possibile menzionare tutti i<br />

protagonisti delle varie attività artigianali e commerciali che operavano<br />

nel territorio <strong>castiglione</strong>se nel secondo dopoguerra. In ogni caso il<br />

nostro pensiero ed il nostro ringraziamento va a tutti coloro che, per<br />

motivi indipendenti dalla nostra volontà, non sono stati ricordati in<br />

questo volume.<br />

Non a caso l’Associazione “Castiglione Nostra” sta portando avanti<br />

l’attivazione di un sito internet nel quale verranno inseriti alcuni contenuti<br />

di questo <strong>libro</strong> e una moltitudine di foto raccolte dai cittadini, per<br />

dare la possibilità a tutti i Castiglionesi che vivono sparsi per il mondo,<br />

di ricordarsi e di avere notizie del loro paese di origine.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


“Sul crinale di una collina, come nel dorso estremo di un promontorio, a forma<br />

di nave lanciata tra le ondulazioni d’innumerevoli colli sulla vallata del fiume<br />

Fino, si adagia Castiglione Messer Raimondo, in Provincia di Teramo. Il paese<br />

guarda ad Occidente l’imponente catena del Gran Sasso, mentre ad oriente domina<br />

la valle ubertosa del Fino; a Settentrione ed a Meridione è contornata da colli e<br />

ripe, fossi e valli, tuttora in fase di assestamento tettonico; sulle ghiaie del Fino si<br />

scaricano numerosi calanchi.”


Con queste bellissime e semplici parole Padre Donatangelo Lupinetti<br />

descrive la posizione geografica di Castiglione. Piccola<br />

cittadina, situata a circa 265 metri sul livello del mare, che risulta molto<br />

caratteristica per il suo aspetto di Borgo Medioevale, anche se non vi<br />

sono ruderi o testimonianze che ne attestino davvero la sua origine<br />

feudale, eccetto alcuni nomi di vie del centro storico che conservano<br />

tuttora la definizione originale come Castello, Borgo, Fosso, Borgo<br />

Superiore, Borgo Inferiore, sotto Le Mura…ecc. L’intero territorio ha<br />

un’estensione di 3084 ettari ed una popolazione complessiva di 2364<br />

persone (dato censimento popolazione 2011). Il territorio circostante<br />

è eminentemente agricolo, ma non mancano alcune attività industriali<br />

e commerciali, molte di queste legate all’agricoltura. I campi vengono<br />

coltivati con razionalità e la loro feracità, oltre alla operosità dei contadini,<br />

è dovuta anche ai corsi d’ acqua che scorrono nel territorio,<br />

infatti oltre al fiume Fino, troviamo il torrente Petronico, il Vallecupa e<br />

L’Alzapone; le strade risultano funzionali ma sono spesso accidentate a<br />

causa di smottamenti e frane che si verificano con una certa frequenza,<br />

come abbiamo tristemente constatato nel primo semestre del 2015.<br />

Il territorio comunale è suddiviso in frazioni e contrade: San Giorgio,<br />

(dove fu ritrovato, attraverso scavi archeologici, un Tempietto<br />

Italico menzionato su una pubblicazione datata 1993 dal Prof. Gabriele<br />

Iaculli a cura della allora Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione Messer<br />

Raimondo) Borea Santa Maria, Capitolano, Bozzano, Valletraglia,<br />

Selvagrande, Cesi, Piane, Collecorvo, Controfino, Selva, Vorghe, Vicenne,<br />

Giardino; nelle pagine successive riportiamo la toponomastica<br />

di alcune contrade. L’unica frazione è Appignano, con il suo Castello<br />

ed il Borgo, ricordato dallo storico Flavio Biondo e riportato negli affreschi<br />

delle Logge del Vaticano; conserva ancora oggi il centro storico<br />

quasi intatto. Altra contrada importante è Piane, agglomerato in forte<br />

espansione grazie alla sua posizione geografica al centro della vallata ed<br />

alle sue attività commerciali e industriali. Per quanto riguarda le vie di<br />

comunicazione ricordiamo la ex SS 365 (Strada statale) ora Provinciale<br />

Teramo-Bisenti-Castiglione che in C.da Cesi si innesta con la Statale<br />

81 Piceno-Aprutina. La Città di Pescara è collegata dalla strada detta<br />

della “Bonifica” che nei primi anni 70 non era ancora del tutto asfaltata<br />

ed era disagevole percorrerla.<br />

Padre Donatangelo Lupinetti.<br />

13<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Vista di Castiglione da Santa Maria.


Capitolo 1<br />

15<br />

TOPONOMASTICA<br />

di Castiglione e Contrade<br />

Castijune<br />

Sanda Marije<br />

Cutuline<br />

Cerase<br />

La Taverne<br />

Collecimine<br />

Li Coste<br />

Castiglione.<br />

m., ant., XVII sec.; fortezza, paese cinto di mura; lat. mediev. castellio, -onis (dimin. di<br />

castellum; cfr.: castilione (a. 1199, a Roma), castilgionus (XIII sec., in Abruzzo). (DEI<br />

I 799). Circa la denominazione esatta, troviamo documenti con singolari varianti: nel<br />

1273 era ufficialmente chiamato nel Giustiziere Castellionum Domini Raonis e negli<br />

elenchi delle “Decime dei secoli XIII - XIV” è scritto Castellione; nel 1563 e nel 1669 si<br />

trova scritto Castiglione di Messer Raimondo, mentre tra le due date è detto Castiglione<br />

di Raimondo. Nei “Capitoli Castiglionesi” dei sec. XVI - XVIII è detto latinamente<br />

Castileonis. (D. Lupinetti - Castiglione M.R. e il suo tesoro, p. 16).<br />

C.da Borea S. Maria.<br />

da lat. boreas - tramontana, dal gr. boréas, di cui “borea” è la forma dotta; nel Cartulario<br />

Teramano (a. 894) boria; panromanzo (DEI I 561). S. Maria di Lucuiano, dall’omonima<br />

chiesa riportata anche nelle Rationes: Ecclesia S. Maria de Luquiano (a.1309, Rd 2517);<br />

da un *Lecunianum < Lecovius (Schulze, lat. En. l91; TSAM 161).<br />

C.da Catulini.<br />

m., ant., XIV sec., -ino; cagnolino, cucciolo; v. dotta, lat. Catulus (-inus agg.) piccolo di<br />

ogni animale, cagnolino. (DEI I 819).<br />

C.da Cerase.<br />

(propriamente li kandù) m., XVI sec., bot; “ciliegio “, v. it. centromeridionale, lat. cerasea.<br />

(DEI II 861; REW 1823).<br />

C.da Cesi.<br />

(lat. caeduus, che si può tagliare (caedere), detto di bosco o pianta; geomorfo.<br />

(DEI II 837).<br />

Da lat. taberna, “bottega”,”luogo di vendita di viveri’’, di area it. e romanzaoccidentale,<br />

frequento elemento toponomastico anche fuori d’Italia, cfr.: ted. Zabern, irl. Taibern,<br />

britt. Tafarn; / - b -/ > /- v - / per spirantizzazione. (DEI V 3733).<br />

C.da Collecimino.<br />

da lat. colle (DEI II 1012) + lat. cyminum, dal gr. ky’minon, che sopravvive nell’it. merid.<br />

accanto al biz. ky’minon<br />

(DEI II 939; REW 2442).<br />

C.da Coste.<br />

da lat. costa, “pendio, declivio”, panromanzo. Il significato di costa di monte è molto<br />

diffuso nelle lingue romanze e deve essere antico (c. de monte, a. 944).<br />

(DEI II 1133; REW 2279).<br />

Di Castijune s’armane ngandate


16<br />

Li Fundanelle<br />

Lu Ciardine<br />

La Ndaiate<br />

Li Salitte<br />

La Salve<br />

Li Torre<br />

Traglione<br />

Li Vallune<br />

Li Vicenne<br />

C.da Fontanelle.<br />

da lat. fontana, panromanzo.<br />

(DEI III 1683; REW 3426) + suff. -ella (lat. -ellus, ~ G. Rohlfs - GSLID III - par. 1082,<br />

p. 402).<br />

Fonetica: assimilazione progressiva del nesso / nt / > / nd /.<br />

C.da Giardino.<br />

(anche la firnake). dal fr. jardin (XII-XIII sec.), già· nel lat. mediev. del X sec. gardinium,<br />

prob. “recinto”, cfr.: got. garta, “chiusura, recinto”.<br />

(DEI III 1805).<br />

C.da Intagliata.<br />

Da lat. t. taliare, intertaliare, “incidere, separare”. XIV sec., ·con diverse accezioni, (a.<br />

1288), Bologna, “taglio di argine”, geomorfo.<br />

(DEI V 3699).<br />

Da lat. mediev. intaleare (X sec.), “tagliare, incidere”; cfr.: fr. entallier (XIII sec.).<br />

(DEI IV 2055).<br />

C.da Saletti.<br />

da long. sala, “unità poderale, casa poderale” (RLDL 34). Forse anche da lat·. salictum,<br />

“salceto” da salix, “stradicciola ghiaiosa sul letto del fiume”.<br />

(DEI V 3317).<br />

C.da Selva.<br />

da lat. silva (da Nevio),”foresta” (di dubbia origine); molto diffuso come toponimo.<br />

(DEI V 3446; REW 7920).<br />

C.da Controfino (contra Finum).<br />

da lat. turris (Plauto), dal gr. tyrrhis, tyrsis(cfr.: Tirreno), passato anche all’osco<br />

tiurri = turrim, di area it. e romanza occid.<br />

(DEI V 3833; REW 9008).<br />

C.da Traglione.<br />

da lat. tragula (Varrone), da trahere “trarre “-. Geomorfo.<br />

a.1363,1407, a Roma) “treggia”<br />

(DEI V 3854).<br />

C.da Valloni.<br />

da lat. vallum (forse estratto da valla n.,pl.,); conservato nel catal. vall, port. vallo; passato<br />

al fr. vallon (a.1529), sentito come dimin. per attrazione al suffisso -on.<br />

(DEI V 3982).<br />

C.da Vicenne.<br />

da lat. mediev. vicenda, “terreno coltivato a turno”.<br />

(DEI V 4048; REW 9306).<br />

Fonetica: assimilazione progressiva / nd / > / nn / di sostrato italico (AD 11)<br />

Di Castijune s’armane ngandate


17<br />

Li Vorghe<br />

C.da Vorghe.<br />

d a l a t. vorago - i n i s, “baratro, abisso”, da vorare. Per la presenza di dirupi scoscesi e<br />

profondi strapiombi. Geomorfo.<br />

(DEI V 4090).<br />

Abbreviazioni:<br />

DEI: BATTISTI C. - ALESSIO G., Dizionario Etimologico Italiano - Firenze 1950 – 57<br />

REW: W. MEYER - LUBKE, Romanisches Etymologisches Worterbuch - Heidelberg, 1935<br />

GSLID: G. ROHLFS, Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei suoi Dialetti - EINAUDI 1966 - 69<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Dal Viale dei Tigli sono visibili la Chiesa Madre, la Chiesa di San Giuseppe e sulla<br />

sinistra la Chiesa di San Rocco. Foto inizi Novecento.


Capitolo 1<br />

Cenni storici


Capitolo 1<br />

21<br />

CENNI STORICI<br />

Le notizie relative alla storia del territorio <strong>castiglione</strong>se sono state<br />

riprese in gran parte dal volume, “Liber Capitolorum Universitatis<br />

Terrae Castileonis Messer Raimundi” del prof. Candido Greco -<br />

Ed. 1991.<br />

LO STEMMA DEL PAESE<br />

Data l’origine del paese, non potrebbe essere altro che una torre:<br />

con le ali o senza? Alcuni sostengono con le ali, simile allo<br />

stemma della città di Penne; secondo altri storici, senza le ali, come la<br />

vicina Bisenti e in genere le città di origine vestina. Nella Casa Comunale<br />

è raffigurato sia con le ali che senza, mentre nella Chiesa Madre<br />

ha grosse ali a forte rilievo.<br />

ORIGINI DEL NOME<br />

Il toponimo del Comune deriva da “Castellonium Domini Raonis”,<br />

così chiamato secondo scritti risalenti al 1273. Nelle “Decime<br />

dei secoli XIII-XIV” era appellato “Castellione”. Dal 1414 fu<br />

proprietà di Raimondo (Raimondazio o Raimondazzo) Caldora, da<br />

cui pare derivi l’attuale “Messer Raimondo”.<br />

Le prime notizie storiche sul paese risalgono al 1065, relativamente<br />

al castello di S. Giorgio, ed al 1168, quando Castiglione ed Appignano<br />

erano nominati come feudo di Galgano da Collepietro.<br />

Notizie finora documentate non consentono una ricostruzione certa<br />

e puntuale della storia di Castiglione Messer Raimondo, soprattutto<br />

per quanto riguarda le origini, che probabilmente risalgono al periodo<br />

longobardo.<br />

Stemma a soffitto nel Palazzo<br />

Comunale.<br />

Stemma nella Sala Consiliare del<br />

Municipio.<br />

Lo stemma del paese raffigurato nella Chiesa Madre di San Donato.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


22<br />

Cenni storici<br />

Anticamente sul territorio sorsero tre centri fortificati: il Castrum<br />

Castellionis, il Castrum Apignani e il Castrum Sancti Georgi.<br />

Lo storico Igino Addari riferisce che la storia di Castiglione Messer<br />

Raimondo affonda le sue radici in epoca pre-romana. Il toponimo<br />

deriva dal latino Medioevale castellio-onis diminutivo di castellum,<br />

ossia piccolo castello ed equivale a fortezza, paese cinto di mura. Fin<br />

dal periodo italico Castiglione costituì un insediamento importante,<br />

edificato al confine tra il territorio Vestino e quello Pretuzio, per il<br />

controllo della vallata del fiume Fino.<br />

Antefissa a Depotes Theròn.<br />

Museo Nazionale di Chieti:<br />

vecchia ricostruzione del frontone<br />

di Colle San Giorgio.<br />

COLLE SAN GIORGIO<br />

SANTA MARIA - APPIGNANO<br />

indubbio, però, che la presenza dell’insediamento umano nel<br />

È territorio è antichissima ed attestata con continuità sino ai nostri<br />

giorni.<br />

Sul Colle San Giorgio esistono sia tracce di età preistorica che di età<br />

italico-romana (II secolo a.C.); nelle numerose frazioni vi sono resti di<br />

altre strutture di età imperiale, di chiese di età medievale con i rispettivi<br />

monasteri benedettini. Le origini, si ritiene, risalgano al periodo italico,<br />

all’epoca dell’insediamento dei Vestini sul colle San Giorgio. Ma punte<br />

di frecce rinvenute sulla medesima località testimoniano anche presenze<br />

umane del periodo neolitico.<br />

Le notizie più antiche quindi risalgono all’età neolitica, con il ritrovamento<br />

di raschiatoi e diverse punte di frecce in selce in località Colle<br />

S. Giorgio e presso il fiume Fino.<br />

Successivamente, dall’età del bronzo alla seconda età del ferro, sullo<br />

stesso colle è attestata una necropoli testimoniata da rinvenimenti fortuiti<br />

di tre cuspidi di freccia a peduncolo, un coltellino in selce ed altri<br />

materiali in bronzo; punte di lancia, una fibula ad arco semicircolare,<br />

una a navicella, un’armilla ed una coppa in bronzo.<br />

Altre necropoli dell’età del ferro sono segnalate: nella località Piane<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

23<br />

1956: la squadra degli operai di<br />

Castiglione Messer Raimondo sullo<br />

scavo di Colle San Giorgio.<br />

di Castiglione, con inumazione di un bambino (V sec. a.C.), dotata<br />

di un numeroso corredo ora conservato nella collezione Leopardi di<br />

Penne; nel territorio di Appignano, con sepoltura femminile (VI sec.<br />

a.C.) dotata di materiali bronzei andati dispersi nel tempo.<br />

Risale ad epoca italica il tempio di S. Giorgio (III e II sec. a.C.), eretto<br />

in legno su podio di pietra e rivestito di materiale fittile policromato;<br />

sono state rinvenute numerose terrecotte architettoniche che ornavano<br />

la struttura lignea di copertura del tempio e frammenti che decoravano<br />

il frontone. Delle strutture del tempio è ora impossibile leggere la<br />

pianta per la presenza di sovrastrutture murarie sorte sui resti forse di<br />

una chiesa romanica citata nel giugno 982 fra i possessi di Montecassino<br />

(Chron. Casin. II, 811) oppure di una costruzione medioevale,<br />

probabilmente una chiesa con annesso convento. Nelle vicinanze del<br />

tempio è stato recuperato e catalogato da Giovanni Leopardi materiale<br />

bronzeo: un disco con motivi ornamentali, tre grosse fibule, sei armille,<br />

tre monete, tre pendagli, molti anelli, oltre a catene, fibbie, ganci, ecc...;<br />

il tutto è oggi esposto in un unico pannello nella Sala Leopardi del<br />

Museo Civico-Diocesano di Penne. Non molti anni orsono, nel <strong>libro</strong><br />

del prof. Gabriele Iaculli “Il tempio italico di Colle San Giorgio”, si<br />

ipotizzava, sulla base di frammenti statuari, una diversa ricostruzione<br />

del timpano; questo non avrebbe il cavo frontale vuoto con antefisse<br />

sull’architrave, ma un complesso di figure con Giove seduto in trono<br />

al centro, circondato da divinità minori: Minerva, Giunone, Venere e<br />

Dioniso. Per Iaculli il materiale fittile sarebbe da riportare a “botteghe<br />

urbane neoattiche” operanti nella seconda metà del II sec. a.C. La<br />

parte recuperata dal Leopardi e il materiale relativo alla ricostruzione<br />

del frontone si trovano attualmente esposti nel Museo Archeologico<br />

Nazionale d’Abruzzo di Chieti.<br />

In epoca romana il territorio di Castiglione, compresa Appignano,<br />

venne a trovarsi a sud di quel diverticolo della via Caecilia che,<br />

provenendo da Berega (Montorio al Vomano) proseguiva verso Atri a<br />

Nord-Est e verso Penne a Sud. Quest’ultimo ramo, al di là del Fino,<br />

entrava in Castiglione per breve tratto.<br />

Reperti archeologici di epoca romana sono stati individuati anche<br />

a San Giorgio ed Appignano.<br />

Scavi 1956: i resti della chiesa visti<br />

da Nord.<br />

Probabile elemento di podio italico<br />

rinvenuto a Colle San Giorgio.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


24<br />

Lu Turrijone: resti di una torre<br />

medioevale, poi demolita, in<br />

località Borea Santa Maria.<br />

Cenni storici<br />

Avanzi di costruzioni romane in San Giorgio furono segnalati dal<br />

prof. Brizio nel suo sopralluogo dell’ottobre 1900 in compagnia del<br />

prof. Rosati. Fu scoperto un vasto pavimento a spica, di circa cinque<br />

metri per lato, il quale aveva nel mezzo una grande pietra di quasi un<br />

metro quadrato. Purtroppo, il Brizio non seppe o non poté indicare<br />

l’uso di questa pietra in quanto rimossa dal posto originario prima del<br />

suo arrivo.<br />

Altre strutture di edifici legati a fattorie romane di età imperiale sono<br />

state segnalate ad Appignano e nelle località di S. Salvatore e Borgo S.<br />

Maria.<br />

Ad Appignano, il cui nome indica il predio Aponianus dal romano<br />

Aponius o anche Apinius, furono rinvenuti nel passato resti di un abitato<br />

rustico romano e del relativo sepolcreto. Fra tombe sfatte dai contadini<br />

fu trovato nel 1900 un frammento di cippo calcareo con la scritta monca<br />

“SA\...\...APPI..”.<br />

Anche nella località S. Salvatore sono segnalati i resti di un piccolo<br />

insediamento rustico romano, che ha restituito ceramica comune decorata<br />

a pettine.<br />

La località Borea Santa Maria si trova sulla strada che, dal greto del<br />

torrente Petronico, affluente del Fino, conduce verso San Giorgio; essa<br />

prende il nome dall’antichissima chiesa di Santa Maria dello Spino (in<br />

vernacolo de lu Vregnalette), un tempo monastero benedettino maschile<br />

possesso di San Giovanni in Venere nel 1176 sotto il nome di Santa Maria<br />

in Luquiano, detta anche Locusano nel 1279. Il termine Lucusano ha<br />

fatto pensare ad un “Locus Jani” o “Locus Dianae”, cioè ad una località,<br />

ad un sito o ad un tempio sacro a Giano o Diana. Questa supposizione<br />

potrebbe essere avallata dalla presenza di un ritratto di bue o toro nella<br />

piccola acquasantiera all’ingresso della chiesa, ma potrebbe anche darsi<br />

che il bue o il toro sia il simbolo dell’Evangelista San Marco. All’interno<br />

della chiesa sono presenti un capitello corinzio in marmo bianco e lastre<br />

di pietra riutilizzate come altari. Fino a pochi decenni orsono vicino alla<br />

chiesa erano visibili i resti di una diruta torre medioevale, “lu Turrijone”,<br />

resti poi demoliti per la costruzione di una casa rurale.<br />

Della chiesa di Santa Maria de Luquiano abbiamo attestazioni nella<br />

Bolla di Alessandro III all’abate di San Giovanni in Venere (1176); da San<br />

Giovanni in Venere passò poi alle dipendenze di S. Maria di Montesanto<br />

e successivamente al patronato degli Acquaviva.<br />

In età medioevale il territorio è occupato dalle chiese di San Giorgio<br />

Collina e Santa Maria di Luquiano, affiancate dai rispettivi monasteri<br />

benedettini. Mentre di San Giorgio restano i soli ruderi, di Santa Maria<br />

è visibile la ristrutturazione dei sec. XIII-XIV. Oggi presenta una facciata<br />

semplice con campanile sulla destra e portale con arco a sesto acuto.<br />

Al tardo medioevo risale infine la chiesetta di San Donato, nel piano<br />

della Fiera, edificata nel XV secolo e ristrutturata nel secolo successivo;<br />

ad una sola navata, presentava all’interno una tela settecentesca trafugata,<br />

raffigurante la Vergine con San Biagio e San Nicola e, in basso, San<br />

Donato. Nella chiesetta c’era anche una statua lignea di San Donato che,<br />

nel passato, ai primi di agosto veniva portata in processione alla Chiesa<br />

Madre; poi, a fine mese, a conclusione dei festeggiamenti in onore del<br />

Santo, veniva ricollocata nella chiesetta al Piano.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

25<br />

Particolare del castello tratto dalla<br />

Statua lignea di San Donato.<br />

CASTIGLIONE PAESE<br />

Se l’insediamento umano nel territorio è antichissimo e continuo<br />

nei centri di Appignano e San Giorgio/Locusano, non altrettanto<br />

può dirsi per il centro urbano della stessa Castiglione, che è di<br />

fondazione altomedioevale, riconducibile all’organizzazione militare<br />

bizantina con i vari Castelliones diffusi fino in Calabria.<br />

Questi arroccamenti militari passarono poi ai Longobardi e quindi<br />

ai Franchi che ne tramandarono il toponimo.<br />

È facile che la nostra Castiglione abbia avuto una certa importanza<br />

militare, data la sua posizione sulla vallata del Fino, in coppia con<br />

Monte Secco, col quale costituì per molti secoli un’unica baronia in<br />

mano agli Acquaviva.<br />

Notizie sicure e documentate si hanno per Castiglione soltanto<br />

sotto i Normanni. Con l’avvento di questi e col costituirsi in Loreto<br />

(1071) della loro contea sul territorio di quella del conte longobardo<br />

di Penne, i Vescovi pennesi, in una posizione di accresciuta potenza,<br />

si trovarono in possesso di ben 11 castelli, tra i quali Castiglione,<br />

divenuta possesso del Monastero di San Bartolomeo nel 1109 ed<br />

ancora tale nel 1123.<br />

Nel 1169, Castiglione apparteneva al feudatario del re, Galgano<br />

di Collepietro, il quale possedeva anche Apignanum ed aveva 264<br />

abitanti contro i 123 dell’altro borgo.<br />

Nel 1176 la prima citazione di Santa Maria in Locuiano, quale<br />

monastero benedettino in possesso di S.Giovanni in Venere.<br />

Nel 1184 il Papa Lucio III riconosce San Michele de Apignano sotto<br />

Di Castijune s’armane ngandate


26<br />

Papa Lucio III.<br />

Stemma della Famiglia Acquaviva.<br />

Cenni storici<br />

la giurisdizione del monastero atriano di S. Giovanni in Cascianello,<br />

dipendente da San Quirico di Antrodoco.<br />

Nel 1195 Enrico VI donò i feudi a Rainaldo d’Acquaviva che aveva<br />

sposato Foresta, figlia di Leone; fu quest’ultimo, che con i suoi possessi<br />

era giunto “fino a toccare le mura di Atri”, il vero fondatore degli Stati di<br />

Acquaviva in Abruzzo. Notizie di Castiglione si hanno anche nel periodo<br />

Angioino (sec. XIII).<br />

Nel 1273, sotto Carlo I d’Angiò, appare un “Castellonium Domini<br />

Raonis” e questo Dominus Rao potrebbe essere quello che più tardi verrà<br />

chiamato Messer Raimondo.<br />

Nel 1283 il feudo di Arpiniano appartiene a Berardo e Brandisio che,<br />

forse, posseggono in parte anche Castiglione.<br />

Nel 1289 tutte le chiese di Appignano e cinque chiese di Castiglione<br />

risultano essere di proprietà degli Acquaviva.<br />

Agli inizi del Trecento riveste una certa importanza il monastero di<br />

“Santa Maria de Luquiano in Episcopatu Pennensi ed Adriensi”, che<br />

nel 1324 appare due volte nel registro delle decime. Dalle decime papali<br />

dello stesso anno apprendiamo che Castiglione aveva le seguenti chiese:<br />

S. Maria, S. Pelino, S. Felice, S. Martino, S. Nicola e S. Angelo.<br />

Nelle decime del 1328 vengono citati Don Perrone, archipresbitero<br />

di “Santa Maria de Castelione”, Don Bartolomeo, rettore della chiesa<br />

di “S. Michele de Apiniano” e l’abate Jacobo del monastero di “Santa<br />

Maria de Luquiano”.<br />

Nel 1361 signori di Appignano, Monte Secco e Bozza sono Raymundanus<br />

Candola e sua moglie Aloysia de Ansa. Nel periodo della guerra fra<br />

Angioini e Durazzeschi troviamo un signor Raimondazzo di Caldora che<br />

ha molte più probabilità del “domini Raonis” ad aver influito sul nome di<br />

Castiglione. La guerra appena citata aveva immiserito non poche località<br />

del Regno e tra queste le terre di Monte Secco e Castiglione che il Re,<br />

il 27 settembre 1399, esentò per 10 anni dal versamento di 10 once di<br />

carlini d’argento sulle generali sovvenzioni.<br />

Secolo XV<br />

Non riusciamo ad indicare a quali feudatari sia appartenuta Castiglione<br />

dagli inizi del 400; sappiamo però che nel 1417 appare<br />

nelle mani dirette della Corona.<br />

Notizie più precise riguardano il Castello di Appignano di cui è signore<br />

nel 1401 Giacomo di Adamo e nel 1411 uno dei feudatari è Masio Tile.<br />

Il 1417 è anno importante per Castiglione ed Appignano: il 2 ottobre,<br />

mediante due distinti atti di compravendita, il Castrum Castellionis ed il<br />

Castrum Appiniani entrano a far parte della Città di Penne.<br />

Nell’uno e nell’altro documento, la regina Giovanna II dichiara che,<br />

avendo bisogno di denaro per provvedere alla paga dei soldati e non volendo<br />

parimenti gravare sui suoi fedeli sudditi, aliena il Castrum Castellionis per<br />

il prezzo di ducati 1.200 di buon oro, di regolare conio e peso controllato,<br />

e il Castrum Appiniani al prezzo di 600 ducati. A comperare è l’Università<br />

di Penne, rappresentata dal suo procuratore (sindaco), il nobiluomo<br />

Francesco. I castelli di Castiglione e di Appignano vengono venduti con<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

quanto di loro stretta pertinenza e cioè: i fortilizi, gli uomini, i vassalli e<br />

i loro redditi, i censi, le servitù, le case, i vigneti, gli uliveti, i giardini, i<br />

pascoli, gli alberi, etc.. Negli atti, inoltre, vi sono anche i confini dei castelli<br />

acquistati. I due strumenti, sotto forma di privilegi, sono riportati<br />

nel Salconio, che ci informa anche che lo strumento pubblico redatto fu<br />

rogato il 4 settembre 1428 dal notaio Nicola Trisi.<br />

La signoria di Penne ebbe breve durata. In seguito alle ingiuste vessazioni<br />

che gli ufficiali regi compivano nei riguardi delle popolazioni dei castelli<br />

acquistati, la Regina riporta nel Demanio Regio (1420) Montesecco, Castiglione,<br />

Bozza e Casalieto e nomina come capitano di queste terre Jacopo<br />

Caldora. Costui successivamente, nel 1430, vendette a Giosia Acquaviva la<br />

“Baronia di Monte Secco”, comprendente Castrum Montis Sicci, Castrum<br />

Castiglioni, Castrum Boccie e Castrum Casalieti.<br />

La lotta per il possesso del regno fra Angioini e Durazzeschi prima e<br />

tra questi e gli Aragonesi poi, rende molto instabile il possesso dei castelli<br />

della “Baronia”, in cui è confluita anche “Pignano”, conquistata dal Giosia<br />

nel 1439.<br />

Nello stesso anno Appignano viene assalita e presa da Michele degli<br />

Attendoli per conto di Francesco Sforza. Lo stesso Michele pone poi il<br />

suo campo sotto Castiglione ed assedia Monte Secco che, però, non riesce<br />

ad espugnare.<br />

La presa di Appignano e la resistenza di Monte Secco sono tra i pochi<br />

episodi di guerra avvenuti nella vallata del Fino.<br />

Nel 1444 Giosia d’Acquaviva, in urto con Alfonso I d’Aragona, si<br />

ribella al Re e compie varie incursioni nel teramano; per questo motivo, il<br />

Re toglie al ribelle il Castello di Castiglione della Baronia di Monte Secco<br />

e lo conferisce con diploma di investitura a Pietro Paolo de Corvis, milite<br />

e dottore in legge, in virtù della sua fedeltà alla causa aragonese. Morto<br />

il Giosia (agosto 1462), il Re con privilegio del 27 settembre dello stesso<br />

anno, da Lucera conferisce con investitura gli stessi castelli a Giulio Antonio<br />

d’Acquaviva, figlio di Giosia.<br />

Per parecchi anni nominalmente Appignano, Castiglione, Montesecco,<br />

Bozza, San Giorgio, etc. … rimasero agli Acquaviva.<br />

Quando il 7 febbraio 1481 morì Giulio Antonio, Re Ferrante I concesse<br />

a suo figlio Andrea Matteo III tutti gli Stati ereditati per parte paterna e<br />

materna, tra cui troviamo Castiglione, Appignano, Montesecco, Bozza,<br />

Bisenti, Elice, etc..<br />

Ma Andrea Matteo andò in contrasto col Re e si accostò ai baroni ribelli<br />

nella congiura contro il sovrano. Le terre della baronia sono di nuovo in<br />

mezzo alla guerra.<br />

Il 13 marzo 1486, Ferrante I tolse ad Andrea Matteo il Castrum Castigliunii,<br />

Il Castrum Monti Sicci, il Castrum Appignani, il Castrum Bisempti<br />

ed il Castrum Castaneae e li donò alla Civita di Penne.<br />

Il 15 maggio 1489 Andrea Matteo fu reintegrato in tutti i suoi Stati e<br />

così Castiglione tornò a far parte della sua Baronia.<br />

Quando Carlo VIII alla fine del 1495 invase il Regno di Napoli, Andrea<br />

Matteo III, astioso verso gli Aragonesi, si schierò dalla sua parte. Ma allorché<br />

Ferrante II recuperò il Regno, il Duca di Atri, dichiarato ribelle, perse tutti<br />

i possedimenti; successivamente gli furono restituiti da Re Federico solo i<br />

possedimenti di Calabria e Puglia.<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

Jacopo Caldora.<br />

Alfonso I D’Aragona detto il<br />

Magnanimo.<br />

27


28<br />

Cenni storici<br />

Una curiosità: secondo il Greco, pare che Andrea Matteo III, amante<br />

dell’arte e delle lettere e che aveva sotto il suo patronato ben cinque<br />

chiese di Castiglione, agli inizi del 500 sia stato il committente di una<br />

croce processionale, cesellata dall’orafo Piero Santi, attualmente esposta<br />

nella chiesa di San Donato di Castiglione Messer Raimondo. La croce,<br />

restaurata nel ’700, mostra danni e manca di sfere traforate, di globi e<br />

di un tamburello.<br />

Giulio Antonio D’Acquaviva.<br />

Secolo XVI<br />

Torniamo al Regno di Napoli che viene invaso e spartito tra<br />

Spagnoli e Francesi.<br />

Scoppiata la guerra fra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, il Duca<br />

di Atri fu ferito e preso prigioniero dagli Spagnoli; stipulata la pace<br />

con il trattato di Blois (ottobre 1505), Matteo riebbe la libertà e il Re<br />

Cattolico gli restituì il 20 novembre 1506 Castiglione, Appignano,<br />

Cellino, Montesecco e Bisenti, possedimenti confermati (28 luglio<br />

1516) dal nuovo sovrano Carlo V e da sua madre Giovanna.<br />

2 aprile 1517: un ignoto artista dipinge un affresco raffigurante S.<br />

Lucia nella chiesetta omonima (la data è ancora visibile sotto l’altare).<br />

Andrea Matteo III nel governo dei suoi Stati veniva coadiuvato dal<br />

figlio Giovan Francesco Acquaviva, marchese di Bitonto, il quale il 21<br />

aprile 1526 concesse all’Università di Castiglione uno Statuto con il quale<br />

regolare le cause civili: i Capitoli Castiglionesi furono redatti dal notaio<br />

Nicola Petrei, sulla base di quelli emanati qualche anno prima ad Atri.<br />

Nei capitoli viene sancito che il Duca può decidere le cause penali e civili,<br />

sia in primo che in secondo grado, comminando anche la pena di morte<br />

(jus sanguinis). Ha altresì il potere di concedere la grazia e di ridurre la<br />

pena. Altre regole importanti riguardano l’organizzazione, la tutela dei<br />

beni e le pene previste per i reati alle persone e alle cose.<br />

Nel 1528 il Duca, da tempo in mano agli usurai ed immiserito dal<br />

costo delle milizie che aveva, vendette Castiglione a Giancarlo Brancaccio<br />

poco prima di perdere tutti i suoi Stati e di morire (29 gennaio 1529).<br />

Giancarlo Brancaccio il 20 maggio 1530, come Signore di Castiglione,<br />

accetta ed approva lo Statuto e le ordinazioni rilasciate all’Università<br />

dal Marchese di Bitonto.<br />

Il 26 dicembre dello stesso anno si riunisce nella casa della Comunità<br />

di Castiglione il Consiglio Generale, alla presenza del Capitano Baldassarre<br />

di Cello di Montesecco, e viene eletto il Reggimento “cinque<br />

per cinque” che governerà per quattro mesi, con l’aiuto di due massari<br />

esecutori e del Camerlengo.<br />

In questo periodo Castiglione conta circa 500 abitanti mentre Appignano<br />

182.<br />

Giancarlo Brancaccio non ebbe vita facile nel suo possesso di Castiglione<br />

che era uno dei feudi per i quali gli Acquaviva erano indebitati.<br />

Nel 1545 Castiglione registra un lieve incremento demografico<br />

passando a 583 abitanti.<br />

Qualche anno dopo il Brancaccio, lamentandosi per gli abusi commessi<br />

da Giovan Antonio Acquaviva, secondogenito di Andrea Matteo<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

29<br />

che pretendeva quello che il Brancaccio aveva già pagato, rivendette<br />

Castiglione al Duca di Atri.<br />

Nel 1561 Castiglione registra 610 abitanti mentre Appignano ne<br />

conta 237.<br />

A partire dal 1567, per più di un decennio, Castiglione non fu sotto<br />

il governo degli Acquaviva: in questo anno per privilegio di Filippo<br />

II, Re delle Due Sicilie, Agostino Scorpione fu dichiarato barone di<br />

Villamagna e di Castiglione Messer Raimondo.<br />

Stampa del 1590 in cui è visibile<br />

la conformazione territoriale della<br />

Provincia di Teramo con i paesi<br />

allora esistenti. Questa stampa è<br />

attribuita al cartografo Abraham<br />

Ortelius nato ad Anversa (Belgio)<br />

il 14 aprile 1528, e sembra fosse<br />

stata commissionata da Papa<br />

Bonifacio VII.<br />

Particolare della Stampa del 1590<br />

con i paesi della Valle del Sino (oggi<br />

Fino).<br />

Di Castijune s’armane ngandate


30<br />

Cenni storici<br />

Nel 1575 signore di Castiglione è Gregorio Scorpione che invita il<br />

predicatore domenicano Serafino Razzi del convento di Penne a fondare<br />

una confraternita nel suo feudo.<br />

Il Razzi parte a cavallo il 29 gennaio dopo il Vespro, con una guida<br />

percorre cinque miglia e giunge in serata a destinazione. L’indomani,<br />

celebrata la Messa, fonda la “Compagnia del Santissimo Nome di Dio”<br />

e il giorno dopo predica ancora al Vespro, facendo alquanto rifiorire la<br />

devozione per il Santissimo Rosario.<br />

Frutto di questa visita è la fondazione di un’altra confraternita due<br />

anni dopo, l’8 maggio 1577 nella Chiesa di San Nicola (ora S. Donato).<br />

Fabrizio Fabbri, dell’Ordine dei Predicatori, istituisce la confraternita<br />

del Rosario con l’obbligo di celebrare la festa del SS. Rosario<br />

tutti gli anni la prima domenica di ottobre per ricordare la battaglia<br />

di Lepanto (1571).<br />

Nel 1580 Castiglione con molta probabilità è di nuovo in mano<br />

agli Acquaviva; nel 1586 Appignano fu venduta dal consigliere regio<br />

Antonio Lanario a Brunone Benvenuti.<br />

Gli ultimi anni del 500 prende corpo il fenomeno del brigantaggio.<br />

Uno dei maggiori esponenti era il bandito Marco Sciarra, detto “Il<br />

re della campagna”, uomo crudele e generoso, finito al soldo di Venezia<br />

che lo utilizzò contro gli Slavi. Molto conosciuto e temuto anche nel<br />

territorio di Castiglione. Morì intorno al 1595, scannato nel sonno<br />

dal suo amico Battistella.<br />

Da notare come in questi anni, forse connesso al fenomeno del<br />

brigantaggio, si registri un certo decremento demografico: Castiglione<br />

conta 583 abitanti ed Appignano 192.<br />

Nel 1597 Castiglione, con Montesecco e Bisenti, ritorna in possesso<br />

degli Acquaviva: Giosia, figlio del defunto Alberto, riottiene il feudo<br />

pagando al Sovrano un donativo, detto “relevio”, corrispondente alla<br />

metà delle “entrate”.<br />

Stampa raffigurante il bandito<br />

Marco Sciarra che cattura Torquato<br />

Tasso (Wikipedia).<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

Secolo XVII<br />

I<br />

l 600 appare privo di episodi significativi per Castiglione ed Appignano.<br />

I due centri, come tutti gli altri feudi della baronia, sono<br />

continuamente sul bando di vendita degli Acquaviva, cui puntualmente<br />

ritornano ad ogni scadenza di fitto pluriennale.<br />

Nel 1607 Castiglione è acquistata per 4.000 ducati da tale dott.<br />

Giordano.<br />

Nel 1617 Appignano è in mano di Cesare de Scorpionibus.<br />

Tra il 1622 ed il 1625 Castiglione è venduta da Mons. Giuseppe<br />

Acquaviva a Diana di Capua, duchessa di Laurenzano.<br />

Mario e Carlo Pansa confermano che nel 1623 “Castiglione di Ramondazzo”<br />

ha chiesa parrocchiale con pulpito e battistero intitolata a<br />

S. Nicola e retta da un arciprete, oltre alla chiesina di S. Antonio ed<br />

un hospitiolo per i poveri, che nel suo territorio ha la “Abbatia di S.<br />

Maria ad Loquianum” detta altrimenti “ad Locum Iani”, che S. Giorgio<br />

Castello è diruto, che Appignano ha la chiesa parrocchiale di S. Pietro<br />

con titolo di Prepositura, con pulpito e battistero, oltre alla chiesa di<br />

S. Maria ed al monastero dei Frati Conventuali di San Francesco fuori<br />

delle mura.<br />

Il 28 luglio 1633 Castiglione, con le terre di Notaresco e Cantalupo,<br />

è venduta per il prezzo di 16.024 ducati da Mons. Acquaviva, vescovo<br />

di Tebe, alla Duchessa Diana di Capua; la vendita, con assenso regio, fu<br />

fatta per sette anni. Allo scadere del settennio la duchessa Diana deve<br />

aver avuto la conferma dei feudi acquistati in quanto il 30 marzo 1641<br />

li subaffitta per procura a Francesco Concublet, marchese d’Arena.<br />

Nel 1648 la popolazione di Castiglione è aumentata ad 830 abitanti,<br />

mentre quella di Appignano è stazionaria a 192 unità.<br />

Alla morte del duca Francesco I d’Acquaviva, il figlio Giosia il 20<br />

giugno 1650 chiede l’investitura dei feudi, dei quali precisa le entrate.<br />

La richiesta del duca denuncia un errore: le terre di Castiglione e Notaresco<br />

non erano appartenenti al padre Francesco bensì alla madre, la<br />

duchessa di Concublet, malgrado le terre in questione venissero sempre<br />

incluse nello Stato di Atri da quanti erano interessati ad ereditarle.<br />

In questo marasma di fitto e subaffitto, è certo che il 16 novembre<br />

1651 la duchessa di Laurenzano, Diana di Capua, vende per procura,<br />

con regio assenso, alla duchessa di Atri Anna Maria Concublet le terre<br />

di Castiglione, Notaresco e il feudo di Cantalupo.<br />

In questo periodo si verifica in Appignano una crisi demografica<br />

che influenza di riflesso l’esistenza del suo convento francescano. Il<br />

15 ottobre 1652 papa Innocenzo X ordina con bolla di sopprimere<br />

in Italia i piccoli conventi; chiude i battenti per sempre Santa Maria<br />

Lauretana di Appignano, tenuta dai Conventuali ed appartenente alla<br />

Custodia Atriana.<br />

Nel 1656 scoppia a Castiglione una pestilenza, che fa diminuire il<br />

numero degli abitanti da 830 a 654, mentre in Appignano, feudo di<br />

Giovanni de Scorpionibus, ce ne sono 231.<br />

Un ricordo della peste è la grande tela della Madonna dei Sette<br />

Dolori con S. Giuseppe, S. Rocco ed altro Santo commissionata dalla<br />

31<br />

Di Castijune s’armane ngandate


32<br />

Cenni storici<br />

popolazione come ringraziamento per lo scampato flagello e forse<br />

posta originariamente nella chiesa di S. Rocco. Gli ultimi decenni del<br />

secolo non mostrano particolare interesse, se non per il fenomeno del<br />

banditismo.<br />

A tale proposito, vale ricordare un episodio avvenuto ad Appignano.<br />

Il caporale Ciccotto di Cortino, fuggito fin dal 1678 dalla guerra<br />

di Messina, tornando ad Appignano dove ha una figlia sposata, cade<br />

nelle mani del capobanda Titta Colaranieri e viene decapitato il 7<br />

gennaio 1683. La sua testa viene inviata al Preside di Chieti, Antonio<br />

Minutello.<br />

Secolo XVIII<br />

N<br />

el settecento in Appignano agli Scorpione subentrano i Castiglione.<br />

Sotto Nicolantonio Castiglione, nel 1712, viene rifatto il catasto:<br />

dopo il parere favorevole della Regia Camera, il Governatore di “Aprigliano”<br />

procede alla “confettione del nuovo e general catasto”. Il 16<br />

febbraio 1713, l’Università della Terra di Appignano, tramite i suoi<br />

massari, compare davanti al governatore Nicola Baroni presentando<br />

la documentazione necessaria affinché proceda alla compilazione del<br />

nuovo catasto. La richiesta è accolta e sottoscritta lo stesso giorno.<br />

Il volume, composto da Nicola Baroni, regio apprezzatore nativo di<br />

Bisenti, catastiere e governatore della Terra di Appignano, è composto<br />

di 70 carte, non tutte vergate nel dritto e nel rovescio, e bianche le<br />

ultime (68-69-70).<br />

Quanto a Castiglione, sembra che il feudo sia rimasto per molti<br />

anni sempre in possesso delle stesse famiglie.<br />

Nel 1722 era di Nicola Gaetano d’Aragona, aquilano, duca di Laurenzano,<br />

il quale nel settembre dello stesso anno restituisce, con assenso<br />

regio, Castiglione, Notaresco e il feudo di Cantalupo al duca di Atri,<br />

Domenico Acquaviva.<br />

A Domenico succede nel 1745 Ridolfo.<br />

Costui aveva sposato Laura Salviati, molto più giovane di lui e, con<br />

assenso regio, le fece una donazione di 5.000 ducati annui da doversi<br />

percepire a partire dal giorno della sua morte. Pertanto le concede la<br />

tenuta dei feudi di Atri, Cellino, Bisenti, Montesecco e Castiglione,<br />

con tutte le rendite ed entrate feudali.<br />

Il Ridolfo morì nel 1755 ed i suoi Stati passarono alla sorella Isabella.<br />

Fu proprio durante il dominio di questa duchessa (1756) che il<br />

Sindaco di Castiglione affidò il vecchio <strong>libro</strong> dei Capitoli al notaio<br />

Marucci per la trascrizione. Lo Statuto Castiglionese era ancora in<br />

vigore ma troppo in cattivo stato per poterlo consultare.<br />

Nel 1757 morì la duchessa Isabella e il ramo Acquaviva in Atri si<br />

estinse. Nel 1760 con il sequestro della eredità della Duchessa Isabella<br />

Acquaviva D’Aragona Strozzi, il Distretto di Castiglione e Montesecco<br />

viene devoluto alla Regia Corte e Gaspare Antonio Perazza, di Città<br />

Sant’Angelo, ne viene nominato Governatore.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

Non vi furono novità di sorta, le condizioni non mutarono, persistendo<br />

tutte le obbligazioni feudali imposte dagli Acquaviva. Rimasero<br />

anche i Capitoli Castiglionesi, il cui <strong>libro</strong> ricopiato fu autenticato<br />

dal notaio Marucci di Castiglione nel 1759. Poiché mancavano alcuni<br />

fogli nell’originale esibito dal Sindaco Giuseppe Tranquilli, si era<br />

proceduto tre anni prima alla integrazione sulla base dello Statuto<br />

di Atri concesso da Andrea Matteo III.<br />

In questo periodo si parla di una nuova chiesa parrocchiale a Castiglione.<br />

All’inizio dei lavori funzionava senz’altro da parrocchia la<br />

chiesa di S. Rocco.<br />

Dove sorse la nuova chiesa? Secondo alcuni “sul posto dell’antico<br />

castello caduto in rovina”; secondo altri i muri perimetrali della<br />

nuova costruzione sarebbero stati eretti ex-novo e non poggerebbero<br />

su quelli del presunto castello, in quanto non si ha certezza che sia<br />

effettivamente esistito. Del resto il Razzi, che nel 500 visitò il paese,<br />

non menzionò mai il castello.<br />

Comunque, la costruzione della nuova chiesa andrà per le lunghe:<br />

vi sono pause, cambi di progetto, riprese di lavori, ritardi nella consegna<br />

dei materiali. Per vedere completata l’opera bisogna aspettare<br />

il secolo successivo. Secondo il Lupinetti, i lavori furono terminati<br />

nel 1867.<br />

Verso il 1790 da segnalare un curioso avvenimento: il Re di Napoli<br />

Ferdinando IV manda i disegnatori regi Antonio Berotti e Stefano<br />

Santucci a Castiglione per ritrarre i costumi del posto, che si distinguono<br />

per la loro originalità. Eseguito il disegno ad una coppia di<br />

giovani, questo viene subito spedito a Napoli per essere impresso nelle<br />

porcellane di Capodimonte e poi essere inciso su rame. Dei costumi<br />

esistono diverse copie sia a colori che in bianco e nero.<br />

Nel 1797 Castiglione è definita terra regia, su collina “di buona<br />

aria atta alla semina ed ai vigneti”; i suoi 2.060 abitanti sono dediti<br />

all’agricoltura ed alla pastorizia.<br />

Appignano conta 500 abitanti ed è ancora in potere ai Castiglione;<br />

nel 1798 ne è baronessa D. Maddalena del casato pennese.<br />

Siamo ormai alla fine del XVIII secolo ed incominciano a diffondersi<br />

le magiche parole “Liberté, Egalité, Fraternité” che, sulle orme<br />

delle truppe napoleoniche, arrivano anche nella nostra penisola e nei<br />

nostri territori.<br />

Il 26 novembre 1798 Castiglione, come altri centri del teramano,<br />

temendo di essere invasa dai francesi, avvisa del pericolo i Presidi di<br />

Teramo e Chieti.<br />

Le truppe francesi prendono Civitella del Tronto, si dirigono verso<br />

Atri e poi Pescara al comando del generale Dufresne, mentre il<br />

generale Rusca conquista Penne.<br />

L’occupazione francese provocò un vasto movimento di resistenza<br />

borbonica che si appoggiò anche a bande di briganti e ladroni di ogni<br />

risma. Ma Ferdinando IV, aiutato dal Pontefice e da Nelson, recuperò<br />

ben presto il trono.<br />

Nel 1799 il Generale francese Contarde, attraversa il territorio di<br />

Castiglione con le sue truppe dirette a Teramo. Il 28 aprile i francesi<br />

abbandonano improvvisamente Teramo. Il 1° maggio un gruppo di<br />

Incisioni di costumi tradizionali<br />

<strong>castiglione</strong>si.<br />

33<br />

Di Castijune s’armane ngandate


34<br />

Cenni storici<br />

soldati, fra cui Antonio Pichinelli della Terra di Castiglione, entra in<br />

Teramo e “riconquista la città”. Pare che il Pichinelli avesse la funzione<br />

di direttore e consultore di truppa.<br />

Secolo XIX<br />

N<br />

el 1803 dal 3 al 18 marzo vennero trovate morte 6 persone,<br />

in tutto l’anno 15. Il dodici dicembre si registrò un forte<br />

terremoto nella zona.<br />

Nel 1804 ancora una volta Castiglione viene affittata per nove anni<br />

al magnifico Luigi Sabatini di Atri per 1.500 ducati e 77 tarì annui.<br />

È interessante notare come nel Dizionario Topografico di Luigi<br />

Ercole, pubblicato nello stesso anno (1804), Castiglione Messer<br />

Raimondo venga definita “una delle più ricche università del Regno,<br />

posta al fianco di disastrosa collina a sinistra (!) del fiume Fino… L’aria<br />

vi è buona e il territorio è assai fertile, specialmente in vino e olio”.<br />

È sotto il Ripartimento di Bisenti, come terra regia, con la contrada<br />

di S. Giorgio e masserie di 2.075 anime.<br />

Appignano è terra baronale del Terzo Ripartimento ed ha 553<br />

anime; il suo comune viene soppresso due anni dopo (1806) e con<br />

Bacucco (Arsita) viene aggregato a Bisenti.<br />

Col ritorno dei francesi (1806), si riapre la piaga del banditismo,<br />

che opera col pretesto dell’amor di patria e che genera una inesorabile<br />

repressione.<br />

Il 22 aprile 1807 Castiglione viene assalita da una quarantina<br />

di banditi che portano via salami, galline ed altre provviste e poi si<br />

dirigono verso Bisenti.<br />

Il 1° luglio dello stesso anno giunge di nuovo a Castiglione una<br />

colonna di banditi che, sotto gli occhi dello Sciabolone, ammazzano<br />

tre persone: Enrico Pizzichelli, nativo di Castiglione, Tommaso Frattaroli<br />

e Antonio di Giovan di Vito, entrambi di Farindola.<br />

Il 15 settembre 1807 presso Penne c’è uno scontro armato fra le<br />

truppe regie e i briganti, che si ritirano in fuga a Castiglione.<br />

L’anno successivo (1808), il 15 gennaio vengono impiccati Vincenzo<br />

Lepre e Nicola D’Innocenzo, entrambi <strong>castiglione</strong>si; il 6 febbraio<br />

in Appignano sono impiccati Luigi Di Giosia e Gesualdo Di<br />

Domenicantonio, entrambi di Appignano.<br />

Il 1° aprile Giuseppangelo Ventura, bandito di Castiglione, viene<br />

fucilato a Penne. Il 30 aprile muore fucilato sempre a Penne Vincenzo<br />

Calandra, pure di Castiglione. Il 4 giugno a Farindola è ucciso dai<br />

soldati francesi Filippi Martini Luciano di Castiglione.<br />

Ancora nel 1810 vengono commessi furti ed eccessi dalla banda<br />

dei fratelli Venanzio e Matteo Sciabolone e da quella del Ciccone.<br />

In questi anni, però, si assiste piano piano ad un mutamento importante:<br />

le idee che spingono alla resistenza sono mutate e la lotta<br />

non è più contro i francesi ed a favore dei Borboni, bensì a sostegno<br />

di nuovi ideali di libertà e di repubblica che vengono diffusi dalla<br />

Carboneria.<br />

Nell’ottocento, prima nel periodo francese e poi sotto la restaura-<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

zione borbonica, Castiglione è uno dei centri dove la Carboneria è più<br />

attiva e Domenicantonio Toro è a capo dei cospiratori insieme con<br />

altri carbonari di Castiglione: Battistoni Nicola, Luciani Domenico,<br />

Persio Pasquale, De Paulis Michele, Luciani Martino, Luciani Serafino,<br />

Manna Alberto, Moschetta Nicola, Piccirilli Giovanni, Piccirilli Pietro,<br />

Simoni Francesco e Simoni Domenico.<br />

Nel 1814, periodo di dominazione francese, il Toro viene catturato<br />

e condannato a morte, ma nel 1815, con la restaurazione ed il ritorno<br />

dei Borboni al trono, ottiene la grazia. Continuerà a lottare per l’unità<br />

d’Italia partecipando ai moti insurrezionali del 1848 e morirà il<br />

12 febbraio 1865, alla bella età di 98 anni, dopo aver visto realizzati<br />

i suoi ideali.<br />

Nello stesso anno il 17 aprile Florestano Pepe invia nel paese una<br />

compagnia di soldati.<br />

Nel 1815 il due febbraio, di notte, venne ucciso in casa da ignoti<br />

ladroni, Giuseppe Fanini.<br />

Il 1817 è definito “l’anno della fame”: in Castiglione muoiono 281<br />

persone, mentre l’anno prima i morti erano stati 115. Ancor prima<br />

dal 1813 al 1815 la mortalità annuale si era mantenuta sulla media<br />

di 68 unità.<br />

Proseguono i lavori per la costruzione della nuova chiesa in mezzo<br />

a difficoltà di vario genere, fino alla completa ultimazione (1867).<br />

Negli anni ’40 da ricordare un avvenimento di straordinaria importanza<br />

per Castiglione: il 18 maggio 1843 viene estratto dalla catacomba<br />

di S. Ciriaca a Roma il corpo di S. Donato Martire, che viene consegnato<br />

il 22 luglio dal Cardinale Patrizi a Don Antonio De Filippis,<br />

arciprete di Castiglione Messer Raimondo, con un preteso certificato<br />

di autentica.<br />

La chiesa di S. Rocco viene abbandonata nel 1867 quando giunge<br />

a completamento la costruzione della nuova chiesa; successivamente,<br />

divenuta pericolante, viene abbattuta e la zona cimiteriale circostante<br />

viene bonificata.<br />

Oggi al posto della chiesa di S. Rocco sorge la Scuola Elementare<br />

intitolata al Gran Maestro della Carboneria Domenicantonio Toro;<br />

incendiata dalle truppe tedesche in ritirata durante la II guerra mondiale,<br />

è stata successivamente riedificata. Dopo la spedizione garibaldina<br />

(1860), ci si avvia a grandi passi verso l’unificazione nazionale mediante<br />

i plebisciti: il 21 ottobre 1860 viene sancita l’annessione al Piemonte<br />

del Regno delle Due Sicilie e, quindi, anche l’Abruzzo entra a far parte<br />

del nuovo ordinamento nazionale. La transizione politica avviene in<br />

modo alquanto traumatico: gran parte della popolazione era rimasta<br />

fedele alla monarchia borbonica, pochi aderirono con entusiasmo alle<br />

vicende garibaldine ed accettarono il nuovo governo piemontese. Ancor<br />

prima che le truppe piemontesi passassero il Tronto, i reazionari borbonici<br />

cominciarono ad operare e molti si illudevano sul prossimo ritorno di<br />

Francesco II.<br />

Anche nei piccoli centri era rimasto questo attaccamento alla dinastia<br />

borbonica. Un episodio emblematico: il 26 dicembre 1860, a Castiglione<br />

Messer Raimondo il capitano della Guardia Nazionale Don Clemente De<br />

Dominicis procedeva all’arresto del reazionario Filippo D’Innocenzo che,<br />

35<br />

Di Castijune s’armane ngandate


36<br />

Cenni storici<br />

salito sulla scalinata di Camillo Bardari, con un coltello da porchettaio,<br />

teneva a bada le guardie nazionali Vincenzo Di Gennaro, Francescantonio<br />

Pantaleone, Saverio Schiazza e Don Giuseppe Giuliani, gridando “Viva<br />

Francesco II che ci ha dato la libertà !”.<br />

Dopo la conquista dell’Italia Meridionale da parte dei garibaldini e delle<br />

truppe piemontesi, si sviluppò nuovamente il fenomeno del brigantaggio<br />

che si affermò soprattutto nelle campagne, tra la povera gente e tra i disperati<br />

che venivano finanziati da baroni locali e dai filo borbonici.<br />

Nella sola provincia di Teramo, fra il 1860 e il 1870 operarono circa<br />

3.000 briganti ed una trentina di bande.<br />

Il 2 novembre 1860 il governatore di Teramo, Pasquale De Virgilii,<br />

d’intesa con il maggiore generale piemontese Ferdinando Pinelli, proclamava<br />

lo stato di assedio in tutti i comuni della provincia con il disarmo<br />

della popolazione e l’istituzione dei consigli di guerra per il disbrigo dei<br />

processi sommari.<br />

Anche Castiglione, con il suo territorio, fu teatro di scorrerie brigantesche<br />

e la popolazione ne rimase a lungo intimorita.<br />

In questo periodo caratterizzato dalle guerre risorgimentali e dalla recrudescenza<br />

del fenomeno del brigantaggio, mentre volge al termine la<br />

nobile esistenza del Toro, appare a Castiglione un personaggio che, per il<br />

grande amore verso il paese e soprattutto verso le classi più umili e bisognose,<br />

merita di essere ricordato: Michele Candelori, medico ed igienista.<br />

Allo scoppio della Grande Guerra, molti <strong>castiglione</strong>si rispondono alla<br />

chiamata della patria, lasciano le loro famiglie, accorrono al fronte e si<br />

battono eroicamente contro gli austriaci, a costo di enormi sacrifici ed a<br />

volte con la perdita della vita.<br />

Non mancano atti di eroismo, numerosi sono i decorati al valore e<br />

tra essi va menzionato il colonnello Gennaro Pensieri per il glorioso fatto<br />

d’arme dell’agosto 1917 che gli meritò l’appellativo di “eroe di Korite-Selo”.<br />

Per onorare la memoria dei fratelli <strong>castiglione</strong>si caduti sul campo di<br />

battaglia e, in particolare, quella dell’eroe di Korite-Selo, su iniziativa del<br />

giovane ed attivo podestà Moschetta, nel 1934 viene eretta nel Parco delle<br />

Rimembranze una cappella votiva con la Madonnina del Grappa, che reca<br />

la famosa scritta “Posuerunt me custodem”.<br />

Non si può, infine, dimenticare che molti <strong>castiglione</strong>si hanno partecipato<br />

alla conquista dell’Etiopia (1935-36), alla spedizione italiana in<br />

Spagna (1936-39) ed all’ultimo conflitto mondiale (1940-45), mostrando<br />

sempre alto senso patriottico e recando un contributo non indifferente ai<br />

destini dell’Italia.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

LA CHIESA PARROCCHIALE<br />

DI SAN DONATO<br />

Non passa certo inosservata, sembra dominare la valle con la sua<br />

maestosità. Progettata sul finire del secolo XVII fu ultimata dopo<br />

una lunga serie di traversie, tra la metà del XVIII e l’inizio del XIX secolo.<br />

Svetta sul colle ricostruita forse sulle rovine di un preesistente castello.<br />

Precedentemente intitolata a San Nicola da Bari, dall’11 ottobre del 1999,<br />

con decreto del Ministro dell’Interno del tempo, Rosa Russo Jervolino,<br />

viene dedicata a San Donato Martire, protettore di Castiglione.<br />

La Chiesa Madre, sviluppata su due livelli interamente in laterizio,<br />

osservata dall’ingresso del paese, appare una costruzione imponente.<br />

La facciata, di recente restaurata insieme al tetto, coronata da timpano<br />

centrale, è scandita da lesene e cornici, dominata dal timpano semicircolare<br />

sorretto da semi colonne che incorniciano e sovrastano il portale.<br />

L’interno di assetto decorativo ottocentesco è a croce latina con cupola<br />

all’incrocio dei bracci e abside semicircolare.<br />

La chiesa, in una Cappella laterale, custodisce le spoglie di San Donato<br />

Martire. Il Santo, come citato, venne “donato” al nostro paese nel luglio<br />

Facciata della Chiesa di San<br />

Donato Martire.<br />

37<br />

Interno della Chiesa di San Donato.<br />

Volta della Cappella di San Donato.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


38<br />

Un particolare della Cappella di<br />

San Donato.<br />

Cenni storici<br />

1843. San Donato fu un soldato delle milizie imperiali che diede la vita<br />

per la fede in Cristo.<br />

Grande la devozione dei <strong>castiglione</strong>si verso il loro protettore, che viene<br />

ricordato e venerato nei giorni 6-7 agosto con una solenne processione<br />

per le vie del paese: momento atteso e desiderato da tutti.<br />

Si tramanda che chi riceveva un miracolo offrisse al Santo, in segno di<br />

riconoscenza, grano e cera corrispondenti al peso corporeo del miracolato.<br />

La cappella del Santo fu realizzata nel 1893 dall’ ing. Rosati e dipinta<br />

da Sigismondo Martini, entrambi artisti della scuola d’arte di Penne. Molto<br />

suggestivo il quadro della volta che raffigura il Martire in ginocchio,<br />

che contempla il cielo, mentre un angelo gli mostra una croce, simbolo<br />

della fede, nella cornice di monumenti della Roma Imperiale.<br />

L’altare della cappella, opera dell’artista Angelo De Vico, realizzato<br />

in pietra e stucchi, ha una conformazione lineare; sul ripiano del medesimo<br />

viene gelosamente conservata l’urna del Santo. Gli ornati di ferro<br />

battuto, che delimitano la cappella sono opera del maestro Raffaele Di<br />

Nino di Penne.<br />

Degne di nota le due cicogne-portalampade, lavoro del maestro del<br />

ferro Elia Schiappa, <strong>castiglione</strong>se. Sulle pareti della cappella figurano<br />

ancora diversi ex voto.<br />

Sopra l’ingresso della chiesa è posto un organo a canne datato 1765,<br />

ristrutturato negli anni novanta.<br />

Nel piano inferiore c’è la Chiesa della Confraternita della Congrega,<br />

con la cappella che conserva una tela seicentesca raffigurante l’Addolorata<br />

e San Rocco. Inoltre vi si trova una statua lignea dello stesso San Rocco<br />

che reca in mano il castello di Castiglione: opera realizzata in stile barocco,<br />

forse da un artista locale, proveniente dalla ex chiesa a lui intitolata.<br />

Croce processionale di Castiglione<br />

Messer Raimondo.<br />

LA CROCE PROCESSIONALE<br />

DI CASTIGLIONE Messer Raimondo<br />

L<br />

’interno della chiesa, già restaurato dalla Sovrintendenza di L’Aquila<br />

nel 1987 una prima volta e successivamente anni addietro,<br />

ospita una bacheca in cristallo, entro la quale è custodita la Croce Processionale<br />

attribuita a P. Santi, orafo di Teramo. Nella impostazione strutturale<br />

dei bracci terminanti in triboli, ornati lungo il profilo da sferule<br />

lisce e traforate e da cilindretti con decorazioni vegetali in lamine di rame<br />

dorato, spiccano le figure di San Nicola vescovo e quella di Cristo dalle<br />

braccia distese e pendenti dalla croce, con il capo incassato nel robusto<br />

ventre. Mostra un’attenzione alla produzione guardiese che permette di<br />

proporre una datazione più circoscritta alla prima metà del XVI secolo.<br />

Negli anni novanta del secolo scorso, la croce fu trafugata e successivamente<br />

recuperata dal reparto operativo del Comando Provinciale dei<br />

Carabinieri, in collaborazione con la stazione dei Carabinieri di Bisenti<br />

comandati dal Maresciallo Costantino Cirillo, insignito per meriti della<br />

cittadinanza onoraria del Comune di Castiglione M. Raimondo.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

LA FESTA DI SAN DONATO MARTIRE<br />

39<br />

Ancora oggi i festeggiamenti in onore del Santo Patrono sono un<br />

richiamo per una moltitudine di fedeli, anche se non si assiste più alla<br />

calca di un tempo, quando le compagnie di pellegrini arrivavano prima<br />

a piedi e poi con le corriere e restavano in paese qualche giorno.<br />

Il popolo devoto oggi arriva in auto privata, fa la visita al Santo,<br />

partecipa alla Santa Messa e subito riparte non senza aver prima gustato<br />

un buon panino con la porchetta. Il momento culminante della festa è<br />

la processione per le vie del paese con l’urna del Santo, accompagnata<br />

da tantissimi fedeli. La processione è aperta dalla Croce e seguita dalle<br />

donne che, una volta, portavano le candele e cantavano inni.<br />

Il parroco precede l’urna del Santo portata a spalla da dodici portantini.<br />

Dietro l’urna seguono le autorità e tutto il popolo. Un tempo il<br />

corpo del Santo veniva esposto ai fedeli nel mese di agosto, la cosiddetta<br />

“estensione”, mentre per il resto dell’anno restava chiuso nell’urna nella<br />

cappella a Lui dedicata. La processione per le vie del paese avveniva<br />

ogni cinque anni.<br />

Cartolina dell’urna di San Donato.<br />

La processione in onore del Santo<br />

Patrono, agosto 2015.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


40<br />

LE CHIESE E LE CAPPELLE<br />

Cenni storici<br />

Chiesa di Santa Lucia: interno.<br />

Santa Lucia<br />

Nel centro abitato in via Cavour “la vije di Sotte” si trova la piccola<br />

e caratteristica chiesa dedicata a Santa Lucia protettrice della vista.<br />

Al centro dell’altare, incorniciato fra gli stucchi, è collocato un dipinto<br />

della Santa, risalente al XVI secolo (1517). Santa Lucia è ritratta<br />

in un originale e fiero atteggiamento, con la mano sinistra al fianco e<br />

con la destra che sorregge un nastro da cui pendono due occhi tenuti a<br />

mezz’altezza con il braccio piegato. Su una parete si può ammirare un<br />

quadro ad olio raffigurante il Martire diacono S. Lorenzo, con Santa<br />

Lucia alla sua destra; in alto fra gli Angeli Gesù Bambino, sorretto<br />

dalla Madonna, consegna la palma alla Vergine e Martire siracusana.<br />

MADONNA DELLE GRAZIE<br />

All’entrata meridionale del paese “lu bborije” troviamo la piccola<br />

cappella della Madonna delle Grazie, a forma di edicola. Sopra l’altare<br />

un quadro ad olio alquanto espressivo: sulla Terra, figurata in un globo,<br />

Gesù Bambino pianta una croce; viene retto da un lato dalla Madonna,<br />

che reca un giglio nella mano destra. È tradizione paesana portare la<br />

Madonna in processione il 2 luglio di ogni anno.<br />

Statua della Madonna delle Grazie.<br />

Sant’Antonio<br />

Nel rione Sant’Antonio “vicine a lli ringhire” si incontra una graziosa<br />

chiesetta detta di Sant’Antonio consacrata alla “Beata Vergine e<br />

Chiesa della Madonna delle Grazie.<br />

Santa Lucia nell’affresco all’interno della Chiesa.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

41<br />

Statua di Sant’Antonio. Altare. Stemma della famiglia De Leone.<br />

al Divo Antonio”, già appartenente alla famiglia De Leone e dedicata<br />

a Sant’Antonio Abate. Nella tradizione popolare vi si teneva il Triduo<br />

alla Madonna di Pompei per la supplica, due volte l’anno, nei mesi di<br />

maggio e di ottobre. Il 17 gennaio si festeggia il Santo del quale vi è<br />

doppia statua: una lignea immobile sopra l’altare, l’altra sulla destra,<br />

vestita in modo processionale.<br />

SAN GIUSEPPE<br />

All’inizio della strada che conduce in C.da Giardino, “la firnache”<br />

c’era la Chiesa di S. Giuseppe, andata distrutta nei primi decenni del<br />

’900. Attualmente sul posto a ricordo sono stati collocati una croce,<br />

un altarino e dei pannelli in terracotta su cui sono riportati i Dieci<br />

Comandamenti.<br />

LA CONFRATERNITA DEL S.S. ROSARIO<br />

La chiesa della Confraternita del SS. Rosario, “la cungreghe”, fino<br />

al 1970, era divisa in due parti. I fedeli occupavano l’unica navata con<br />

l’Altare Maggiore, mentre gli iscritti alla Confraternita avevano il posto<br />

riservato nel “coro”.<br />

Sullo sfondo l’altare con l’urna del Cristo Morto. Del coro ligneo<br />

che occupava l’intera parete destra resta la parte centrale con i posti<br />

del Rettore, del Priore e del Primo Assistente. Attualmente è rimasta<br />

un’unica navata per le funzioni religiose, mentre la parte del coro è<br />

adibita a sala parrocchiale.<br />

CHIESA RURALE DI SAN DONATO<br />

In contrada Piano S. Donato, adiacente al cimitero, sorge la chiesa<br />

“rurale” di San Donato. Interessanti i due altari in stile barocco risalenti<br />

al XVII secolo e il tetto, le cui pianelle di terracotta sono dipinte<br />

con vari motivi e, su una di esse si legge la data del 1696. Ha una sola<br />

navata, con vasto retroaltare per sagrestia e caratteristico sottopassaggio<br />

per l’entrata laterale detta del “perdono”.<br />

Nel tondino che sovrasta l’altare, si legge questa scritta:<br />

“Chi tien Donato il Santo/intercessore presso l’Eccelso/Iddio mal<br />

non paventi se delle/grazie divin dispensatore”<br />

Davanti alla Chiesa c’era un grande porticato, abbattuto nei primi<br />

anni del novecento per permettere il passaggio delle autocorriere.<br />

All’interno della Chiesa erano presenti due tele raffiguranti una la<br />

Facciata della Chiesa di Sant’Antonio.<br />

Foto originale della Chiesa di San<br />

Giuseppe andata distrutta.<br />

Particolare del luogo dove sorgeva<br />

la Chiesa di San Giuseppe.<br />

Particolare del coro della Chiesa<br />

della Confraternita del S.S.<br />

Rosario.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


42<br />

Cenni storici<br />

L’altare della Chiesa della<br />

Confraternita del S.S. Rosario.<br />

Chiesa rurale di San Donato.<br />

Tetto della chiesa rurale di San Donato: si<br />

notano le pianelle di terracotta dipinte.<br />

Vergine in Gloria e l’altra S. Donato in ginocchio con un angelo che<br />

sorreggeva davanti a lui un <strong>libro</strong> con la mezza luna; tele trafugate da<br />

ignoti negli anni settanta.<br />

MADONNINA DEL GRAPPA<br />

Poco fuori dal paese nel “Parco della Rimembranza” si incontra<br />

la Cappella votiva della Madonnina del Grappa, eretta a ricordo dei<br />

Caduti della Grande Guerra. Era tradizione piantare per ogni caduto<br />

un alberello. Nel parco ancora oggi sono visibili i cippi posti a ricordo<br />

delle gesta eroiche del Ten. Col. Gennaro Pensieri. Sulle pareti laterali<br />

della Cappella, sono poste due lapidi con i nomi dei caduti in guerra.<br />

Statua della Madonnina del Grappa.<br />

SAN GIOVANI BOSCO<br />

In contrada Piane si trova una piccola chiesa ad una sola navata<br />

dedicata a San Giovanni Bosco. Fu la prima sorta in Italia dopo la Santificazione<br />

di Don Bosco. Inaugurata il 26 giugno 1935 alla presenza<br />

Cappella della Madonnina<br />

del Grappa.<br />

Cartolina dell'inaugurazione del monumento ai caduti di guerra.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

43<br />

Facciata della Chiesa di San<br />

Giovanni Bosco.<br />

Resti della Chiesa di San Salvatore.<br />

di S.E. Monsignor Carlo Pensa Vescovo della Diocesi Penne-Atri. Di<br />

recente, a causa del consistente incremento demografico della zona, la<br />

chiesa è stata ristrutturata ed ampliata.<br />

Chiesa di Santa Maria: reperto<br />

forse proveniente dal Colle San<br />

Giorgio.<br />

SAN SALVATORE<br />

Chiesa di origine settecentesca, posta sulla collina omonima con una<br />

bellissima vista sul paese. Fino a pochi anni addietro era tradizione dei<br />

<strong>castiglione</strong>si recarvisi il giorno dopo la pasquetta per una scampagnata.<br />

Santa Maria dello Spino<br />

Nella contrada Borea Santa Maria sorge l’omonima chiesa di Santa<br />

Maria dello Spino precedentemente denominata “Santa Maria a<br />

Luquiano” o “Luquianum” o “Lucusanum”, sorta probabilmente sui<br />

ruderi di un tempio romano. L’antico nome forse deriva da “Lucus<br />

Dianae”, ossia bosco dedicato alla divinità romana Diana Efesina, dea<br />

della caccia. La chiesa, ristrutturata, si mostra oggi con il suo semplice<br />

Chiesa di Santa Maria: particolari<br />

dell’acquasantiera.<br />

Chiesa di Santa Maria: un<br />

capitello corinzio sostiene la pietra<br />

dell’altare.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


44<br />

Chiesa di Santa Maria: particolare<br />

del portale.<br />

Cenni storici<br />

portale con arco a sesto acuto. All’interno conserva due larghe pietre<br />

lavorate, un’acquasantiera che reca sul fondo un toro in rilievo, e un<br />

grande capitello corinzio in marmo bianco (altare) proveniente, probabilmente,<br />

dal vicino luogo di culto di Colle San Giorgio risalente<br />

al periodo italico.<br />

A lato della chiesa c’era una torre, abbattuta negli anni sessanta, che<br />

gli abitanti della zona chiamavano “Lu turrijone”. In realtà si trattava di<br />

resti di un vecchio convento benedettino, come risulta da documenti<br />

attestanti la presenza di un Abate. Una leggenda racconta che il brigante<br />

Partenza avesse nascosto dei tesori in questi luoghi.<br />

È bene ricordare che sul piazzale antistante il sagrato della chiesa fino<br />

a pochi anni fa, ogni lunedì di Pasqua, si svolgeva una festa particolare,<br />

dal sapore pagano, ricca di uova sode, carni alla brace, “cavalli e pupe”,<br />

vino e gustose sfide paesane.<br />

Facciata della Chiesa di Santa<br />

Maria prima del restauro.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

45<br />

Panorama di Appignano.<br />

APPIGNANO<br />

un antico borgo che conserva ancora intatte le sue caratteristiche<br />

È di abitato incastellato medievale del XV secolo con una torre<br />

quadrata, di probabile origine longobarda, inglobata nel Palazzo Pensieri.<br />

L’abitato, situato a pochi chilometri di distanza da Castiglione<br />

Messer Raimondo, ne costituisce l’unica frazione e ne ha seguito, nel<br />

tempo, le vicende storiche.<br />

Il nome Appignano è di origine romana e deriva dal latino “apud<br />

Janum”, vicino a Giano. La denominazione indica, quindi, che l’antico<br />

borgo fu costruito nei pressi di un tempio dedicato al Dio Giano, il più<br />

importante tra gli dei nel culto dei popoli Italici e Romani.<br />

Negli scavi archeologici eseguiti, a breve distanza dal centro abitato,<br />

è stata riportata alla luce una tomba ipogea femminile all’interno della<br />

quale sono stati rinvenuti tre ciondoli di bronzo a batocchio, un’armilla<br />

in bronzo ed un tubetto di bronzo traforato per collana.<br />

Nella stessa località sono stati ritrovati un frammento di cippo calcareo<br />

con una scritta monca in lingua latina, alcune lastre di pietra<br />

albana ed un lastrone più grande senza iscrizione.<br />

Luigi Sorricchio, studioso atriano di fine ottocento e inizio novecento,<br />

classifica i resti scoperti come coevi a quelli di Pretara presso<br />

Atri e quindi databili al VII-VI sec. A. C.<br />

Nel XII secolo Apignanum è citato sul Catalogus Baronum che ne<br />

documenta, con Castillionem, l’appartenenza a Galgano di Collepietro.<br />

Altre testimonianze sono riscontrabili negli scritti dello storico Flavio<br />

Biondo vissuto tra il 1392 e il 1463 che, nella sua opera “Italia<br />

illustrata”, cita il Castello di Pignanum tra quelli ubicati sulla destra<br />

del fiume Selino.<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

Il castello di Appignano.<br />

Veduta laterale del castello.


46<br />

Appignano: Chiesa di San Pietro.<br />

L'interno della Chiesa di San Pietro.<br />

Cenni storici<br />

Anche lo storico domenicano F. Leandro Alberti nella sua opera<br />

“Descrittione di tutta Italia”, pubblicata nel 1553, cita il castello di<br />

Pignano, tra quelli ubicati sulla destra del fiume Sino (Fino).<br />

Nella Galleria delle Carte Geografiche, realizzata in Vaticano da<br />

Antonio Danti di Perugia negli anni 1580-1583, è rappresentato il<br />

Castello di Appignano.<br />

Dal 1439 Appignano passa fra i possedimenti degli Acquaviva, i<br />

quali lo cedono nel 1529 a Sergio Frezza, cui succederanno il figlio<br />

Giovanni Girolamo e il nipote Giovanni Francesco. In quegli anni, fino<br />

alla metà del XVII secolo, la popolazione si attesta mediamente sui 40<br />

fuochi. Le vicissitudini finanziarie della famiglia Frezza comportano<br />

la cessione del feudo ad Alessandro Benvenuti. La famiglia Benvenuti<br />

ne resta proprietaria fino al 1617 quando Appignano viene ceduta a<br />

Cesare Scorpioni.<br />

Il 12 settembre 1712, Nicolantonio Castiglione, Barone di Appignano<br />

richiede l’autorizzazione per la compilazione di un nuovo Catasto, in<br />

quanto precedentemente sono intervenute cessioni di beni che hanno<br />

modificato radicalmente le proprietà riportate su quello in vigore. La<br />

Regia Camera autorizza la richiesta ed il 17 febbraio 1713, il Governatore<br />

Nicola Baroni inizia il lavoro coadiuvato dai due apprezzatori e<br />

stimatori Francesco Di Falcio e Giovan Domenico di Francesco eletti<br />

dal Gran Consiglio dell’Università. Ogni sera, fino al 30 giugno, il<br />

pubblico balivo Sebastiano Di Donato, legge i bandi per invitare i<br />

proprietari ad iscriversi nel Catasto e dare conto delle loro proprietà<br />

da assoggettare a tassazione.<br />

Il nuovo Catasto si compone di 70 carte. Vi sono iscritte 68 persone<br />

tra i quali il Barone Nicolantonio Castiglione ed il Marchese Francesco<br />

Maria De Petris. Il territorio di Appignano risulta diviso in 65 contrade<br />

e comprende i Feudi di S. Clemente e Casalorito.<br />

Nel catasto del 1713 sono descritte otto fontane, ma ne resta solo<br />

una, tutte le altre sono state smantellate a seguito della realizzazione<br />

dell’acquedotto pubblico nel 1923.<br />

Nel 1926 viene portata l’energia elettrica. Fino alla prima metà del<br />

Novecento erano attivi due frantoi, di cui uno a trazione animale. Si<br />

contano poi tre mulini di cui uno ad acqua e due elettrici, uno di questi<br />

è rimasto in attività fino agli anni settanta.<br />

Stemma della famiglia Pincelli<br />

situata all'interno della Chiesa di<br />

San Pietro.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

LE CHIESE Di Appignano<br />

SAN PIETRO<br />

S. Pietro Apostolo è la chiesa parrocchiale di Appignano e risale al<br />

XII secolo. La data del 1571, nell’epigrafe posta sul portale della chiesa,<br />

non deve trarre in inganno: come hanno evidenziato recenti studi<br />

(DAT V, volume 2) sulla base del campanile una muratura in conci<br />

ben squadrati, nella quale si apre una monofora con grosse cornici di<br />

blocchi di pietra strombati e un architrave strombato a tutto sesto,<br />

testimonia un impianto ancora precedente (fine XIII sec.). La chiesa<br />

fu restaurata nel 1735 e presenta una facciata rettilinea racchiusa da<br />

due lesine angolari. L’interno si presenta oggi in veste settecentesca, a<br />

vano unico, con altari lungo le due pareti laterali decorati da stucchi<br />

di fattura artigianale. Tra le pale dell’altare si segnala una Madonna del<br />

Rosario datata 1769 e firmata da Giuseppe Prepositi, artista atriano,<br />

il quale firma anche la pala del secondo altare di destra (1770) e forse<br />

quella dell’altare maggiore con la consegna delle chiavi a San Pietro.<br />

Opere realizzate grazie al mecenatismo della famiglia Pincelli.<br />

Chiesa di San Pietro: particolare<br />

del portale laterale.<br />

Chiesa di San Pietro: particolare<br />

della scritta 1571 sul portale.<br />

47<br />

MADONNA DEL CARMINE<br />

Fuori dalla cerchia muraria è la chiesa della Madonna del Carmine,<br />

costruita su una precedente cappella nel 1858 come ex voto, per volontà<br />

e con il contributo degli abitanti per aver la Madonna “prontamente<br />

liberato” il paese dalla terribile peste del 1855. Dell’edificio più antico<br />

sopravvive un’acquasantiera a calice in pietra.<br />

Chiese oggi scomparse sono quelle di San Michele, citata nella Bolla<br />

di Papa Lucio II° del 10 giugno 1184 e quella di Santa Maria Lauretana<br />

facente parte del convento.<br />

La facciata della Chiesa della<br />

Madonna del Carmine.<br />

L’altare della Chiesa della Madonna<br />

del Carmine.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


48<br />

Cenni storici<br />

Resti del convento di Appignano.<br />

IL CONVENTO di Appignano<br />

I FRATI MINORI CONVENTUALI DI APPIGNANO<br />

(provincia di San Bernardino)<br />

Resti di una statua lignea<br />

raffigurante Sant'Antonio in una<br />

vecchia foto.<br />

Foto recente della statua lignea.<br />

RELAZIONE SUL CONVENTO tratta da: P.N. Petrone “Relazione<br />

sui conventi d’Abruzzo” redatte nel 1650. Bibl. Tommasiniana, Tagliacozzo<br />

1998<br />

Il convento di San Francesco dell’ordine dei Frati Minori Conventuali<br />

situato nel territorio di Appignano diocesi di Penne e d’Atri, lontano<br />

dall’habitato quasi un miglio alla riva del fiume Fino, è fuori di strada.<br />

Quando fosse fondato non si trova, ma il P. Pisano ne fa memoria nelle<br />

conformità, “e si tiene sia stato preso dal Nostro P.S. Francesco, il che si<br />

puote credere si per essere luogo solitario e molto atto alla contemplazione,<br />

si perché sta vicino a Città di Penne, ove sappiamo di certo, che il nostro<br />

Serafino Padre fondò et habitò quel nostro convento”.<br />

Have la chiesa sotto l’invocazione di S. Maria di Loreto d’una sola e<br />

piccola nave, col choro, che serve anco per sagrestia, e campanile con una<br />

campana. È di struttura comodo, benchè angusto, have chiostro quadrato<br />

con logge sotto e sopra, sei camere nell’habitazione superiore, e nell’inferiore<br />

tutte l’officine, cioè cucina, cucinotto, cantina, refettorio, fondaco, stalla et<br />

cisterna in mezzo al cortile. Occupa di sito canne cento.<br />

L’anno 1631 con l’autorità della felice memoria di Urbano Ottavo vi<br />

fu prefisso il numero di quattro religiosi tra sacerdoti e serventi e di presente<br />

v’habitato di famiglia il P. fra Lelio d’Ottaviani da Montorio, sacerdote<br />

guardiano, e fra Bernardino Giuliani da Città Sant’Angelo, laico professo.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 1<br />

Il Monastero di Appignano faceva parte della “Custodia Pennese”,<br />

era composto di sei stanze al piano inferiore e sei a quello superiore con<br />

un chiostro quadrato ed un doppio loggiato; resti dell’antico complesso<br />

sono ancora oggi visibili.<br />

Secondo il De Carolis, la fondazione del convento potrebbe risalire,<br />

al 1216, epoca del passaggio di San Francesco D’Assisi da Penne a Castiglione<br />

della Valle, per sedare la contesa tra i baroni di Castiglione e<br />

i Palmieri di Tossicia. A quell’epoca risaliva la cosiddetta “strada reale”,<br />

che collegava la vallata del Vomano con quella del Fino, il cui antico<br />

tracciato, ai tempi dell’impero augusteo, era una appendice della via<br />

Caecilia, a sua volta diramazione della via Salaria. A riprova il Martelli<br />

asserisce che il Santo “Entrò nella valle siciliana” in un meriggio di luglio<br />

attraverso le colline di Castel Castagna, passando quindi per Bisenti.<br />

Nel 1400 la provincia di Penne contava quarantadue conventi.<br />

La sola Custodia Pennese, secondo Fra’ Paolino da Venezia, era<br />

formata da sei conventi: Penne, Loreto, Catignano, Alanno, Tocco e<br />

Manoppello.<br />

Nel 1650 ne risultavano nove, essendo stati aggiunti i conventi di<br />

Appignano, Castiglione della Pescara e Nocciano.<br />

Particolari di una stele posta<br />

all'ingresso del Convento.<br />

49<br />

Convento di Penne<br />

Convento di Alanno<br />

Convento di Appignano<br />

Convento di Castiglione P.<br />

Convento di Catignano<br />

Convento di Loreto Aprutino<br />

Convento di Manoppello<br />

Convento di Nocciano<br />

Convento di Tocco<br />

9 religiosi<br />

5 frati<br />

2 frati<br />

5 frati<br />

4 frati<br />

12 frati<br />

5 frati<br />

3 frati<br />

4 frati<br />

Nel XVII secolo sul suolo abruzzese esistevano 76 conventi, di questi<br />

57 facevano parte della provincia di San Bernardino, (già provincia di<br />

Penne) così suddivisi:<br />

Custodia Aprutina Conventi n.12 frati n. 51<br />

Custodia Aquilana Conventi n.12 frati n.122<br />

Custodia Atriana Conventi n.5 frati n. 32<br />

Custodia Marsicana Conventi n.9 frati n. 37<br />

Custodia Pennese Conventi n.9 frati n. 51<br />

Custodia Teatina Conventi n.10 frati n. 60<br />

Totale Conventi n.57 frati n. 353<br />

Nella XXV sessione del Concilio di Trento, si iniziò a parlare della<br />

riforma degli ordini religiosi. Nel marzo del 1649, spinto dal Card.<br />

Fagnani, il Pontefice Innocenzo X istituì la “Congregazione sullo stato<br />

dei religiosi”.<br />

Si vociferò che detta Congrega stesse discutendo le condizioni dei<br />

piccoli conventi, e si paventò la minaccia della loro soppressione. In<br />

base alle relazioni dei superiori, la congregazione suddivise i conventi<br />

Di Castijune s’armane ngandate


50<br />

Cenni storici<br />

in tre classi: facevano parte della prima classe le comunità composte<br />

da oltre 12 religiosi; erano considerate di seconda classe le comunità<br />

che avevano da 6 a 11 religiosi, infine appartenevano alla terza classe<br />

quelle comunità che contavano meno di 6 frati.<br />

Fu stabilita la chiusura dei conventi dove alloggiavano meno di<br />

12 frati. Il 15 ottobre del 1652 fu pubblicata la bolla “instaurandae<br />

regularis disciplinae”, che sancì, in pratica, la chiusura di ben 457<br />

conventi su 907 esistenti in Italia. La notizia della chiusura “dei conventini”<br />

creò malcontento non solo tra le comunità religiose, ma anche<br />

tra la popolazione dei piccoli centri dove sorgevano queste istituzioni,<br />

spesso isolate dai grandi centri abitati ma molto apprezzate dagli<br />

umili abitanti. Seguirono vibrate proteste, che spinsero la Santa Sede<br />

a rivedere il tutto; infatti, il 10 febbraio del 1654, emanò il decreto<br />

“Ut in Parvis”, stabilendo che i conventi con almeno 6 religiosi non<br />

andavano soppressi.<br />

Con l’entrata in vigore della bolla “instaurandae regularis disciplinae”<br />

e del successivo decreto “ut in parvis”, in Abruzzo, chiusero i<br />

battenti ben 28 conventi, tra questi quello di Appignano.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

Personaggi<br />

storici


Capitolo 2<br />

53<br />

Personaggi Storici<br />

N<br />

el corso dei secoli a Castiglione Messer Raimondo sono nati<br />

e vissuti diversi personaggi che con le loro opere hanno dato<br />

lustro al paese e sono meritevoli di ricordo da parte delle future generazioni.<br />

Quasi tutti i personaggi appartenevano ad illustri famiglie, quali<br />

De Filippis, De Dominicis, Moschetta, De Leone, Candelori, Luciani,<br />

Pensieri… Ricordiamo l’Arciprete Antonio De Filippis, che si interessò<br />

per far arrivare a Castiglione M.R. il 22 luglio 1843 le sacre spoglie di<br />

San Donato Martire; il Capitano della Guardia Nazionale Clemente<br />

De Dominicis; il Medico ed Igienista Saverio Luciani; il Deputato Provinciale<br />

Tito Candelori; lo storico e sagace amministratore Saverio De<br />

Leone e i Parroci Giuseppe e Pietro Moschetta. Tra gli altri merita un<br />

particolare ricordo Mons. Ernesto Barlaam, parroco per cinquantanove<br />

anni, che con la sua opera pastorale ha contribuito alla formazione di<br />

più generazioni di giovani.<br />

Nelle pagine seguenti abbiamo ritenuto opportuno soffermarci sulla<br />

vita e sulle opere di quattro concittadini, che, a vario titolo ed in<br />

tempi diversi, hanno mostrato attaccamento vero e profondo al paese,<br />

sia cercando di migliorarne le condizioni di vita e sia lottando per gli<br />

ideali di libertà.<br />

I personaggi di cui tratteremo sono:<br />

Domenicantonio Toro, Gran Maestro della Carboneria; Michele<br />

Candelori, Medico Igienista; Gennaro Pensieri, eroe di guerra; Angelo<br />

Pompei, Maestro e Fondatore della Cassa Rurale ed Artigiana.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Figura ideale di Domenicantonio Toro: busto collocato nella<br />

facciata della scuola a lui intitolata.


Capitolo 2<br />

Domenicantonio Toro<br />

1767-1865<br />

Patriota<br />

Nacque a Castiglione nell’anno 1767, nella casa paterna situata<br />

a Capo del Borgo, da Francesco e Rosa Romani. La<br />

famiglia di agiate condizioni, poté mantenerlo agli studi a Napoli.<br />

Ritornato a Castiglione svolse l’attività di agrimensore. Fu amato e<br />

stimato dai cittadini per la sua rettitudine; dal matrimonio con Maria<br />

Nicola Ruscitti ebbe due bambine: Lucia e Raffaella. Morì il 12 febbraio<br />

1865, quasi centenario, dopo aver visto realizzati i suoi ideali.<br />

Nell’Ottocento, prima nel periodo francese e poi sotto la restaurazione<br />

borbonica, Castiglione è uno dei centri dove la carboneria<br />

è più attiva.<br />

Nel 1814 vi è operante una “vendita” carbonara denominata<br />

“Auspici della Fortuna”, diretta da Domenicantonio Toro.<br />

Essa è collegata con le altre di Penne, Penna S. Andrea, Città S.<br />

Angelo, Pescara e Loreto.<br />

Il 19 marzo 1814 tutti i carbonari e massoni della zona si radunano<br />

segretamente in Castellammare Adriatico per concordare<br />

una insurrezione da far scoppiare il 25 marzo a Pescara: gli insorti<br />

avrebbero dovuto occupare la fortezza.<br />

Alla data appena citata convengono a Pescara tutti i carbonari ma<br />

la rivolta fallisce per tradimento o ingenuità di Gennaro Sabatini,<br />

carbonaro di Pescara.<br />

La rivolta, però, scoppia ugualmente il 27 marzo a Città S. Angelo,<br />

poi a Penne, a Castiglione ed a Penna S. Andrea.<br />

A proposito della sollevazione di Castiglione narra il Castagna:<br />


56<br />

Targa a ricordo dei carbonari<br />

<strong>castiglione</strong>si.<br />

Facciata dell’edificio scolastico<br />

intitolato a Domenicantonio Toro.<br />

Personaggi storici<br />

esercitandosi concordi, e secondo potere saldando uomini, tenevano<br />

sempre vivo l’ardore della libertà.>>.<br />

Da quanto sopra si deduce come il Toro fosse un personaggio<br />

eminente della Carboneria, molto rispettato da tutti gli altri aderenti,<br />

<strong>castiglione</strong>si e non.<br />

Il 28 marzo un contingente di circa 200 uomini di Penne, Castiglione<br />

e Città S. Angelo viene spedito nella notte verso la fortezza di<br />

Pescara ma il tentativo muore sul nascere per motivi occasionali: la<br />

legione, che procede di notte in un bosco nelle vicinanze del fiume<br />

Saline, al rumore accidentale di uno sparo, credendo di essere assalita<br />

dai nemici, si scompone e si dà alla fuga.<br />

Nonostante questo insuccesso, il 31 marzo un altro contingente<br />

di 300 uomini composto di angolani, pennesi e <strong>castiglione</strong>si, muove<br />

verso Teramo che, secondo i patti, si sarebbe dovuta sollevare. Ma i<br />

carbonari, vedendo la città estranea al conflitto, evitano inutili perdite<br />

e si ritirano a Città S. Angelo.<br />

Dopo l’ulteriore fallimento, i carbonari insorti, presi da sconforto,<br />

depongono le armi ed al generale Amato in Chieti viene chiesta clemenza,<br />

cosa che tutti i comuni ottengono.<br />

Quando al generale Amato subentra il Montigny, costui invia le sue<br />

milizie nei paesi ribelli e stabilisce il proprio quartier generale a Città<br />

S. Angelo.<br />

Tutti i capi della sommossa, compreso il Toro, sono alla macchia.<br />

Ha inizio la repressione.<br />

Il 1° giugno vengono arrestati La Noce, Marulli e Castagna. Quanto<br />

al Toro, citiamo ancora il Castagna:<br />

.<br />

A Città S. Angelo evita la cattura il medico chirurgo Serafino Luciani<br />

che ha la condotta a Castiglione. Qui cadono nella rete Domenico<br />

Luciani e Domenico Simoni.<br />

A Castiglione si nascondono il sacerdote Michele De Paulis, Pietro<br />

Giacomo Piccirilli e il tenente delle guardie repubblicane Nicola<br />

Moschetta.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

57<br />

Cartolina d’epoca della<br />

scuola elementare intitolata a<br />

Domenicantonio Toro.<br />

Sfuggono alla cattura lo speziale Camillo Papa e Francesco Simoni,<br />

fratello di Domenicantonio.<br />

Il 17 luglio a Penne, presso la chiesa di S. Spirito, furono fucilati il<br />

canonico Domenico Marulli, il medico Filippo La Noce, entrambi di<br />

Città S. Angelo, e il capitano De Michaelis di Penna S. Andrea. Eseguita<br />

la condanna, ai cadaveri fu mozzata la testa perché venisse esposta nel<br />

paese di origine dei patrioti.<br />

Il Toro, benché ancora malconcio, fu portato da Chieti a L’Aquila<br />

e gettato nel carcere del Castello, detto del Coccodrillo.<br />

Temendo di morire di freddo e di sete, scrisse le sue ultime volontà<br />

alla moglie Maria Nicola Ruscitti, che si dava da fare per comperare<br />

la grazia.<br />

Condannato a morte, la pena gli fu tramutata in ergastolo. Secondo<br />

il Castagna, la moglie sborsò per questo 1.100 ducati e 60 grani.<br />

Più tardi, col ritorno dei Borboni, in virtù del condono generale<br />

concesso, il Toro uscì dal Coccodrillo nel 1815. E il Castagna così<br />

conclude:<br />

.<br />

Come segno di riconoscenza, la popolazione di Castiglione ha voluto<br />

intitolare al Gran Maestro della Carboneria l’edificio scolastico sorto<br />

nel sito occupato dalla chiesa di S. Rocco, dove Domenicantonio Toro<br />

era stato “incoronato con segno di vittoria”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Michele Candelori


Capitolo 2<br />

Michele Candelori<br />

1853-1916<br />

Medico<br />

Nato nel 1853 a Castiglione Messer Raimondo, apparteneva ad<br />

una illustre famiglia che ha dato al paese, oltre a Don Michele<br />

(così lo chiamava il popolo), il geometra Ernesto, sindaco per cinque<br />

lustri, il dott. Tito, valente avvocato del foro teramano, l’apprezzato<br />

notaio Lino, nonché il prof. Candeloro, docente di matematica e fisica<br />

presso l’Istituto Tecnico di Pescara.<br />

Don Michele compì gli studi secondari nel Seminario di Atri, quando<br />

questo istituto era molto conosciuto ed apprezzato; ne era rettore Lino<br />

Romani e vi insegnavano uomini del valore dei Cherubini e Mambelli.<br />

Di vivido ingegno, memoria prodigiosa e avidità di sapere, ne uscì<br />

con un corredo culturale superiore a quello dei giovani della sua età.<br />

Studiò medicina nella Regia Università di Napoli e, laureatosi, divenne<br />

subito assistente del celebre Arnaldo Cantani, professore di clinica medica<br />

e praticò la clinica di Gaetano Paolucci che ebbe a prediligerlo ed al quale<br />

dolse che il Candelori fosse tornato in provincia “a perdersi” (come egli<br />

diceva) perché non gli sarebbe mancato un posto nell’insegnamento.<br />

Fra gli altri colleghi di studio, Michele ebbe Domenico Tinozzi,<br />

poi deputato al parlamento per molte legislature. Costui fu un uomo<br />

competente, laureato anch’egli in Medicina a Napoli, ma verso di<br />

lui il nostro compaesano nutrì una non celata avversione, forse per<br />

motivi politici.<br />

Don Michele non resistette alla vita universitaria e preferì tornare<br />

a Castiglione, dove esercitò la professione con sapienza, dedizione e<br />

disinteresse, prestando le sue cure soprattutto ai poveri e ai derelitti.<br />

Non fu solo un medico instancabile, buono e onesto, ma anche<br />

un insigne igienista.<br />

Sigillo del Notaio Lino Candelori<br />

su atto di vendita del 1898.<br />

59<br />

Di Castijune s’armane ngandate


60<br />

Lapide a ricordo di Michele<br />

Candelori presso la scuola media.<br />

Personaggi storici<br />

Quando l’acquedotto era ancora un sogno e per attingere l’acqua<br />

si andava alla fontana della Ricchiera, a quella della Cava o al pozzo<br />

delle Vicenne, il tifo a Castiglione era una malattia sempre ricorrente<br />

in ogni stagione calda dell’anno. Don Michele istituì un locale di isolamento,<br />

una specie di lazzaretto, attrezzato con tutti gli accorgimenti<br />

tecnici del tempo.<br />

Un giorno ebbe la visita di un alto personaggio della sanità (le relazioni<br />

col mondo culturale erano la sua passione), al quale dette ragione<br />

e conto dell’impianto.<br />

Al commiato, l’alto personaggio, profondamente ammirato, evitò<br />

le consuete congratulazioni verbali, trasse di tasca un biglietto da visita<br />

e, con una calorosa stretta di mano, glielo porse con questa magnifica<br />

scritta: .<br />

Ma Don Michele cercava una soluzione definitiva a questo stato<br />

di cose, studiò il problema, capì che la causa di tante morti risiedeva<br />

nell’acqua cattiva, pensò che nelle nostre montagne c’era acqua buona<br />

in abbondanza e maturò l’idea di portare la stessa nella zona vestina e,<br />

quindi, nel proprio paese.<br />

Diventò alpinista, passò di vetta in vetta, seguì il corso dei fiumi, risalì<br />

il Tavo, si fermò al Vitello d’Oro e studiò ed analizzò quella sorgente:<br />

l’acqua, ottima in tutte le stagioni, durante le piogge però diventava<br />

torbida e inquinata.<br />

Rinunciò a quella sorgente ma poco più in alto arrivò al Mortaio<br />

d’Angri, ripeté i saggi e finalmente poté dire di aver trovato l’acqua<br />

pura che cercava.<br />

Don Michele, che fin dal 1891 aveva posto attenzione in quelle<br />

acque, negli anni successivi studiò approfonditamente il contenuto<br />

di germi e microrganismi, nonché il grado di durezza riferito a Calcio<br />

e Magnesio.<br />

Trovata la sorgente, bisognava studiare il tracciato della conduttura<br />

e trovare un ente disposto a finanziare un’opera al limite del pazzesco.<br />

Don Michele non mostra incertezze o cedimenti: acquista libri<br />

di ingegneria, studia, diventa dotto in quella materia ed alla fine,<br />

lui medico, diventa anche ingegnere e redige il progetto per una<br />

conduttura destinata a servire i centri di Penne, Atri, Castellammare<br />

Adriatico e, naturalmente, Castiglione.<br />

Il tema diventa serio e le autorità cominciano ad interessarsene:<br />

ogni paese sogna la possibilità di avere acqua “corrente”.<br />

Non mancano gli ostacoli, non piace la soluzione del Mortaio<br />

d’Angri, troppo a monte e tale da generare alti costi. Si ritiene che<br />

essa sia voluta per favorire Castiglione.<br />

Don Michele è irremovibile.<br />

IL 23 luglio 1893 viene costituito a Penne un “Consorzio inteso a<br />

dare opera ad una conduttura di acque potabili con derivazioni dalle<br />

sorgenti del Tavo”; sono presenti rappresentanti di 18 comuni e per<br />

Castiglione c’è, ovviamente, Michele Candelori.<br />

Qualche tempo dopo iniziano i lavori, si scava una lunga galleria<br />

entro la montagna, si costituisce un bacino di raccolta e l’acqua<br />

viene avviata verso Atri da una parte e verso Penne e Castellammare<br />

Adriatico dall’altra.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

61<br />

Foto inizi novecento dell’apiario<br />

Candelori realizzato sotto la Chiesa<br />

di San Giuseppe.<br />

La Federazione dei Tre Acquedotti delibera l’apposizione di una<br />

lapide col medaglione di Michele Candelori ad Angri, l’Acquedotto di<br />

Atri delibera, in omaggio a Don Michele di lasciare una fonte, quella<br />

del Fosso a Castiglione, fuori della conduttura comunale. Il problema<br />

è ormai avviato a soluzione. Ma Don Michele non c’è più: il 1° marzo<br />

1916, minato da tempo da un male lento e insidioso, se ne va fra il<br />

cordoglio di tutta una regione. Profonda fu la commozione quando<br />

il 31 luglio 1921 l’acqua arrivò, sgorgando limpida, davanti la chiesa<br />

della Congrega, in molti piansero, qualcuno, con Don Teofilo De<br />

Dominicis, amico d’infanzia di Don Michele, si gettò sotto il cannello<br />

come volerlo baciare, come voler abbracciare colui che non c’era più.<br />

Don Michele, oltre ad essere medico, igienista e ingegnere, fu anche<br />

uomo politico, partecipando attivamente alla vita amministrativa<br />

di Castiglione.<br />

Ricoprì la carica di consigliere comunale e, per qualche anno,<br />

quella di sindaco e come tale intraprese il risanamento igienico del<br />

paese, creò il viale dei tigli (l’attuale viale Umberto I), il largo XX<br />

Settembre e tante altre opere di pubblica utilità.<br />

Fu anche delegato scolastico mandamentale e rifiutò ogni altra<br />

carica, proteso solamente a migliorare le condizioni di vita dei <strong>castiglione</strong>si<br />

e, soprattutto, delle persone più umili e bisognose.<br />

Non si presentò mai come deputato, si interessò esclusivamente<br />

del suo paese e si adoperò con successo affinché i <strong>castiglione</strong>si fossero<br />

presenti nei maggiori centri di potere della provincia.<br />

Infatti, in quel periodo, il <strong>castiglione</strong>se Ludovico De Petris era<br />

Presidente della Provincia e un altro <strong>castiglione</strong>se, Tito Candelori,<br />

ne era consigliere; Penne, capoluogo del nostro circondario, era amministrato<br />

dal sindaco Don Saverio De Leone, mentre al capoluogo<br />

di mandamento era sindaco Don Cicco Pensieri: a preparare e volere<br />

tutto ciò era stato Michele Candelori.<br />

Bisogna infine ricordare come Don Michele coltivasse una bella<br />

passione: amava in particolar modo le api e, nei pressi del paese,<br />

vicino alla chiesa di S. Giuseppe (oggi non più esistente e sostituita<br />

da una piccola area votiva), aveva creato un apiario, vero “eden” per<br />

Di Castijune s’armane ngandate


62<br />

La Fontana posta a ricordo della<br />

grandiosa opera del dott. Michele<br />

Candelori, sulla facciata del<br />

Municipio.<br />

Personaggi storici<br />

gli amati insetti: una larga siepe ricca di tante rose dai colori più<br />

vivi e tanti gradoni fioriti, su cui troneggiavano centinaia di arnie e<br />

con al centro un casotto modello dove era in funzione lo smielatore.<br />

“Fortunate senex !”, per dirla con Virgilio. Castiglione non ha mai<br />

dimenticato questo illustre figlio.<br />

Subito dopo la sua scomparsa il Consiglio Comunale lo ha solennemente<br />

commemorato ed ha approvato che la strada di circonvallazione<br />

all’ingresso del paese fosse intitolata “Pomerio Michele Candelori” e<br />

che nella sala del Consiglio fosse collocato un quadro artistico con<br />

l’effige dell’estinto.<br />

Nel 50° anniversario della scomparsa (1° marzo 1966), l’Amministrazione<br />

Comunale di Castiglione presieduta dal sindaco Pasquale<br />

Sorgentone ha commemorato l’illustre cittadino facendo apporre,<br />

nell’atrio della nuova scuola media, una lapide in marmo per ricordare<br />

ed intitolare la Scuola Media Statale al Dott. Michele Candelori.<br />

Si riportano di seguito alcuni articoli sul personaggio, a cura del<br />

maestro Francesco Pincelli su “La Voce di Castiglione”, del maestro<br />

Ennio De Filippis e di un cronista del “Popolo Abruzzese” del 31<br />

agosto 1921.<br />

Francesco Pincelli, maestro elementare, altra figura importante e<br />

carismatica, in una prefazione ad un giornalino paesano da lui creato<br />

e diretto, così lo ricordò:<br />

UNA COMMEMORAZIONE RITARDATA…<br />

Sfuggì al nostro giornale una data che invece andava doverosamente<br />

ricordata. Il 1° marzo dell’anno passato correvano cinquanta anni dalla<br />

scomparsa del Dott. Michele Candelori, il concittadino che fece onore<br />

al nostro paese, per la sua opera che rimarrà nei tempi futuri segnacolo<br />

di alta civiltà e di amore per il prossimo. Ripariamo oggi, ad un anno<br />

dal mezzo secolo già trascorso, perché i giovani sappiano e gli altri non<br />

dimentichino che: “L’ACQUA CHE QUI SGORGA, HA LA SUA<br />

FONTE IN VALLE D’ANGRI, NELLA PARETE DEL GRAN SASSO<br />

D’ITALIA” e che:<br />

“IL DOTTOR MICHELE CANDELORI MEMORIA VENERATA<br />

DAL POPOLO, FU L’IDEATORE DELLA OPERA GRANDIOSA<br />

PER L’ACQUEDOTTO DEL TAVO CHE TANTO BENESSERE<br />

APPORTA ALLE GENTI D’ABRUZZO”<br />

FRANCESCO PINCELLI<br />

MICHELE CANDELORI: OGGI (1967)<br />

“Ad ogni mio ritorno al natio paese, sulla piazzetta del Castello,<br />

dove il frastuono spesse volte è tenuto lontano dalla patina di antichità<br />

dei muri scalcinati e dei tetti muschiosi delle nostre case, mi sembra di<br />

rivedere, nitida e distinta, la figura maestosa e bella del dottor Michele<br />

Candelori che da solo riusciva a dare a tutto il rione una sua nobiltà e ad<br />

animarlo in una sua esistenza spettacolare. L’aristocratico professionista<br />

era stato dotato da Madre Natura di un ingegno acuto e fertile, anche se<br />

ne aveva fatto un uomo silenzioso, piuttosto proclive alla mite cordialità<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

e alla finezza squisita, doti tradizionalmente insite nella sua famiglia;<br />

suggerivano di buttar giù, solo ogni tanto, poche ma nobili parole. E lo<br />

faceva con pacata gentilezza, con obbligante cortesia, quasi scusandosi<br />

di averle pronunciate lui, uomo dotto e clinico illustre, che “da solo,<br />

combattuto prima, non sempre aiutato poi, scoprì e diede infine a tutto<br />

il popolo vestino una delle più pure acque d’Italia, quella del Mortaio<br />

D’Angri. “Medico valorosissimo e di profonda cultura umanistica e<br />

scientifica, studioso sagace dei problemi igienici abruzzesi, meritò per la<br />

sua pionieristica scoperta, a ricordo imperituro, la dedica al suo nome di<br />

un pomerio del paese e di una fontana monumentale che, purtroppo, per<br />

l’incuria di alcuni amministratori non versa più acqua da molti anni!<br />

Eppure “Don Michele non si distinse solo come clinico e come igienista,<br />

sebbene anche come ingegnere per vocazione: in tale duplice veste trascorse<br />

i suoi giorni sempre lavorando per il bene dei suoi concittadini,<br />

ai quali sapeva di volta in volta offrire pure il conforto della sua parola<br />

saggia e del suo cuore generoso. Infatti egli consacrò tutta la sua attività<br />

alla professione e allo studio dei problemi locali, non ultimo quelli della<br />

fognatura e del viale dei Tigli, cui incessantemente attese fino all’ultimo<br />

giorno della sua vita terrena.<br />

La sua immagine austera e forte, il suo volto gentile e sereno, i suoi<br />

occhi profondi, la sua prontezza e sicurezza d’intuito e la sua coscienza<br />

purissima vivranno perennemente nel ricordo commosso dei Castiglionesi,<br />

perché il generoso professionista alla vita non chiese altro che la gioia<br />

di fare del bene al prossimo e la soddisfazione dell’onestà e della serietà<br />

d’intenti. Apostolo d’amore e di pensiero, oltre che di professione, sentì il<br />

bisogno della rinuncia all’affarismo: talchè abbandonata anzi tempo e<br />

volontariamente la condotta medica al giovane collega ed amico Antonio<br />

De Filippis, problemi di pubblica utilità furono gli unici simboli ai quali<br />

dedicò anche le ore più belle della sua esistenza, per dare continuo esempio<br />

di rettitudine e di perseveranza: sempre signore e cortese con tutti, rivelava<br />

aspetti di così grande personalità che il suo nome non può non rimanere<br />

tra quella eletta schiera di professionisti vestini, nei quali la luce della<br />

63<br />

La fontana di “Arrete a llu Fosse”.<br />

L’aula consiliare del Comune di Castiglione dedicata a Michele Candelori.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


64<br />

Personaggi storici<br />

bontà vivificò la luce dell’intelligenza. Chè anzi, per avere egli dedicato<br />

studi, sogni e speranze all’educazione sanitaria e al miglioramento delle<br />

condizioni igieniche della gente della Valle del Fino, tutti quelli che lo<br />

conobbero ne apprezzarono le rare doti di uomo e di studioso, di medico<br />

e di cittadino certamente il più buono e il più bravo di tutti”.<br />

ENNIO DE FILIPPIS<br />

L’ACQUA A CASTIGLIONE - 31 LUGLIO 1921<br />

Da “Il Popolo Abruzzese” del 31 agosto 1921<br />

Fanfulla Bufo: uno degli operai<br />

realizzatori dell’opera.<br />

Il sindaco di Castiglione<br />

cav. Ernesto Candelori, fratello di<br />

Michele Candelori.<br />

Dopo un trentennio di aspettative e di ansie, finalmente il 31 luglio<br />

u.s., vedemmo qui zampillare da una pubblica fontanina, situata<br />

all’entrata del paese, fresca ed abbondante l’acqua del Mortaio D’Angri.<br />

È un sogno lungamente vagheggiato, che alla fine diventa lieta realtà; è<br />

una resurrezione, aspettata in aspre vigilie, quelle che alfine annunziano<br />

le pure linfe sprizzanti accanto alle bianche nostre case, sotto l’ombra<br />

protettrice del nostro maggior Tempio. Esse, nella loro voce sublime, pare<br />

rievochino la memoria del nostro più illustre concittadino, del non mai<br />

abbastanza compianto dott. Michele Candelori, scomparso troppo prematuramente<br />

per poter assistere alla semplice, alla bella ma pur commovente<br />

e solenne cerimonia, alla quale prese parte tutto il nostro popolo nonché<br />

le nostre autorità, con bandiere. La graziosa festa venne aperta con spari<br />

di mortaretti, e dopo la rituale benedizione impartita dal nostro rev.do<br />

parroco don E. Barlaam alle acque salubri, fresche ed abbondantissime<br />

della nuova fontana, sorse a parlare l’illustre signor dottor Antonio De<br />

Filippis. Egli, da vero oratore, come cittadino, inneggiò all’opera santa;<br />

come ufficiale sanitario, ricordò i benefici grandissimi che a noi derivano<br />

da una buona ed abbondante acqua potabile: come amico e collega del<br />

compianto dott. Candelori, lo ricordò con grande passione, come nessun<br />

altro avrebbe potuto saper fare, salutandolo vero apostolo del bene e del<br />

quale la solenne cerimonia era un’alta, purissima glorificazione del suo<br />

sogno più bello, dell’opera sua più poderosa ed imperitura. Riscosse applausi<br />

interminabili, quando ricordò, che il dott. Candelori per quest’ora<br />

sublime, vide per lunghe notti insonni contrarsi la sua bella fibra leonina<br />

ed il viso pensoso impallidire sulle amate carte topografiche, segnanti la<br />

via ideale che strappasse alla nuda roccia d’Angri il suo sangue migliore<br />

e ne rigenerasse per primo questa sua cittadina da Lui tanto amata ed<br />

onorata, e poi buona parte della nostra provincia. Bene egli quindi disse<br />

che il nostro pensiero memore ed il sentimento grato doveva rivolgersi<br />

alla figura del dott. Candelori, assertore primo, zelatore continuo, mente<br />

direttrice e fattiva, vero apostolo delle acque igieniche, e del quale, nella<br />

realtà dell’attuazione, rifulge ora più provvida e sublime la idea ispiratrice,<br />

e, riordinate nel fine, appariscono auguste le fatiche perseveranti<br />

del suo cervello meraviglioso.<br />

Dopo aver parlato dell’acqua in rapporto all’igiene, ricordandosi<br />

ch’essa dev’essere amata come la virtù, soggiunse: “L’acqua che ora offre<br />

qui a noi una visione di forza e di gioia senza limiti, col suo getto lungo e<br />

possente, dice ai Castiglionesi una parola che i migliori cittadini debbono<br />

ascoltare, debbono raccogliere: un’alta parola che annunzia una sanità<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

prosperosa, la quale vuole essere base di tutti gli avanzamenti ulteriori,<br />

di tutte le maggiori fortune; siate uniti nelle opere gloriose di pace, di<br />

amore, di igiene, ed avanzamenti e fortune saranno prossime e grandi.”<br />

Chiuse il suo discorso, moltissime volte interrotto da frenetici applausi,<br />

consegnando in nome del nostro popolo la fontana lustrale al nostro<br />

illustre signor Sindaco ed alla solerte amministrazione comunale, perché<br />

la facciano rispettare da tutti, come una divinità sacra, simbolo del risveglio<br />

del nostro paese, di progresso verace e durevole! Iddio ed il popolo,<br />

conchiuse, ce l’han data, guai a chi volesse togliercela!<br />

Parlò poi il nostro Sindaco Ernesto Cav. Candelori, il quale, nel<br />

prendere in consegna la nuova fontana, inviò un riconoscente saluto a<br />

quanti, professionisti, autorità ed operai, avevano dato le forze del loro<br />

ingegno e del loro braccio per l’attuazione di un’opera tanto benefica,<br />

Parlarono poi il prof. Silvestri Silvestro e l’operaio Bufo Fanfulla, a<br />

nome di anche di tutti i suoi compagni lavoratori, riscuotendo essi pure<br />

calorosi e numerosi applausi.<br />

Terminati i discorsi e ricomposto il corteo numeroso ed ordinato, i<br />

cittadini si recarono nella sala comunale per deporre davanti al ritratto<br />

del dott. Michele Candelori, in segno di gratitudine perenne, una corona<br />

di fiori freschi, tra gli evviva e gli applausi senza fine di tutti.<br />

65<br />

Il Palazzo Candelori.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Gennaro Pensieri


Capitolo 2<br />

Gennaro PENSIERI<br />

1885-1933<br />

Tenente Colonnello - Eroe di Guerra<br />

67<br />

“Nè mai nobile fama si spegne nè il nome di lui,<br />

ma anche sotterra vive immortale colui che<br />

dà prova del suo valore ed a piè fermo resiste<br />

e combatte per la sua terra e i figli.”<br />

(Tirteo)<br />

Questi versi del poeta greco Tirteo, incise sulla tomba che raccoglie<br />

le spoglie mortali del Ten. Colonnello Gennaro Pensieri,<br />

esprimono compiutamente la grandezza e l’eroismo di questo personaggio<br />

che ha fatto onore al proprio paese e che i suoi concittadini non<br />

potranno mai dimenticare.<br />

Nacque l’11 novembre 1885 ad Appignano, dove trascorse l’infanzia<br />

e la prima giovinezza; nel 1905 si trasferì con la sua famiglia nel<br />

comune di Montefino in quanto il padre aveva acquistato lì un terreno<br />

con annessa abitazione. Morì a Penne il 4 novembre 1933, mentre si<br />

svolgevano le celebrazioni per commemorare la vittoria nel primo conflitto<br />

mondiale. Il suo corpo venne sepolto nella cappella di famiglia<br />

presso il cimitero di Montefino.<br />

Prese parte alla Grande Guerra, arruolandosi con il grado di Sottotenente<br />

di complemento. Nel corso del conflitto ottenne due promozioni<br />

per meriti di guerra e si distinse in modo particolare per le<br />

azioni contro le linee nemiche a Korite-Selo, tanto da essere decorato<br />

più volte al valor militare: due medaglie d’argento, due medaglie di<br />

bronzo ed una croce di guerra.<br />

È quanto meno doveroso ricordare un momento significativo del<br />

conflitto.<br />

Settembre 1917: il comandante del Corpo d’Armata saluta la Brigata<br />

Piceno, di cui Pensieri è ufficiale, e distribuisce le decorazioni con moti-<br />

I cippi che ricordano il Tenente<br />

Colonnello Gennaro Pensieri<br />

nel Parco delle Rimembranze.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


68<br />

Personaggi storici<br />

vazioni dalle quali, oltre il valore personale, rifulge ancor più l’eroismo<br />

di tutto il reggimento. Il primo decorato è il Capitano Gennaro Pensieri<br />

già decorato altre volte al valor militare. La motivazione che accompagna<br />

la medaglia è la più eloquente dimostrazione dell’intelligenza, del<br />

coraggio e dell’eroismo del “nostro” Capitano: .<br />

Una poesia in vernacolo del Dott. Antonio Misantone dell’agosto<br />

1955 a celebrazione di Gennaro Pensieri:<br />

Foto di Antonio Misantone insieme<br />

con Mons. Ernesto Barlaam.<br />

T’arvidive a nuvembre bianche, bianche<br />

‘nghi na divise piene di midaje,<br />

durmenne ‘nda nu spose che s’arfranche,<br />

come s’avisse fatte na battaje !<br />

E pinzive: sta feste granne granne<br />

è fatte proprie pi li cumbattinte,<br />

pi quille ch’à dumate lu tiranne,<br />

difinnenne la patrie ‘nghi li dinte !<br />

T’arvidive spavalde e disinvolde<br />

‘n mezze a li bomme, ‘n mezze a li nimice.<br />

Sette vodde arristate, sette vodde<br />

forte di cchiù, senza sbajà birsaje !<br />

Nn’avaste tanta glorie e sacrifice<br />

Pi ssa vite ch’è tutte na midaje !<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

69<br />

Conferimento della Medaglia d’argento al valor militare a Gennaro Pensieri.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Angelo Pompei


Capitolo 2<br />

Angelo POMPEI<br />

1899-1974<br />

Maestro<br />

Ideatore e fondatore della Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione<br />

Messer Raimondo<br />

A<br />

Castiglione, durante gli anni della grande guerra, da un paese<br />

dirimpettaio (Montefino) arrivò un giovanissimo maestro:<br />

Angelo Pompei.<br />

Era nato a Montefino il 10 febbraio 1899 e, appena ventenne fu<br />

mandato a Castiglione per insegnare nella locale scuola elementare.<br />

In paese è rimasto per tutta la vita, dedicandosi con amore ed abnegazione,<br />

all’educazione di più generazioni di giovani, divenendo, in<br />

breve tempo, una delle massime autorità morali e culturali del paese.<br />

Sposò la <strong>castiglione</strong>se Anna Cristina Di Donato da cui ebbe quattro<br />

figli: Livio, Ugo, Lidia e Ruffina, ai quali instillò l’amore per lo studio,<br />

per la sincerità verso il prossimo, per la bontà e per la modestia. Alti<br />

valori che i genitori del tempo avevano nel “DNA” e che cercavano di<br />

trasmettere ai loro figli.<br />

Dopo un’esistenza impegnativa e dinamica, si spense a Castiglione<br />

il 5 maggio 1974.<br />

Fu un appassionato studioso di Diritto, esercitò per lunghi anni<br />

l’attività di Patrocinatore Legale, sapendo sempre dare a tutti coloro<br />

che ricorrevano a lui un parere giuridico imparziale e competente.<br />

Ha ricoperto, anche se per breve tempo, la carica di Sindaco di Castiglione,<br />

negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo<br />

conflitto mondiale.<br />

È stato soprattutto per oltre un quarantennio, un maestro intelligente<br />

e preparato, educando tante generazioni di <strong>castiglione</strong>si.<br />

Quando i sussidi didattici erano quasi inesistenti, egli, dopo aver<br />

attentamente studiato le esigenze e gli interessi dei suoi scolari, ed in<br />

particolare l’ambiente in cui vivevano, preparò dei testi di suo pugno<br />

su cui far studiare i ragazzi; questi testi furono conosciuti ed apprezzati<br />

anche fuori Castiglione, esposti anche in una mostra regionale a Chieti,<br />

nel 1926. Una commissione di esperti gli conferì un diploma con<br />

medaglia di bronzo, per la sua opera: riconoscimento che il Maestro<br />

conservò gelosamente fino alla sua morte.<br />

Quando il maestro Pompei lasciò la scuola, per raggiunti limiti di<br />

età, lo fece in punta di piedi, senza rumore, senza chiedere niente a nessuno<br />

e senza aver sollecitato nemmeno indirettamente una cerimonia di<br />

commiato. Gli bastarono la grande stima e l’affetto dei suoi alunni e di<br />

quanti lo avevano soltanto conosciuto. Nella vita di Angelo Pompei vi<br />

è un’altra data storica, che nessun <strong>castiglione</strong>se potrà mai dimenticare.<br />

Il 13 maggio 1956, frutto della lungimiranza e della tenacia del<br />

“Maestro” e grazie all’appoggio di 92 Soci Fondatori, nacque la Cassa<br />

Rurale ed Artigiana di Castiglione Messer Raimondo; opera meritoria<br />

sua e di 92 cittadini di Castiglione che iniziarono quell’avventura che nel<br />

corso degli anni si realizzò e che oggi con orgoglio possiamo presentare<br />

e ammirare per i numeri raggiunti e per la posizione che occupa nel<br />

panorama bancario regionale. Il primo Presidente della Cassa Rurale fu<br />

71<br />

Di Castijune s’armane ngandate


72<br />

Personaggi storici<br />

Scolaresche del maestro Angelo<br />

Pompei risalenti agli anni venti.<br />

un cittadino <strong>castiglione</strong>se emigrato in America e poi rientrato in paese,<br />

Angelo Emidio Ammazzalorso, un artigiano. Il maestro in quel periodo<br />

ricoprì la veste di Direttore Generale della banca.<br />

Non fu affatto facile quella realizzazione, fu anzi opera da pioniere<br />

se si pensa alle condizioni dell’Italia post bellica, alla instabilità delle<br />

Istituzioni Pubbliche, alla divisione degli animi, conseguenti alle faziosità<br />

politiche, e, soprattutto al fatto che non esistevano precedenti nel<br />

teramano ed in Abruzzo se escludiamo le poche Casse Rurali antecedenti<br />

al periodo fascista.<br />

Il Maestro Angelo Pompei, diventato noto come il Wollemborg<br />

abruzzese, era convinto che l’istituzione di una Cassa Rurale fosse l’unico<br />

mezzo di redenzione morale, sociale ed economica dei piccoli centri<br />

agricoli, che languivano allora nella miseria e che la forzata emigrazione<br />

di quei tempi depauperava sempre più prezioso materiale umano.<br />

La Cassa Rurale ed Artigiana, di cui il Maestro aveva assimilato<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

perfettamente lo spirito, la natura, la tecnica, le nobilissime finalità<br />

morali e sociali, divenne così l’antesignana della rinascita delle Casse<br />

Rurali abruzzesi.<br />

I primi anni della nostra banca furono veramente eroici per l’assoluta<br />

mancanza di spirito cooperativistico da parte dei soci che, come il<br />

maestro ben sapeva, doveva essere recepito ed assimilato piano piano;<br />

infatti ci vollero tutto il coraggio e tutta la forza di volontà di Angelo<br />

per tenere insieme i 92 Soci fondatori, che nessuno aveva mai educato<br />

all’associazionismo ed alla solidarietà, cardini fondamentali di una<br />

Cassa Rurale.<br />

Quando oramai la Cassa iniziò a conseguire buoni risultati grazie<br />

alla intensa e paziente opera del suo fondatore, nel lontano 1966 si<br />

abbatté improvvisamente su di essa una bufera. Per interessi privati di<br />

esponenti locali della politica, iniziarono lotte interne tra il Pompei e il<br />

Consiglio di Amministrazione, che portarono al suo licenziamento da<br />

Direttore. Furono anni davvero bui e drammatici per la Cassa Rurale,<br />

che vacillò ma comunque resistette.<br />

Nel 1970, insediatasi una nuova Amministrazione Comunale, guidata<br />

dal Prof. Ennio Di Cristoforo, si cercò di risollevare e di portare al<br />

centro della discussione le sorti di quella banca; in accordo fu nominato<br />

un nuovo Consiglio di Amministrazione e finalmente gli animi si placarono<br />

e si cercò di remare tutti dalla stessa parte in modo da superare<br />

gli ostacoli che avevano per troppi anni legato le ambizioni ed i sogni<br />

di crescita di questa Istituzione. La Cassa Rurale tornò a crescere come<br />

testimoniano i bilanci di quegli anni, e nonostante questo periodo<br />

negativo che a posteriori possiamo dire la irrobustì facendo tesoro di<br />

73<br />

Foto delle varie sedi della Cassa<br />

Rurale ed Artigiana oggi Banca di<br />

Credito Cooperativo.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


74<br />

Personaggi storici<br />

quelle vicissitudini, ha continuato nel suo percorso di crescita, divenendo<br />

attualmente una realtà ammirata ed invidiata da molti.<br />

Anche Angelo Pompei dopo quelle vicende che lo avevano fiaccato<br />

nel fisico e più ancora nello spirito, tornò nella “sua” Cassa Rurale<br />

nell’aprile del 1971 come Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione<br />

e nell’anno successivo 1972 fu eletto Presidente del Collegio<br />

Sindacale e rimase in carica fino al 1974 anno della morte, confortato<br />

e illuminato dalla gioia di veder crescere sempre più in modo pacifico<br />

la sua creatura.<br />

Il 5 aprile 1986, nel trentennale della fondazione della Cassa Rurale,<br />

il Consiglio di Amministrazione e l’allora Direttore Euclide Di<br />

Donato, che aveva collaborato col maestro Pompei alla crescita della<br />

banca, hanno doverosamente riconosciuto i meriti del “Fondatore”<br />

erigendogli nel bellissimo ingresso della nuova sede un busto in bronzo;<br />

così egli continuerà a vegliare e vigilare sulla Cassa che lui, insieme ai<br />

92 cittadini, fondò.<br />

Ai nostri giorni (2015) l’attuale Banca di Credito Cooperativo (ex<br />

Cassa Rurale) ha raggiunto dei traguardi che nessuno poteva immaginare,<br />

ha esteso il suo territorio di competenza in tre province (Teramo,<br />

Pescara e Chieti) toccando 35 comuni dove la Bcc è presente con 14<br />

sportelli, 2 uffici di rappresentanza ed una Tesoreria. Raggiunge un<br />

territorio che comprende l’intera Valle del Fino, le pendici del Gran<br />

Sasso, la Costa Adriatica da Pescara a Città Sant’Angelo, Silvi e Pineto,<br />

l’area Vestina con Penne, Loreto Aprutino, Pianella e Rosciano.<br />

Tante realtà ricche di arte, cultura, natura, antiche tradizioni, eccellenze<br />

enogastronomiche ed iniziative imprenditoriali sono sostenute<br />

dalla banca, che ne preserva i valori, portando avanti un percorso di<br />

crescita non soltanto economica, con la consapevolezza che sono sempre<br />

gli uomini, i cittadini, le Istituzioni e le realtà aziendali, insieme ai<br />

loro progetti ed alle storie dei luoghi, che migliorano il tessuto sociale.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

75<br />

I 92 Soci Fondatori che diedero vita alla<br />

Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione<br />

Messer Raimondo il 13 maggio 1956<br />

SOCI FONDATORI DELLA CASSA RURALE ED ARTIGIANA DI CASTIGLIONE MESSER<br />

RAIMONDO<br />

Società a responsabilità limitata fondata il 13 maggio 1956 (dall’Atto Costitutivo redatto dall’Avv.<br />

Alessandro Di Marco, notaio in Pianella, nel Palazzo Scolastico, aula prima, in Largo XX Settembre,<br />

repertorio 4675, raccolta 969)<br />

1 POMPEI ANGELO fu Vincenzo,<br />

insegnante elementare<br />

2 CORRADI CANDELORO fu Angelo,<br />

proprietario<br />

3 AMMAZZALORSO EMIDIO fu<br />

Giuseppe, proprietario<br />

4 RAVICINI GIUSEPPE fu Davide,<br />

fabbro<br />

5 SORGENTONE PASQUALE fu<br />

Giacomo, proprietario<br />

6 MOSCHETTA MARIO di Saverio,<br />

veterinario<br />

7 PALUZZI ERNESTO di Vincenzo,<br />

agricoltore<br />

8 DI BATTISTA COSTANTINO di<br />

Raffaele, agricoltore<br />

9 AMMAZZALORSO MARIO fu<br />

Pasquale, muratore<br />

10 BUFO FANFULLA fu Desiderato,<br />

muratore<br />

11 DI DONATO ALESSANDRO fu Elia,<br />

proprietario<br />

12 FERRANTE ANGELO fu Ercole,<br />

agricoltore<br />

13 SFAMURRI NICOLA fu Luciano,<br />

agricoltore<br />

14 PINCELLI RAFFAELE fu Luigi, fabbro<br />

15 DI BATTISTA GIUSEPPE di Antonio,<br />

agricoltore<br />

16 SCHIAPPA RAIMONDO fu Serafino,<br />

sarto<br />

17 FACCIA NAZZARENO fu Marano,<br />

agricoltore<br />

18 RECCHIA ORLANDO di Eugenio,<br />

agricoltore<br />

19 GIANSANTE DONATO fu Antonio,<br />

agricoltore<br />

20 DI ROCCO DOMENICO di<br />

Fioravante, agricoltore<br />

21 FELICIANI RAFFAELE fu Carmine,<br />

agricoltore<br />

22 FECONDO DOMENICANTONIO<br />

fu Nicola, agricoltore<br />

23 FACCIOLINI GABRIELE di Elia,<br />

agricoltore<br />

24 COLICCHIA PASQUALE fu<br />

Vincenzo, agricoltore<br />

25 PALMARICCIOTI DOMENICO fu<br />

Vincenzo, agricoltore<br />

26 CRETAROLA DURANTE di Andrea,<br />

agricoltore<br />

27 BARLAAM DOMENICO fu Antonio,<br />

falegname<br />

28 DI DONATO DONATO fu Enrico,<br />

commerciante<br />

29 DI DONATO ERNESTO di Donato,<br />

impiegato<br />

30 PANTALEONE ITALO di Giuseppe,<br />

impiegato<br />

31 PANTALEONE GIUSEPPE fu Achille,<br />

commerciante<br />

32 SIMEONE MARIO di Nicola, farmacista<br />

33 DI BIAGIO ETTORE fu Carmine,<br />

proprietario<br />

34 FACCIA ANGELO di Giuseppe,<br />

agricoltore<br />

35 FUSCHINI FERRUCCIO fu<br />

Argentino, commerciante<br />

36 CALANDRA GIUSEPPE di Angelo,<br />

agricoltore<br />

37 ROMANO AMERINO fu Alessandro,<br />

commerciante<br />

38 DI DONATO TITO fu Antonio,<br />

agricoltore<br />

39 GIANGRANDE VINCENZO fu<br />

Fiorindo, sarto<br />

40 CAMPANELLI ROCCO fu Giovanni,<br />

agricoltore<br />

Di Castijune s’armane ngandate


76<br />

Personaggi storici<br />

41 CIPOLLONE LEONELLO fu Giuseppe,<br />

agricoltore<br />

42 DE FLAVIIS ENRICO fu Franco,<br />

agricoltore<br />

43 DI BATTISTA PASQUALE fu Giovita,<br />

agricoltore<br />

44 SFAMURRI LEO di Donato, insegnante<br />

45 DI FEDERICO ALTORINO di<br />

Domenicantonio, agricoltore<br />

46 GUARDIANI SABATINO fu Giuseppe,<br />

agricoltore<br />

47 GIANSANTE GABRIELE fu Antonio,<br />

agricoltore<br />

48 MARUCCI ANTONIO fu Giuseppe,<br />

agricoltore<br />

49 DE SANCTIS DONATO fu Daniele,<br />

calzolaio<br />

50 ALTOBELLI FIORINDO fu Donato,<br />

agricoltore<br />

51 ALMONTI ANNA SANTA fu Giovita,<br />

contadina<br />

52 DI ROCCO FRANCESCO fu Marino,<br />

commerciante<br />

53 FAIONE ERCOLE fu Luigi, sarto<br />

54 TREQUADRINI Vincenzo fu Salvatore,<br />

fabbro<br />

55 DI DONATO VITALE di Antonio,<br />

insegnante<br />

56 TRAILANI GIULIO fu Antonio,<br />

agricoltore<br />

57 DI QUINZIO VENANZIO fu Camillo,<br />

agricoltore<br />

58 TREQUADRINI RICCARDO, fu<br />

Giovanni, fabbro<br />

59 ANDREOLI GIUSEPPE di Carmine,<br />

agricoltore<br />

60 DI DONATO MICHELE di Silvino,<br />

agricoltore<br />

61 MARUCCI CANDELORO fu Nicola,<br />

agricoltore<br />

62 PALUZZI ROBERTO fu Carmine,<br />

agricoltore<br />

63 DI BATTISTA DORINO fu Giovanni,<br />

agricoltore<br />

64 FACCIOLINI DOMENICO di Donato,<br />

agricoltore<br />

65 CIANI VINCENZO di Ettore, calzolaio<br />

66 PLANAMENTE VINCENZO fu Carlo,<br />

agricoltore<br />

67 ROMANO ALESSANDRO fu<br />

Alessandro, autista<br />

68 MARUCCI ANTONIO di Giuseppe,<br />

agricoltore<br />

69 MARGANELLA TONINO di Vincenzo,<br />

sarto<br />

70 PICCIRILLI ASCANIO fu Giuseppe,<br />

calzolaio<br />

71 RUSCITTI DANTE fu Fioravante,<br />

agricoltore<br />

72 RUSCITTI GUERINO fu Fioravante,<br />

agricoltore<br />

73 DI DONATO NAZARIO di Donato,<br />

autista<br />

74 SFAMURRI UMBERTO di Elvino,<br />

agricoltore<br />

75 ROMANO REMIGIO di Angiolino,<br />

fabbro<br />

76 MINGIONE LUIGI fu Vittorino,<br />

calzolaio<br />

77 MEDORI ALFONSO fu Eugenio,<br />

calzolaio<br />

78 SCHIAPPA SAVERIO di Giuseppe,<br />

muratore<br />

79 AMMAZZALORSO ANTONIO fu<br />

Pasquale, muratore<br />

80 GROTTA CORINNO fu Giovanni,<br />

calzolaio<br />

81 BARONE GIULIA fu Giuseppe,<br />

proprietaria<br />

82 D’ONOFRIO MARIO fu Vincenzo,<br />

muratore<br />

83 FUSCO ORFEO di Umberto, panettiere<br />

84 DEL ROCINO VINCENZO di<br />

Costantino, sarto<br />

85 TREQUADRINI GALILEO fu Ernesto,<br />

insegnante<br />

86 MARGIOVANNI NICOLA di Giuseppe,<br />

fabbro<br />

87 PLANAMENTE GIUSEPPE fu Carlo,<br />

agricoltore<br />

88 FERRANTE ANTONIO di Arpino,<br />

agricoltore<br />

89 D’EGIDIO SALVATORE di Giuseppe,<br />

barbiere<br />

90 DI VITANTONIO GIUSEPPE di<br />

Enrico, agricoltore<br />

91 DI DONATO LUIGI fu Raffaele,<br />

agricoltore<br />

92 DI GIUSEPPE GUALTIERO di<br />

Telemaco, sarto<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 2<br />

77<br />

I PRESIDENTI DELLA BANCA CHE SI SONO SUCCEDUTI<br />

NEL CORSO DEGLI ANNI<br />

1956 - 1962 Ammazzalorso Angelo Emidio<br />

1963 - 1970 Pantaleone Italo<br />

1970 - 1971 Fazzini Antonio<br />

1971 - 1981 Simeone Mario<br />

1981 - 1996 Romano Alessandro A.<br />

1996 - 2000 Romano Antonio<br />

2000 - Savini Alfredo<br />

Ammazzalorso Angelo Emidio Pantaleone Italo Fazzini Antonio<br />

Simeone Mario Romano Alessandro A.<br />

Romano Antonio<br />

Savini Alfredo<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Borgo Luigi di Savoia in una foto degli anni ottanta.


Capitolo 3<br />

Li suprannume<br />

I soprannomi


Galileo Trequadrini<br />

1922-1976<br />

Maestro - Lu mastre Galilè<br />

Il maggior ideatore di soprannomi a Castiglione è stato il Maestro Galileo<br />

Trequadrini; la sua impagabile ed originale vena scherzosa lo ha portato<br />

ad associare a numerosissime persone dei soprannomi davvero originali. Per<br />

questo il primo ricordo abbiamo voluto riservarlo a lui.


Capitolo 3<br />

81<br />

Li soprannume<br />

i soprannomi<br />

Nelle comunità paesane molto spesso alle persone e anche ad interi<br />

gruppi familiari vengono abitualmente associati dei soprannomi;<br />

talora bizzarri e fantasiosi, che vanno a sostituire a tutti gli effetti i nomi<br />

ed i cognomi originali. Questa usanza è talmente radicata nei piccoli<br />

centri che i soprannomi vengono tramandati di padre in figlio in modo<br />

naturale e spontaneo.<br />

L’origine dei Soprannomi può essere di varia natura e molto spesso<br />

non è facile risalire alla loro corretta etimologia.<br />

Spesso il nomignolo deriva dal nome di un capostipite: … Ndunije<br />

Catalde, Mingenze Catalde, Pippucce Catalde.<br />

A volte il soprannome scaturisce dalla provenienza della famiglia...<br />

Ndunije lu Pujese, Emiglie lu Rutese, Dandine lu Castilindese, Raffaele<br />

Lu Vacucchese.<br />

Talora i soprannomi vengono utilizzati per mettere in evidenza qualche<br />

aspetto fisico delle persone, come… Erneste Lu Manette, Marie Pucette,<br />

Mimì Lu Cioppe; dobbiamo ancora sottolineare che questi particolari<br />

soprannomi non arrivano mai all’insulto o al disprezzo della persona.<br />

Spesso il soprannome viene utilizzato per definire in tono ironico e beffardo,<br />

senza cattiveria, le caratteristiche strane e bizzarre di un personaggio.<br />

Molti sono i soprannomi che richiamano direttamente l’attività lavorativa<br />

tradizionalmente svolta dalla persona o dal nucleo familiare:...<br />

Ndonije Lu Macillare, Custandine Lu Meccaniche, Erneste Lu Bbarbire<br />

o Pippine Lu Mulinare.<br />

In alcuni casi i soprannomi prendono spunto da episodi accaduti alla<br />

persona o alla famiglia come… Fofomme, Lu Fraijelle, Lu spazzaneve.<br />

Risulta un esercizio difficile comprendere l’origine vera e propria e la<br />

scansione temporale dei soprannomi; bisogna prenderli così come sono<br />

stati tramandati: un’usanza simpatica, a volte ironica, di individuare<br />

ed anche di accorciare a volte il nome di un individuo o di un gruppo<br />

familiare.<br />

Di seguito riportiamo alcuni soprannomi particolari con la certezza<br />

della loro origine e con la foto della persona; in ultimo un elenco in<br />

ordine alfabetico di soprannomi esistenti nel nostro comune, sperando<br />

di non averne dimenticato alcuno.<br />

Sottolineiamo che nei soprannomi è assente anche la più piccola<br />

volontà di offendere oppure di deridere qualcuno.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


82<br />

Perché il soprannome?<br />

Testimonianza di Ernesto Giannetti<br />

Li soprannume<br />

Nella prima metà del novecento, il centro storico di Castiglione<br />

M.R. era sovrappopolato e gremito di attività commerciali<br />

ed artigianali; fra la Chiesa ed il Palazzo Comunale vi erano ben tre<br />

bar (Zijette, Gine Cacatore e Pippine Pantalone), una gelateria da sor<br />

Peppe, una cantina da Stefano Romano ed una locanda con mescita<br />

molto apprezzata di Angelina La Ggesse. Non essendoci ancora la<br />

televisione ma solo pochissime radio, gli agricoltori che rientravano<br />

in paese dalle vicine campagne e gli abitanti, assetati di un buon bicchiere<br />

di vino, ma soprattutto di notizie, si riunivano in questi locali<br />

intorno ad un capopopolo, un notabile o un intellettuale, perché<br />

questi avevano la possibilità e la cultura necessaria per poter leggere<br />

e argomentare sulle notizie riportate.<br />

In quelle occasioni si riusciva a parlare di tutto: fatti accaduti in<br />

paese, notizie su qualche cittadino e sport con le cronache radiofoniche<br />

delle imprese di Coppi e Bartali.<br />

Il nostro paese a quei tempi era molto popolato ma i nomi ripetuti<br />

per alcune persone non consentivano una distinzione veloce; i nomi<br />

più comuni come Francesco, Pasquale, Antonio, Giuseppe, Donato<br />

e via dicendo, nel momento della loro chiamata necessitavano di una<br />

ulteriore precisazione, un dettaglio come il cognome del padre o la<br />

contrada dove abitavano.<br />

Quando poi il soggetto in questione era molto popolare e nel bene<br />

o nel male faceva parlare di sé, il “dettaglio” diveniva indispensabile,<br />

e fu così che venne in soccorso il “Soprannome”. Dunque il soprannome<br />

come “titolo nobiliare” veniva coniato su persone (ripeto nel<br />

bene e nel male), in qualche modo chiacchierate… chiedo venia a<br />

coloro che non ce l’hanno!<br />

Chi aveva il compito di dare il soprannome?<br />

Veniva coniato sulla base di un difetto fisico, sulla statura, sulla<br />

corporatura oppure su un avvenimento che aveva coinvolto il soggetto<br />

e veniva pronunciato dalla “gente” (come diceva una compianta attrice<br />

napoletana) oppure da uno specialista benemerito che porta il nome<br />

dell’illustre maestro Galileo Trequadrini.<br />

Luigi Giannetti<br />

Gine Cacatore<br />

Ernesto Giannetti<br />

Erneste La Fumire<br />

Per non parlare d’altri citerò due esempi che riguardano la mia famiglia: io e mio padre!<br />

“Mio padre Gine Cacatore il soprannome se lo guadagnò da piccolo: quando giocava a noci, non essendo<br />

bravo a battere per primo, (chi batteva per primo era favorito, perché batteva nel mucchio compatto di<br />

noci) diceva “io ci caco”, cioè batto per ultimo, così gli spettavano le noci che non erano state abbattute.<br />

Io mi chiamo Ernesto. All’epoca della mia gioventù in paese di “Erneste”, ve n’erano ben sei! Don<br />

Erneste Lu Prete, Erneste Lu Cummissarie, Erneste Lu Frajelle, Erneste Lu Bbarbire, Erneste Belisarije<br />

ed il sottoscritto che modestamente non passava inosservato.<br />

Un pomeriggio, giocando a “bazzica” (biliardo) vinsi una grossa somma. La sera stessa mi sedetti ad un<br />

tavolo per giocare a “bestia” (un gioco d’azzardo con le carte) e persi tutto quanto avevo vinto a biliardo.<br />

Il maestro Galileo venuto a conoscenza del fatto pronunciò la sentenza: “gli ha fatto fare la FUMIRE”<br />

(in riferimento al denaro) e da quel giorno LA FUMIRE fu!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

83<br />

Giuuanne Zurrone<br />

Giovanni FACCIOLINI<br />

Il soprannome gli derivò dal filare la lana. Inventò un aggeggio<br />

che girava come una trottola; a quei tempi la trottola si<br />

chiamava “lu zurre”; da qui Zurrone…<br />

Fofomme<br />

Mario DI GIUSEPPE<br />

Fofomme, Fofò, storico personaggio del paese negli anni<br />

60/70, tuttofare (faceje li mmasciate!): scaricava casse di<br />

birra, faceva il sagrestano a Don Ernesto, tirava il mantice<br />

dell’organo della Chiesa suonato dal maestro Galileo; il tutto<br />

per un bicchiere di vino e pochi spiccioli. Il Venerdì Santo<br />

usciva per il paese suonando “lu tric e tracche” per annunciare<br />

le funzioni religiose. Un giorno fu mandato in farmacia<br />

ad acquistare una boccetta di cloroformio; quando giunse al<br />

cospetto del farmacista, poiché balbuziente, non riuscì a pronunciare<br />

la parola e continuò a ripetere al farmacista di dargli<br />

“una boccetta di fo…foo…fo…”. Da qui gli affibbiarono<br />

subito il soprannome di FoFò e Fofomme!<br />

Nella foto Fofò e un Tommaso<br />

Giancola giovanissimo.<br />

Ernestine Lu Frajelle<br />

Ernesto DI DONATO<br />

Ernesto, giocando al biliardo, effettuò un tiro davvero eccezionale<br />

che gli procurò il massimo punteggio abbattendo<br />

tutti i birilli. Rivolgendosi ai presenti che assistevano alla partita<br />

disse loro: “ohh… so fatte proprie nu sfraggelle!” Nei paraggi<br />

si aggirava il maestro Galileo che subito lo battezzò: “Esse lu<br />

sfraggelle…” che col tempo si modificò in… Lu Frajelle.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


84<br />

Li soprannume<br />

Mimì Culionde<br />

Domenico SFAMURRI<br />

Il soprannome deriva da un antenato che nei mesi autunnali<br />

lavorava in un frantoio. Quando sollevava i sacchi contenenti<br />

le olive, le mani a contatto con l’olio, diventavano scivolose<br />

ed usava pulirsele sul retro dei pantaloni. Alcuni buontemponi<br />

del paese vedendolo sempre con i pantaloni unti sul posteriore<br />

lo soprannominarono “Culionde”.<br />

Tonine Mbanille<br />

Antonio GAMBACORTA<br />

Mbanille deriva da un diminutivo di “Cambanille”. Si racconta<br />

che il nonno di Antonio, portasse degli orecchini<br />

e le persone che lo incontravano in paese gli chiedevano: “Chi<br />

tti messe li cambanille?” Il passaggio fu breve da cambanille<br />

a mbanille.<br />

Bajone<br />

Salvatore D’EGIDIO<br />

Salvatore parlava spesso ad alta voce e dava l’impressione<br />

come se stesse abbaiando. Da qui… Bajone.<br />

C’è anche un’altra versione molto più datata. Durante la Seconda<br />

Guerra Mondiale, a Castiglione arrivarono i soldati<br />

tedeschi e fra questi un cuoco di nome “Baionne”, che non<br />

faceva altro che cucinare e mangiare. Allora suo padre Sor<br />

Peppe, lo paragonò al cuoco e chiamò il figlio col nome del<br />

soldato-cuoco.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

85<br />

Funzine Furbicitte<br />

Alfonso MEDORI<br />

Funzine, oltre a fare il calzolaio, nella sua piccola bottega<br />

aveva dei macchinari per svolgere l’attività di arrotino. Abitava<br />

al Borgo e spesso i <strong>castiglione</strong>si ci si recavano per arrotare<br />

coltelli, forbici e lame. Mentre le persone si avviavano verso<br />

“lu Bborije” chi le incontrava usava chiedere: … “dua vi?...<br />

Vaje arrutà ddù furbicitte da Funzine!” E così il caro Funzine<br />

si prese il nomignolo di “Furbicitte”.<br />

Ndonije Parapatacchije<br />

Antonio DI DOMENICO<br />

Il soprannome fu affibbiato ad un antenato che inciampò in<br />

un piccolo covone di fieno, chiamato “la patacchije”. Da<br />

qui il nomignolo di “Parapatacchije”.<br />

Sandrine Chicocce<br />

Alessandro ROMANO<br />

Sandrino, in compagnia di amici, era solito esagerare su<br />

storie e fatti che raccontava. Chi era presente faceva fatica<br />

a crederci e diceva: “quesse è na chicocce!” e da qui …Sandrine<br />

chicocce!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


86<br />

Li soprannume<br />

Alfrede La Tonne<br />

Alfredo Di Donato<br />

Il soprannome deriva da una antenata, la quale per conformazione<br />

fisica era di statura piccola e piuttosto grassottella;<br />

l’impressione era di una persona un po’ rotonda che in dialetto<br />

si dice “tonne” così assunse il nomignolo di “la tonne”.<br />

Alcide Rossone<br />

Alcide D’ORAZIO<br />

Alcide, cittadino di Castiglione, durante il ventennio era un<br />

esponente del fascio locale. Spesso nominava un gerarca<br />

molto vicino al Duce, un tal Rossoni e, quando le persone lo<br />

vedevano in lontananza dicevano …”mò… arrive Rossone!”<br />

Pippine Lu Zoccolajanne<br />

Giuseppe SFAMURRI<br />

A<br />

quanti gli chiedevano dove andasse, lui spesso rispondeva:<br />

“mo vaje a bballe a li coste a’rcoje ddu zocche di janne pi<br />

lu purcelle!” Da qui “Lu zoccolajanne”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

87<br />

Mincinzine La Macarde<br />

Vincenzo TREQUADRINI<br />

Vincenzo era un appassionato cacciatore; a quei tempi, in<br />

osteria, di fronte a un bicchiere di vino ed in compagnia<br />

di amici, i cacciatori facevano a gara a chi esagerava di più.<br />

E Vincenzo in uno dei suoi racconti disse di aver sparato ad<br />

uno stormo di macarde (volatili) e di averne abbattute una<br />

quindicina. Così lo chiamarono “la macarde”.<br />

Alfrede Lu Fiummunande<br />

Alfredo DI DONATO<br />

Su questo soprannome esistono due versioni: la prima deriverebbe<br />

dalla conformazione della testa con una carnagione<br />

chiara e capelli biondi tendenti al rossiccio, quasi come una<br />

testa di un fiammifero.<br />

La seconda invece da una particolarità: quando giocava a pallone<br />

aveva un tiro fulminante e così assunse il soprannome di<br />

“Lu fiummunande”.<br />

Giuseppe Lu Spazzaneve<br />

Giuseppe MONTELLO<br />

Il soprannome gli derivò da una malformazione fisica. Era<br />

nato con il piede destro un po’ più lungo e girato verso<br />

l’esterno. Possedeva una fiammante lambretta e quando andava<br />

in giro il suo piede sporgeva oltre il parafango. Qualche<br />

buontempone gli affibbiò il nomignolo di … “lu spazzaneve”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


88<br />

Li soprannume<br />

Tiriticche<br />

Remigio ROMANO<br />

Abbiamo due versioni: nella prima si racconta che il padre camminava<br />

dondolando in modo accentuato; nell’altra, giocando<br />

con i bambini li faceva salire e scendere da uno scalino cantando<br />

una filastrocca… “tirite quà….tirite là…tirite ecche” così nacque<br />

il nomignolo di “tiriticche”.<br />

Lu Cummissarie<br />

Ernesto MARGANELLA<br />

Ernesto, impiegato comunale, deve il soprannome<br />

alla carica di Commissario, che ricoprì in paese<br />

nel periodo fascista.<br />

Ernestine Lu Manette<br />

Ernesto LUPINETTI<br />

Ernestino abitava “a llu Bborije” ed era un appassionato<br />

pescatore: passava le sue giornate a pescare lungo il fiume<br />

Fino. Aveva un braccio più corto dell’altro. Era abituato a<br />

raccontare agli amici la sua bravura e indicava la lunghezza<br />

del pesce pescato usando il braccio offeso. Così lo chiamarono<br />

“Lu manette”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

89<br />

Ndunije Cucule<br />

Antonio D’IGNAZIO<br />

Ndunije era un personaggio del Borgo ed era solito sedersi<br />

sulle gambe senza toccare terra col sedere; in pratica<br />

restava “ncuculite” cioè con le ginocchia piegate.<br />

Cacione<br />

Alfonso PROIETTO<br />

Negli anni passati si svolgevano le fiere, mercati dove i cittadini<br />

vendevano e acquistavano di tutto, dal vitello… ai dolci. Un<br />

antenato di Alfonso partecipava alle fiere del paese e spesso tirava<br />

fuori dalla tasca un dolce caratteristico di Castijune: “Lu cacione”.<br />

Così il soprannome passò a tutta la famiglia.<br />

Mimì La Zizzona Mbrattate<br />

Domenico SORGENTONE<br />

Mimì era un bel personaggio, non era sposato e viveva con<br />

la madre. Aiutava il fratello Pasquale che aveva un frantoio<br />

“appite a llà vricciate”. A fine lavoro lo si vedeva sempre unto di<br />

olio e nei momenti di irritazione, usava l’espressione “mannaggia<br />

la zizzona mbrattate!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


90<br />

Li soprannume<br />

Ercoline La Bardascille<br />

Ercole MICOLETTI<br />

Il soprannome gli deriva dalla bellezza fisica della mamma. Era<br />

una bella ragazza, in dialetto “bardasce”… ed essendo piccola di<br />

età, il diminutivo prese il sopravvento… quindi “na Bardascille!”.<br />

La Cavalle<br />

Anna PALUZZI<br />

Anna, detta “La Cavalle”, proveniva da una famiglia che<br />

allevava cavalli. Quando si unì in matrimonio con Riccardo,<br />

gli portò in dote anche il soprannome di “lu Cavalle”.<br />

Ggine Pulciane<br />

Luigi TORRIERI<br />

Il soprannome era del nonno perché quando andava alle<br />

feste da ballo, pare saltasse di qua e di là come una pulce!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

91<br />

Riccarde L’Uijarale<br />

Riccardo TREQUADRINI<br />

Il papà di Riccardo vendeva porta a porta l’olio di oliva<br />

“l’uije”; dall’attività gli derivò il soprannome di “L’uijarale”.<br />

Ruccucce Lu Pitone<br />

Rocco e Vincenzo D’ALONZO<br />

In famiglia si allevavano i tacchini che hanno le zampe molto<br />

più grandi di quelle delle galline e in dialetto si chiamano<br />

“Li pitune”; il soprannome si confezionò da solo!<br />

Mimì Lu Cioppe<br />

Telemaco DI GIUSEPPE<br />

Telemaco, chiamato Mimì, deve il suo soprannome ad una<br />

disgrazia capitatagli durante la Prima Guerra Mondiale.<br />

Sul Carso, per lo scoppio di una granata, perse una gamba e<br />

quindi costretto a portare una protesi di legno. Zoppicava vistosamente<br />

e camminava col bastone. Da qui Mimì “lu cioppe<br />

o Mimì lu scariche”.<br />

“Lu scariche” perché mentre svolgeva funzioni da spazzino,<br />

era solito dire “mo vaje a scaricà la munnezze”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


92<br />

Li soprannume<br />

Ndunije Turelle<br />

Antonio MICOLETTI<br />

Si dice che il suo bisnonno ebbe dalla moglie due bambini di<br />

belle fattezze e fisicamente robusti; in pratica due “Torelli”.<br />

Da qui il soprannome di “Turelle”.<br />

Mimì La Mammine<br />

Domenico DI FLAVIANO<br />

La mamma era la levatrice del paese (la mammine) che ha<br />

fatto nascere diverse generazioni di <strong>castiglione</strong>si. Fino agli<br />

anni sessanta si nasceva in casa con l’aiuto del medico condotto<br />

e della “mammine”. A Mimì fu attribuito il soprannome della<br />

professione della mamma.<br />

Dantine Mezzuchile<br />

Dante BARLAAM<br />

In passato alle fiere di paese si recavano festanti i bambini<br />

insieme ai genitori che usavano fare provviste. Il padre era<br />

solito acquistare sempre mezzo chilo di porchetta.<br />

Da qui il soprannome alla famiglia di “mezzuchile”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

93<br />

Ruscette<br />

Rosa SFAMURRI<br />

“Ruscette” era così chiamata da giovanissima, come diminutivo<br />

di Rosa. Secondo altre testimonianze pare che questo<br />

soprannome le derivasse dal colore degli occhi, uno di colore<br />

castano e l’altro di colore rosa. Da qui “Ruscette”.<br />

Ngiuline Lu Stipette<br />

Angiolino MANNA<br />

Angiolino prese il soprannome di “stipette” per la sua conformazione<br />

fisica: era magrolino e basso di statura tanto<br />

da assomigliare ad un piccolo contenitore che arredava le case<br />

a quei tempi: lu stipette!<br />

Carine L’Africanella<br />

Carina D’ONOFRIO<br />

Aveva una carnagione molto scura tanto da assomigliare ad<br />

una donna africana.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


94<br />

Li soprannume<br />

Pippine Lu Gattone<br />

Giuseppe RAVICINI<br />

Si racconta che il nonno materno, un dongiovanni, quando<br />

rientrava a casa a tarda ora, si toglieva le scarpe e camminava<br />

silenziosamente come un gatto. Il soprannome “Lu<br />

Gattone” fu ereditato poi dalla figlia Carmela e dai nipoti.<br />

La Spaccone<br />

Maria CICCARELLI TRANQUILLI<br />

Moglie di Ernesto Candelori, il soprannome scaturì dal<br />

suo modo di vestire. Era elegante e indossava gioielli e<br />

monili di valore. Per questo motivo il popolo la chiamava “La<br />

Spaccone”, soprannome che poi è passato alla figlia Giuseppina<br />

Silvine La Marrocche<br />

Silvio SCUCCIMARRA<br />

Don Silvio era un gran personaggio, di famiglia benestante<br />

e proprietario di terreni. Anche per questo soprannome<br />

abbiamo due diverse versioni: La prima pare derivasse da un<br />

suo parente, chiamato “la marrocche”, originario di Collemaggio<br />

di Penne, ed esperto allevatore, ospitato nel palazzo<br />

di famiglia a Castiglione.<br />

La seconda: si racconta che fosse il soprannome della moglie di<br />

Don Silvio, che aveva dei capelli con delle sfumature di giallo<br />

proprio come il colore dei fili che fuoriescono dall’involucro<br />

delle foglie che proteggono la “marrocca” (il mais)..<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

95<br />

Magnacasce<br />

Germano DI LORENZO<br />

Il soprannome derivò dall’attività della mamma, signora<br />

Concetta, che produceva formaggi di buona qualità ed era<br />

originaria di Arsita. Fiore, il marito, era soprannominato “lu<br />

pignatare” perché proveniva da Appignano.<br />

Lu Strungare<br />

Ernesto D’Angelo<br />

“Lu strungare” era uno strumento di lavoro; una sega con due<br />

manici che veniva tirata da due persone per tagliare grossi tronchi.<br />

Il padre di Ernesto proveniva da un paese di montagna del<br />

teramano e, nel suo lavoro di legnaiolo, faceva uso di questo<br />

attrezzo che diede il soprannome alla famiglia.<br />

Sabbatine Fasciule<br />

Sabatino Leone<br />

Figura caratteristica del paese. Aveva una famiglia numerosissima,<br />

si occupava di piccole faccende; era sempre presente<br />

“arrete a llu fosse” e, quando arrivava il pullman delle autolinee<br />

Tranquilli di Penne, prendeva i sacchi della corrispondenza<br />

e li portava all’Ufficio Postale. Era chiamato “Sabatine fasciule”<br />

perché gli piaceva mangiare i fagioli.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


96<br />

Li soprannume<br />

Pippine Lu Mulinare<br />

Giuseppe Fazzini<br />

Il soprannome gli derivò dalla professione: gestiva un mulino<br />

ad acqua in Contrada Intagliata. Originario di Castelli, si<br />

sposò a Castiglione e con la famiglia vi rimase per tutta la vita.<br />

Giubbette<br />

Mario DI MARTINO<br />

Era il soprannome del padre Ernesto, accanito fumatore di<br />

sigarette “Giubec”. Il passaggio a “Giubbette” fu proprio<br />

breve.<br />

Ciurille<br />

Ascanio PICCIRILLI<br />

Il soprannome gli fu attribuito perché da bambino era fisicamente<br />

piccolino, in dialetto “picciurille”, da qui il nomignolo<br />

“Ciurille”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

ELENCO DEI SOPRANNOMI PIù CONOSCIUTI<br />

DEL NOSTRO PAESE E DELLA FRAZIONE APPIGNANO<br />

CON L’INDICAZIONE DELLA ZONA DOVE LE FAMIGLIE<br />

ABITAVANO<br />

97<br />

SOPRANNOME FAMIGLIA RESIDENZA ZONA<br />

1 PASQUALE BACCHITTILLE PICCIRILLI PASQUALE PAESE VIA ROMA<br />

2 NDUNIJE BBAFFONE CARMINELLI ANTONIO PAESE LU CASTELLE<br />

3 RAFFAELE BARBECANE D’AGOSTINO RAFFAELE CONTRADA LI FUNTANELLE<br />

4 PIPPINE BARBETTE ALMONTI GIUSEPPE CONTRADA VALLONI<br />

5 CAMILLE BIANCONE DI PIETRO CAMILLO PAESE LA PIAZZE<br />

6 TITINE BIANCUNELLE DI BATTISTA TITO PAESE LU BORIJE<br />

7 GGINE CACATORE GIANNETTI LUIGI PAESE LA PIAZZE<br />

8 FUNZINE CACIONE PROIETTO ALFONSO CONTRADA LU GIARDINE<br />

9 MINGENZE CAJAZZITTE CIANI VINCENZO PAESE LU BORIJE<br />

10 TOTO’ CALANDRELLE CALANDRA ANTONIO CONTRADA GATTOPIO<br />

11 NDUNIJE CAMBRINE MARSILI ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />

13 FRANCISCHE CAMILLOTTE DE SANCTIS FRANCESCO CONTRADA INTAGLIATA<br />

14 GUIDE CANZANE DI BLASIO GUIDO PAESE APPIGNANO<br />

15 NELLUCCE CAPONE BANDINI NELLO PAESE APPIGNANO<br />

16 CAPRIJELE CASCEGNE D’IGNAZIO GABRIELE CONTRADA VICENNE<br />

17 MINGENZE CATALDE D’ORAZIO VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />

18 DUNATE CAZZARELLE DI DONATO DONATO PAESE SIPRIJOLE<br />

19 DUNATE CHIAPPAVENDE DE LUCA DONATO CONTRADA LI VORGHE<br />

20 SANDRINE CHICOCCE ROMANO ALESSANDRO PAESE SIPRIJOLE<br />

21 TONINE CHILLUCCE DI MARTINO ANTONIO PAESE LU CAPIJLME<br />

22 PIPPINE CHINÈ RANALLI GIUSEPPE PAESE APPIGNANO<br />

23 LUIGGE CIAFUCONE D’IGNAZIO LUIGI CONTRADA VALLEPUTOLI<br />

24 GGINE CIAPONE CARDONE LUIGI CONTRADA SELVA<br />

25 MIMI’ CIARAPONE SCARDETTA DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />

26 CAPRIJELE CINCIARILLE DI TOMMASO GABRIELE PAESE APPIGNANO<br />

27 TATUCCE CIUCIONE D’EMIDIO DONATO PAESE SANDANDONJE<br />

28 TONINE CIURILLE PICCIRILLI ASCANIO PAESE LU CAPIJLME<br />

29 FRANCISCHE COCCIASTURTE MARINI FRANCESCO PAESE LU CAPIJLME<br />

30 CAPRIJELE CUCCIONE PERILLI GABRIELE CONTRADA LI PIANE<br />

31 RENATE CUCONE GROSSI RENATO PAESE APPIGNANO<br />

32 NDUNIJE CUCULE D’IGNAZIO ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />

33 CAITANE CULACCHIE DOMENICONE GAETANO PAESE CELLARA<br />

34 MIMI’ CULIONDE SFAMURRI DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />

35 MINGENZE CUTURNE D’AGOSTINO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

36 FERRUCCE DIADATE RUSCITTI FERRUCCIO PAESE VICENNE<br />

Di Castijune s’armane ngandate


98<br />

Li soprannume<br />

37 MIMI’ DI’NGELICHE MARCHESE DOMENICO PAESE LA PIAZZE<br />

38 ERNESTE DUCCIOLE DI NICOLA ERNESTO PAESE APPIGNANO<br />

39 PASQUALE FALICONE IEZZI PASQUALE CONTRADA LI VORGHE<br />

40 SABBATINE FASCIULE LEONE SABATINO PAESE SANDANDONJE<br />

41 TUMASSE FIDELE BUFO LUIGI PAESE SIPRIJOLE<br />

42 FIFI FIDIRICHE DI GIUSEPPE FANTINO CONTRADA CONTROFINO<br />

43 NGIULINE FIRLASCHE DI DOMENICO ANGELO CONTRADA SAN GIORGIO<br />

44 NGIULINE FIRRETTE RAVICINI ANGELO CONTRADA LI PIANE<br />

45 CAPRIJELE FRADDIJAVOLE ALMONTI GABRIELE CONTRADA SANTAMARIA<br />

46 MINGENZE FRANCESCONE FECONDO VINCENZO CONTRADA MARTONE<br />

47 ALFREDE FREDDY BANDINI ALFREDO PAESE APPIGNANO<br />

48 NDUNIJE FRISTICHE FISTOLI ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />

49 FUNZINE FURBICITTE MEDORI ALFONSO PAESE LU BORIJE<br />

50 GIACUMINE FURCONE FABRIZI GIACOMO CONTRADA LI PIANE<br />

51 MIMI’ FURTUNELLE FALASCA DOMENICO PAESE SAND’ANDONIJE<br />

52 TONINE GIUBBETTE DI MARTINO MARIO PAESE CAPIJLME<br />

53 RENATE GIURGIONE MODESTI RENATO CONTRADA BOZZANO<br />

54 RENZE GNILISANDRE IEZZI RENZO PAESE APPIGNANO<br />

55 ERCOLINE LA BARDASCILLE MICOLETTI ERCOLE PAESE LA PIAZZE<br />

56 NAZZARIJE LA BUNARELLE DI GIOVANNI NAZARIO CONTRADA CONTROFINO<br />

57 FUNZINE LA CALATE RAGGIUNTI ALFONSO CONTRADA<br />

PIANE<br />

SANDUNATE<br />

58 RUSINE LA CAMBRILLINE DELLE MONACHE ROSA PAESE LU BORIJE<br />

59 MASSIMINE LA CARRARA DI BERNARDO MASSIMINA PAESE SIPRIJOLE<br />

60 RUSINE LA CAZZONE CARMINELLI ROSA PAESE SAND’ANDONIJE<br />

61 GIUUANNE LA CULICCHIJE CORRADI GIOVANNI PAESE SAND’ANDONIJE<br />

62 DUNATUCCE LA CUPANNE MINGIONE DONATO PAESE APPIGNANO<br />

63 SABBETTE LA FATTICCE DI GIORGIO ELISABETTA CONTRADA CELLARA<br />

64 CARINE LA FRICANELLA GIANCOLA CARINA PAESE SANDANDONIE<br />

65 ERNESTE LA FUMIRE GIANNETTI ERNESTO PAESE LA PIAZZE<br />

66 NGIULINE LA GGESSE D’EGIDIO ANGIOLINA PAESE LA VIE DI SOTTE<br />

67 GIUVINE LA GRILLETTE D’AGOSTINO ANNA PAESE LU CASTELLE<br />

68 NGILETTE LA HATTE DI DONATO ANGELA PAESE SIPRIJOLE<br />

69 GIUUANNE LA LUCCHE MASSIMIANI GIOVANNI PAESE APPIGNANO<br />

70 MINGENZE LA MACARDE TREQUADRINI VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />

71 GIOVANNE LA MAMMINE DI FLAVIANO GIOVANNA PAESE LU CAPIJLME<br />

72 SILVINE LA MARROCCHE SCUCCIMARRA SILVIO PAESE LU BORIJE<br />

73 PALMINE LA MARTILUCCE CORRADI PALMINA PAESE LU CASTELLE<br />

74 MÀRIJE LA MUFFETTE D’ONOFRIO MARIO PAESE LA FIRNACHE<br />

75 MARÌJE LA PALLONE D’EGIDIO MARIA PAESE LU CASTELLE<br />

76 MARÌJE LA PAPAIELLE LEONE MARIA PAESE SANDANDONIE<br />

77 ANNAMARIJE LA PICCIANESE COSTANTINI ANNAMARIA CONTRADA FUNTANELLE<br />

78 GILDE LA PILURE CROCIOLI GILDA PAESE SANDANDONIJE<br />

79 NDUNIJETTE LA PLUPLI’<br />

COSTITUITO<br />

ANTONIETTA<br />

PAESE SANDANDONJE<br />

80 NUNZIJATE LA QUARCHIONE MASSIMI NUNZIATA PAESE SAND’ANDONIJE<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

99<br />

81 GGINE LA SCIRETTE DE FLAVIIS LUIGI CONTRADA VORGHE<br />

82 ALFREDE LA SCRUFETTE ROMITI ALFREDO PAESE SIPRIJOLE<br />

83 MARIJE LA SPACCONA<br />

CICCARELLI TRANQUILLI<br />

MARIA<br />

PAESE LA PIAZZE<br />

84 LISANDRE LA STRIPPONE RIDOLFI ALESSANDRO CONTRADA SELVAGRANDE<br />

85 GIUVITE LA SURACHETTE DI MICHELE GIOVITA CONTRADA PIANE<br />

86 ALFREDE LA TONNE DI DONATO MICHELE CONTRADA INTAGLIATA<br />

87 LA TOSCA ANNINA ORSATTI PAESE LU CASTELLE<br />

88 BITTINE LA TUMMULONE ELISABETTA DI MARTINO CONTRADA SELVAGRANDE<br />

89 LA VALTERRINE DI GIUSEPPE GUALTIERO PAESE LA PIAZZE<br />

90 MIMI’ LA ZIZZONE MBRATTATE SORGENTONE DOMENICO PAESE LA PIAZZE<br />

91 DIEGHE LAMBRASCHE DI MARTINO DIEGO PAESE LU CAPIJLME<br />

92 TATUCCE L’ANGIULELLE LEONE DONATO CONTRADA LI VORGHE<br />

93 TONINE L’AUTOBLINDE LEONE ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />

94 FAMIJE LI RUSCIULE FAMIGLIA GUARDIANI PAESE APPIGNANO<br />

95 LURETE LI SUCCE DEL PAPA LORETO CONTRADA VICENNE<br />

96 PIETRE LU MARESCIALLE GIANFORTE PIETRO PAESE LU CAPIJLME<br />

97 GUERINE LU BANCHIRE DE LUCA GUERINO CONTRADA PIANE<br />

98 TONINE LU BANGIFFE DI MUZIO ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />

99 GIUUANNE LU BANNITE CORRADI GIOVANNI CONTRADA PIANE<br />

100 BAJONE LU BARBIRE D’EGIDIO SALVATORE PAESE LU CAPIJLME<br />

101 ERNESTE LU BARBIRE SFAMURRI ERNESTO PAESE LU CAPIJLME<br />

102 CAPRIJELE LU BARINETTE DI DONATO GABRIELE CONTRADA GATTOPIO<br />

103 SOLINE LU BISINDESE D’ANTONIO SOLINO CONTRADA CONTROFINO<br />

104 PACINE LU BUFETTE BUFO PACINO CONTRADA VALLUNE<br />

105 NDONIJE LU BBUMMONE DI DONATO ANTONIO PAESE SIPRIJOLE<br />

106 DUNATE LU BBUTTONE FERRANTE DONATO CONTRADA LI PIANE<br />

107 TANUCCE LU CAPE DI MICHELE GAETANO CONTRADA LI PIANE<br />

108 PASQUALE LU CARRUZZIRE TINI PASQUALE PAESE LU CAPIJLME<br />

109 DANDINE LU CASTILINDESE DEL ROCINO DANTINO PAESE SANDANDONIJE<br />

110 ERNESTE LU CAVALLARE DI DANTE ERNESTO PAESE LU BORIJE<br />

111 MAURIZIJE LU CCIATTÈ<br />

D’ANGELANTONIO<br />

MAURIZIO<br />

PAESE APPIGNANO<br />

112 PEPPE LU CIAMBANE PLANAMENTE GIUSEPPE CONTRADA LI PIANE<br />

113 ENZE LU CIAPASANDE DOGALI ENZO PAESE SIPRIJOLE<br />

114 MIMI’ LU CIOPPE DI GIUSEPPE TELEMACO PAESE SIPRIJOLE<br />

115 UMBERTE LU CORSE D’EGIDIO UMBERTO PAESE LU CAPIJLME<br />

116 EMILIJE LU CUMMISSARIE MARGANELLA EMILIO PAESE LU CASTELLE<br />

117 NDUNIJE LU DRAGHE PAVONCELLI ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />

118 BRUNE LU DUTTORE DI ROMUALDO BRUNO PAESE APPIGNANO<br />

119 CURRADINE LU FATTORE DE FABRITIIS CORRADO PAESE SIPRIJOLE<br />

120 ALFREDE LU FIUMMUNANDE DI DONATO TEODORO PAESE SIPRIJOLE<br />

121 ERNESTINE LU FRAJELLE DI DONATO ERNESTO PAESE SIPRIJOLE<br />

122 PIPPINE LU GATTONE RAVICINI GIUSEPPE CONTRADA SAN GIORGIO<br />

123 TONINE LU GGESSE D’EGIDIO ANTONIO PAESE LU CASTELLE<br />

124 CAPRIJELE LU GIACCHE DI PAOLO GABRIELE CONTRADA CANTU’<br />

Di Castijune s’armane ngandate


100<br />

Li soprannume<br />

125 DANDUCCE LU GIAPPONE LUCIANI DANTE PAESE LI RINGHIRE<br />

126 CAPRIJELE LU GIGANTE DI BATTISTA GABRIELE PAESE LU BORIJE<br />

127 RICUCCE LU GNIRRE DI MARCO ENRICO PAESE SIPRIJOLE<br />

128 TONINE LU IJCIAROLE PETRINI ANTONIO PAESE SIPRIJOLE<br />

129 NDUNIJE LU LONGHE PERILLI ANTONIO CONTRADA GIARDINO<br />

130 MIMI’ LU LUPETTE MINGIONE DOMENICO CONTRADA GIARDINO<br />

131 GUERINE LU MALIGNE MICOLUCCI GUERINO CONTRADA INTAGLIATA<br />

132 ERNESTINE LU MANETTE LUPINETTI ERNESTO PAESE LU BORIJE<br />

133 GUERINE LU MARRONE DI DONATO GUERINO CONTRADA VICENNE<br />

134 CUSTANDINE LU MECCANICHE<br />

D’AGOSTINO<br />

COSTANTINO<br />

CONTRADA FONTANELLE<br />

135 MARCUCCE LU MILANESE PIAZZOTTA MARCO PAESE APPIGNANO<br />

136 CECCHINE LU MULINARE PINGELLI FRANCESCO CONTRADA LA TAVERNE<br />

137 BIAGGE LU MUNNAZZARE ROMITI BIAGIO PAESE SIPRIJOLE<br />

138 GIUUANNE LU MUNTAGNOLE DI MARTINO GIOVANNI PAESE LU BORIJE<br />

139 FIDUCCE LU MUNTANIRE DI ROCCO FIDO PAESE APPIGNANO<br />

140 PASQUALINE LU PATANARE PANTALEONE PASQUALE PAESE LU CAPIJLME<br />

141 MINGENZE LU PIGNANE RICCI VINCENZO CONTRADA PIANE<br />

142 DANDINE LU PILIROSCE MARUCCI DANTE CONTRADA SELVAGRANDE<br />

143 TONINE LU PIRAZZE<br />

DI GIANDOMENICO<br />

ANTONIO<br />

PAESE APPIGNANO<br />

144 MINGENZE LU PITONE D’ALONZO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

145 EMIGLIE LU PUIJESE<br />

D’ANGELANTONIO<br />

EMILIO<br />

PAESE APPIGNANO<br />

146 MÀRIJE LU PUSTAROLE D’EMIDIO MARIO PAESE SAND’ANDONIE<br />

147 EMIGLIE LU RUTESE DELLE MONACHE EMILIO CONTRADA LI VORGHE<br />

148 MARIUCCE LU SACRISTANE MINGIONE MARIO PAESE LU CASTELLE<br />

149 MUNDINE LU SARTORE SCHIAPPA RAIMONDO PAESE SIPRIJOLE<br />

150 MINGENZE LU SCARPARE CIANI VINCENZO PAESE SANDANDONIJE<br />

151 EMIGLIE LU SGUAZZONE LUCCI EMILIO CONTRADA LI PIANE<br />

152 GIUSEPPE LU SPAZZANEVE MONTELLO GIUSEPPE PAESE APPIGNANO<br />

153 NGIULINE LU STIPETTE MANNA ANGIOLINO PAESE SANDANDONIJE<br />

154 GIUUANNE LU STRIZZE FUSCO GIOVANNI PAESE LU CAPIJLME<br />

155 CARLE LU STRUNGARE D’ANGELO CARLO PAESE APPIGNANO<br />

156 GGINE LU TECCHIE MICOLETTI LUIGI PAESE LA VIE DI SOTTE<br />

157 MARIUCCE LU TORE GIANNASCOLI MARIO PAESE APPIGNANO<br />

158 FRANCISCHE LU TRICHE BARDARI FRANCESCO PAESE LA PIAZZE<br />

159 RAFFAELE LU VACUCCHESE ROMANO RAFFAELE PAESE LA VIE DI SOPRE<br />

160 MINGENZE LU VUZZAROLE GUARDIANI VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

161 TONINE LU VUZZETTE MARGANELLA TONINO PAESE LA PIAZZE<br />

162 PIPPINE LU ZOCCOLAJANNE SFAMURRI GIUSEPPE PAESE LU BORIJE<br />

163 CAMERINE MAGNACASCE DI LORENZO CAMERINO CONTRADA CONTROFINO<br />

164 PAOLINE MANGIALONE GIANCATERINO PAOLINO PAESE APPIGNANO<br />

165 NDONIJE MARCONE MARCHESE ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />

166 NICOLE MARIAGEMME RUSCITTI NICOLA PAESE SANDANDONJE<br />

167 PIPPINE MASCIONE ANDREOLI GIUSEPPE CONTRADA CONTROFINO<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

101<br />

168 TONINE MBANILLE GAMBACORTA ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />

169 UMBERTE MBRIZZICACCHIUVE GIANCOLA UMBERTO PAESE APPIGNANO<br />

170 MIMI’ MBRUIJONE DURINI DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />

171 MIMI’ MEZZUCHILE BARLAAM DOMENICO PAESE LA VIA DI SOTTE<br />

172 PIPPINE MINOTTE MANNA GIUSEPPE PAESE SANDANDONIE<br />

173 TULLIJE MIRLITTE BANDINI TULLIO PAESE APPIGNANO<br />

174 GIUUANNE MISAELE CHICHI GIOVANNI PAESE APPIGNANO<br />

175 NDONIJE MISCELLE PARIS ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />

176 ARIUDANDE MURITTE MENSILE ARIODANTE PAESE APPIGNANO<br />

177 DUNATE MUSCIANE RUBINI DONATO CONTRADA GATTOPIO<br />

179 MINGENZE MUZZONE D’EURISCO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

180 SABBATINE NATEULE CICCONE SABATINO PAESE LU BORIJE<br />

181 TONINE NDULUCCE ROMANO ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />

182 MICCHELE PACCALARDE DI CRISTOFARO MICHELE CONTRADA GIARDINO<br />

185 FAMIJE PACCHIANE FAMIGLIA GROSSI PAESE APPIGNANO<br />

186 MINGENZE PAJARICCE SIERRI VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

187 TONINE CUCCIONE DEL ROCINO ANTONIO PAESE SANDANDONIJE<br />

188 GERARDE PANAJULE ROMANO GERARDO PAESE LU BORIJE<br />

189 NGIULINE PARAPATACCHIE DI DOMENICO ANGELO PAESE SIPRIJOLE<br />

190 MINGENZE PASSARETTE PARIS VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />

191 GUIDE PATACCHE DI LORETO GUIDO CONTRADA SELVA<br />

192 DUMINICHE PATRICARLE DI BATTISTA DOMENICO CONTRADA SANTA MARIE<br />

193 CAPRIJELE PINZIJANE DI MUZIO GABRIELE PAESE LA PIAZZE<br />

194 TATUCCE PIZZICHILLE DE SANCTIS DONATO CONTRADA LA TAVERNE<br />

195 NDUNIJE PRICOCHE LUPINETTI ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />

196 GIUUANNE PRILATE CAVICCHIA GIOVANNI CONTRADA CONTROFINO<br />

197 TATUCCE PRUVULONE<br />

DI GIANDOMENICO<br />

DONATO<br />

PAESE LU BORIJE<br />

198 MÀRIJE PUCETTE RANIERI MARIO PAESE LA PIAZZE<br />

199 GGINE PULCIANE TORRIERI LUIGI PAESE SANDANDONIJE<br />

200 ROSSONE D’ORAZIO ALCIDE PAESE SANDANDONIJE<br />

201 RUSCETTE SFAMURRI ROSA PAESE SANDANDONIJE<br />

202 GGINE SAPPINGELE DI DONATO LUIGI CONTRADA SANTA MARIE<br />

203 GGINE SARACHE DI ROCCO LUIGI PAESE LU CAPIJLME<br />

204 GUGLIELME SCARICARILLE DI BLASIO GUGLIELMO CONTRADA LI VORGHE<br />

205 SAVERIJE SCIAQQUETTE SCHIAPPA SAVERIO PAESE SANDANDONJE<br />

206 FAMIJE SCIAUDATE FAMIGLIA RAIMONDI PAESE APPIGNANO<br />

207 VITTURINE SCOCCHIE SCOCCHIA VITTORINO PAESE LI RINGHIRE<br />

208 NDUNIJE SFASCIAPORTE TRANQUILLI ANTONIO CONTRADA SANTA MARIE<br />

209 MINGENZE DI SFRIJE BELISARIO VINCENZO CONTRADA LI COSTE<br />

210 DURANDINE STRACCIACAPPE CRETAROLA DURANTE CONTRADA LI VORGHE<br />

211 REME STRUSCITTE MASSIMI REMO PAESE APPIGNANO<br />

212 DAMUCCE TAJARANDINIJE FUSCHINI ADAMO PAESE LU CASTELLE<br />

213 MINGENZE TANAZIJE FALONE VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />

214 MINGENZE TAPPELABUSCE TARASCHI VINCENZO CONTRADA PIANE<br />

215 REMIGGE TIRITICCHE ROMANO REMIGIO PAESE LU BORIJE<br />

Di Castijune s’armane ngandate


102<br />

Li soprannume<br />

216 ARTURE TUBBIJE AMMAZZALORSO ARTURO PAESE LU BORIJE<br />

217 RICUCCE TUMMULONE DI MARTINO ENRICO CONTRADA LI PIANE<br />

218 LIUNDINE TURZUTTE MARTELLACCI LEONDINA PAESE LU BORIJE<br />

219 GGINE VARRATE D’ORAZIO LUIGI CONTRADA LU GIARDINE<br />

220 TONINE VISCICUTE<br />

DI MARCANTONIO<br />

ANTONIO<br />

CONTRADA LI VORGHE<br />

221 ROBERTE VLARDINE PICCIRILLI ROBERTO PAESE APPIGNANO<br />

222 CECCHINE ZAPPETTE LABRICCIOSA FRANCESCO CONTRADA INTAGLIATA<br />

223 FRANCISCHE ZUCCUTELLE LA CANALE FRANCESCO PAESE LU CAPIJLME<br />

224 GIUUANNE ZURRONE FACCIOLINI GIOVANNI PAESE LU BORIJE<br />

225 PIPPINE LU MURTALE DI VITANTONIO GIUSEPPE CONTRADA SAN GIORGIO<br />

226 NARDUCCE ZUITTE DI VITANTONIO NARDO CONTRADA SAN GIORGIO<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

103<br />

Dialettando<br />

SENTENZE, MODI DI DIRE<br />

e PILLOLE DIALETTALI<br />

N<br />

elle pagine seguenti facciamo cenno a quanto avveniva ed<br />

avviene ancora oggi nella vita di tutti i giorni: una vita costellata<br />

da sentenze, proverbi, modi di dire, rigorosamente dialettali,<br />

perché proprio nel dialetto sono insite l’immediatezza e l’efficacia<br />

dell’espressione.<br />

In ogni momento della giornata era pronta una frase per sottolineare<br />

nella maniera appropriata l’evento accaduto.<br />

Le sentenze, brevi ma incisive, venivano utilizzate per enunciare<br />

una verità, una norma morale oppure un semplice consiglio.<br />

I modi di dire parafrastici esprimevano sinteticamente, in forma<br />

più ampia, concetti o situazioni.<br />

Si è voluto infine ricordare delle caratteristiche parole dialettali,<br />

di cui purtroppo le giovani generazioni non comprendono più il<br />

significato.<br />

Il dialetto è un idioma che caratterizza un popolo ed il suo territorio<br />

che si evolve nel tempo; è stato utilizzato dai nostri antenati per<br />

tramandarci un ricco patrimonio sociale, umano e culturale permeato<br />

dalla saggezza che è propria delle persone anziane.<br />

Il dovere e la missione di ognuno di noi è e sarà quello di conservare<br />

e continuare a perpetuare nel tempo questo patrimonio.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


104<br />

sentenze<br />

Dialettando<br />

Duve si magne …Ddije mi ci manne<br />

Dio vede e provvede…quando la fame mi porta<br />

dove c’è da mangiare!<br />

Mitte, vicchjie e bardisce…Ddjie l’aiute<br />

Dio aiuta tutti, matti, vecchi e bambini.<br />

Moje marite e fije: Cuma DDije ti li dà… ti li<br />

pije!<br />

Moglie marito e figli, come Dio te li dà, te li devi<br />

prendere.<br />

Li chiacchiere si li porte lu vende, li maccarune<br />

mbiene la panze!<br />

Le chiacchiere sono portate via dal vento, i<br />

maccheroni invece saziano, per dire che c’è<br />

differenza tra le parole ed i fatti reali.<br />

Appresse a lu rite ci vè lu piagne!<br />

Quando si ride troppo, poco dopo si presenta il<br />

pianto, un modo per far riflettere indicando che<br />

bisogna avere moderazione anche nei momenti<br />

più allegri.<br />

Li solde fa ji l’acque annammonte e<br />

annabballe!<br />

Chi è ricco può fare ciò che vuole.<br />

Riunione di vulbe…strippazione di galline!<br />

Riunioni di volpi, strage di galline! Quando si<br />

riuniscono persone particolarmente furbe, si<br />

progetta sempre qualcosa di clamoroso.<br />

Chi è prime nin’è senze!<br />

Chi arriva per primo non rimane mai senza<br />

niente.<br />

Lu belle joche dure poche!<br />

Il gioco che piace dura sempre troppo poco.<br />

Li mmasciate cummanne e fattele!<br />

Puoi comandare qualcosa a qualcuno, ma se la<br />

vuoi fatta bene devi fartela da solo!<br />

Mittite nghi è mije di te e faje li spese!<br />

Un invito che spesso i nostri genitori ripetevano:<br />

bisogna frequentare le buone persone non quelle<br />

poco raccomandabili!<br />

Tutte li scarpe divende scarpune!<br />

Tutte le cose e le persone sono destinate ad<br />

invecchiare…purtroppo!<br />

Fa quelle che lu prete dice e non quelle che lu<br />

prete fa!<br />

Fai quello che il prete predica, e non seguire ciò<br />

che lui fa realmente nella vita.<br />

Fa bene e scurditele, fa male e arpinzice.<br />

Se fai del bene scordalo, se fai del male pensaci a<br />

lungo.<br />

Criste dà lu pane a chi nin tè li dinde!<br />

Il Signore concede molto a chi non può godere<br />

ciò che riceve. Letteralmente Cristo dà il pane a<br />

chi non ha i denti.<br />

Chi nin tè bbona cocce tè bbone hamme!<br />

Chi non ha buona testa ha buone gambe; chi non<br />

fa le cose usando la testa spesso deve poi rifarle.<br />

La cerque mette la janne!<br />

La quercia produce le ghiande, per dire che i<br />

figli assomigliano nel carattere e nella fisicità ai<br />

loro genitori. Una pianta di pere non potrà mai<br />

produrre ciliegie!<br />

Nzi po’ tinè la scarpa onde e l’assogne sane!<br />

Non si può avere la scarpa lucida (unta) ed il<br />

lardo intero! Un tempo si usava il lardo per<br />

lucidare le scarpe, e se lo usavi non poteva<br />

rimanere intero.<br />

Prite e pulle nzi trove mai satulle!<br />

Preti e polli non sono mai sazi.<br />

Fiore mbette cafone perfette!<br />

Chi vuole essere elegante usando accessori in<br />

modo sbagliato.<br />

Ddu recchie bbune ni fa straccà di lengue!<br />

Due orecchie buone stancano diverse malelingue.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 3<br />

MODI DI DIRE<br />

105<br />

Arfà bagatte e bagattelle!<br />

Si dice quando si vuole manifestare l’intenzione<br />

di andare via da un posto; in pratica bisogna<br />

rimettere le cose a posto e rifare le valige per<br />

andare via.<br />

Magnapane a tradimende!<br />

Epiteto rivolto come insulto a persona<br />

che compie atti spregevoli di vigliaccheria.<br />

Letteralmente, mangia pane a tradimento, nel<br />

senso che sta con le persone che lo aiutano,<br />

mentre non pensa a far niente.<br />

Ngi para senne!<br />

Non mette giudizio, non ha ancora imparato<br />

nulla della vita!<br />

Nin mi dice core!<br />

Non ho voglia di fare niente.<br />

Mo ti passe l’orze!<br />

Quando si ha intenzione di dare una lezione a<br />

qualcuno.<br />

Ti pozze n’oma mbenne!<br />

Maledizione rivolta a qualcuno, spesso in forma<br />

ironica: letteralmente …che ti possano appendere!<br />

Pi la scì e pi la nò!<br />

Per un nonnulla… si usa per indicare un<br />

comportamento di chi è molto suscettibile.<br />

Nz’arbatte nu chiove!<br />

C’è poco da fare, non si riesce ad avere alcuna<br />

opportunità.<br />

…e ndranghete!<br />

Si usa dire quando qualcuno insiste nel sostenere<br />

la sua versione in un ragionamento; in pratica<br />

ripete sempre le stesse cose.<br />

Mi li sente pi ll’osse!<br />

Avere un presentimento o la sensazione che possa<br />

accadere qualcosa.<br />

Fa lu file e ttesse!<br />

Indica lo svolgersi di una sequenza di attività con<br />

ritmo incalzante e vertiginoso.<br />

Nghi na carrire!<br />

Modo di dire per chi va di fretta quasi correndo.<br />

Quanta ggire fa la bbocce!<br />

Letteralmente quanti giri compie una boccia; si<br />

utilizza quando si vuole indicare incertezza in<br />

una particolare situazione; come a voler sfidare<br />

e conoscere quanti giri riesce a compiere una<br />

boccia in un determinato percorso… una cosa<br />

impossibile da calcolare.<br />

PILLOLE… DIALETTALI<br />

Dammaje = Danno<br />

Ji cumbinite proprie nu bbelle dammaje!<br />

Ciummunire = Camino<br />

Sceje nu fume nire da la ciummunire!<br />

Frignittone = Scaltro, furbo<br />

Quesse è nu frignittone!<br />

Gnittichite = Spaventato, terrorizzato<br />

Da quande jia successe chi lu fatte stà n’gnittichite!<br />

Ciambane = Zanzara<br />

Ma pizzichite na ciambane!<br />

Mmuttelle = Imbuto<br />

Pije ssa mmuttelle ca tinghe travasà npò di vine<br />

bbone!<br />

Sciarpelle = Ciabatte<br />

Mittite li sciarpelle ca jeme a ffà lu bagne allu<br />

fiume!<br />

Piscoje = Pozzanghera<br />

Attinte a duva pisse ca là ci sta na bella piscoje!<br />

Tirricine = Tuoni<br />

Ohh… i sintite li tirricine!<br />

Visciole = Bolle sulla pelle<br />

Ma pizzichite la striche e m’ha fatte li visciole!<br />

Spizzelle = Malleolo<br />

Ssu ndundite ma date na botte a llu spizzelle!<br />

Mazzemarelle = Folletto<br />

Si diceva per mettere paura ai bambini. Spesso<br />

Di Castijune s’armane ngandate


106<br />

i ragazzi andavano sul campanile a suonare le<br />

campane, e siccome era pericoloso i genitori<br />

incutevano timore ai ragazzi dicendo:<br />

ngi jete su allu campanile ca cià’ rghesce li<br />

mazzemarille!<br />

Minicelle = Morbido, soffice<br />

Ssa fette di pane ere proprie minicelle!<br />

Ciavaje = Balbuziente<br />

Ssu bardasce è mbò ciavaje!<br />

Fuffele = Vuoto, leggero<br />

So truate na noce fuffele!<br />

Mandricchje = Bisaccia, tascapane<br />

Mammà purteje na mandricchie piene di rrobbe da<br />

magnà!<br />

Scingicate = Disordinato<br />

Auarde a ssu matte scingicate!<br />

Papagne = Pugno, schiaffo<br />

A nu certe punte mi fice ncazzà e ji mullive nu<br />

papagne!<br />

Racciappule = Grappolo d’uva<br />

Abballe all i terre javame a coje li racciappule d’uve!<br />

Ndosse = Livido<br />

So pijite na botte su llù vracce e mà fatte nù ndosse!<br />

Scuculite = Restare a tasche vuote<br />

Sò jucate a carte e m’anne scuculite!<br />

Sciapite = Insipido<br />

Ssi maccarune è proprie sciapite!<br />

Si può dire anche per indicare che una persona è<br />

poco assennata:<br />

Quesse è proprie nu sciapite! Nin capisce ninde!<br />

Dialettando<br />

Ngenne = Bruciore<br />

Mi so messe npò di spirite sopra a stà firite e mò<br />

ngenne chi nza ‘rsiste!<br />

Strichite = Scomparso, sparito<br />

Mo steje ecche e ssà strichite chi nu mumende!<br />

Catorce = Cosa o persona logora, vecchia,<br />

inservibile<br />

La Biciclette di nonne ere proprie nu catorce!<br />

Hammatte = gomitolo<br />

Nannò aiuteme affà stu hammatte di lane!<br />

Mmasciate = Faccenda<br />

Mammà vamme affà stà mmasciate ca mò c’arvì ti<br />

dinghe lu pane chi la ciucculate!<br />

Sparatrappe = Cerotto<br />

Mi sò sbuscite lu pete e ci sò messe nu sparatrappe!<br />

Mirgione = Persona poco cordiale<br />

Chillì è proprie na mirgione!<br />

Mbujete! = Fermati<br />

Mbujete nu mumente, fammete arcundà stu<br />

fattarelle!<br />

Scialette = Cosa divertente, da ridere<br />

La litichite tra moje e marite è proprie nu scialette!<br />

Vindajole = Convulsioni, battiti accellerati<br />

Li fice tande ncazzà cà ji vinne li vindajole!<br />

Armuarre = Comò<br />

Li pinne stà dentre all’armuarre!<br />

Lu Spizijale = Il Farmacista<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

Mestieri<br />

E PROFESSIONI


Mestieri: Lu Maccarunare.


Capitolo 4<br />

109<br />

Mestieri e professioni<br />

N<br />

ei decenni successivi al secondo conflitto mondiale in paese<br />

prosperavano un centinaio di attività, fra commercianti,<br />

bar, calzolai, sarti, ecc.; il tempo inesorabilmente ne ha cancellate<br />

tantissime, ma i ricordi delle botteghe, dei locali, ove si svolgevano<br />

queste attività, rimangono ancora forti nella memoria di chi ha<br />

trascorso quel periodo.<br />

Si sentono ancora oggi, nella mente di chi ha vissuto quei<br />

tempi, le voci e le atmosfere che si creavano dentro i bar o nelle<br />

botteghe, dove ci si fermava a scambiare due chiacchiere, parlando<br />

di politica, di tasse, di prospettive per i figli, di sport, del futuro<br />

e… di qualche pettegolezzo!<br />

Magici momenti che mai più si rivivranno, ricordi incancellabili<br />

per chi ha vissuto quel tempo e ora cerca in tutti i modi di fermarlo.<br />

Sentiamo il dovere di mantenere intatta la “cultura del Ricordo”,<br />

storie di donne, uomini, storie belle, storie tragiche, storie esilaranti<br />

che senza una testimonianza andrebbero sicuramente perdute;<br />

ci siamo impegnati a non disperderle e cerchiamo di recuperarle<br />

dando loro, con questa parte del <strong>libro</strong>, una vita nel tempo.<br />

Diciamo spesso di voler vivere all’infinito, certo non si può, ma<br />

una consapevolezza della propria storia deve radicarsi per sempre<br />

negli animi dei veri Castiglionesi, anche quelli nati in paesi diversi<br />

per via della emigrazione; nel loro intimo essi sentiranno per sempre<br />

il richiamo del paese di origine, dei propri genitori, dei propri<br />

nonni e dei loro amici d’infanzia.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

111<br />

Il Sarto<br />

“Lu Sartore”<br />

Tonino Del Rocino, Gabriele Di Battista, Sandrino D’Ignazio,<br />

Vincenzo Del Rocino, Ercolino Micoletti -“Sarti in Piazza Castello”.<br />

Un mestiere molto in voga, testimonianza ne è il numero dei<br />

sarti e lavoranti che vi si dedicavano. Si trattava di una attività<br />

artigianale e venivano prodotti capi di abbigliamento di buona fattura.<br />

Era in voga fino al dopoguerra “Lu Staje”, una sorta di compenso<br />

o baratto; i sarti con i loro apprendisti detti “lavoranti” si recavano<br />

nelle case fuori paese (Contrade e Frazioni) rigorosamente a piedi con<br />

tutto l’armamentario (macchine per cucire, ferro da stiro, stoffe, ecc.)<br />

e cucivano vestiti a tutte le persone della famiglia. A fine giornata in<br />

base al lavoro effettuato e agli abiti ultimati, le famiglie “pagavano il<br />

lavoro” con i prodotti della terra: olio, farina, animali da cortile, vino.<br />

Uno dei migliori sarti del paese raccontava spesso che i bambini ed i<br />

giovincelli delle case di campagna, quando si andava a cucire i vestiti,<br />

erano felici e contenti perché arrivava “lu mastre” (così venivano<br />

chiamati i sarti) e le mamme cucinavano, ma soprattutto si mangiava!<br />

Cosa che a quei tempi non era proprio scontato.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


112<br />

Mestieri e professioni<br />

Costantino Del Rocino<br />

Dandine Lu Castilendese<br />

Vincenzo Del Rocino<br />

Giuseppe Manna<br />

Pippine Minotte<br />

Vincenzo Romano<br />

Mingenze Romanelle<br />

Vincenzo Giangrande<br />

Mingenze Lu Sartore<br />

Antonio Di Muzio<br />

Tonine Pinzijane<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

113<br />

Nicola Perilli<br />

Emidio Torrieri<br />

Middijucce Pulciane<br />

Vincenzo Falone<br />

Mingenze Tanazije<br />

Giuseppe Di Muzio<br />

Pippine Pinzijane<br />

Pierino Scardetta<br />

Vittorio Torrieri<br />

Di Castijune s’armane ngandate


114<br />

Mestieri e professioni<br />

Enzo Ranalli<br />

Chinè<br />

Alberto Mantini<br />

Antonio Del Rocino<br />

Tonine Cuccione<br />

Gabriele Di Battista<br />

Caprijele lu Gigande<br />

Renato Grossi<br />

Lu Cucone<br />

Pasquale Di Battista<br />

Pasquale Biancunelle<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

115<br />

La sarta<br />

“La Sarte”<br />

Sartoria di Angela Andreoli con le sue assistenti<br />

Di Castijune s’armane ngandate


116<br />

Mestieri e professioni<br />

Lelia Marganella<br />

La sposa è Antonietta Di Quinzio<br />

Germana Marganella<br />

Giuseppina Marganella<br />

Dora Chiavone<br />

Giuseppina Ferretti<br />

Amelia Almonti<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

117<br />

Linda Merlocchi<br />

(Camiciaia)<br />

Margherita Ricci<br />

Zi Margarite (Camiciaia)<br />

Filomena Barlaam<br />

Filine (Camiciaia)<br />

Ines Barlaam<br />

Inesse (Tessitrice)<br />

Lucia Barlaam<br />

(Lavoro all’uncinetto)<br />

Di Castijune s’armane ngandate


118<br />

Mestieri e professioni<br />

Il calzolaio<br />

“Lu Scarpare”<br />

Bottega di Ginucce<br />

Nemesije, Don Pasquale, Ginucce e Ciurille.<br />

Anche questo mestiere era largamente praticato. Diverse erano<br />

le botteghe sparse per il paese, dove operavano veri e propri<br />

maestri con i loro aiutanti. Come i sarti anche i calzolai si recavano<br />

nelle varie contrade per riparare le scarpe ai vari componenti del nucleo<br />

familiare; il compenso anche per loro veniva dato in natura. Il più<br />

conosciuto fra i calzolai era “Ginucce” che ha lavorato fino a tarda età.<br />

Faceva ancora le scarpe a mano e su misura, molte anche a persone che<br />

venivano da fuori provincia. Il modesto ricavato, considerati la mole di<br />

lavoro ed i costi dei materiali, veniva compensato dal gusto di operare<br />

con consapevolezza e passione e dal ritrovarsi nella bottega con amici<br />

e paesani per gustare un buon bicchiere di vino e scambiarsi “serene”<br />

opinioni anche politiche. La foto eloquentemente illustra quel tempo!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

119<br />

Antonio Barlaam<br />

Ndunije di Carlucce<br />

Ettore Ciani<br />

Ittirucce<br />

Luigi Mingione<br />

Ginucce<br />

Alfonso Medori<br />

Furbicitte<br />

Vincenzo Ciani<br />

Mingenze Lu Scarpare<br />

Giuseppe Carminelli<br />

Pinucce Bbaffone<br />

Di Castijune s’armane ngandate


120<br />

Mestieri e professioni<br />

Guerino Grotta<br />

Guerine Bonasere<br />

Donato De Sanctis<br />

Tatucce Pizzichille<br />

Pierino Catulini<br />

Zi Pierine<br />

Raimondo Micoletti<br />

Mundine<br />

Ascanio Piccirilli<br />

Ciurille<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

121<br />

Il Muratore<br />

“Lu Muratore”<br />

Manfrede, Zi Ndandò e Saverije.<br />

Mestiere spesso tramandato di padre in figlio. I capimastri,<br />

gli operai e i manovali erano uomini muscolosi; esperienza,<br />

forza fisica, colpo d’occhio, hanno fatto degli ultimi muratori veri e<br />

propri maestri, quasi ingegneri. Le nuove tecniche edilizie, l’uso di<br />

materiali sempre più ricercati, adatti e pronti all’uso, e soprattutto la<br />

meccanizzazione e le normative sulla sicurezza hanno completamente<br />

trasformato questo mestiere.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


122<br />

Mestieri e professioni<br />

Remo Ruscitti<br />

Rimucce<br />

Manfredo Ruscitti<br />

Mario D’Onofrio<br />

La Muffette<br />

Sergio D’Onofrio<br />

La Muffette<br />

Mario Ammazzalorso<br />

Zi Marije<br />

Pio Altobelli<br />

Pijucce Ciarrocche<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

123<br />

Domenico Fabrizi<br />

Mimì Furcone<br />

Giovanni Profeta<br />

Giuuanne Cascione<br />

Saverio Schiappa<br />

Saverije Sciaqquette<br />

Donato Rubini<br />

Dunate Musciane<br />

Francesco Labricciosa<br />

Cecchine Zappette<br />

Donato Labricciosa<br />

Sanzone<br />

Di Castijune s’armane ngandate


124<br />

Mestieri e professioni<br />

Il fabbro<br />

“Lu Firrare”<br />

Mastro Riccardo Trequadrini e Zi Ndandò.<br />

Diverse le botteghe: quella di Ferrucce, di Tiriticche, di Riccarde,<br />

di Mingenze e altri. Dentro c’erano gli arnesi del mestiere:<br />

“la furnacelle” con una manovella per fare aria sul fuoco, un incudine<br />

e i martelli. All’esterno, fissati a muro, degli anelli di ferro o di pietra<br />

per tenere legati gli animali al momento della ferratura. Il lavoro di<br />

routine che i fabbri svolgevano, fino alla fine degli anni sessanta, era<br />

quello di fabbricare arnesi agricoli in ferro, e sistemare e aggiustare<br />

quelli già in uso in campagna (zappe, vanghe, falci, martelli, scalpelli,<br />

punteruoli) o in cucina (manici della “tijelle”). Con lo sviluppo edilizio<br />

il fabbro cominciò anche a produrre gli accessori per le case: ringhiere,<br />

finestre, porte di ferro e alluminio.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

125<br />

Vincenzo Trequadrini<br />

Mingenze La Macarde<br />

La puteche di La Macarde<br />

Camillo Di Pietro<br />

Bbiancone<br />

Remigio Romano<br />

Tiriticche<br />

La puteche di Remigge<br />

Bruno Trequadrini<br />

Brune di Riccarde<br />

Alberino Di Romualdo<br />

Lu Duttore<br />

Raffaele Pincelli<br />

Ferrucce<br />

Nicola Ruscitti<br />

Nicola Mariagemme, oltre a fare<br />

il fabbro gestiva il lavaggio delle<br />

automobili a fianco della bottega<br />

di “Compagno Riccardo”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


126<br />

Mestieri e professioni<br />

Il Falegname<br />

“Lu Faligname”<br />

Costantino D’Agostino, Renato e Alfredo Fazzini.<br />

Nel secondo dopoguerra a Castiglione vi erano diverse botteghe<br />

in cui operavano valenti falegnami. Naturalmente i vecchi<br />

artigiani sono stati i precursori dell’attività industriale. Con la nascita<br />

della Cassa Rurale e il conseguente aiuto economico, sono diventati<br />

degli imprenditori e sono sorti nel territorio alcuni mobilifici: F.lli<br />

Fazzini, Mucciola e Ferretti e ILL (Industria Lavorazione Legno).<br />

Molti operai negli anni 70/80 lavoravano alla produzione di mobili,<br />

porte e accessori di legno. È stato un periodo molto significativo per<br />

la crescita economica delle famiglie di tutta la vallata.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

127<br />

Domenico Barlaam<br />

Mimì Mezzuchile<br />

Gino D’Orazio<br />

Ggine Varrate<br />

Natale Mucciola<br />

Duilio Ricci<br />

Nello Bandini<br />

Nillucce<br />

Di Castijune s’armane ngandate


128<br />

Mestieri e professioni<br />

Il mulino ad acqua<br />

Contenitori per farina all'interno del mulino ad acqua.<br />

Era un impianto semplice che imbrigliava l’acqua del fiume,<br />

sfruttandola per far girare le pale per poi reimmetterla nel<br />

corso del fiume. Un marchingegno primitivo ma con un particolare<br />

ingranaggio: l’acqua deviata scorreva in un canale detta “la forme”,<br />

arrivava alle pale e metteva in movimento la ruota. Il cigolio delle<br />

macine, il profumo della farina e la figura di “lu mulinare” tutto<br />

imbiancato, erano uno spettacolo. Ricordiamo il mulino ad acqua di<br />

Luigi Pincelli sulla sponda sinistra del Fino, e quello di “Pippine lu<br />

mulinare” sulla sponda destra.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

129<br />

Macine del mulino ad acqua di Giuseppe Fazzini.<br />

Luigi Pincelli<br />

Giuseppe Fazzini<br />

Antonio Fazzini<br />

Macchinario per raffinare la<br />

farina.<br />

Francesco Luciani<br />

Ciccucce<br />

Negli anni sessanta “Ciccucce di<br />

Don Gerarde” insieme con il fratello<br />

“Danducce” detto “lu Giappone”,<br />

attivò nel paese un mulino elettrico<br />

dove i contadini portavano a<br />

macinare il grano raccolto.<br />

Dante Luciani<br />

Dantucce Lu Giappone<br />

Di Castijune s’armane ngandate


130<br />

Mestieri e professioni<br />

La cantina<br />

“La Candine”<br />

La Puteche e la Candine di Zijette.<br />

Nel secondo dopoguerra e con l’avvento della televisione le<br />

cantine ed i bar erano molto frequentati ed erano luoghi di<br />

ritrovo di tutti dopo una giornata di duro lavoro. C’erano anche quelli<br />

che passavano tutta la giornata al bar perché non lavoravano. Diversi i<br />

motivi che spingevano i concittadini a passare qualche ora di relax nei<br />

bar o nelle cantine; chi giocava a carte, chi a biliardo, chi osservava, chi<br />

preferiva sorseggiare vino e intavolare ragionamenti con gli astanti e<br />

infine tanti ragazzini che seguivano curiosi le fasi del gioco desiderosi<br />

di apprenderle. Inoltre nei locali si discuteva animatamente di partite<br />

di calcio: epocali gli scontri verbali fra Juventini, Interisti, Milanisti e<br />

qualche tifoso del Toro!...e di gare ciclistiche: interminabili le discussioni<br />

tra i tifosi di Coppi e Bartali, Zilioli e Taccone, Moser e Saronni!<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

131<br />

Iole Di Martino<br />

Zì Iole<br />

Umberto D’Egidio e Leonardo<br />

Li Curse<br />

Albina Romano<br />

Albine di Tiriticche<br />

Giovanni Massimiani<br />

La lucche<br />

Vincenzo Di Battista<br />

Biangunelle<br />

Adelchi Pantaleone<br />

Adelche<br />

Di Castijune s’armane ngandate


132<br />

Mestieri e professioni<br />

La Candine di La Ggesse<br />

Donato D’Emidio<br />

Ciucione<br />

Elpina Giangrande<br />

Emidio Catulini<br />

Middijucce<br />

Ariodante Mensile<br />

Ariulande<br />

Grazietta D’Orazio<br />

Zijette<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

133<br />

Il commerciante<br />

“Lu Commerciande”<br />

La puteche di Zijette a llu Castelle.<br />

Anche l’attività del commerciante era molto sviluppata. Le diverse<br />

categorie rifornivano i cittadini delle necessità basilari ma,<br />

di qualsiasi cosa si avesse bisogno, si riusciva a soddisfare le esigenze<br />

di tutti. Diversi i negozi di generi alimentari (cinque solo nel paese<br />

senza contare le frazioni), diversi negozi anche di tessuti e confezioni.<br />

Molto in voga in quel periodo il famoso “Libretto” dove si annotava<br />

la merce non pagata; quando si vendeva qualcosa o arrivava qualche<br />

rimessa dai congiunti emigrati si regolava il conto. Questo contratto o<br />

libretto veniva chiamato in dialetto “La cridenze” in pratica una sorta<br />

di credito, concessa alle famiglie che non riuscivano a pagare subito in<br />

contanti la spesa. Per l’acquisto di vestiario era spesso il capofamiglia<br />

che accompagnava le donne in fiera o nei negozi. Le contrattazioni con<br />

i commercianti erano scene indimenticabili: si sceglievano le stoffe, si<br />

chiedevano i prezzi e poi gli sconti, fino a quando non ci si accordava.<br />

Da ricordare le litigate tra “li pannarule” (commercianti che partecipavano<br />

alle fiere di paese) per accaparrarsi il posto migliore a “Siprijole”.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


134<br />

Mestieri e professioni<br />

Erlinda Romano<br />

Amerino Romano<br />

Merine<br />

Teresa Baldassarre<br />

Giuseppe Planamente<br />

Lu Ciambane<br />

Nella e Donato Di Donato<br />

Cazzarelle<br />

Agata Del Medico<br />

Chetine<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

135<br />

Luigi ed Eva Di Donato<br />

Amelia e Francesco Di Rocco<br />

Ciccucce Sarache<br />

Vittorino Scocchia<br />

Vitturine<br />

Franceschina Giannetti<br />

Franceschine<br />

Carlo Guardiani<br />

Iolanda Mucciola<br />

Lola<br />

Di Castijune s’armane ngandate


136<br />

Mestieri e professioni<br />

Il macellaio<br />

“Lu Macillare”<br />

Stefano Romano<br />

Stefane Panajule<br />

Antonio Di Quinzio<br />

Ndonije di Quinzije<br />

Italiano Andreoli<br />

Loreta De Lauretis<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

137<br />

Il commerciante<br />

di bestiame<br />

“Lu Cummerciande di bistiame”<br />

Giovanni Andreoli<br />

Giuuannucce Mascione<br />

Carmine Andreoli<br />

Zi Carminucce<br />

Giuseppe Andreoli<br />

Pippine Mascione<br />

Il Venditore<br />

di porchetta<br />

“Lu Purchettare”<br />

Fantino Di Giuseppe<br />

Fifì di Fidiriche<br />

Luigi Andreoli<br />

Ggine<br />

Di Castijune s’armane ngandate


138<br />

Mestieri e professioni<br />

Il Fornaio<br />

“Lu Furnare”<br />

Giulio Nepa<br />

Lu Furnare<br />

Legrina Zizi<br />

Giuseppe Ravicini<br />

Lu Furnare<br />

Il fotoGrafo<br />

“Lu Fotografe”<br />

Ercolino Micoletti<br />

La bbardascille<br />

Ernesto Giannetti<br />

La Fumire<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

139<br />

Il VenditorE<br />

di elettrodomestici<br />

Camillo Di Pietro<br />

Camille Bbiangone<br />

Paolo Giancaterino<br />

Pauline Mangialone<br />

Il Benzinaio<br />

“Lu Benzinare”<br />

Guido Di Rocco Ernino D’Agostino Nicola e Maria Margiovanni<br />

Di Castijune s’armane ngandate


140<br />

Mestieri e professioni<br />

Il Lattaio<br />

“Lu Lattare”<br />

Bertino Paluzzi Seriuccio Paluzzi Francesco De Sanctis<br />

Camillotte<br />

L’Ambulante<br />

“L’Ambulande”<br />

Banchetto della Tosca<br />

Palmina Corradi<br />

La Martilucce<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

141<br />

Sali e tabacchi<br />

“Lu Spacciarole”<br />

Walter Di Giuseppe<br />

Assunta Erasmi<br />

Ssundine<br />

IL barbiere<br />

“Lu Barbire”<br />

Salvatore D’Egidio<br />

Bajone<br />

Ernesto Sfamurri<br />

Ernestine<br />

Di Castijune s’armane ngandate


142<br />

Mestieri e professioni<br />

La parrucchiera<br />

“La Parrucchijre”<br />

Naide Sfamurri<br />

Marisa D’Orazio<br />

L’Orefice<br />

“L’Orefice”<br />

Antonio D’Egidio<br />

Tonine Sor Peppe<br />

Balillina Di Donato<br />

Marije Cazzarelle<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

143<br />

Il FattorE<br />

“Lu Fattore”<br />

Era persona incaricata dal proprietario di terreni a vigilare sui<br />

lavori della campagna. Esaminava insieme con il padrone, (se<br />

non aveva carta bianca), i problemi delle masserie; dava le direttive “a<br />

llu socce” e in generale alla manovalanza. Era in pratica il referente di<br />

quanto succedeva sui possedimenti del proprietario, sempre attento<br />

a verificare e riferire, anche perché più controllava e più riusciva a<br />

guadagnare.<br />

Corrado De Fabritiis<br />

Lu Fattore<br />

Giuseppe Di Michele<br />

L’Agente del dazio<br />

“Lu Dazijre”<br />

Mario De Colli<br />

Lu Dazijre<br />

Di Castijune s’armane ngandate


144<br />

Mestieri e professioni<br />

Il Medico<br />

“Lu Metiche”<br />

Francesco Savini<br />

Giuseppe De Filippis<br />

Nicola Luciani<br />

Rocco Salini<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

145<br />

Il Farmacista<br />

e Il veterinario<br />

“Lu Farmaciste e Lu Vitrinarije”<br />

Mario Simeone<br />

Lu Farmaciste<br />

Mario Moschetta<br />

Lu Vitrinarije<br />

La levatrice<br />

“La Mammine”<br />

Giovanna Di Flaviano<br />

La Mammine<br />

Di Castijune s’armane ngandate


146<br />

Mestieri e professioni<br />

Il DipendentE del Comune<br />

“Lu Mbijgate”<br />

Italo Pantaleone<br />

Ernesto Di Donato<br />

Emilio Marganella<br />

Il Vigile<br />

“La Guardije”<br />

Nemesio Trippetta<br />

Enrico Di Marco<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

147<br />

Il Fontaniere<br />

“Lu Fundanire”<br />

Mario Giannascoli<br />

Lu Tore<br />

Vincenzo Trequadrini<br />

La Macarde<br />

L’OperatorE ecologico<br />

“Lu Munnazzare”<br />

Antonio Micoletti<br />

Turelle<br />

Francesco La Canale<br />

Zuccutelle<br />

Giuseppe Montello<br />

Mondelle<br />

Pasquale Torrieri<br />

Pulciane<br />

Di Castijune s’armane ngandate


148<br />

Mestieri e professioni<br />

IL dipendentE<br />

dell’ufficio postale<br />

“Lu Pustarole”<br />

Mario Di Emidio<br />

Elisa Di Francesco<br />

Emiliano Matani<br />

Pippo Maranci<br />

Maria Luisa e Tonino Marganella<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

149<br />

Il Cantoniere<br />

“Lu Candunire”<br />

Gaetano Di Michele<br />

Tanucce lu cape<br />

Aurelio Antonelli<br />

Lu candunire<br />

Guido Di Michele<br />

Lu casine<br />

Mario Ferretti<br />

Lu Presidende<br />

Tommaso Bufo<br />

Tumasse fidele<br />

Aladino Crescia<br />

Brillantino Leone<br />

Di Castijune s’armane ngandate


150<br />

Mestieri e professioni<br />

Il camionista<br />

“Lu Camijuniste”<br />

Antonio Di Martino - Giubbette.<br />

Il Camionista, alcuni anni fa, era un mestiere molto praticato,<br />

ma massacrante e gestito con enormi sacrifici. Gli automezzi<br />

erano molto costosi e fare investimenti significava mettersi al lavoro<br />

di buona lena, giorno e notte a caricare e scaricare merci per le varie<br />

destinazioni. Parecchi compaesani si erano dedicati a questa attività<br />

con passione. Curavano i loro automezzi nei particolari sempre<br />

pronti ed efficienti per affrontare lunghi viaggi. Negli anni sessanta<br />

da Castiglione, con periodicità mensile “Giubbette” effettuava viaggi<br />

a San Remo e dintorni, dove nel dopoguerra si erano trasferiti molti<br />

Castiglionesi per lavoro.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

151<br />

Riccardo De Sanctis<br />

Lu Cavalle<br />

Filippo De Sanctis<br />

Pizzichille<br />

Nazario Di Donato<br />

Nazzarije Cazzarelle<br />

Sandrino Romano<br />

Tonino Catulini<br />

Alberino Giannascoli<br />

Laurandine<br />

L’Autista<br />

“L’Autiste”<br />

Angelo Ravicini<br />

Ngiuline Firrette<br />

Eraldo Almonti<br />

Narducce Barbette<br />

Ferruccio Luciani<br />

Ferrucce<br />

Di Castijune s’armane ngandate


152<br />

Mestieri e professioni<br />

Il parroco<br />

“Lu Prete”<br />

Don Ernesto Barlaam<br />

Don Nicola Chioditti<br />

Don Camillo Di Berardino<br />

Don Bruno Valente<br />

Don Rodolfo Soccio<br />

Don Luciano Volpe<br />

Don Icilio Sforza<br />

Don Giorgio Soave<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

153<br />

Il frate<br />

“Lu Frate”<br />

Padre Francesco<br />

Saverio Sfamurri<br />

Padre Raimondo<br />

Pietro Micoletti<br />

Padre Francesco Saverio<br />

Domenico D’Agostino<br />

Padre Luigi<br />

Luigi Pingelli<br />

Don Palmerino Di Battista<br />

Il sagrestano<br />

“Lu Sacrestane”<br />

Mario Di Giuseppe<br />

Fofomme<br />

Mario Mingione<br />

Mariucce<br />

Luciano Mingione<br />

Cijane<br />

Di Castijune s’armane ngandate


154<br />

Mestieri e professioni<br />

Il maestro<br />

“Lu Mastre”<br />

Lu Mastre Catalde (Giuseppe D’Orazio) e una scolaresca - 1928.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

155<br />

Angelo Pompei<br />

Costantino Di Donato<br />

Vitale Di Donato<br />

Leo Sfamurri<br />

Duilio Di Battista<br />

Ennio De Filippis<br />

Ugo Dogali<br />

Galileo Trequadrini<br />

e l’alunno Bruno Bufo<br />

Francesco Pincelli<br />

Luigi Mantini<br />

Di Castijune s’armane ngandate


156<br />

Mestieri e professioni<br />

La maestra<br />

“La Mastre”<br />

Maestra Corinna<br />

Maestra Delia<br />

Maestra Dina<br />

Maestra Concetta<br />

Maestra Erminia<br />

Maestra Scuccimarra<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

157<br />

Maestra Dorina<br />

Maestra Lina<br />

Maestra Teresa<br />

Maestra d'asilo Grazia Masellis<br />

Maestra Patrizia<br />

Il Bidello<br />

“Lu Bidelle”<br />

Giuseppe Di Pietro<br />

Peppe Biancone<br />

Mario Mingione<br />

Mariucce<br />

Maria Torrieri<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

159<br />

Personaggi<br />

da ricordare<br />

Se volessimo ricordare il tempo della nostra infanzia, non potremmo<br />

non avere ricordi che includono persone che hanno<br />

percorso insieme a noi un pezzo di vita. Uomini e donne semplici,<br />

particolarmente incastonati in uno spicchio di tempo che sollecitano<br />

i nostri pensieri. Ognuno di essi è una storia, una lunga storia che<br />

andrebbe raccontata per dare vita e insegnamento a chi oggi ascolta<br />

o legge.<br />

Le vicissitudini di quel tempo, le speranze, le delusioni, le necessità,<br />

messe cronologicamente in fila, restituiscono figure che hanno<br />

il loro fascino e suscitano a seconda del racconto apprensione, ilarità,<br />

curiosità, voglia di sapere, voglia di conoscere.<br />

Difficile per le nuove generazioni avere la rappresentazione del<br />

vero significato di parole come sacrificio, fame, miseria, sopravvivenza;<br />

difficile non perché non conoscano il significato, ma perché non hanno<br />

convissuto con le difficoltà che hanno dovuto affrontare i loro antenati.<br />

Le foto delle persone, che abbiamo inserito di seguito, raffigurano<br />

uno spaccato della società che ha vissuto tra la guerra ed il dopoguerra.<br />

Quello che ci preme evidenziare è che ognuno di questi personaggi<br />

ha dietro di sé una storia, una vera storia. Un romanzo infinitamente<br />

lungo, affascinante, identitario, che potrebbe illuminare la via alle<br />

nuove generazioni, perché crediamo che riflettendo sul passato si possa<br />

poi guardare con fiducia al futuro.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


160<br />

Personaggi da ricordare<br />

Giuseppe D’Egidio<br />

Sor Peppe<br />

Alessandro Di Donato<br />

Lisandre D’Alije<br />

Giovanni Corradi<br />

Giuuanne La Culicchije<br />

Menotti Manna<br />

Lino Barlaam<br />

Angelo Emidio Ammazzalorso<br />

Middijucce<br />

Giuseppe Pantaleone<br />

Pippine Pantalone<br />

Nunzio Ruscitti<br />

Zi Nnunzije lu vitturale<br />

Fiore Petrini<br />

Fiore Lu Ijciarole<br />

Mario Ranieri<br />

Marije Pucette<br />

Antonio Lupinetti<br />

Ndunije Pricoche<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

Pasquale Iezzi<br />

Falicone


Capitolo 4<br />

161<br />

Pasquale Fusco<br />

Lu Strizze<br />

Antonio Romano<br />

Ndulucce<br />

Arturo Ammazzalorso<br />

Tubbije<br />

Ennio Di Cristofaro<br />

Pasquale Sorgentone<br />

Santino Bufo<br />

Lu Bufette<br />

Pietro Micolucci<br />

Pierine Lu Maligne<br />

Giacomo Fabrizi<br />

Giacumine Furcone<br />

Antonio Di Martino<br />

Chillucce<br />

Tito Di Battista<br />

Titine Biancunelle<br />

Vittorio Catulini<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

Italo Di Muzio<br />

Itucce


162<br />

Personaggi da ricordare<br />

Francesco Marini<br />

Francische Cocciasturte<br />

Antonio Marucci<br />

Ndonije Marucce<br />

Vincenzo Belisario<br />

Mingenze di sfrije<br />

Antonio Faione<br />

Ndunije Fajone<br />

Umberto Ciani<br />

Mbertucce<br />

Venanzio Di Quinzio<br />

Minanzie<br />

Antonio Carminelli<br />

Bbaffone<br />

Gelormine e Palmine<br />

Carmela Chiavone<br />

Zi Carmela La Caiazze<br />

Ciriaca D’Agostino<br />

Ciriche<br />

Carmela D’Onofrio<br />

Carmillette la muffette<br />

Di Castijune s’armane ngandate<br />

Alessandrina Londri<br />

Sandine


Capitolo 4<br />

163<br />

coro di Castiglione<br />

MESSER RAIMONDO<br />

Con l’intraprendente iniziativa di persone volenterose come<br />

il maestro Ennio De Filippis, Luciano Mingione, Emiliano<br />

Matani ed altri, nel nostro paese furono costituiti in epoche diverse<br />

formazioni coristiche. Qui di seguito riportiamo alcune foto, nelle<br />

quali sono presenti molti cari amici.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


164<br />

Il coro<br />

Coro degli alunni di Appignano.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

165<br />

Gli amici<br />

dell’allegria<br />

Negli ultimi decenni del ’900 i cittadini di Castiglione hanno<br />

potuto godere delle performance di un gruppo folk che<br />

in molte occasioni di festa, con la loro simpatia e la loro bravura, li<br />

hanno allietati con canti e rievocando tradizioni popolari. Il gruppo<br />

denominato “Gli Amici dell’Allegria” aveva come leader indiscusso<br />

“Ercolino Micoletti” che veniva chiamato “il maestro”; altro componente<br />

di spicco era “Cijane”, Luciano Mingione valente fisarmonicista<br />

autodidatta; poi “Gine, cantante solista e Pasquale Pulciane” (Luigi e<br />

Pasquale Torrieri); Emilio Delle Monache e Quintino Di Domenico al<br />

tamburello; Gabriele Petrini alla grancassa; Guglielmo Di Blasio e Antonio<br />

Catulini ai piatti; ed altri di paesi vicini che spesso si aggregavano<br />

al gruppo. Ci piace ricordarli per la loro bravura, per l’impegno assiduo<br />

dimostrato, per i momenti di spensieratezza regalati ai concittadini.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


166<br />

Prof. Gabriele Faccia<br />

(1942-1988)<br />

Il Professor Faccia è stato un educatore di giovani leve che utilizzò<br />

metodi innovativi nell’insegnamento delle discipline letterarie.<br />

I giovani allievi lo ricordano con il suo sorriso speciale che denotava<br />

tutta la sua bontà. Nel corso della sua breve esistenza si dedicò all’educazione<br />

culturale delle giovani generazioni, approfondendo senza<br />

sosta le sue conoscenze. Era solito, nei momenti di relax, quando<br />

sentiva presente la vena poetica, dedicarsi alla composizione di rime.<br />

Alcune di queste davvero belle e toccanti abbiamo voluto proporle,<br />

affinché il suo ricordo non venga cancellato dal trascorre del tempo.<br />

Sono liriche tratte dalla raccolta “Le cicale” – Firenze febbr. 1966<br />

*Nessuno affoga<br />

nel lago della luna.<br />

È lontano lontano<br />

e sta per tramontare!<br />

Nessuno, mai nessuno<br />

può affogare.<br />

*Nell’ultime notti di maggio<br />

quando ardente mi divora<br />

desiderio di baci,<br />

fra le foglie rinate<br />

le pallide ciliegie<br />

sognano il sole<br />

e arrossano di gioia.<br />

*Non è più come allora,<br />

ogni giorno rinasco<br />

con un respiro più breve,<br />

i miei passi<br />

fan meno rumore,<br />

ho la voce piegata<br />

al sussurro.<br />

*Non amo che poche cose<br />

oggi, mia vita:<br />

il vento che mi penetra<br />

gli abiti e mi ride<br />

il vento impertinente,<br />

la luna lucente<br />

rossa delle notti d’autunno,<br />

la luna che si cala<br />

piano dietro i monti<br />

e i tuoi occhi liquidi<br />

e le tue labbra morbide<br />

e tutte le favole sciocche<br />

che mi racconterai di te.<br />

*Se almeno sapessi<br />

cosa desiderare<br />

la vita sarebbe<br />

un facile gioco.<br />

Mi dimena l’assurdo<br />

chi parte non torna.<br />

Nella nuca il vuoto di un anno<br />

nella gola il sapore di nulla.<br />

*Quando avrò fra le mani<br />

lo spasimo estremo dei sensi<br />

sentendo la fuga ventosa di vita<br />

da tutte le membra<br />

terrò la mia faccia nascosta<br />

nel cavo tuo collo segreto…<br />

Avrai d’improvviso<br />

le lagrime sparse sul seno<br />

e l’anima mia<br />

già certa del mondo che manca,<br />

abbracciata, sentendosi vana<br />

col cuore in sussulto, più acerba.<br />

*Me ne andrò lontano<br />

più lontano delle stelle<br />

e solo a me racconterò la storia<br />

di un viaggio così lungo.<br />

Non mi vedrete più dopo l’estate<br />

avrete tutti soli con voi<br />

la malinconia delle piogge lunghe,<br />

la gioia strana della nevicata<br />

e l’altra estate e l’altra primavera.<br />

Io per me sono l’esule<br />

che non conosce il suo destino<br />

e sa soltanto di dover fuggire.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

167<br />

Foto di un tempo<br />

passato...<br />

La Cantina di Ciucione, con Gino Bartali, Ndonije di Quinzije, La Valterrine,<br />

Falcone e Tonine sor Peppe.<br />

“Lu Trappite” di Pasquale Sorgentone con alcuni aiutanti: si riconoscono Dunate<br />

Pulciane e Ndunije Turelle.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


168<br />

Foto di un tempo passato...<br />

La Meglio gioventù degli anni ’60.<br />

Solenne cerimonia delle Ascensioni, venivano portate in processione tutte le statue dei Santi. Foto inizi del 1900.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

169<br />

I cittadini di Castiglione ricordano i caduti della Grande Guerra con una cerimonia davanti al Municipio. Foto anni ’30.<br />

Foto di gruppo cittadini <strong>castiglione</strong>si - 1933.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


170<br />

Foto di un tempo passato...<br />

La “Vije di Sopre” oggi via Vittorio Emanuele II. Nel centro storico si svolgevano gran parte delle attività commerciali<br />

e artigianali. Le case sulla destra sono state abbattute agli inizi degli anni sessanta.<br />

Parrocchia di San Nicola di Bari oggi intitolata a San<br />

Donato Martire.<br />

Il campanile.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

171<br />

Di Castijune s’armane ngandate


172<br />

Foto di un tempo passato...<br />

“La vricciate”, via Mazzini.<br />

“Li ringhire”, rione di Sant’Antonio.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


Capitolo 4<br />

173<br />

“Li coste”, foto da contrada Intagliata.<br />

“La ruve di Fajone”, vico Altobelli.<br />

“Lu suppurte”, via Roma.<br />

Di Castijune s’armane ngandate


175<br />

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Di Castijune s’armane ngandate


Finito di stampare nel dicembre 2015<br />

dalle Arti Grafiche Cantagallo, Penne PE

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