libro-castiglione-bicromia
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Associazione Culturale Castiglione Nostra<br />
Di Castijune s’armane<br />
ngandate<br />
Storie Personaggi Soprannomi Mestieri e Professioni<br />
A cura della Banca di Credito Cooperativo<br />
di Castiglione M. R. e Pianella
Associazione Culturale Castiglione Nostra<br />
Di Castijune s’armane<br />
ngandate<br />
Storie Personaggi Soprannomi<br />
Mestieri e Professioni<br />
A cura della Banca di Credito Cooperativo<br />
di Castiglione M. R. e Pianella
Hanno collaborato<br />
Maria Antonietta Ferretti<br />
Gabriele Di Battista<br />
Giorgio De Fabritiis<br />
Francesco Sorgentone<br />
Marino Belisario<br />
Ringraziamenti<br />
Alla Banca di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo e Pianella<br />
Alla Amministrazione Comunale di Castiglione Messer Raimondo<br />
A tutte le persone che ci hanno concesso le foto<br />
A Ernesto Di Nicola<br />
A Ernesto Giannetti<br />
A Raffaele Castagna<br />
A Rocco Oronzo<br />
Progetto grafico e impaginazione<br />
Melarido di Adriano Ridolfi, Penne PE<br />
Stampa<br />
Arti Grafiche Cantagallo, Penne PE
INDICE<br />
Prefazione 5<br />
Nota degli autori 7<br />
Castijune - poesia di Ercolino Micoletti 9<br />
Presentazione 11<br />
Toponomastica di Castiglione e contrade 15<br />
Capitolo 1 19<br />
Cenni storici 21<br />
Lo stemma del paese 21<br />
Origini del nome 21<br />
Colle San Giorgio - Santa Maria - Appignano 22<br />
Castiglione paese 25<br />
Secolo XV 26<br />
Secolo XVI 28<br />
Secolo XVII 31<br />
Secolo XVIII 32<br />
Secolo XIX 34<br />
La chiesa parrocchiale di San Donato 37<br />
La croce processionale di Castiglione Messer Raimondo 38<br />
La Festa di San Donato Martire 39<br />
Le chiese e le cappelle 40<br />
Appignano 45<br />
Le chiese di Appignano 47<br />
Il convento di Appignano 48<br />
Capitolo 2 51<br />
Personaggi storici 53<br />
Domenicantonio Toro 55<br />
Michele Candelori 59<br />
Gennaro Pensieri 67<br />
Angelo Pompei 71<br />
Soci fondatori della Cassa Rurale ed Artigiana 75<br />
I presidenti della Banca 77<br />
Capitolo 3 79<br />
Li soprannume - I soprannomi 81<br />
Perché il soprannome? 82<br />
Elenco dei soprannomi 97<br />
Dialettando 103<br />
Sentenze 104<br />
Modi di dire 105<br />
Pillole… dialettali 105<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4 107<br />
Mestieri e professioni 109<br />
Il Sarto 111<br />
La sarta 115<br />
Il calzolaio 118<br />
Il muratore 121<br />
Il fabbro 124<br />
Il falegname 126<br />
Il mulino ad acqua 128<br />
La cantina 130<br />
Il commerciante 133<br />
Il macellaio 136<br />
Il commerciante di bestiame 137<br />
Il venditore di porchetta 137<br />
Il fornaio 138<br />
Il fotografo 138<br />
Il venditore di elettrodomestici 139<br />
Il benzinaio 139<br />
Il lattaio 140<br />
L’ambulante 140<br />
Sali e tabacchi 141<br />
Il barbiere 141<br />
La parrucchiera 142<br />
L’orefice 142<br />
Il fattore 143<br />
L’agente del dazio 143<br />
Il medico 144<br />
Il farmacista e il veterinario 145<br />
La levatrice 145<br />
Il dipendente del Comune 146<br />
Il vigile 146<br />
Il fontaniere 147<br />
L’operatore ecologico 147<br />
Il dipendente dell’ufficio postale 148<br />
Il cantoniere 149<br />
Il camionista 150<br />
L’autista 151<br />
Il parroco 152<br />
Il frate 153<br />
Il sagrestano 153<br />
Il maestro 154<br />
La maestra 156<br />
Il bidello 157<br />
Personaggi da ricordare 159<br />
Coro di Castiglione Messer Raimondo 163<br />
Gli Amici dell’Allegria 165<br />
Prof. Gabriele Faccia 166<br />
Foto di un tempo passato… 167<br />
Bibliografia 175<br />
Di Castijune s’armane ngandate
5<br />
PREFAZIONE<br />
Tra i valori fondanti del Credito Cooperativo c’è il modo “differente” di fare banca. Una banca che<br />
appartiene al suo territorio e quindi partecipativa alla crescita culturale e sociale della collettività.<br />
Questa iniziativa dell’Associazione Castiglione Nostra è stata ben accolta dal Consiglio di Amministrazione<br />
che ha inteso contribuire alla stampa del <strong>libro</strong> perché rappresenta un documento per la conservazione<br />
dei costumi e delle tradizioni di un popolo; storie, usanze e personaggi che potrebbero andare perduti<br />
per sempre. Il volume, ricco di fotografie e di citazioni, ripropone tanti momenti di vita passata, fatta di<br />
avvenimenti e di situazioni spesso dimenticate. Ma quanti sacrifici hanno fatto i nostri padri, professionisti,<br />
artigiani e contadini, veri maestri di vita, che nel dopoguerra hanno risollevato le sorti di una nazione<br />
ridotta alla miseria? Non dimentichiamo che questi mestieri artigianali e rurali sono stati alla base della<br />
nascita del nostro istituto e, non a caso, vengono citate l’idea e l’opera del maestro Angelo Pompei che,<br />
riunendo 92 soci, fra artigiani, agricoltori e professionisti, riuscì a costituire la Cassa Rurale ed Artigiana<br />
di Castiglione Messer Raimondo. Questo è motivo di orgoglio e manifesta l’apprezzamento degli autori<br />
e della comunità intera, che in qualche modo si sentono legati a questa istituzione, che oggi resta un fiore<br />
all’occhiello non soltanto per il territorio di Castiglione, ma per tutti quei paesi dove la banca opera.<br />
Per concludere questa breve introduzione voglio esprimere il mio plauso e il ringraziamento del<br />
Consiglio di Amministrazione agli autori, che hanno contribuito alla realizzazione di questo volume,<br />
impegnandosi alla riscoperta di usi e costumi del nostro territorio.<br />
Dott. Alfredo Savini<br />
Presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca di Credito Cooperativo<br />
di Castiglione M. Raimondo e Pianella<br />
Di Castijune s’armane ngandate
7<br />
NOTA DEGLI AUTORI<br />
Pasquale Ammazzalorso<br />
Come promesso in una serata dell’agosto 2014, noi componenti l’Associazione “Castiglione Nostra”,<br />
dopo un lavoro un po’ laborioso, siamo riusciti a mettere insieme il materiale in nostro possesso e a dare<br />
alle stampe un <strong>libro</strong>, sperando di fare cosa gradita a tutti i Castiglionesi. Un grazie particolare alla Banca<br />
di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo e Pianella che ha permesso la pubblicazione di<br />
questo volume. Si tratta di un lavoro semplice, senza pretese letterarie, ma che ha uno scopo ben preciso:<br />
esso è diretto soprattutto alle giovani generazioni, che non avendo potuto godere di quell’importante periodo<br />
del secondo dopoguerra, avranno così la possibilità di conoscere la vita e le attività dei loro antenati,<br />
padri e nonni, che hanno onorato Castiglione, facendone un paese ammirato in tutta la Vallata del Fino.<br />
Chi invece ha vissuto tale periodo ritroverà, scolpiti nella memoria, persone e luoghi, che susciteranno<br />
un certo rimpianto per quel mondo ed anche un po’ di commozione. Quel patrimonio culturale, di solidarietà,<br />
di operosità, di attaccamento al proprio paese, che i nostri antenati ci hanno lasciato, non deve<br />
essere dimenticato, ma conservato e trasmesso alle future generazioni. Infine, è bene ricordarlo, questo<br />
volume semplice è nato dal grande amore che nutriamo per il nostro “bel borgo natìo”.<br />
Mauro Giangrande<br />
Dedico questo mio impegno alla memoria di mio padre Vincenzo e di mia mamma Lelia.<br />
“Posso dire soltanto che appartengo a quelli che lontano se ne sono andati, ma sempre ritornano, però il<br />
seno della terra più non li trattiene, che già li hanno svezzati di fuori. Partono e continuano eternamente a<br />
tornare…” Uno scritto di un musicista contemporaneo di cui molto condivido... l’approssimarsi della vita<br />
gioca scherzi imprevedibili, ti pone domande tremende alle quali poi bisognerà dare risposte. I bilanci si<br />
fanno a fine corsa ed è il tempo loro, occorre pensare ad un lascito ad un ricordo ad una testimonianza<br />
che non disperda nel buio del tempo preziose ed insostituibili figure che hanno camminato prima di noi<br />
su questo suolo... a li ringhire, abballe a lu bborije, arrete a lu fosse, oppure su ... allu capijlme, o sotte a li<br />
mure. Quello che più mi manca di quegli anni è il sapore di quelle giornate, gli odori, i timbri delle voci<br />
che più non ascolto ma che porto dentro come una specie di DNA ed oramai fanno parte di me. Oggi<br />
volti giovani hanno sostituito quelli vecchi, ma la saggezza e la singolarità di quelle persone rimarranno<br />
per sempre nei nostri ricordi; con questa pubblicazione spero che anche altre generazioni, che non li<br />
hanno potuto conoscere, li conoscano e prendano coscienza che ...la vita non è quella che si è vissuta, ma<br />
quella che si ricorda… e, come la si ricorda… per raccontarla poi agli altri che verranno!<br />
(Gabriel Garcia Marquez)<br />
Francesco Ammazzalorso<br />
“Alla ricerca delle nostre radici e alla conservazione di un patrimonio, perché i giovani non dimentichino<br />
la terra dei loro padri e trovino in essa i motivi per un futuro migliore”. Vivendo in un mondo<br />
che la tecnologia ha reso inumano, credo sia indispensabile voltarsi indietro e tornare ad attingere ad un<br />
passato più semplice, ma più bello, ricco di valori, di storie di vita paesana, di battute e di risate spensierate.<br />
Perciò ho accolto con entusiasmo l'invito a partecipare alla stesura di questo volume, inserendoci<br />
qualcosa della mia tesi di laurea in “dialettologia italiana” sul mio paese. Oggi riuscire a divulgare un<br />
<strong>libro</strong> su Castiglione e dintorni, alla portata di tutti, è sicuramente da considerare un valido contributo<br />
Di Castijune s’armane ngandate
8<br />
Cenni storici<br />
alla cultura, alla conoscenza della storia e delle tradizioni del nostro paese, soprattutto per coloro che se<br />
ne sono allontanati, ma che vi sono rimasti sempre nostalgicamente legati e per i figli dei <strong>castiglione</strong>si<br />
emigranti, che vogliono conoscerlo e visitarlo.<br />
Francesco Barillaro<br />
Ho aderito con piacere all’invito a collaborare alla realizzazione di questa opera mettendo a disposizione<br />
quanto in mio possesso: documenti, fotografie e cartoline d’epoca, frutto della mia passione che coltivo<br />
da tanti anni. Sicuramente un valido contributo alla conservazione della tradizione locale.<br />
La mia disponibilità rappresenta un doveroso ringraziamento verso la comunità <strong>castiglione</strong>se che mi<br />
ha accolto insieme con la mia famiglia.<br />
Fausto Trequadrini<br />
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere<br />
che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”<br />
(Cesare Pavese).<br />
Le vicende della vita mi hanno portato lontano da Castiglione appena compiuti i diciotto anni e, pur<br />
avendomi dato tanto, mi hanno tolto il piacere di godermi nel profondo il paese ed i compaesani.<br />
Sarà anche per questo che sono profondamente attaccato alla mia terra, alle mie origini, che leggo tante<br />
volte con commozione la citazione di Pavese, che mi porta a pensare ai luoghi e alle persone, lasciati ma<br />
non persi; ad intonare con la chitarra, da solo o insieme ad altri, “paese mio che stai sulla collina...”. Perciò<br />
ho partecipato con entusiasmo alla stesura di questo <strong>libro</strong>, senza remore e senza pensare a quanto fosse<br />
difficile concretizzarlo; ed ora che l’avventura è giunta al termine penso di uscirne arricchito per tre motivi:<br />
1) Sono stato insieme agli amici di sempre durante la stesura e alle tante sessioni di revisione;<br />
2) Ho dato il mio piccolo contributo per tramandare nel tempo fatti e persone di Castiglione;<br />
3) Ho imparato molte cose sul nostro paese e trovato tanti nuovi motivi per volergli bene.<br />
Non aspettatevi un trattato ampio e compendioso, non si è inteso dare alle stampe la nostra “Divina<br />
Commedia” ma semplicemente fare una cosa simpatica e piacevole da avere, sfogliare e leggere.<br />
Sono certo che, nel passare di pagina in pagina, vi scapperanno tanti sorrisi e qualche lacrimuccia.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
9<br />
CASTIJUNE<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
sol’ a vide’ duva sta’ pusate<br />
a ducente e cchiu’ metre sopra na culline<br />
vasciate da lu sole tutti li matine<br />
da l’ilbire fitti fitte sta’ ammandate<br />
come nu tissute villutate<br />
che s’aepre alla strada bbianche di la pritire<br />
chi sembre la scrime di na capillire.<br />
Ercolino<br />
Poesia in originale di Ercolino scritta di suo pugno.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
11<br />
PRESENTAZIONE<br />
L<br />
’idea di pubblicare un <strong>libro</strong> su Castiglione nasce qualche tempo<br />
fa da un gruppo di persone, riunite nell’Associazione “Castiglione<br />
Nostra”, interessate a ricostruire, almeno in parte, il cammino<br />
di una comunità cercando di cogliere alcuni momenti di vita vissuta,<br />
ricordando fatti, luoghi e persone di periodi storici diversi, che sono<br />
stati rappresentati in una serata paesana pubblica svoltasi nell’agosto<br />
2014 nell’anfiteatro comunale del capoluogo.<br />
Il progetto, tutto da pianificare, non aveva certamente l’ambizione<br />
di realizzare un’opera di ampio respiro, ma di cogliere alcuni momenti<br />
significativi della vita di una comunità, fatta di gente semplice e benpensante,<br />
composta da artigiani e agricoltori, ricordando alcune figure<br />
caratteristiche ed importanti, che hanno lasciato un segno per il paese e<br />
che costituiscono un patrimonio storico e culturale da non disperdere.<br />
Un pensiero grato va a quanti, con impegno e dedizione, hanno<br />
contribuito alla strutturazione del <strong>libro</strong> ma anche a tutti quei paesani<br />
che, nel loro piccolo, hanno messo a disposizione opere, scritti, lettere,<br />
poesie e fotografie, che hanno permesso la ricostruzione di un passato,<br />
che tutti abbiamo interesse a ricordare e rendere di pubblico dominio.<br />
La speranza è che il <strong>libro</strong> che presentiamo, attraverso la conoscenza<br />
ed il ricordo delle nostre origini, dell’umile e sacrificata vita dei nostri<br />
genitori e dei nostri nonni, ci sia di aiuto per conoscerci meglio, riscoprendo<br />
quanto di buono c’è nell’ambiente in cui abbiamo vissuto e<br />
viviamo, in modo da difenderlo e valorizzarlo in maniera sempre più<br />
efficace.<br />
Vorremmo evidenziare che non è stato possibile menzionare tutti i<br />
protagonisti delle varie attività artigianali e commerciali che operavano<br />
nel territorio <strong>castiglione</strong>se nel secondo dopoguerra. In ogni caso il<br />
nostro pensiero ed il nostro ringraziamento va a tutti coloro che, per<br />
motivi indipendenti dalla nostra volontà, non sono stati ricordati in<br />
questo volume.<br />
Non a caso l’Associazione “Castiglione Nostra” sta portando avanti<br />
l’attivazione di un sito internet nel quale verranno inseriti alcuni contenuti<br />
di questo <strong>libro</strong> e una moltitudine di foto raccolte dai cittadini, per<br />
dare la possibilità a tutti i Castiglionesi che vivono sparsi per il mondo,<br />
di ricordarsi e di avere notizie del loro paese di origine.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
“Sul crinale di una collina, come nel dorso estremo di un promontorio, a forma<br />
di nave lanciata tra le ondulazioni d’innumerevoli colli sulla vallata del fiume<br />
Fino, si adagia Castiglione Messer Raimondo, in Provincia di Teramo. Il paese<br />
guarda ad Occidente l’imponente catena del Gran Sasso, mentre ad oriente domina<br />
la valle ubertosa del Fino; a Settentrione ed a Meridione è contornata da colli e<br />
ripe, fossi e valli, tuttora in fase di assestamento tettonico; sulle ghiaie del Fino si<br />
scaricano numerosi calanchi.”
Con queste bellissime e semplici parole Padre Donatangelo Lupinetti<br />
descrive la posizione geografica di Castiglione. Piccola<br />
cittadina, situata a circa 265 metri sul livello del mare, che risulta molto<br />
caratteristica per il suo aspetto di Borgo Medioevale, anche se non vi<br />
sono ruderi o testimonianze che ne attestino davvero la sua origine<br />
feudale, eccetto alcuni nomi di vie del centro storico che conservano<br />
tuttora la definizione originale come Castello, Borgo, Fosso, Borgo<br />
Superiore, Borgo Inferiore, sotto Le Mura…ecc. L’intero territorio ha<br />
un’estensione di 3084 ettari ed una popolazione complessiva di 2364<br />
persone (dato censimento popolazione 2011). Il territorio circostante<br />
è eminentemente agricolo, ma non mancano alcune attività industriali<br />
e commerciali, molte di queste legate all’agricoltura. I campi vengono<br />
coltivati con razionalità e la loro feracità, oltre alla operosità dei contadini,<br />
è dovuta anche ai corsi d’ acqua che scorrono nel territorio,<br />
infatti oltre al fiume Fino, troviamo il torrente Petronico, il Vallecupa e<br />
L’Alzapone; le strade risultano funzionali ma sono spesso accidentate a<br />
causa di smottamenti e frane che si verificano con una certa frequenza,<br />
come abbiamo tristemente constatato nel primo semestre del 2015.<br />
Il territorio comunale è suddiviso in frazioni e contrade: San Giorgio,<br />
(dove fu ritrovato, attraverso scavi archeologici, un Tempietto<br />
Italico menzionato su una pubblicazione datata 1993 dal Prof. Gabriele<br />
Iaculli a cura della allora Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione Messer<br />
Raimondo) Borea Santa Maria, Capitolano, Bozzano, Valletraglia,<br />
Selvagrande, Cesi, Piane, Collecorvo, Controfino, Selva, Vorghe, Vicenne,<br />
Giardino; nelle pagine successive riportiamo la toponomastica<br />
di alcune contrade. L’unica frazione è Appignano, con il suo Castello<br />
ed il Borgo, ricordato dallo storico Flavio Biondo e riportato negli affreschi<br />
delle Logge del Vaticano; conserva ancora oggi il centro storico<br />
quasi intatto. Altra contrada importante è Piane, agglomerato in forte<br />
espansione grazie alla sua posizione geografica al centro della vallata ed<br />
alle sue attività commerciali e industriali. Per quanto riguarda le vie di<br />
comunicazione ricordiamo la ex SS 365 (Strada statale) ora Provinciale<br />
Teramo-Bisenti-Castiglione che in C.da Cesi si innesta con la Statale<br />
81 Piceno-Aprutina. La Città di Pescara è collegata dalla strada detta<br />
della “Bonifica” che nei primi anni 70 non era ancora del tutto asfaltata<br />
ed era disagevole percorrerla.<br />
Padre Donatangelo Lupinetti.<br />
13<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Vista di Castiglione da Santa Maria.
Capitolo 1<br />
15<br />
TOPONOMASTICA<br />
di Castiglione e Contrade<br />
Castijune<br />
Sanda Marije<br />
Cutuline<br />
Cerase<br />
La Taverne<br />
Collecimine<br />
Li Coste<br />
Castiglione.<br />
m., ant., XVII sec.; fortezza, paese cinto di mura; lat. mediev. castellio, -onis (dimin. di<br />
castellum; cfr.: castilione (a. 1199, a Roma), castilgionus (XIII sec., in Abruzzo). (DEI<br />
I 799). Circa la denominazione esatta, troviamo documenti con singolari varianti: nel<br />
1273 era ufficialmente chiamato nel Giustiziere Castellionum Domini Raonis e negli<br />
elenchi delle “Decime dei secoli XIII - XIV” è scritto Castellione; nel 1563 e nel 1669 si<br />
trova scritto Castiglione di Messer Raimondo, mentre tra le due date è detto Castiglione<br />
di Raimondo. Nei “Capitoli Castiglionesi” dei sec. XVI - XVIII è detto latinamente<br />
Castileonis. (D. Lupinetti - Castiglione M.R. e il suo tesoro, p. 16).<br />
C.da Borea S. Maria.<br />
da lat. boreas - tramontana, dal gr. boréas, di cui “borea” è la forma dotta; nel Cartulario<br />
Teramano (a. 894) boria; panromanzo (DEI I 561). S. Maria di Lucuiano, dall’omonima<br />
chiesa riportata anche nelle Rationes: Ecclesia S. Maria de Luquiano (a.1309, Rd 2517);<br />
da un *Lecunianum < Lecovius (Schulze, lat. En. l91; TSAM 161).<br />
C.da Catulini.<br />
m., ant., XIV sec., -ino; cagnolino, cucciolo; v. dotta, lat. Catulus (-inus agg.) piccolo di<br />
ogni animale, cagnolino. (DEI I 819).<br />
C.da Cerase.<br />
(propriamente li kandù) m., XVI sec., bot; “ciliegio “, v. it. centromeridionale, lat. cerasea.<br />
(DEI II 861; REW 1823).<br />
C.da Cesi.<br />
(lat. caeduus, che si può tagliare (caedere), detto di bosco o pianta; geomorfo.<br />
(DEI II 837).<br />
Da lat. taberna, “bottega”,”luogo di vendita di viveri’’, di area it. e romanzaoccidentale,<br />
frequento elemento toponomastico anche fuori d’Italia, cfr.: ted. Zabern, irl. Taibern,<br />
britt. Tafarn; / - b -/ > /- v - / per spirantizzazione. (DEI V 3733).<br />
C.da Collecimino.<br />
da lat. colle (DEI II 1012) + lat. cyminum, dal gr. ky’minon, che sopravvive nell’it. merid.<br />
accanto al biz. ky’minon<br />
(DEI II 939; REW 2442).<br />
C.da Coste.<br />
da lat. costa, “pendio, declivio”, panromanzo. Il significato di costa di monte è molto<br />
diffuso nelle lingue romanze e deve essere antico (c. de monte, a. 944).<br />
(DEI II 1133; REW 2279).<br />
Di Castijune s’armane ngandate
16<br />
Li Fundanelle<br />
Lu Ciardine<br />
La Ndaiate<br />
Li Salitte<br />
La Salve<br />
Li Torre<br />
Traglione<br />
Li Vallune<br />
Li Vicenne<br />
C.da Fontanelle.<br />
da lat. fontana, panromanzo.<br />
(DEI III 1683; REW 3426) + suff. -ella (lat. -ellus, ~ G. Rohlfs - GSLID III - par. 1082,<br />
p. 402).<br />
Fonetica: assimilazione progressiva del nesso / nt / > / nd /.<br />
C.da Giardino.<br />
(anche la firnake). dal fr. jardin (XII-XIII sec.), già· nel lat. mediev. del X sec. gardinium,<br />
prob. “recinto”, cfr.: got. garta, “chiusura, recinto”.<br />
(DEI III 1805).<br />
C.da Intagliata.<br />
Da lat. t. taliare, intertaliare, “incidere, separare”. XIV sec., ·con diverse accezioni, (a.<br />
1288), Bologna, “taglio di argine”, geomorfo.<br />
(DEI V 3699).<br />
Da lat. mediev. intaleare (X sec.), “tagliare, incidere”; cfr.: fr. entallier (XIII sec.).<br />
(DEI IV 2055).<br />
C.da Saletti.<br />
da long. sala, “unità poderale, casa poderale” (RLDL 34). Forse anche da lat·. salictum,<br />
“salceto” da salix, “stradicciola ghiaiosa sul letto del fiume”.<br />
(DEI V 3317).<br />
C.da Selva.<br />
da lat. silva (da Nevio),”foresta” (di dubbia origine); molto diffuso come toponimo.<br />
(DEI V 3446; REW 7920).<br />
C.da Controfino (contra Finum).<br />
da lat. turris (Plauto), dal gr. tyrrhis, tyrsis(cfr.: Tirreno), passato anche all’osco<br />
tiurri = turrim, di area it. e romanza occid.<br />
(DEI V 3833; REW 9008).<br />
C.da Traglione.<br />
da lat. tragula (Varrone), da trahere “trarre “-. Geomorfo.<br />
a.1363,1407, a Roma) “treggia”<br />
(DEI V 3854).<br />
C.da Valloni.<br />
da lat. vallum (forse estratto da valla n.,pl.,); conservato nel catal. vall, port. vallo; passato<br />
al fr. vallon (a.1529), sentito come dimin. per attrazione al suffisso -on.<br />
(DEI V 3982).<br />
C.da Vicenne.<br />
da lat. mediev. vicenda, “terreno coltivato a turno”.<br />
(DEI V 4048; REW 9306).<br />
Fonetica: assimilazione progressiva / nd / > / nn / di sostrato italico (AD 11)<br />
Di Castijune s’armane ngandate
17<br />
Li Vorghe<br />
C.da Vorghe.<br />
d a l a t. vorago - i n i s, “baratro, abisso”, da vorare. Per la presenza di dirupi scoscesi e<br />
profondi strapiombi. Geomorfo.<br />
(DEI V 4090).<br />
Abbreviazioni:<br />
DEI: BATTISTI C. - ALESSIO G., Dizionario Etimologico Italiano - Firenze 1950 – 57<br />
REW: W. MEYER - LUBKE, Romanisches Etymologisches Worterbuch - Heidelberg, 1935<br />
GSLID: G. ROHLFS, Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei suoi Dialetti - EINAUDI 1966 - 69<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Dal Viale dei Tigli sono visibili la Chiesa Madre, la Chiesa di San Giuseppe e sulla<br />
sinistra la Chiesa di San Rocco. Foto inizi Novecento.
Capitolo 1<br />
Cenni storici
Capitolo 1<br />
21<br />
CENNI STORICI<br />
Le notizie relative alla storia del territorio <strong>castiglione</strong>se sono state<br />
riprese in gran parte dal volume, “Liber Capitolorum Universitatis<br />
Terrae Castileonis Messer Raimundi” del prof. Candido Greco -<br />
Ed. 1991.<br />
LO STEMMA DEL PAESE<br />
Data l’origine del paese, non potrebbe essere altro che una torre:<br />
con le ali o senza? Alcuni sostengono con le ali, simile allo<br />
stemma della città di Penne; secondo altri storici, senza le ali, come la<br />
vicina Bisenti e in genere le città di origine vestina. Nella Casa Comunale<br />
è raffigurato sia con le ali che senza, mentre nella Chiesa Madre<br />
ha grosse ali a forte rilievo.<br />
ORIGINI DEL NOME<br />
Il toponimo del Comune deriva da “Castellonium Domini Raonis”,<br />
così chiamato secondo scritti risalenti al 1273. Nelle “Decime<br />
dei secoli XIII-XIV” era appellato “Castellione”. Dal 1414 fu<br />
proprietà di Raimondo (Raimondazio o Raimondazzo) Caldora, da<br />
cui pare derivi l’attuale “Messer Raimondo”.<br />
Le prime notizie storiche sul paese risalgono al 1065, relativamente<br />
al castello di S. Giorgio, ed al 1168, quando Castiglione ed Appignano<br />
erano nominati come feudo di Galgano da Collepietro.<br />
Notizie finora documentate non consentono una ricostruzione certa<br />
e puntuale della storia di Castiglione Messer Raimondo, soprattutto<br />
per quanto riguarda le origini, che probabilmente risalgono al periodo<br />
longobardo.<br />
Stemma a soffitto nel Palazzo<br />
Comunale.<br />
Stemma nella Sala Consiliare del<br />
Municipio.<br />
Lo stemma del paese raffigurato nella Chiesa Madre di San Donato.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
22<br />
Cenni storici<br />
Anticamente sul territorio sorsero tre centri fortificati: il Castrum<br />
Castellionis, il Castrum Apignani e il Castrum Sancti Georgi.<br />
Lo storico Igino Addari riferisce che la storia di Castiglione Messer<br />
Raimondo affonda le sue radici in epoca pre-romana. Il toponimo<br />
deriva dal latino Medioevale castellio-onis diminutivo di castellum,<br />
ossia piccolo castello ed equivale a fortezza, paese cinto di mura. Fin<br />
dal periodo italico Castiglione costituì un insediamento importante,<br />
edificato al confine tra il territorio Vestino e quello Pretuzio, per il<br />
controllo della vallata del fiume Fino.<br />
Antefissa a Depotes Theròn.<br />
Museo Nazionale di Chieti:<br />
vecchia ricostruzione del frontone<br />
di Colle San Giorgio.<br />
COLLE SAN GIORGIO<br />
SANTA MARIA - APPIGNANO<br />
indubbio, però, che la presenza dell’insediamento umano nel<br />
È territorio è antichissima ed attestata con continuità sino ai nostri<br />
giorni.<br />
Sul Colle San Giorgio esistono sia tracce di età preistorica che di età<br />
italico-romana (II secolo a.C.); nelle numerose frazioni vi sono resti di<br />
altre strutture di età imperiale, di chiese di età medievale con i rispettivi<br />
monasteri benedettini. Le origini, si ritiene, risalgano al periodo italico,<br />
all’epoca dell’insediamento dei Vestini sul colle San Giorgio. Ma punte<br />
di frecce rinvenute sulla medesima località testimoniano anche presenze<br />
umane del periodo neolitico.<br />
Le notizie più antiche quindi risalgono all’età neolitica, con il ritrovamento<br />
di raschiatoi e diverse punte di frecce in selce in località Colle<br />
S. Giorgio e presso il fiume Fino.<br />
Successivamente, dall’età del bronzo alla seconda età del ferro, sullo<br />
stesso colle è attestata una necropoli testimoniata da rinvenimenti fortuiti<br />
di tre cuspidi di freccia a peduncolo, un coltellino in selce ed altri<br />
materiali in bronzo; punte di lancia, una fibula ad arco semicircolare,<br />
una a navicella, un’armilla ed una coppa in bronzo.<br />
Altre necropoli dell’età del ferro sono segnalate: nella località Piane<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
23<br />
1956: la squadra degli operai di<br />
Castiglione Messer Raimondo sullo<br />
scavo di Colle San Giorgio.<br />
di Castiglione, con inumazione di un bambino (V sec. a.C.), dotata<br />
di un numeroso corredo ora conservato nella collezione Leopardi di<br />
Penne; nel territorio di Appignano, con sepoltura femminile (VI sec.<br />
a.C.) dotata di materiali bronzei andati dispersi nel tempo.<br />
Risale ad epoca italica il tempio di S. Giorgio (III e II sec. a.C.), eretto<br />
in legno su podio di pietra e rivestito di materiale fittile policromato;<br />
sono state rinvenute numerose terrecotte architettoniche che ornavano<br />
la struttura lignea di copertura del tempio e frammenti che decoravano<br />
il frontone. Delle strutture del tempio è ora impossibile leggere la<br />
pianta per la presenza di sovrastrutture murarie sorte sui resti forse di<br />
una chiesa romanica citata nel giugno 982 fra i possessi di Montecassino<br />
(Chron. Casin. II, 811) oppure di una costruzione medioevale,<br />
probabilmente una chiesa con annesso convento. Nelle vicinanze del<br />
tempio è stato recuperato e catalogato da Giovanni Leopardi materiale<br />
bronzeo: un disco con motivi ornamentali, tre grosse fibule, sei armille,<br />
tre monete, tre pendagli, molti anelli, oltre a catene, fibbie, ganci, ecc...;<br />
il tutto è oggi esposto in un unico pannello nella Sala Leopardi del<br />
Museo Civico-Diocesano di Penne. Non molti anni orsono, nel <strong>libro</strong><br />
del prof. Gabriele Iaculli “Il tempio italico di Colle San Giorgio”, si<br />
ipotizzava, sulla base di frammenti statuari, una diversa ricostruzione<br />
del timpano; questo non avrebbe il cavo frontale vuoto con antefisse<br />
sull’architrave, ma un complesso di figure con Giove seduto in trono<br />
al centro, circondato da divinità minori: Minerva, Giunone, Venere e<br />
Dioniso. Per Iaculli il materiale fittile sarebbe da riportare a “botteghe<br />
urbane neoattiche” operanti nella seconda metà del II sec. a.C. La<br />
parte recuperata dal Leopardi e il materiale relativo alla ricostruzione<br />
del frontone si trovano attualmente esposti nel Museo Archeologico<br />
Nazionale d’Abruzzo di Chieti.<br />
In epoca romana il territorio di Castiglione, compresa Appignano,<br />
venne a trovarsi a sud di quel diverticolo della via Caecilia che,<br />
provenendo da Berega (Montorio al Vomano) proseguiva verso Atri a<br />
Nord-Est e verso Penne a Sud. Quest’ultimo ramo, al di là del Fino,<br />
entrava in Castiglione per breve tratto.<br />
Reperti archeologici di epoca romana sono stati individuati anche<br />
a San Giorgio ed Appignano.<br />
Scavi 1956: i resti della chiesa visti<br />
da Nord.<br />
Probabile elemento di podio italico<br />
rinvenuto a Colle San Giorgio.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
24<br />
Lu Turrijone: resti di una torre<br />
medioevale, poi demolita, in<br />
località Borea Santa Maria.<br />
Cenni storici<br />
Avanzi di costruzioni romane in San Giorgio furono segnalati dal<br />
prof. Brizio nel suo sopralluogo dell’ottobre 1900 in compagnia del<br />
prof. Rosati. Fu scoperto un vasto pavimento a spica, di circa cinque<br />
metri per lato, il quale aveva nel mezzo una grande pietra di quasi un<br />
metro quadrato. Purtroppo, il Brizio non seppe o non poté indicare<br />
l’uso di questa pietra in quanto rimossa dal posto originario prima del<br />
suo arrivo.<br />
Altre strutture di edifici legati a fattorie romane di età imperiale sono<br />
state segnalate ad Appignano e nelle località di S. Salvatore e Borgo S.<br />
Maria.<br />
Ad Appignano, il cui nome indica il predio Aponianus dal romano<br />
Aponius o anche Apinius, furono rinvenuti nel passato resti di un abitato<br />
rustico romano e del relativo sepolcreto. Fra tombe sfatte dai contadini<br />
fu trovato nel 1900 un frammento di cippo calcareo con la scritta monca<br />
“SA\...\...APPI..”.<br />
Anche nella località S. Salvatore sono segnalati i resti di un piccolo<br />
insediamento rustico romano, che ha restituito ceramica comune decorata<br />
a pettine.<br />
La località Borea Santa Maria si trova sulla strada che, dal greto del<br />
torrente Petronico, affluente del Fino, conduce verso San Giorgio; essa<br />
prende il nome dall’antichissima chiesa di Santa Maria dello Spino (in<br />
vernacolo de lu Vregnalette), un tempo monastero benedettino maschile<br />
possesso di San Giovanni in Venere nel 1176 sotto il nome di Santa Maria<br />
in Luquiano, detta anche Locusano nel 1279. Il termine Lucusano ha<br />
fatto pensare ad un “Locus Jani” o “Locus Dianae”, cioè ad una località,<br />
ad un sito o ad un tempio sacro a Giano o Diana. Questa supposizione<br />
potrebbe essere avallata dalla presenza di un ritratto di bue o toro nella<br />
piccola acquasantiera all’ingresso della chiesa, ma potrebbe anche darsi<br />
che il bue o il toro sia il simbolo dell’Evangelista San Marco. All’interno<br />
della chiesa sono presenti un capitello corinzio in marmo bianco e lastre<br />
di pietra riutilizzate come altari. Fino a pochi decenni orsono vicino alla<br />
chiesa erano visibili i resti di una diruta torre medioevale, “lu Turrijone”,<br />
resti poi demoliti per la costruzione di una casa rurale.<br />
Della chiesa di Santa Maria de Luquiano abbiamo attestazioni nella<br />
Bolla di Alessandro III all’abate di San Giovanni in Venere (1176); da San<br />
Giovanni in Venere passò poi alle dipendenze di S. Maria di Montesanto<br />
e successivamente al patronato degli Acquaviva.<br />
In età medioevale il territorio è occupato dalle chiese di San Giorgio<br />
Collina e Santa Maria di Luquiano, affiancate dai rispettivi monasteri<br />
benedettini. Mentre di San Giorgio restano i soli ruderi, di Santa Maria<br />
è visibile la ristrutturazione dei sec. XIII-XIV. Oggi presenta una facciata<br />
semplice con campanile sulla destra e portale con arco a sesto acuto.<br />
Al tardo medioevo risale infine la chiesetta di San Donato, nel piano<br />
della Fiera, edificata nel XV secolo e ristrutturata nel secolo successivo;<br />
ad una sola navata, presentava all’interno una tela settecentesca trafugata,<br />
raffigurante la Vergine con San Biagio e San Nicola e, in basso, San<br />
Donato. Nella chiesetta c’era anche una statua lignea di San Donato che,<br />
nel passato, ai primi di agosto veniva portata in processione alla Chiesa<br />
Madre; poi, a fine mese, a conclusione dei festeggiamenti in onore del<br />
Santo, veniva ricollocata nella chiesetta al Piano.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
25<br />
Particolare del castello tratto dalla<br />
Statua lignea di San Donato.<br />
CASTIGLIONE PAESE<br />
Se l’insediamento umano nel territorio è antichissimo e continuo<br />
nei centri di Appignano e San Giorgio/Locusano, non altrettanto<br />
può dirsi per il centro urbano della stessa Castiglione, che è di<br />
fondazione altomedioevale, riconducibile all’organizzazione militare<br />
bizantina con i vari Castelliones diffusi fino in Calabria.<br />
Questi arroccamenti militari passarono poi ai Longobardi e quindi<br />
ai Franchi che ne tramandarono il toponimo.<br />
È facile che la nostra Castiglione abbia avuto una certa importanza<br />
militare, data la sua posizione sulla vallata del Fino, in coppia con<br />
Monte Secco, col quale costituì per molti secoli un’unica baronia in<br />
mano agli Acquaviva.<br />
Notizie sicure e documentate si hanno per Castiglione soltanto<br />
sotto i Normanni. Con l’avvento di questi e col costituirsi in Loreto<br />
(1071) della loro contea sul territorio di quella del conte longobardo<br />
di Penne, i Vescovi pennesi, in una posizione di accresciuta potenza,<br />
si trovarono in possesso di ben 11 castelli, tra i quali Castiglione,<br />
divenuta possesso del Monastero di San Bartolomeo nel 1109 ed<br />
ancora tale nel 1123.<br />
Nel 1169, Castiglione apparteneva al feudatario del re, Galgano<br />
di Collepietro, il quale possedeva anche Apignanum ed aveva 264<br />
abitanti contro i 123 dell’altro borgo.<br />
Nel 1176 la prima citazione di Santa Maria in Locuiano, quale<br />
monastero benedettino in possesso di S.Giovanni in Venere.<br />
Nel 1184 il Papa Lucio III riconosce San Michele de Apignano sotto<br />
Di Castijune s’armane ngandate
26<br />
Papa Lucio III.<br />
Stemma della Famiglia Acquaviva.<br />
Cenni storici<br />
la giurisdizione del monastero atriano di S. Giovanni in Cascianello,<br />
dipendente da San Quirico di Antrodoco.<br />
Nel 1195 Enrico VI donò i feudi a Rainaldo d’Acquaviva che aveva<br />
sposato Foresta, figlia di Leone; fu quest’ultimo, che con i suoi possessi<br />
era giunto “fino a toccare le mura di Atri”, il vero fondatore degli Stati di<br />
Acquaviva in Abruzzo. Notizie di Castiglione si hanno anche nel periodo<br />
Angioino (sec. XIII).<br />
Nel 1273, sotto Carlo I d’Angiò, appare un “Castellonium Domini<br />
Raonis” e questo Dominus Rao potrebbe essere quello che più tardi verrà<br />
chiamato Messer Raimondo.<br />
Nel 1283 il feudo di Arpiniano appartiene a Berardo e Brandisio che,<br />
forse, posseggono in parte anche Castiglione.<br />
Nel 1289 tutte le chiese di Appignano e cinque chiese di Castiglione<br />
risultano essere di proprietà degli Acquaviva.<br />
Agli inizi del Trecento riveste una certa importanza il monastero di<br />
“Santa Maria de Luquiano in Episcopatu Pennensi ed Adriensi”, che<br />
nel 1324 appare due volte nel registro delle decime. Dalle decime papali<br />
dello stesso anno apprendiamo che Castiglione aveva le seguenti chiese:<br />
S. Maria, S. Pelino, S. Felice, S. Martino, S. Nicola e S. Angelo.<br />
Nelle decime del 1328 vengono citati Don Perrone, archipresbitero<br />
di “Santa Maria de Castelione”, Don Bartolomeo, rettore della chiesa<br />
di “S. Michele de Apiniano” e l’abate Jacobo del monastero di “Santa<br />
Maria de Luquiano”.<br />
Nel 1361 signori di Appignano, Monte Secco e Bozza sono Raymundanus<br />
Candola e sua moglie Aloysia de Ansa. Nel periodo della guerra fra<br />
Angioini e Durazzeschi troviamo un signor Raimondazzo di Caldora che<br />
ha molte più probabilità del “domini Raonis” ad aver influito sul nome di<br />
Castiglione. La guerra appena citata aveva immiserito non poche località<br />
del Regno e tra queste le terre di Monte Secco e Castiglione che il Re,<br />
il 27 settembre 1399, esentò per 10 anni dal versamento di 10 once di<br />
carlini d’argento sulle generali sovvenzioni.<br />
Secolo XV<br />
Non riusciamo ad indicare a quali feudatari sia appartenuta Castiglione<br />
dagli inizi del 400; sappiamo però che nel 1417 appare<br />
nelle mani dirette della Corona.<br />
Notizie più precise riguardano il Castello di Appignano di cui è signore<br />
nel 1401 Giacomo di Adamo e nel 1411 uno dei feudatari è Masio Tile.<br />
Il 1417 è anno importante per Castiglione ed Appignano: il 2 ottobre,<br />
mediante due distinti atti di compravendita, il Castrum Castellionis ed il<br />
Castrum Appiniani entrano a far parte della Città di Penne.<br />
Nell’uno e nell’altro documento, la regina Giovanna II dichiara che,<br />
avendo bisogno di denaro per provvedere alla paga dei soldati e non volendo<br />
parimenti gravare sui suoi fedeli sudditi, aliena il Castrum Castellionis per<br />
il prezzo di ducati 1.200 di buon oro, di regolare conio e peso controllato,<br />
e il Castrum Appiniani al prezzo di 600 ducati. A comperare è l’Università<br />
di Penne, rappresentata dal suo procuratore (sindaco), il nobiluomo<br />
Francesco. I castelli di Castiglione e di Appignano vengono venduti con<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
quanto di loro stretta pertinenza e cioè: i fortilizi, gli uomini, i vassalli e<br />
i loro redditi, i censi, le servitù, le case, i vigneti, gli uliveti, i giardini, i<br />
pascoli, gli alberi, etc.. Negli atti, inoltre, vi sono anche i confini dei castelli<br />
acquistati. I due strumenti, sotto forma di privilegi, sono riportati<br />
nel Salconio, che ci informa anche che lo strumento pubblico redatto fu<br />
rogato il 4 settembre 1428 dal notaio Nicola Trisi.<br />
La signoria di Penne ebbe breve durata. In seguito alle ingiuste vessazioni<br />
che gli ufficiali regi compivano nei riguardi delle popolazioni dei castelli<br />
acquistati, la Regina riporta nel Demanio Regio (1420) Montesecco, Castiglione,<br />
Bozza e Casalieto e nomina come capitano di queste terre Jacopo<br />
Caldora. Costui successivamente, nel 1430, vendette a Giosia Acquaviva la<br />
“Baronia di Monte Secco”, comprendente Castrum Montis Sicci, Castrum<br />
Castiglioni, Castrum Boccie e Castrum Casalieti.<br />
La lotta per il possesso del regno fra Angioini e Durazzeschi prima e<br />
tra questi e gli Aragonesi poi, rende molto instabile il possesso dei castelli<br />
della “Baronia”, in cui è confluita anche “Pignano”, conquistata dal Giosia<br />
nel 1439.<br />
Nello stesso anno Appignano viene assalita e presa da Michele degli<br />
Attendoli per conto di Francesco Sforza. Lo stesso Michele pone poi il<br />
suo campo sotto Castiglione ed assedia Monte Secco che, però, non riesce<br />
ad espugnare.<br />
La presa di Appignano e la resistenza di Monte Secco sono tra i pochi<br />
episodi di guerra avvenuti nella vallata del Fino.<br />
Nel 1444 Giosia d’Acquaviva, in urto con Alfonso I d’Aragona, si<br />
ribella al Re e compie varie incursioni nel teramano; per questo motivo, il<br />
Re toglie al ribelle il Castello di Castiglione della Baronia di Monte Secco<br />
e lo conferisce con diploma di investitura a Pietro Paolo de Corvis, milite<br />
e dottore in legge, in virtù della sua fedeltà alla causa aragonese. Morto<br />
il Giosia (agosto 1462), il Re con privilegio del 27 settembre dello stesso<br />
anno, da Lucera conferisce con investitura gli stessi castelli a Giulio Antonio<br />
d’Acquaviva, figlio di Giosia.<br />
Per parecchi anni nominalmente Appignano, Castiglione, Montesecco,<br />
Bozza, San Giorgio, etc. … rimasero agli Acquaviva.<br />
Quando il 7 febbraio 1481 morì Giulio Antonio, Re Ferrante I concesse<br />
a suo figlio Andrea Matteo III tutti gli Stati ereditati per parte paterna e<br />
materna, tra cui troviamo Castiglione, Appignano, Montesecco, Bozza,<br />
Bisenti, Elice, etc..<br />
Ma Andrea Matteo andò in contrasto col Re e si accostò ai baroni ribelli<br />
nella congiura contro il sovrano. Le terre della baronia sono di nuovo in<br />
mezzo alla guerra.<br />
Il 13 marzo 1486, Ferrante I tolse ad Andrea Matteo il Castrum Castigliunii,<br />
Il Castrum Monti Sicci, il Castrum Appignani, il Castrum Bisempti<br />
ed il Castrum Castaneae e li donò alla Civita di Penne.<br />
Il 15 maggio 1489 Andrea Matteo fu reintegrato in tutti i suoi Stati e<br />
così Castiglione tornò a far parte della sua Baronia.<br />
Quando Carlo VIII alla fine del 1495 invase il Regno di Napoli, Andrea<br />
Matteo III, astioso verso gli Aragonesi, si schierò dalla sua parte. Ma allorché<br />
Ferrante II recuperò il Regno, il Duca di Atri, dichiarato ribelle, perse tutti<br />
i possedimenti; successivamente gli furono restituiti da Re Federico solo i<br />
possedimenti di Calabria e Puglia.<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
Jacopo Caldora.<br />
Alfonso I D’Aragona detto il<br />
Magnanimo.<br />
27
28<br />
Cenni storici<br />
Una curiosità: secondo il Greco, pare che Andrea Matteo III, amante<br />
dell’arte e delle lettere e che aveva sotto il suo patronato ben cinque<br />
chiese di Castiglione, agli inizi del 500 sia stato il committente di una<br />
croce processionale, cesellata dall’orafo Piero Santi, attualmente esposta<br />
nella chiesa di San Donato di Castiglione Messer Raimondo. La croce,<br />
restaurata nel ’700, mostra danni e manca di sfere traforate, di globi e<br />
di un tamburello.<br />
Giulio Antonio D’Acquaviva.<br />
Secolo XVI<br />
Torniamo al Regno di Napoli che viene invaso e spartito tra<br />
Spagnoli e Francesi.<br />
Scoppiata la guerra fra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, il Duca<br />
di Atri fu ferito e preso prigioniero dagli Spagnoli; stipulata la pace<br />
con il trattato di Blois (ottobre 1505), Matteo riebbe la libertà e il Re<br />
Cattolico gli restituì il 20 novembre 1506 Castiglione, Appignano,<br />
Cellino, Montesecco e Bisenti, possedimenti confermati (28 luglio<br />
1516) dal nuovo sovrano Carlo V e da sua madre Giovanna.<br />
2 aprile 1517: un ignoto artista dipinge un affresco raffigurante S.<br />
Lucia nella chiesetta omonima (la data è ancora visibile sotto l’altare).<br />
Andrea Matteo III nel governo dei suoi Stati veniva coadiuvato dal<br />
figlio Giovan Francesco Acquaviva, marchese di Bitonto, il quale il 21<br />
aprile 1526 concesse all’Università di Castiglione uno Statuto con il quale<br />
regolare le cause civili: i Capitoli Castiglionesi furono redatti dal notaio<br />
Nicola Petrei, sulla base di quelli emanati qualche anno prima ad Atri.<br />
Nei capitoli viene sancito che il Duca può decidere le cause penali e civili,<br />
sia in primo che in secondo grado, comminando anche la pena di morte<br />
(jus sanguinis). Ha altresì il potere di concedere la grazia e di ridurre la<br />
pena. Altre regole importanti riguardano l’organizzazione, la tutela dei<br />
beni e le pene previste per i reati alle persone e alle cose.<br />
Nel 1528 il Duca, da tempo in mano agli usurai ed immiserito dal<br />
costo delle milizie che aveva, vendette Castiglione a Giancarlo Brancaccio<br />
poco prima di perdere tutti i suoi Stati e di morire (29 gennaio 1529).<br />
Giancarlo Brancaccio il 20 maggio 1530, come Signore di Castiglione,<br />
accetta ed approva lo Statuto e le ordinazioni rilasciate all’Università<br />
dal Marchese di Bitonto.<br />
Il 26 dicembre dello stesso anno si riunisce nella casa della Comunità<br />
di Castiglione il Consiglio Generale, alla presenza del Capitano Baldassarre<br />
di Cello di Montesecco, e viene eletto il Reggimento “cinque<br />
per cinque” che governerà per quattro mesi, con l’aiuto di due massari<br />
esecutori e del Camerlengo.<br />
In questo periodo Castiglione conta circa 500 abitanti mentre Appignano<br />
182.<br />
Giancarlo Brancaccio non ebbe vita facile nel suo possesso di Castiglione<br />
che era uno dei feudi per i quali gli Acquaviva erano indebitati.<br />
Nel 1545 Castiglione registra un lieve incremento demografico<br />
passando a 583 abitanti.<br />
Qualche anno dopo il Brancaccio, lamentandosi per gli abusi commessi<br />
da Giovan Antonio Acquaviva, secondogenito di Andrea Matteo<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
29<br />
che pretendeva quello che il Brancaccio aveva già pagato, rivendette<br />
Castiglione al Duca di Atri.<br />
Nel 1561 Castiglione registra 610 abitanti mentre Appignano ne<br />
conta 237.<br />
A partire dal 1567, per più di un decennio, Castiglione non fu sotto<br />
il governo degli Acquaviva: in questo anno per privilegio di Filippo<br />
II, Re delle Due Sicilie, Agostino Scorpione fu dichiarato barone di<br />
Villamagna e di Castiglione Messer Raimondo.<br />
Stampa del 1590 in cui è visibile<br />
la conformazione territoriale della<br />
Provincia di Teramo con i paesi<br />
allora esistenti. Questa stampa è<br />
attribuita al cartografo Abraham<br />
Ortelius nato ad Anversa (Belgio)<br />
il 14 aprile 1528, e sembra fosse<br />
stata commissionata da Papa<br />
Bonifacio VII.<br />
Particolare della Stampa del 1590<br />
con i paesi della Valle del Sino (oggi<br />
Fino).<br />
Di Castijune s’armane ngandate
30<br />
Cenni storici<br />
Nel 1575 signore di Castiglione è Gregorio Scorpione che invita il<br />
predicatore domenicano Serafino Razzi del convento di Penne a fondare<br />
una confraternita nel suo feudo.<br />
Il Razzi parte a cavallo il 29 gennaio dopo il Vespro, con una guida<br />
percorre cinque miglia e giunge in serata a destinazione. L’indomani,<br />
celebrata la Messa, fonda la “Compagnia del Santissimo Nome di Dio”<br />
e il giorno dopo predica ancora al Vespro, facendo alquanto rifiorire la<br />
devozione per il Santissimo Rosario.<br />
Frutto di questa visita è la fondazione di un’altra confraternita due<br />
anni dopo, l’8 maggio 1577 nella Chiesa di San Nicola (ora S. Donato).<br />
Fabrizio Fabbri, dell’Ordine dei Predicatori, istituisce la confraternita<br />
del Rosario con l’obbligo di celebrare la festa del SS. Rosario<br />
tutti gli anni la prima domenica di ottobre per ricordare la battaglia<br />
di Lepanto (1571).<br />
Nel 1580 Castiglione con molta probabilità è di nuovo in mano<br />
agli Acquaviva; nel 1586 Appignano fu venduta dal consigliere regio<br />
Antonio Lanario a Brunone Benvenuti.<br />
Gli ultimi anni del 500 prende corpo il fenomeno del brigantaggio.<br />
Uno dei maggiori esponenti era il bandito Marco Sciarra, detto “Il<br />
re della campagna”, uomo crudele e generoso, finito al soldo di Venezia<br />
che lo utilizzò contro gli Slavi. Molto conosciuto e temuto anche nel<br />
territorio di Castiglione. Morì intorno al 1595, scannato nel sonno<br />
dal suo amico Battistella.<br />
Da notare come in questi anni, forse connesso al fenomeno del<br />
brigantaggio, si registri un certo decremento demografico: Castiglione<br />
conta 583 abitanti ed Appignano 192.<br />
Nel 1597 Castiglione, con Montesecco e Bisenti, ritorna in possesso<br />
degli Acquaviva: Giosia, figlio del defunto Alberto, riottiene il feudo<br />
pagando al Sovrano un donativo, detto “relevio”, corrispondente alla<br />
metà delle “entrate”.<br />
Stampa raffigurante il bandito<br />
Marco Sciarra che cattura Torquato<br />
Tasso (Wikipedia).<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
Secolo XVII<br />
I<br />
l 600 appare privo di episodi significativi per Castiglione ed Appignano.<br />
I due centri, come tutti gli altri feudi della baronia, sono<br />
continuamente sul bando di vendita degli Acquaviva, cui puntualmente<br />
ritornano ad ogni scadenza di fitto pluriennale.<br />
Nel 1607 Castiglione è acquistata per 4.000 ducati da tale dott.<br />
Giordano.<br />
Nel 1617 Appignano è in mano di Cesare de Scorpionibus.<br />
Tra il 1622 ed il 1625 Castiglione è venduta da Mons. Giuseppe<br />
Acquaviva a Diana di Capua, duchessa di Laurenzano.<br />
Mario e Carlo Pansa confermano che nel 1623 “Castiglione di Ramondazzo”<br />
ha chiesa parrocchiale con pulpito e battistero intitolata a<br />
S. Nicola e retta da un arciprete, oltre alla chiesina di S. Antonio ed<br />
un hospitiolo per i poveri, che nel suo territorio ha la “Abbatia di S.<br />
Maria ad Loquianum” detta altrimenti “ad Locum Iani”, che S. Giorgio<br />
Castello è diruto, che Appignano ha la chiesa parrocchiale di S. Pietro<br />
con titolo di Prepositura, con pulpito e battistero, oltre alla chiesa di<br />
S. Maria ed al monastero dei Frati Conventuali di San Francesco fuori<br />
delle mura.<br />
Il 28 luglio 1633 Castiglione, con le terre di Notaresco e Cantalupo,<br />
è venduta per il prezzo di 16.024 ducati da Mons. Acquaviva, vescovo<br />
di Tebe, alla Duchessa Diana di Capua; la vendita, con assenso regio, fu<br />
fatta per sette anni. Allo scadere del settennio la duchessa Diana deve<br />
aver avuto la conferma dei feudi acquistati in quanto il 30 marzo 1641<br />
li subaffitta per procura a Francesco Concublet, marchese d’Arena.<br />
Nel 1648 la popolazione di Castiglione è aumentata ad 830 abitanti,<br />
mentre quella di Appignano è stazionaria a 192 unità.<br />
Alla morte del duca Francesco I d’Acquaviva, il figlio Giosia il 20<br />
giugno 1650 chiede l’investitura dei feudi, dei quali precisa le entrate.<br />
La richiesta del duca denuncia un errore: le terre di Castiglione e Notaresco<br />
non erano appartenenti al padre Francesco bensì alla madre, la<br />
duchessa di Concublet, malgrado le terre in questione venissero sempre<br />
incluse nello Stato di Atri da quanti erano interessati ad ereditarle.<br />
In questo marasma di fitto e subaffitto, è certo che il 16 novembre<br />
1651 la duchessa di Laurenzano, Diana di Capua, vende per procura,<br />
con regio assenso, alla duchessa di Atri Anna Maria Concublet le terre<br />
di Castiglione, Notaresco e il feudo di Cantalupo.<br />
In questo periodo si verifica in Appignano una crisi demografica<br />
che influenza di riflesso l’esistenza del suo convento francescano. Il<br />
15 ottobre 1652 papa Innocenzo X ordina con bolla di sopprimere<br />
in Italia i piccoli conventi; chiude i battenti per sempre Santa Maria<br />
Lauretana di Appignano, tenuta dai Conventuali ed appartenente alla<br />
Custodia Atriana.<br />
Nel 1656 scoppia a Castiglione una pestilenza, che fa diminuire il<br />
numero degli abitanti da 830 a 654, mentre in Appignano, feudo di<br />
Giovanni de Scorpionibus, ce ne sono 231.<br />
Un ricordo della peste è la grande tela della Madonna dei Sette<br />
Dolori con S. Giuseppe, S. Rocco ed altro Santo commissionata dalla<br />
31<br />
Di Castijune s’armane ngandate
32<br />
Cenni storici<br />
popolazione come ringraziamento per lo scampato flagello e forse<br />
posta originariamente nella chiesa di S. Rocco. Gli ultimi decenni del<br />
secolo non mostrano particolare interesse, se non per il fenomeno del<br />
banditismo.<br />
A tale proposito, vale ricordare un episodio avvenuto ad Appignano.<br />
Il caporale Ciccotto di Cortino, fuggito fin dal 1678 dalla guerra<br />
di Messina, tornando ad Appignano dove ha una figlia sposata, cade<br />
nelle mani del capobanda Titta Colaranieri e viene decapitato il 7<br />
gennaio 1683. La sua testa viene inviata al Preside di Chieti, Antonio<br />
Minutello.<br />
Secolo XVIII<br />
N<br />
el settecento in Appignano agli Scorpione subentrano i Castiglione.<br />
Sotto Nicolantonio Castiglione, nel 1712, viene rifatto il catasto:<br />
dopo il parere favorevole della Regia Camera, il Governatore di “Aprigliano”<br />
procede alla “confettione del nuovo e general catasto”. Il 16<br />
febbraio 1713, l’Università della Terra di Appignano, tramite i suoi<br />
massari, compare davanti al governatore Nicola Baroni presentando<br />
la documentazione necessaria affinché proceda alla compilazione del<br />
nuovo catasto. La richiesta è accolta e sottoscritta lo stesso giorno.<br />
Il volume, composto da Nicola Baroni, regio apprezzatore nativo di<br />
Bisenti, catastiere e governatore della Terra di Appignano, è composto<br />
di 70 carte, non tutte vergate nel dritto e nel rovescio, e bianche le<br />
ultime (68-69-70).<br />
Quanto a Castiglione, sembra che il feudo sia rimasto per molti<br />
anni sempre in possesso delle stesse famiglie.<br />
Nel 1722 era di Nicola Gaetano d’Aragona, aquilano, duca di Laurenzano,<br />
il quale nel settembre dello stesso anno restituisce, con assenso<br />
regio, Castiglione, Notaresco e il feudo di Cantalupo al duca di Atri,<br />
Domenico Acquaviva.<br />
A Domenico succede nel 1745 Ridolfo.<br />
Costui aveva sposato Laura Salviati, molto più giovane di lui e, con<br />
assenso regio, le fece una donazione di 5.000 ducati annui da doversi<br />
percepire a partire dal giorno della sua morte. Pertanto le concede la<br />
tenuta dei feudi di Atri, Cellino, Bisenti, Montesecco e Castiglione,<br />
con tutte le rendite ed entrate feudali.<br />
Il Ridolfo morì nel 1755 ed i suoi Stati passarono alla sorella Isabella.<br />
Fu proprio durante il dominio di questa duchessa (1756) che il<br />
Sindaco di Castiglione affidò il vecchio <strong>libro</strong> dei Capitoli al notaio<br />
Marucci per la trascrizione. Lo Statuto Castiglionese era ancora in<br />
vigore ma troppo in cattivo stato per poterlo consultare.<br />
Nel 1757 morì la duchessa Isabella e il ramo Acquaviva in Atri si<br />
estinse. Nel 1760 con il sequestro della eredità della Duchessa Isabella<br />
Acquaviva D’Aragona Strozzi, il Distretto di Castiglione e Montesecco<br />
viene devoluto alla Regia Corte e Gaspare Antonio Perazza, di Città<br />
Sant’Angelo, ne viene nominato Governatore.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
Non vi furono novità di sorta, le condizioni non mutarono, persistendo<br />
tutte le obbligazioni feudali imposte dagli Acquaviva. Rimasero<br />
anche i Capitoli Castiglionesi, il cui <strong>libro</strong> ricopiato fu autenticato<br />
dal notaio Marucci di Castiglione nel 1759. Poiché mancavano alcuni<br />
fogli nell’originale esibito dal Sindaco Giuseppe Tranquilli, si era<br />
proceduto tre anni prima alla integrazione sulla base dello Statuto<br />
di Atri concesso da Andrea Matteo III.<br />
In questo periodo si parla di una nuova chiesa parrocchiale a Castiglione.<br />
All’inizio dei lavori funzionava senz’altro da parrocchia la<br />
chiesa di S. Rocco.<br />
Dove sorse la nuova chiesa? Secondo alcuni “sul posto dell’antico<br />
castello caduto in rovina”; secondo altri i muri perimetrali della<br />
nuova costruzione sarebbero stati eretti ex-novo e non poggerebbero<br />
su quelli del presunto castello, in quanto non si ha certezza che sia<br />
effettivamente esistito. Del resto il Razzi, che nel 500 visitò il paese,<br />
non menzionò mai il castello.<br />
Comunque, la costruzione della nuova chiesa andrà per le lunghe:<br />
vi sono pause, cambi di progetto, riprese di lavori, ritardi nella consegna<br />
dei materiali. Per vedere completata l’opera bisogna aspettare<br />
il secolo successivo. Secondo il Lupinetti, i lavori furono terminati<br />
nel 1867.<br />
Verso il 1790 da segnalare un curioso avvenimento: il Re di Napoli<br />
Ferdinando IV manda i disegnatori regi Antonio Berotti e Stefano<br />
Santucci a Castiglione per ritrarre i costumi del posto, che si distinguono<br />
per la loro originalità. Eseguito il disegno ad una coppia di<br />
giovani, questo viene subito spedito a Napoli per essere impresso nelle<br />
porcellane di Capodimonte e poi essere inciso su rame. Dei costumi<br />
esistono diverse copie sia a colori che in bianco e nero.<br />
Nel 1797 Castiglione è definita terra regia, su collina “di buona<br />
aria atta alla semina ed ai vigneti”; i suoi 2.060 abitanti sono dediti<br />
all’agricoltura ed alla pastorizia.<br />
Appignano conta 500 abitanti ed è ancora in potere ai Castiglione;<br />
nel 1798 ne è baronessa D. Maddalena del casato pennese.<br />
Siamo ormai alla fine del XVIII secolo ed incominciano a diffondersi<br />
le magiche parole “Liberté, Egalité, Fraternité” che, sulle orme<br />
delle truppe napoleoniche, arrivano anche nella nostra penisola e nei<br />
nostri territori.<br />
Il 26 novembre 1798 Castiglione, come altri centri del teramano,<br />
temendo di essere invasa dai francesi, avvisa del pericolo i Presidi di<br />
Teramo e Chieti.<br />
Le truppe francesi prendono Civitella del Tronto, si dirigono verso<br />
Atri e poi Pescara al comando del generale Dufresne, mentre il<br />
generale Rusca conquista Penne.<br />
L’occupazione francese provocò un vasto movimento di resistenza<br />
borbonica che si appoggiò anche a bande di briganti e ladroni di ogni<br />
risma. Ma Ferdinando IV, aiutato dal Pontefice e da Nelson, recuperò<br />
ben presto il trono.<br />
Nel 1799 il Generale francese Contarde, attraversa il territorio di<br />
Castiglione con le sue truppe dirette a Teramo. Il 28 aprile i francesi<br />
abbandonano improvvisamente Teramo. Il 1° maggio un gruppo di<br />
Incisioni di costumi tradizionali<br />
<strong>castiglione</strong>si.<br />
33<br />
Di Castijune s’armane ngandate
34<br />
Cenni storici<br />
soldati, fra cui Antonio Pichinelli della Terra di Castiglione, entra in<br />
Teramo e “riconquista la città”. Pare che il Pichinelli avesse la funzione<br />
di direttore e consultore di truppa.<br />
Secolo XIX<br />
N<br />
el 1803 dal 3 al 18 marzo vennero trovate morte 6 persone,<br />
in tutto l’anno 15. Il dodici dicembre si registrò un forte<br />
terremoto nella zona.<br />
Nel 1804 ancora una volta Castiglione viene affittata per nove anni<br />
al magnifico Luigi Sabatini di Atri per 1.500 ducati e 77 tarì annui.<br />
È interessante notare come nel Dizionario Topografico di Luigi<br />
Ercole, pubblicato nello stesso anno (1804), Castiglione Messer<br />
Raimondo venga definita “una delle più ricche università del Regno,<br />
posta al fianco di disastrosa collina a sinistra (!) del fiume Fino… L’aria<br />
vi è buona e il territorio è assai fertile, specialmente in vino e olio”.<br />
È sotto il Ripartimento di Bisenti, come terra regia, con la contrada<br />
di S. Giorgio e masserie di 2.075 anime.<br />
Appignano è terra baronale del Terzo Ripartimento ed ha 553<br />
anime; il suo comune viene soppresso due anni dopo (1806) e con<br />
Bacucco (Arsita) viene aggregato a Bisenti.<br />
Col ritorno dei francesi (1806), si riapre la piaga del banditismo,<br />
che opera col pretesto dell’amor di patria e che genera una inesorabile<br />
repressione.<br />
Il 22 aprile 1807 Castiglione viene assalita da una quarantina<br />
di banditi che portano via salami, galline ed altre provviste e poi si<br />
dirigono verso Bisenti.<br />
Il 1° luglio dello stesso anno giunge di nuovo a Castiglione una<br />
colonna di banditi che, sotto gli occhi dello Sciabolone, ammazzano<br />
tre persone: Enrico Pizzichelli, nativo di Castiglione, Tommaso Frattaroli<br />
e Antonio di Giovan di Vito, entrambi di Farindola.<br />
Il 15 settembre 1807 presso Penne c’è uno scontro armato fra le<br />
truppe regie e i briganti, che si ritirano in fuga a Castiglione.<br />
L’anno successivo (1808), il 15 gennaio vengono impiccati Vincenzo<br />
Lepre e Nicola D’Innocenzo, entrambi <strong>castiglione</strong>si; il 6 febbraio<br />
in Appignano sono impiccati Luigi Di Giosia e Gesualdo Di<br />
Domenicantonio, entrambi di Appignano.<br />
Il 1° aprile Giuseppangelo Ventura, bandito di Castiglione, viene<br />
fucilato a Penne. Il 30 aprile muore fucilato sempre a Penne Vincenzo<br />
Calandra, pure di Castiglione. Il 4 giugno a Farindola è ucciso dai<br />
soldati francesi Filippi Martini Luciano di Castiglione.<br />
Ancora nel 1810 vengono commessi furti ed eccessi dalla banda<br />
dei fratelli Venanzio e Matteo Sciabolone e da quella del Ciccone.<br />
In questi anni, però, si assiste piano piano ad un mutamento importante:<br />
le idee che spingono alla resistenza sono mutate e la lotta<br />
non è più contro i francesi ed a favore dei Borboni, bensì a sostegno<br />
di nuovi ideali di libertà e di repubblica che vengono diffusi dalla<br />
Carboneria.<br />
Nell’ottocento, prima nel periodo francese e poi sotto la restaura-<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
zione borbonica, Castiglione è uno dei centri dove la Carboneria è più<br />
attiva e Domenicantonio Toro è a capo dei cospiratori insieme con<br />
altri carbonari di Castiglione: Battistoni Nicola, Luciani Domenico,<br />
Persio Pasquale, De Paulis Michele, Luciani Martino, Luciani Serafino,<br />
Manna Alberto, Moschetta Nicola, Piccirilli Giovanni, Piccirilli Pietro,<br />
Simoni Francesco e Simoni Domenico.<br />
Nel 1814, periodo di dominazione francese, il Toro viene catturato<br />
e condannato a morte, ma nel 1815, con la restaurazione ed il ritorno<br />
dei Borboni al trono, ottiene la grazia. Continuerà a lottare per l’unità<br />
d’Italia partecipando ai moti insurrezionali del 1848 e morirà il<br />
12 febbraio 1865, alla bella età di 98 anni, dopo aver visto realizzati<br />
i suoi ideali.<br />
Nello stesso anno il 17 aprile Florestano Pepe invia nel paese una<br />
compagnia di soldati.<br />
Nel 1815 il due febbraio, di notte, venne ucciso in casa da ignoti<br />
ladroni, Giuseppe Fanini.<br />
Il 1817 è definito “l’anno della fame”: in Castiglione muoiono 281<br />
persone, mentre l’anno prima i morti erano stati 115. Ancor prima<br />
dal 1813 al 1815 la mortalità annuale si era mantenuta sulla media<br />
di 68 unità.<br />
Proseguono i lavori per la costruzione della nuova chiesa in mezzo<br />
a difficoltà di vario genere, fino alla completa ultimazione (1867).<br />
Negli anni ’40 da ricordare un avvenimento di straordinaria importanza<br />
per Castiglione: il 18 maggio 1843 viene estratto dalla catacomba<br />
di S. Ciriaca a Roma il corpo di S. Donato Martire, che viene consegnato<br />
il 22 luglio dal Cardinale Patrizi a Don Antonio De Filippis,<br />
arciprete di Castiglione Messer Raimondo, con un preteso certificato<br />
di autentica.<br />
La chiesa di S. Rocco viene abbandonata nel 1867 quando giunge<br />
a completamento la costruzione della nuova chiesa; successivamente,<br />
divenuta pericolante, viene abbattuta e la zona cimiteriale circostante<br />
viene bonificata.<br />
Oggi al posto della chiesa di S. Rocco sorge la Scuola Elementare<br />
intitolata al Gran Maestro della Carboneria Domenicantonio Toro;<br />
incendiata dalle truppe tedesche in ritirata durante la II guerra mondiale,<br />
è stata successivamente riedificata. Dopo la spedizione garibaldina<br />
(1860), ci si avvia a grandi passi verso l’unificazione nazionale mediante<br />
i plebisciti: il 21 ottobre 1860 viene sancita l’annessione al Piemonte<br />
del Regno delle Due Sicilie e, quindi, anche l’Abruzzo entra a far parte<br />
del nuovo ordinamento nazionale. La transizione politica avviene in<br />
modo alquanto traumatico: gran parte della popolazione era rimasta<br />
fedele alla monarchia borbonica, pochi aderirono con entusiasmo alle<br />
vicende garibaldine ed accettarono il nuovo governo piemontese. Ancor<br />
prima che le truppe piemontesi passassero il Tronto, i reazionari borbonici<br />
cominciarono ad operare e molti si illudevano sul prossimo ritorno di<br />
Francesco II.<br />
Anche nei piccoli centri era rimasto questo attaccamento alla dinastia<br />
borbonica. Un episodio emblematico: il 26 dicembre 1860, a Castiglione<br />
Messer Raimondo il capitano della Guardia Nazionale Don Clemente De<br />
Dominicis procedeva all’arresto del reazionario Filippo D’Innocenzo che,<br />
35<br />
Di Castijune s’armane ngandate
36<br />
Cenni storici<br />
salito sulla scalinata di Camillo Bardari, con un coltello da porchettaio,<br />
teneva a bada le guardie nazionali Vincenzo Di Gennaro, Francescantonio<br />
Pantaleone, Saverio Schiazza e Don Giuseppe Giuliani, gridando “Viva<br />
Francesco II che ci ha dato la libertà !”.<br />
Dopo la conquista dell’Italia Meridionale da parte dei garibaldini e delle<br />
truppe piemontesi, si sviluppò nuovamente il fenomeno del brigantaggio<br />
che si affermò soprattutto nelle campagne, tra la povera gente e tra i disperati<br />
che venivano finanziati da baroni locali e dai filo borbonici.<br />
Nella sola provincia di Teramo, fra il 1860 e il 1870 operarono circa<br />
3.000 briganti ed una trentina di bande.<br />
Il 2 novembre 1860 il governatore di Teramo, Pasquale De Virgilii,<br />
d’intesa con il maggiore generale piemontese Ferdinando Pinelli, proclamava<br />
lo stato di assedio in tutti i comuni della provincia con il disarmo<br />
della popolazione e l’istituzione dei consigli di guerra per il disbrigo dei<br />
processi sommari.<br />
Anche Castiglione, con il suo territorio, fu teatro di scorrerie brigantesche<br />
e la popolazione ne rimase a lungo intimorita.<br />
In questo periodo caratterizzato dalle guerre risorgimentali e dalla recrudescenza<br />
del fenomeno del brigantaggio, mentre volge al termine la<br />
nobile esistenza del Toro, appare a Castiglione un personaggio che, per il<br />
grande amore verso il paese e soprattutto verso le classi più umili e bisognose,<br />
merita di essere ricordato: Michele Candelori, medico ed igienista.<br />
Allo scoppio della Grande Guerra, molti <strong>castiglione</strong>si rispondono alla<br />
chiamata della patria, lasciano le loro famiglie, accorrono al fronte e si<br />
battono eroicamente contro gli austriaci, a costo di enormi sacrifici ed a<br />
volte con la perdita della vita.<br />
Non mancano atti di eroismo, numerosi sono i decorati al valore e<br />
tra essi va menzionato il colonnello Gennaro Pensieri per il glorioso fatto<br />
d’arme dell’agosto 1917 che gli meritò l’appellativo di “eroe di Korite-Selo”.<br />
Per onorare la memoria dei fratelli <strong>castiglione</strong>si caduti sul campo di<br />
battaglia e, in particolare, quella dell’eroe di Korite-Selo, su iniziativa del<br />
giovane ed attivo podestà Moschetta, nel 1934 viene eretta nel Parco delle<br />
Rimembranze una cappella votiva con la Madonnina del Grappa, che reca<br />
la famosa scritta “Posuerunt me custodem”.<br />
Non si può, infine, dimenticare che molti <strong>castiglione</strong>si hanno partecipato<br />
alla conquista dell’Etiopia (1935-36), alla spedizione italiana in<br />
Spagna (1936-39) ed all’ultimo conflitto mondiale (1940-45), mostrando<br />
sempre alto senso patriottico e recando un contributo non indifferente ai<br />
destini dell’Italia.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
LA CHIESA PARROCCHIALE<br />
DI SAN DONATO<br />
Non passa certo inosservata, sembra dominare la valle con la sua<br />
maestosità. Progettata sul finire del secolo XVII fu ultimata dopo<br />
una lunga serie di traversie, tra la metà del XVIII e l’inizio del XIX secolo.<br />
Svetta sul colle ricostruita forse sulle rovine di un preesistente castello.<br />
Precedentemente intitolata a San Nicola da Bari, dall’11 ottobre del 1999,<br />
con decreto del Ministro dell’Interno del tempo, Rosa Russo Jervolino,<br />
viene dedicata a San Donato Martire, protettore di Castiglione.<br />
La Chiesa Madre, sviluppata su due livelli interamente in laterizio,<br />
osservata dall’ingresso del paese, appare una costruzione imponente.<br />
La facciata, di recente restaurata insieme al tetto, coronata da timpano<br />
centrale, è scandita da lesene e cornici, dominata dal timpano semicircolare<br />
sorretto da semi colonne che incorniciano e sovrastano il portale.<br />
L’interno di assetto decorativo ottocentesco è a croce latina con cupola<br />
all’incrocio dei bracci e abside semicircolare.<br />
La chiesa, in una Cappella laterale, custodisce le spoglie di San Donato<br />
Martire. Il Santo, come citato, venne “donato” al nostro paese nel luglio<br />
Facciata della Chiesa di San<br />
Donato Martire.<br />
37<br />
Interno della Chiesa di San Donato.<br />
Volta della Cappella di San Donato.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
38<br />
Un particolare della Cappella di<br />
San Donato.<br />
Cenni storici<br />
1843. San Donato fu un soldato delle milizie imperiali che diede la vita<br />
per la fede in Cristo.<br />
Grande la devozione dei <strong>castiglione</strong>si verso il loro protettore, che viene<br />
ricordato e venerato nei giorni 6-7 agosto con una solenne processione<br />
per le vie del paese: momento atteso e desiderato da tutti.<br />
Si tramanda che chi riceveva un miracolo offrisse al Santo, in segno di<br />
riconoscenza, grano e cera corrispondenti al peso corporeo del miracolato.<br />
La cappella del Santo fu realizzata nel 1893 dall’ ing. Rosati e dipinta<br />
da Sigismondo Martini, entrambi artisti della scuola d’arte di Penne. Molto<br />
suggestivo il quadro della volta che raffigura il Martire in ginocchio,<br />
che contempla il cielo, mentre un angelo gli mostra una croce, simbolo<br />
della fede, nella cornice di monumenti della Roma Imperiale.<br />
L’altare della cappella, opera dell’artista Angelo De Vico, realizzato<br />
in pietra e stucchi, ha una conformazione lineare; sul ripiano del medesimo<br />
viene gelosamente conservata l’urna del Santo. Gli ornati di ferro<br />
battuto, che delimitano la cappella sono opera del maestro Raffaele Di<br />
Nino di Penne.<br />
Degne di nota le due cicogne-portalampade, lavoro del maestro del<br />
ferro Elia Schiappa, <strong>castiglione</strong>se. Sulle pareti della cappella figurano<br />
ancora diversi ex voto.<br />
Sopra l’ingresso della chiesa è posto un organo a canne datato 1765,<br />
ristrutturato negli anni novanta.<br />
Nel piano inferiore c’è la Chiesa della Confraternita della Congrega,<br />
con la cappella che conserva una tela seicentesca raffigurante l’Addolorata<br />
e San Rocco. Inoltre vi si trova una statua lignea dello stesso San Rocco<br />
che reca in mano il castello di Castiglione: opera realizzata in stile barocco,<br />
forse da un artista locale, proveniente dalla ex chiesa a lui intitolata.<br />
Croce processionale di Castiglione<br />
Messer Raimondo.<br />
LA CROCE PROCESSIONALE<br />
DI CASTIGLIONE Messer Raimondo<br />
L<br />
’interno della chiesa, già restaurato dalla Sovrintendenza di L’Aquila<br />
nel 1987 una prima volta e successivamente anni addietro,<br />
ospita una bacheca in cristallo, entro la quale è custodita la Croce Processionale<br />
attribuita a P. Santi, orafo di Teramo. Nella impostazione strutturale<br />
dei bracci terminanti in triboli, ornati lungo il profilo da sferule<br />
lisce e traforate e da cilindretti con decorazioni vegetali in lamine di rame<br />
dorato, spiccano le figure di San Nicola vescovo e quella di Cristo dalle<br />
braccia distese e pendenti dalla croce, con il capo incassato nel robusto<br />
ventre. Mostra un’attenzione alla produzione guardiese che permette di<br />
proporre una datazione più circoscritta alla prima metà del XVI secolo.<br />
Negli anni novanta del secolo scorso, la croce fu trafugata e successivamente<br />
recuperata dal reparto operativo del Comando Provinciale dei<br />
Carabinieri, in collaborazione con la stazione dei Carabinieri di Bisenti<br />
comandati dal Maresciallo Costantino Cirillo, insignito per meriti della<br />
cittadinanza onoraria del Comune di Castiglione M. Raimondo.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
LA FESTA DI SAN DONATO MARTIRE<br />
39<br />
Ancora oggi i festeggiamenti in onore del Santo Patrono sono un<br />
richiamo per una moltitudine di fedeli, anche se non si assiste più alla<br />
calca di un tempo, quando le compagnie di pellegrini arrivavano prima<br />
a piedi e poi con le corriere e restavano in paese qualche giorno.<br />
Il popolo devoto oggi arriva in auto privata, fa la visita al Santo,<br />
partecipa alla Santa Messa e subito riparte non senza aver prima gustato<br />
un buon panino con la porchetta. Il momento culminante della festa è<br />
la processione per le vie del paese con l’urna del Santo, accompagnata<br />
da tantissimi fedeli. La processione è aperta dalla Croce e seguita dalle<br />
donne che, una volta, portavano le candele e cantavano inni.<br />
Il parroco precede l’urna del Santo portata a spalla da dodici portantini.<br />
Dietro l’urna seguono le autorità e tutto il popolo. Un tempo il<br />
corpo del Santo veniva esposto ai fedeli nel mese di agosto, la cosiddetta<br />
“estensione”, mentre per il resto dell’anno restava chiuso nell’urna nella<br />
cappella a Lui dedicata. La processione per le vie del paese avveniva<br />
ogni cinque anni.<br />
Cartolina dell’urna di San Donato.<br />
La processione in onore del Santo<br />
Patrono, agosto 2015.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
40<br />
LE CHIESE E LE CAPPELLE<br />
Cenni storici<br />
Chiesa di Santa Lucia: interno.<br />
Santa Lucia<br />
Nel centro abitato in via Cavour “la vije di Sotte” si trova la piccola<br />
e caratteristica chiesa dedicata a Santa Lucia protettrice della vista.<br />
Al centro dell’altare, incorniciato fra gli stucchi, è collocato un dipinto<br />
della Santa, risalente al XVI secolo (1517). Santa Lucia è ritratta<br />
in un originale e fiero atteggiamento, con la mano sinistra al fianco e<br />
con la destra che sorregge un nastro da cui pendono due occhi tenuti a<br />
mezz’altezza con il braccio piegato. Su una parete si può ammirare un<br />
quadro ad olio raffigurante il Martire diacono S. Lorenzo, con Santa<br />
Lucia alla sua destra; in alto fra gli Angeli Gesù Bambino, sorretto<br />
dalla Madonna, consegna la palma alla Vergine e Martire siracusana.<br />
MADONNA DELLE GRAZIE<br />
All’entrata meridionale del paese “lu bborije” troviamo la piccola<br />
cappella della Madonna delle Grazie, a forma di edicola. Sopra l’altare<br />
un quadro ad olio alquanto espressivo: sulla Terra, figurata in un globo,<br />
Gesù Bambino pianta una croce; viene retto da un lato dalla Madonna,<br />
che reca un giglio nella mano destra. È tradizione paesana portare la<br />
Madonna in processione il 2 luglio di ogni anno.<br />
Statua della Madonna delle Grazie.<br />
Sant’Antonio<br />
Nel rione Sant’Antonio “vicine a lli ringhire” si incontra una graziosa<br />
chiesetta detta di Sant’Antonio consacrata alla “Beata Vergine e<br />
Chiesa della Madonna delle Grazie.<br />
Santa Lucia nell’affresco all’interno della Chiesa.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
41<br />
Statua di Sant’Antonio. Altare. Stemma della famiglia De Leone.<br />
al Divo Antonio”, già appartenente alla famiglia De Leone e dedicata<br />
a Sant’Antonio Abate. Nella tradizione popolare vi si teneva il Triduo<br />
alla Madonna di Pompei per la supplica, due volte l’anno, nei mesi di<br />
maggio e di ottobre. Il 17 gennaio si festeggia il Santo del quale vi è<br />
doppia statua: una lignea immobile sopra l’altare, l’altra sulla destra,<br />
vestita in modo processionale.<br />
SAN GIUSEPPE<br />
All’inizio della strada che conduce in C.da Giardino, “la firnache”<br />
c’era la Chiesa di S. Giuseppe, andata distrutta nei primi decenni del<br />
’900. Attualmente sul posto a ricordo sono stati collocati una croce,<br />
un altarino e dei pannelli in terracotta su cui sono riportati i Dieci<br />
Comandamenti.<br />
LA CONFRATERNITA DEL S.S. ROSARIO<br />
La chiesa della Confraternita del SS. Rosario, “la cungreghe”, fino<br />
al 1970, era divisa in due parti. I fedeli occupavano l’unica navata con<br />
l’Altare Maggiore, mentre gli iscritti alla Confraternita avevano il posto<br />
riservato nel “coro”.<br />
Sullo sfondo l’altare con l’urna del Cristo Morto. Del coro ligneo<br />
che occupava l’intera parete destra resta la parte centrale con i posti<br />
del Rettore, del Priore e del Primo Assistente. Attualmente è rimasta<br />
un’unica navata per le funzioni religiose, mentre la parte del coro è<br />
adibita a sala parrocchiale.<br />
CHIESA RURALE DI SAN DONATO<br />
In contrada Piano S. Donato, adiacente al cimitero, sorge la chiesa<br />
“rurale” di San Donato. Interessanti i due altari in stile barocco risalenti<br />
al XVII secolo e il tetto, le cui pianelle di terracotta sono dipinte<br />
con vari motivi e, su una di esse si legge la data del 1696. Ha una sola<br />
navata, con vasto retroaltare per sagrestia e caratteristico sottopassaggio<br />
per l’entrata laterale detta del “perdono”.<br />
Nel tondino che sovrasta l’altare, si legge questa scritta:<br />
“Chi tien Donato il Santo/intercessore presso l’Eccelso/Iddio mal<br />
non paventi se delle/grazie divin dispensatore”<br />
Davanti alla Chiesa c’era un grande porticato, abbattuto nei primi<br />
anni del novecento per permettere il passaggio delle autocorriere.<br />
All’interno della Chiesa erano presenti due tele raffiguranti una la<br />
Facciata della Chiesa di Sant’Antonio.<br />
Foto originale della Chiesa di San<br />
Giuseppe andata distrutta.<br />
Particolare del luogo dove sorgeva<br />
la Chiesa di San Giuseppe.<br />
Particolare del coro della Chiesa<br />
della Confraternita del S.S.<br />
Rosario.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
42<br />
Cenni storici<br />
L’altare della Chiesa della<br />
Confraternita del S.S. Rosario.<br />
Chiesa rurale di San Donato.<br />
Tetto della chiesa rurale di San Donato: si<br />
notano le pianelle di terracotta dipinte.<br />
Vergine in Gloria e l’altra S. Donato in ginocchio con un angelo che<br />
sorreggeva davanti a lui un <strong>libro</strong> con la mezza luna; tele trafugate da<br />
ignoti negli anni settanta.<br />
MADONNINA DEL GRAPPA<br />
Poco fuori dal paese nel “Parco della Rimembranza” si incontra<br />
la Cappella votiva della Madonnina del Grappa, eretta a ricordo dei<br />
Caduti della Grande Guerra. Era tradizione piantare per ogni caduto<br />
un alberello. Nel parco ancora oggi sono visibili i cippi posti a ricordo<br />
delle gesta eroiche del Ten. Col. Gennaro Pensieri. Sulle pareti laterali<br />
della Cappella, sono poste due lapidi con i nomi dei caduti in guerra.<br />
Statua della Madonnina del Grappa.<br />
SAN GIOVANI BOSCO<br />
In contrada Piane si trova una piccola chiesa ad una sola navata<br />
dedicata a San Giovanni Bosco. Fu la prima sorta in Italia dopo la Santificazione<br />
di Don Bosco. Inaugurata il 26 giugno 1935 alla presenza<br />
Cappella della Madonnina<br />
del Grappa.<br />
Cartolina dell'inaugurazione del monumento ai caduti di guerra.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
43<br />
Facciata della Chiesa di San<br />
Giovanni Bosco.<br />
Resti della Chiesa di San Salvatore.<br />
di S.E. Monsignor Carlo Pensa Vescovo della Diocesi Penne-Atri. Di<br />
recente, a causa del consistente incremento demografico della zona, la<br />
chiesa è stata ristrutturata ed ampliata.<br />
Chiesa di Santa Maria: reperto<br />
forse proveniente dal Colle San<br />
Giorgio.<br />
SAN SALVATORE<br />
Chiesa di origine settecentesca, posta sulla collina omonima con una<br />
bellissima vista sul paese. Fino a pochi anni addietro era tradizione dei<br />
<strong>castiglione</strong>si recarvisi il giorno dopo la pasquetta per una scampagnata.<br />
Santa Maria dello Spino<br />
Nella contrada Borea Santa Maria sorge l’omonima chiesa di Santa<br />
Maria dello Spino precedentemente denominata “Santa Maria a<br />
Luquiano” o “Luquianum” o “Lucusanum”, sorta probabilmente sui<br />
ruderi di un tempio romano. L’antico nome forse deriva da “Lucus<br />
Dianae”, ossia bosco dedicato alla divinità romana Diana Efesina, dea<br />
della caccia. La chiesa, ristrutturata, si mostra oggi con il suo semplice<br />
Chiesa di Santa Maria: particolari<br />
dell’acquasantiera.<br />
Chiesa di Santa Maria: un<br />
capitello corinzio sostiene la pietra<br />
dell’altare.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
44<br />
Chiesa di Santa Maria: particolare<br />
del portale.<br />
Cenni storici<br />
portale con arco a sesto acuto. All’interno conserva due larghe pietre<br />
lavorate, un’acquasantiera che reca sul fondo un toro in rilievo, e un<br />
grande capitello corinzio in marmo bianco (altare) proveniente, probabilmente,<br />
dal vicino luogo di culto di Colle San Giorgio risalente<br />
al periodo italico.<br />
A lato della chiesa c’era una torre, abbattuta negli anni sessanta, che<br />
gli abitanti della zona chiamavano “Lu turrijone”. In realtà si trattava di<br />
resti di un vecchio convento benedettino, come risulta da documenti<br />
attestanti la presenza di un Abate. Una leggenda racconta che il brigante<br />
Partenza avesse nascosto dei tesori in questi luoghi.<br />
È bene ricordare che sul piazzale antistante il sagrato della chiesa fino<br />
a pochi anni fa, ogni lunedì di Pasqua, si svolgeva una festa particolare,<br />
dal sapore pagano, ricca di uova sode, carni alla brace, “cavalli e pupe”,<br />
vino e gustose sfide paesane.<br />
Facciata della Chiesa di Santa<br />
Maria prima del restauro.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
45<br />
Panorama di Appignano.<br />
APPIGNANO<br />
un antico borgo che conserva ancora intatte le sue caratteristiche<br />
È di abitato incastellato medievale del XV secolo con una torre<br />
quadrata, di probabile origine longobarda, inglobata nel Palazzo Pensieri.<br />
L’abitato, situato a pochi chilometri di distanza da Castiglione<br />
Messer Raimondo, ne costituisce l’unica frazione e ne ha seguito, nel<br />
tempo, le vicende storiche.<br />
Il nome Appignano è di origine romana e deriva dal latino “apud<br />
Janum”, vicino a Giano. La denominazione indica, quindi, che l’antico<br />
borgo fu costruito nei pressi di un tempio dedicato al Dio Giano, il più<br />
importante tra gli dei nel culto dei popoli Italici e Romani.<br />
Negli scavi archeologici eseguiti, a breve distanza dal centro abitato,<br />
è stata riportata alla luce una tomba ipogea femminile all’interno della<br />
quale sono stati rinvenuti tre ciondoli di bronzo a batocchio, un’armilla<br />
in bronzo ed un tubetto di bronzo traforato per collana.<br />
Nella stessa località sono stati ritrovati un frammento di cippo calcareo<br />
con una scritta monca in lingua latina, alcune lastre di pietra<br />
albana ed un lastrone più grande senza iscrizione.<br />
Luigi Sorricchio, studioso atriano di fine ottocento e inizio novecento,<br />
classifica i resti scoperti come coevi a quelli di Pretara presso<br />
Atri e quindi databili al VII-VI sec. A. C.<br />
Nel XII secolo Apignanum è citato sul Catalogus Baronum che ne<br />
documenta, con Castillionem, l’appartenenza a Galgano di Collepietro.<br />
Altre testimonianze sono riscontrabili negli scritti dello storico Flavio<br />
Biondo vissuto tra il 1392 e il 1463 che, nella sua opera “Italia<br />
illustrata”, cita il Castello di Pignanum tra quelli ubicati sulla destra<br />
del fiume Selino.<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
Il castello di Appignano.<br />
Veduta laterale del castello.
46<br />
Appignano: Chiesa di San Pietro.<br />
L'interno della Chiesa di San Pietro.<br />
Cenni storici<br />
Anche lo storico domenicano F. Leandro Alberti nella sua opera<br />
“Descrittione di tutta Italia”, pubblicata nel 1553, cita il castello di<br />
Pignano, tra quelli ubicati sulla destra del fiume Sino (Fino).<br />
Nella Galleria delle Carte Geografiche, realizzata in Vaticano da<br />
Antonio Danti di Perugia negli anni 1580-1583, è rappresentato il<br />
Castello di Appignano.<br />
Dal 1439 Appignano passa fra i possedimenti degli Acquaviva, i<br />
quali lo cedono nel 1529 a Sergio Frezza, cui succederanno il figlio<br />
Giovanni Girolamo e il nipote Giovanni Francesco. In quegli anni, fino<br />
alla metà del XVII secolo, la popolazione si attesta mediamente sui 40<br />
fuochi. Le vicissitudini finanziarie della famiglia Frezza comportano<br />
la cessione del feudo ad Alessandro Benvenuti. La famiglia Benvenuti<br />
ne resta proprietaria fino al 1617 quando Appignano viene ceduta a<br />
Cesare Scorpioni.<br />
Il 12 settembre 1712, Nicolantonio Castiglione, Barone di Appignano<br />
richiede l’autorizzazione per la compilazione di un nuovo Catasto, in<br />
quanto precedentemente sono intervenute cessioni di beni che hanno<br />
modificato radicalmente le proprietà riportate su quello in vigore. La<br />
Regia Camera autorizza la richiesta ed il 17 febbraio 1713, il Governatore<br />
Nicola Baroni inizia il lavoro coadiuvato dai due apprezzatori e<br />
stimatori Francesco Di Falcio e Giovan Domenico di Francesco eletti<br />
dal Gran Consiglio dell’Università. Ogni sera, fino al 30 giugno, il<br />
pubblico balivo Sebastiano Di Donato, legge i bandi per invitare i<br />
proprietari ad iscriversi nel Catasto e dare conto delle loro proprietà<br />
da assoggettare a tassazione.<br />
Il nuovo Catasto si compone di 70 carte. Vi sono iscritte 68 persone<br />
tra i quali il Barone Nicolantonio Castiglione ed il Marchese Francesco<br />
Maria De Petris. Il territorio di Appignano risulta diviso in 65 contrade<br />
e comprende i Feudi di S. Clemente e Casalorito.<br />
Nel catasto del 1713 sono descritte otto fontane, ma ne resta solo<br />
una, tutte le altre sono state smantellate a seguito della realizzazione<br />
dell’acquedotto pubblico nel 1923.<br />
Nel 1926 viene portata l’energia elettrica. Fino alla prima metà del<br />
Novecento erano attivi due frantoi, di cui uno a trazione animale. Si<br />
contano poi tre mulini di cui uno ad acqua e due elettrici, uno di questi<br />
è rimasto in attività fino agli anni settanta.<br />
Stemma della famiglia Pincelli<br />
situata all'interno della Chiesa di<br />
San Pietro.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
LE CHIESE Di Appignano<br />
SAN PIETRO<br />
S. Pietro Apostolo è la chiesa parrocchiale di Appignano e risale al<br />
XII secolo. La data del 1571, nell’epigrafe posta sul portale della chiesa,<br />
non deve trarre in inganno: come hanno evidenziato recenti studi<br />
(DAT V, volume 2) sulla base del campanile una muratura in conci<br />
ben squadrati, nella quale si apre una monofora con grosse cornici di<br />
blocchi di pietra strombati e un architrave strombato a tutto sesto,<br />
testimonia un impianto ancora precedente (fine XIII sec.). La chiesa<br />
fu restaurata nel 1735 e presenta una facciata rettilinea racchiusa da<br />
due lesine angolari. L’interno si presenta oggi in veste settecentesca, a<br />
vano unico, con altari lungo le due pareti laterali decorati da stucchi<br />
di fattura artigianale. Tra le pale dell’altare si segnala una Madonna del<br />
Rosario datata 1769 e firmata da Giuseppe Prepositi, artista atriano,<br />
il quale firma anche la pala del secondo altare di destra (1770) e forse<br />
quella dell’altare maggiore con la consegna delle chiavi a San Pietro.<br />
Opere realizzate grazie al mecenatismo della famiglia Pincelli.<br />
Chiesa di San Pietro: particolare<br />
del portale laterale.<br />
Chiesa di San Pietro: particolare<br />
della scritta 1571 sul portale.<br />
47<br />
MADONNA DEL CARMINE<br />
Fuori dalla cerchia muraria è la chiesa della Madonna del Carmine,<br />
costruita su una precedente cappella nel 1858 come ex voto, per volontà<br />
e con il contributo degli abitanti per aver la Madonna “prontamente<br />
liberato” il paese dalla terribile peste del 1855. Dell’edificio più antico<br />
sopravvive un’acquasantiera a calice in pietra.<br />
Chiese oggi scomparse sono quelle di San Michele, citata nella Bolla<br />
di Papa Lucio II° del 10 giugno 1184 e quella di Santa Maria Lauretana<br />
facente parte del convento.<br />
La facciata della Chiesa della<br />
Madonna del Carmine.<br />
L’altare della Chiesa della Madonna<br />
del Carmine.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
48<br />
Cenni storici<br />
Resti del convento di Appignano.<br />
IL CONVENTO di Appignano<br />
I FRATI MINORI CONVENTUALI DI APPIGNANO<br />
(provincia di San Bernardino)<br />
Resti di una statua lignea<br />
raffigurante Sant'Antonio in una<br />
vecchia foto.<br />
Foto recente della statua lignea.<br />
RELAZIONE SUL CONVENTO tratta da: P.N. Petrone “Relazione<br />
sui conventi d’Abruzzo” redatte nel 1650. Bibl. Tommasiniana, Tagliacozzo<br />
1998<br />
Il convento di San Francesco dell’ordine dei Frati Minori Conventuali<br />
situato nel territorio di Appignano diocesi di Penne e d’Atri, lontano<br />
dall’habitato quasi un miglio alla riva del fiume Fino, è fuori di strada.<br />
Quando fosse fondato non si trova, ma il P. Pisano ne fa memoria nelle<br />
conformità, “e si tiene sia stato preso dal Nostro P.S. Francesco, il che si<br />
puote credere si per essere luogo solitario e molto atto alla contemplazione,<br />
si perché sta vicino a Città di Penne, ove sappiamo di certo, che il nostro<br />
Serafino Padre fondò et habitò quel nostro convento”.<br />
Have la chiesa sotto l’invocazione di S. Maria di Loreto d’una sola e<br />
piccola nave, col choro, che serve anco per sagrestia, e campanile con una<br />
campana. È di struttura comodo, benchè angusto, have chiostro quadrato<br />
con logge sotto e sopra, sei camere nell’habitazione superiore, e nell’inferiore<br />
tutte l’officine, cioè cucina, cucinotto, cantina, refettorio, fondaco, stalla et<br />
cisterna in mezzo al cortile. Occupa di sito canne cento.<br />
L’anno 1631 con l’autorità della felice memoria di Urbano Ottavo vi<br />
fu prefisso il numero di quattro religiosi tra sacerdoti e serventi e di presente<br />
v’habitato di famiglia il P. fra Lelio d’Ottaviani da Montorio, sacerdote<br />
guardiano, e fra Bernardino Giuliani da Città Sant’Angelo, laico professo.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 1<br />
Il Monastero di Appignano faceva parte della “Custodia Pennese”,<br />
era composto di sei stanze al piano inferiore e sei a quello superiore con<br />
un chiostro quadrato ed un doppio loggiato; resti dell’antico complesso<br />
sono ancora oggi visibili.<br />
Secondo il De Carolis, la fondazione del convento potrebbe risalire,<br />
al 1216, epoca del passaggio di San Francesco D’Assisi da Penne a Castiglione<br />
della Valle, per sedare la contesa tra i baroni di Castiglione e<br />
i Palmieri di Tossicia. A quell’epoca risaliva la cosiddetta “strada reale”,<br />
che collegava la vallata del Vomano con quella del Fino, il cui antico<br />
tracciato, ai tempi dell’impero augusteo, era una appendice della via<br />
Caecilia, a sua volta diramazione della via Salaria. A riprova il Martelli<br />
asserisce che il Santo “Entrò nella valle siciliana” in un meriggio di luglio<br />
attraverso le colline di Castel Castagna, passando quindi per Bisenti.<br />
Nel 1400 la provincia di Penne contava quarantadue conventi.<br />
La sola Custodia Pennese, secondo Fra’ Paolino da Venezia, era<br />
formata da sei conventi: Penne, Loreto, Catignano, Alanno, Tocco e<br />
Manoppello.<br />
Nel 1650 ne risultavano nove, essendo stati aggiunti i conventi di<br />
Appignano, Castiglione della Pescara e Nocciano.<br />
Particolari di una stele posta<br />
all'ingresso del Convento.<br />
49<br />
Convento di Penne<br />
Convento di Alanno<br />
Convento di Appignano<br />
Convento di Castiglione P.<br />
Convento di Catignano<br />
Convento di Loreto Aprutino<br />
Convento di Manoppello<br />
Convento di Nocciano<br />
Convento di Tocco<br />
9 religiosi<br />
5 frati<br />
2 frati<br />
5 frati<br />
4 frati<br />
12 frati<br />
5 frati<br />
3 frati<br />
4 frati<br />
Nel XVII secolo sul suolo abruzzese esistevano 76 conventi, di questi<br />
57 facevano parte della provincia di San Bernardino, (già provincia di<br />
Penne) così suddivisi:<br />
Custodia Aprutina Conventi n.12 frati n. 51<br />
Custodia Aquilana Conventi n.12 frati n.122<br />
Custodia Atriana Conventi n.5 frati n. 32<br />
Custodia Marsicana Conventi n.9 frati n. 37<br />
Custodia Pennese Conventi n.9 frati n. 51<br />
Custodia Teatina Conventi n.10 frati n. 60<br />
Totale Conventi n.57 frati n. 353<br />
Nella XXV sessione del Concilio di Trento, si iniziò a parlare della<br />
riforma degli ordini religiosi. Nel marzo del 1649, spinto dal Card.<br />
Fagnani, il Pontefice Innocenzo X istituì la “Congregazione sullo stato<br />
dei religiosi”.<br />
Si vociferò che detta Congrega stesse discutendo le condizioni dei<br />
piccoli conventi, e si paventò la minaccia della loro soppressione. In<br />
base alle relazioni dei superiori, la congregazione suddivise i conventi<br />
Di Castijune s’armane ngandate
50<br />
Cenni storici<br />
in tre classi: facevano parte della prima classe le comunità composte<br />
da oltre 12 religiosi; erano considerate di seconda classe le comunità<br />
che avevano da 6 a 11 religiosi, infine appartenevano alla terza classe<br />
quelle comunità che contavano meno di 6 frati.<br />
Fu stabilita la chiusura dei conventi dove alloggiavano meno di<br />
12 frati. Il 15 ottobre del 1652 fu pubblicata la bolla “instaurandae<br />
regularis disciplinae”, che sancì, in pratica, la chiusura di ben 457<br />
conventi su 907 esistenti in Italia. La notizia della chiusura “dei conventini”<br />
creò malcontento non solo tra le comunità religiose, ma anche<br />
tra la popolazione dei piccoli centri dove sorgevano queste istituzioni,<br />
spesso isolate dai grandi centri abitati ma molto apprezzate dagli<br />
umili abitanti. Seguirono vibrate proteste, che spinsero la Santa Sede<br />
a rivedere il tutto; infatti, il 10 febbraio del 1654, emanò il decreto<br />
“Ut in Parvis”, stabilendo che i conventi con almeno 6 religiosi non<br />
andavano soppressi.<br />
Con l’entrata in vigore della bolla “instaurandae regularis disciplinae”<br />
e del successivo decreto “ut in parvis”, in Abruzzo, chiusero i<br />
battenti ben 28 conventi, tra questi quello di Appignano.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
Personaggi<br />
storici
Capitolo 2<br />
53<br />
Personaggi Storici<br />
N<br />
el corso dei secoli a Castiglione Messer Raimondo sono nati<br />
e vissuti diversi personaggi che con le loro opere hanno dato<br />
lustro al paese e sono meritevoli di ricordo da parte delle future generazioni.<br />
Quasi tutti i personaggi appartenevano ad illustri famiglie, quali<br />
De Filippis, De Dominicis, Moschetta, De Leone, Candelori, Luciani,<br />
Pensieri… Ricordiamo l’Arciprete Antonio De Filippis, che si interessò<br />
per far arrivare a Castiglione M.R. il 22 luglio 1843 le sacre spoglie di<br />
San Donato Martire; il Capitano della Guardia Nazionale Clemente<br />
De Dominicis; il Medico ed Igienista Saverio Luciani; il Deputato Provinciale<br />
Tito Candelori; lo storico e sagace amministratore Saverio De<br />
Leone e i Parroci Giuseppe e Pietro Moschetta. Tra gli altri merita un<br />
particolare ricordo Mons. Ernesto Barlaam, parroco per cinquantanove<br />
anni, che con la sua opera pastorale ha contribuito alla formazione di<br />
più generazioni di giovani.<br />
Nelle pagine seguenti abbiamo ritenuto opportuno soffermarci sulla<br />
vita e sulle opere di quattro concittadini, che, a vario titolo ed in<br />
tempi diversi, hanno mostrato attaccamento vero e profondo al paese,<br />
sia cercando di migliorarne le condizioni di vita e sia lottando per gli<br />
ideali di libertà.<br />
I personaggi di cui tratteremo sono:<br />
Domenicantonio Toro, Gran Maestro della Carboneria; Michele<br />
Candelori, Medico Igienista; Gennaro Pensieri, eroe di guerra; Angelo<br />
Pompei, Maestro e Fondatore della Cassa Rurale ed Artigiana.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Figura ideale di Domenicantonio Toro: busto collocato nella<br />
facciata della scuola a lui intitolata.
Capitolo 2<br />
Domenicantonio Toro<br />
1767-1865<br />
Patriota<br />
Nacque a Castiglione nell’anno 1767, nella casa paterna situata<br />
a Capo del Borgo, da Francesco e Rosa Romani. La<br />
famiglia di agiate condizioni, poté mantenerlo agli studi a Napoli.<br />
Ritornato a Castiglione svolse l’attività di agrimensore. Fu amato e<br />
stimato dai cittadini per la sua rettitudine; dal matrimonio con Maria<br />
Nicola Ruscitti ebbe due bambine: Lucia e Raffaella. Morì il 12 febbraio<br />
1865, quasi centenario, dopo aver visto realizzati i suoi ideali.<br />
Nell’Ottocento, prima nel periodo francese e poi sotto la restaurazione<br />
borbonica, Castiglione è uno dei centri dove la carboneria<br />
è più attiva.<br />
Nel 1814 vi è operante una “vendita” carbonara denominata<br />
“Auspici della Fortuna”, diretta da Domenicantonio Toro.<br />
Essa è collegata con le altre di Penne, Penna S. Andrea, Città S.<br />
Angelo, Pescara e Loreto.<br />
Il 19 marzo 1814 tutti i carbonari e massoni della zona si radunano<br />
segretamente in Castellammare Adriatico per concordare<br />
una insurrezione da far scoppiare il 25 marzo a Pescara: gli insorti<br />
avrebbero dovuto occupare la fortezza.<br />
Alla data appena citata convengono a Pescara tutti i carbonari ma<br />
la rivolta fallisce per tradimento o ingenuità di Gennaro Sabatini,<br />
carbonaro di Pescara.<br />
La rivolta, però, scoppia ugualmente il 27 marzo a Città S. Angelo,<br />
poi a Penne, a Castiglione ed a Penna S. Andrea.<br />
A proposito della sollevazione di Castiglione narra il Castagna:<br />
56<br />
Targa a ricordo dei carbonari<br />
<strong>castiglione</strong>si.<br />
Facciata dell’edificio scolastico<br />
intitolato a Domenicantonio Toro.<br />
Personaggi storici<br />
esercitandosi concordi, e secondo potere saldando uomini, tenevano<br />
sempre vivo l’ardore della libertà.>>.<br />
Da quanto sopra si deduce come il Toro fosse un personaggio<br />
eminente della Carboneria, molto rispettato da tutti gli altri aderenti,<br />
<strong>castiglione</strong>si e non.<br />
Il 28 marzo un contingente di circa 200 uomini di Penne, Castiglione<br />
e Città S. Angelo viene spedito nella notte verso la fortezza di<br />
Pescara ma il tentativo muore sul nascere per motivi occasionali: la<br />
legione, che procede di notte in un bosco nelle vicinanze del fiume<br />
Saline, al rumore accidentale di uno sparo, credendo di essere assalita<br />
dai nemici, si scompone e si dà alla fuga.<br />
Nonostante questo insuccesso, il 31 marzo un altro contingente<br />
di 300 uomini composto di angolani, pennesi e <strong>castiglione</strong>si, muove<br />
verso Teramo che, secondo i patti, si sarebbe dovuta sollevare. Ma i<br />
carbonari, vedendo la città estranea al conflitto, evitano inutili perdite<br />
e si ritirano a Città S. Angelo.<br />
Dopo l’ulteriore fallimento, i carbonari insorti, presi da sconforto,<br />
depongono le armi ed al generale Amato in Chieti viene chiesta clemenza,<br />
cosa che tutti i comuni ottengono.<br />
Quando al generale Amato subentra il Montigny, costui invia le sue<br />
milizie nei paesi ribelli e stabilisce il proprio quartier generale a Città<br />
S. Angelo.<br />
Tutti i capi della sommossa, compreso il Toro, sono alla macchia.<br />
Ha inizio la repressione.<br />
Il 1° giugno vengono arrestati La Noce, Marulli e Castagna. Quanto<br />
al Toro, citiamo ancora il Castagna:<br />
.<br />
A Città S. Angelo evita la cattura il medico chirurgo Serafino Luciani<br />
che ha la condotta a Castiglione. Qui cadono nella rete Domenico<br />
Luciani e Domenico Simoni.<br />
A Castiglione si nascondono il sacerdote Michele De Paulis, Pietro<br />
Giacomo Piccirilli e il tenente delle guardie repubblicane Nicola<br />
Moschetta.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
57<br />
Cartolina d’epoca della<br />
scuola elementare intitolata a<br />
Domenicantonio Toro.<br />
Sfuggono alla cattura lo speziale Camillo Papa e Francesco Simoni,<br />
fratello di Domenicantonio.<br />
Il 17 luglio a Penne, presso la chiesa di S. Spirito, furono fucilati il<br />
canonico Domenico Marulli, il medico Filippo La Noce, entrambi di<br />
Città S. Angelo, e il capitano De Michaelis di Penna S. Andrea. Eseguita<br />
la condanna, ai cadaveri fu mozzata la testa perché venisse esposta nel<br />
paese di origine dei patrioti.<br />
Il Toro, benché ancora malconcio, fu portato da Chieti a L’Aquila<br />
e gettato nel carcere del Castello, detto del Coccodrillo.<br />
Temendo di morire di freddo e di sete, scrisse le sue ultime volontà<br />
alla moglie Maria Nicola Ruscitti, che si dava da fare per comperare<br />
la grazia.<br />
Condannato a morte, la pena gli fu tramutata in ergastolo. Secondo<br />
il Castagna, la moglie sborsò per questo 1.100 ducati e 60 grani.<br />
Più tardi, col ritorno dei Borboni, in virtù del condono generale<br />
concesso, il Toro uscì dal Coccodrillo nel 1815. E il Castagna così<br />
conclude:<br />
.<br />
Come segno di riconoscenza, la popolazione di Castiglione ha voluto<br />
intitolare al Gran Maestro della Carboneria l’edificio scolastico sorto<br />
nel sito occupato dalla chiesa di S. Rocco, dove Domenicantonio Toro<br />
era stato “incoronato con segno di vittoria”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Michele Candelori
Capitolo 2<br />
Michele Candelori<br />
1853-1916<br />
Medico<br />
Nato nel 1853 a Castiglione Messer Raimondo, apparteneva ad<br />
una illustre famiglia che ha dato al paese, oltre a Don Michele<br />
(così lo chiamava il popolo), il geometra Ernesto, sindaco per cinque<br />
lustri, il dott. Tito, valente avvocato del foro teramano, l’apprezzato<br />
notaio Lino, nonché il prof. Candeloro, docente di matematica e fisica<br />
presso l’Istituto Tecnico di Pescara.<br />
Don Michele compì gli studi secondari nel Seminario di Atri, quando<br />
questo istituto era molto conosciuto ed apprezzato; ne era rettore Lino<br />
Romani e vi insegnavano uomini del valore dei Cherubini e Mambelli.<br />
Di vivido ingegno, memoria prodigiosa e avidità di sapere, ne uscì<br />
con un corredo culturale superiore a quello dei giovani della sua età.<br />
Studiò medicina nella Regia Università di Napoli e, laureatosi, divenne<br />
subito assistente del celebre Arnaldo Cantani, professore di clinica medica<br />
e praticò la clinica di Gaetano Paolucci che ebbe a prediligerlo ed al quale<br />
dolse che il Candelori fosse tornato in provincia “a perdersi” (come egli<br />
diceva) perché non gli sarebbe mancato un posto nell’insegnamento.<br />
Fra gli altri colleghi di studio, Michele ebbe Domenico Tinozzi,<br />
poi deputato al parlamento per molte legislature. Costui fu un uomo<br />
competente, laureato anch’egli in Medicina a Napoli, ma verso di<br />
lui il nostro compaesano nutrì una non celata avversione, forse per<br />
motivi politici.<br />
Don Michele non resistette alla vita universitaria e preferì tornare<br />
a Castiglione, dove esercitò la professione con sapienza, dedizione e<br />
disinteresse, prestando le sue cure soprattutto ai poveri e ai derelitti.<br />
Non fu solo un medico instancabile, buono e onesto, ma anche<br />
un insigne igienista.<br />
Sigillo del Notaio Lino Candelori<br />
su atto di vendita del 1898.<br />
59<br />
Di Castijune s’armane ngandate
60<br />
Lapide a ricordo di Michele<br />
Candelori presso la scuola media.<br />
Personaggi storici<br />
Quando l’acquedotto era ancora un sogno e per attingere l’acqua<br />
si andava alla fontana della Ricchiera, a quella della Cava o al pozzo<br />
delle Vicenne, il tifo a Castiglione era una malattia sempre ricorrente<br />
in ogni stagione calda dell’anno. Don Michele istituì un locale di isolamento,<br />
una specie di lazzaretto, attrezzato con tutti gli accorgimenti<br />
tecnici del tempo.<br />
Un giorno ebbe la visita di un alto personaggio della sanità (le relazioni<br />
col mondo culturale erano la sua passione), al quale dette ragione<br />
e conto dell’impianto.<br />
Al commiato, l’alto personaggio, profondamente ammirato, evitò<br />
le consuete congratulazioni verbali, trasse di tasca un biglietto da visita<br />
e, con una calorosa stretta di mano, glielo porse con questa magnifica<br />
scritta: .<br />
Ma Don Michele cercava una soluzione definitiva a questo stato<br />
di cose, studiò il problema, capì che la causa di tante morti risiedeva<br />
nell’acqua cattiva, pensò che nelle nostre montagne c’era acqua buona<br />
in abbondanza e maturò l’idea di portare la stessa nella zona vestina e,<br />
quindi, nel proprio paese.<br />
Diventò alpinista, passò di vetta in vetta, seguì il corso dei fiumi, risalì<br />
il Tavo, si fermò al Vitello d’Oro e studiò ed analizzò quella sorgente:<br />
l’acqua, ottima in tutte le stagioni, durante le piogge però diventava<br />
torbida e inquinata.<br />
Rinunciò a quella sorgente ma poco più in alto arrivò al Mortaio<br />
d’Angri, ripeté i saggi e finalmente poté dire di aver trovato l’acqua<br />
pura che cercava.<br />
Don Michele, che fin dal 1891 aveva posto attenzione in quelle<br />
acque, negli anni successivi studiò approfonditamente il contenuto<br />
di germi e microrganismi, nonché il grado di durezza riferito a Calcio<br />
e Magnesio.<br />
Trovata la sorgente, bisognava studiare il tracciato della conduttura<br />
e trovare un ente disposto a finanziare un’opera al limite del pazzesco.<br />
Don Michele non mostra incertezze o cedimenti: acquista libri<br />
di ingegneria, studia, diventa dotto in quella materia ed alla fine,<br />
lui medico, diventa anche ingegnere e redige il progetto per una<br />
conduttura destinata a servire i centri di Penne, Atri, Castellammare<br />
Adriatico e, naturalmente, Castiglione.<br />
Il tema diventa serio e le autorità cominciano ad interessarsene:<br />
ogni paese sogna la possibilità di avere acqua “corrente”.<br />
Non mancano gli ostacoli, non piace la soluzione del Mortaio<br />
d’Angri, troppo a monte e tale da generare alti costi. Si ritiene che<br />
essa sia voluta per favorire Castiglione.<br />
Don Michele è irremovibile.<br />
IL 23 luglio 1893 viene costituito a Penne un “Consorzio inteso a<br />
dare opera ad una conduttura di acque potabili con derivazioni dalle<br />
sorgenti del Tavo”; sono presenti rappresentanti di 18 comuni e per<br />
Castiglione c’è, ovviamente, Michele Candelori.<br />
Qualche tempo dopo iniziano i lavori, si scava una lunga galleria<br />
entro la montagna, si costituisce un bacino di raccolta e l’acqua<br />
viene avviata verso Atri da una parte e verso Penne e Castellammare<br />
Adriatico dall’altra.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
61<br />
Foto inizi novecento dell’apiario<br />
Candelori realizzato sotto la Chiesa<br />
di San Giuseppe.<br />
La Federazione dei Tre Acquedotti delibera l’apposizione di una<br />
lapide col medaglione di Michele Candelori ad Angri, l’Acquedotto di<br />
Atri delibera, in omaggio a Don Michele di lasciare una fonte, quella<br />
del Fosso a Castiglione, fuori della conduttura comunale. Il problema<br />
è ormai avviato a soluzione. Ma Don Michele non c’è più: il 1° marzo<br />
1916, minato da tempo da un male lento e insidioso, se ne va fra il<br />
cordoglio di tutta una regione. Profonda fu la commozione quando<br />
il 31 luglio 1921 l’acqua arrivò, sgorgando limpida, davanti la chiesa<br />
della Congrega, in molti piansero, qualcuno, con Don Teofilo De<br />
Dominicis, amico d’infanzia di Don Michele, si gettò sotto il cannello<br />
come volerlo baciare, come voler abbracciare colui che non c’era più.<br />
Don Michele, oltre ad essere medico, igienista e ingegnere, fu anche<br />
uomo politico, partecipando attivamente alla vita amministrativa<br />
di Castiglione.<br />
Ricoprì la carica di consigliere comunale e, per qualche anno,<br />
quella di sindaco e come tale intraprese il risanamento igienico del<br />
paese, creò il viale dei tigli (l’attuale viale Umberto I), il largo XX<br />
Settembre e tante altre opere di pubblica utilità.<br />
Fu anche delegato scolastico mandamentale e rifiutò ogni altra<br />
carica, proteso solamente a migliorare le condizioni di vita dei <strong>castiglione</strong>si<br />
e, soprattutto, delle persone più umili e bisognose.<br />
Non si presentò mai come deputato, si interessò esclusivamente<br />
del suo paese e si adoperò con successo affinché i <strong>castiglione</strong>si fossero<br />
presenti nei maggiori centri di potere della provincia.<br />
Infatti, in quel periodo, il <strong>castiglione</strong>se Ludovico De Petris era<br />
Presidente della Provincia e un altro <strong>castiglione</strong>se, Tito Candelori,<br />
ne era consigliere; Penne, capoluogo del nostro circondario, era amministrato<br />
dal sindaco Don Saverio De Leone, mentre al capoluogo<br />
di mandamento era sindaco Don Cicco Pensieri: a preparare e volere<br />
tutto ciò era stato Michele Candelori.<br />
Bisogna infine ricordare come Don Michele coltivasse una bella<br />
passione: amava in particolar modo le api e, nei pressi del paese,<br />
vicino alla chiesa di S. Giuseppe (oggi non più esistente e sostituita<br />
da una piccola area votiva), aveva creato un apiario, vero “eden” per<br />
Di Castijune s’armane ngandate
62<br />
La Fontana posta a ricordo della<br />
grandiosa opera del dott. Michele<br />
Candelori, sulla facciata del<br />
Municipio.<br />
Personaggi storici<br />
gli amati insetti: una larga siepe ricca di tante rose dai colori più<br />
vivi e tanti gradoni fioriti, su cui troneggiavano centinaia di arnie e<br />
con al centro un casotto modello dove era in funzione lo smielatore.<br />
“Fortunate senex !”, per dirla con Virgilio. Castiglione non ha mai<br />
dimenticato questo illustre figlio.<br />
Subito dopo la sua scomparsa il Consiglio Comunale lo ha solennemente<br />
commemorato ed ha approvato che la strada di circonvallazione<br />
all’ingresso del paese fosse intitolata “Pomerio Michele Candelori” e<br />
che nella sala del Consiglio fosse collocato un quadro artistico con<br />
l’effige dell’estinto.<br />
Nel 50° anniversario della scomparsa (1° marzo 1966), l’Amministrazione<br />
Comunale di Castiglione presieduta dal sindaco Pasquale<br />
Sorgentone ha commemorato l’illustre cittadino facendo apporre,<br />
nell’atrio della nuova scuola media, una lapide in marmo per ricordare<br />
ed intitolare la Scuola Media Statale al Dott. Michele Candelori.<br />
Si riportano di seguito alcuni articoli sul personaggio, a cura del<br />
maestro Francesco Pincelli su “La Voce di Castiglione”, del maestro<br />
Ennio De Filippis e di un cronista del “Popolo Abruzzese” del 31<br />
agosto 1921.<br />
Francesco Pincelli, maestro elementare, altra figura importante e<br />
carismatica, in una prefazione ad un giornalino paesano da lui creato<br />
e diretto, così lo ricordò:<br />
UNA COMMEMORAZIONE RITARDATA…<br />
Sfuggì al nostro giornale una data che invece andava doverosamente<br />
ricordata. Il 1° marzo dell’anno passato correvano cinquanta anni dalla<br />
scomparsa del Dott. Michele Candelori, il concittadino che fece onore<br />
al nostro paese, per la sua opera che rimarrà nei tempi futuri segnacolo<br />
di alta civiltà e di amore per il prossimo. Ripariamo oggi, ad un anno<br />
dal mezzo secolo già trascorso, perché i giovani sappiano e gli altri non<br />
dimentichino che: “L’ACQUA CHE QUI SGORGA, HA LA SUA<br />
FONTE IN VALLE D’ANGRI, NELLA PARETE DEL GRAN SASSO<br />
D’ITALIA” e che:<br />
“IL DOTTOR MICHELE CANDELORI MEMORIA VENERATA<br />
DAL POPOLO, FU L’IDEATORE DELLA OPERA GRANDIOSA<br />
PER L’ACQUEDOTTO DEL TAVO CHE TANTO BENESSERE<br />
APPORTA ALLE GENTI D’ABRUZZO”<br />
FRANCESCO PINCELLI<br />
MICHELE CANDELORI: OGGI (1967)<br />
“Ad ogni mio ritorno al natio paese, sulla piazzetta del Castello,<br />
dove il frastuono spesse volte è tenuto lontano dalla patina di antichità<br />
dei muri scalcinati e dei tetti muschiosi delle nostre case, mi sembra di<br />
rivedere, nitida e distinta, la figura maestosa e bella del dottor Michele<br />
Candelori che da solo riusciva a dare a tutto il rione una sua nobiltà e ad<br />
animarlo in una sua esistenza spettacolare. L’aristocratico professionista<br />
era stato dotato da Madre Natura di un ingegno acuto e fertile, anche se<br />
ne aveva fatto un uomo silenzioso, piuttosto proclive alla mite cordialità<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
e alla finezza squisita, doti tradizionalmente insite nella sua famiglia;<br />
suggerivano di buttar giù, solo ogni tanto, poche ma nobili parole. E lo<br />
faceva con pacata gentilezza, con obbligante cortesia, quasi scusandosi<br />
di averle pronunciate lui, uomo dotto e clinico illustre, che “da solo,<br />
combattuto prima, non sempre aiutato poi, scoprì e diede infine a tutto<br />
il popolo vestino una delle più pure acque d’Italia, quella del Mortaio<br />
D’Angri. “Medico valorosissimo e di profonda cultura umanistica e<br />
scientifica, studioso sagace dei problemi igienici abruzzesi, meritò per la<br />
sua pionieristica scoperta, a ricordo imperituro, la dedica al suo nome di<br />
un pomerio del paese e di una fontana monumentale che, purtroppo, per<br />
l’incuria di alcuni amministratori non versa più acqua da molti anni!<br />
Eppure “Don Michele non si distinse solo come clinico e come igienista,<br />
sebbene anche come ingegnere per vocazione: in tale duplice veste trascorse<br />
i suoi giorni sempre lavorando per il bene dei suoi concittadini,<br />
ai quali sapeva di volta in volta offrire pure il conforto della sua parola<br />
saggia e del suo cuore generoso. Infatti egli consacrò tutta la sua attività<br />
alla professione e allo studio dei problemi locali, non ultimo quelli della<br />
fognatura e del viale dei Tigli, cui incessantemente attese fino all’ultimo<br />
giorno della sua vita terrena.<br />
La sua immagine austera e forte, il suo volto gentile e sereno, i suoi<br />
occhi profondi, la sua prontezza e sicurezza d’intuito e la sua coscienza<br />
purissima vivranno perennemente nel ricordo commosso dei Castiglionesi,<br />
perché il generoso professionista alla vita non chiese altro che la gioia<br />
di fare del bene al prossimo e la soddisfazione dell’onestà e della serietà<br />
d’intenti. Apostolo d’amore e di pensiero, oltre che di professione, sentì il<br />
bisogno della rinuncia all’affarismo: talchè abbandonata anzi tempo e<br />
volontariamente la condotta medica al giovane collega ed amico Antonio<br />
De Filippis, problemi di pubblica utilità furono gli unici simboli ai quali<br />
dedicò anche le ore più belle della sua esistenza, per dare continuo esempio<br />
di rettitudine e di perseveranza: sempre signore e cortese con tutti, rivelava<br />
aspetti di così grande personalità che il suo nome non può non rimanere<br />
tra quella eletta schiera di professionisti vestini, nei quali la luce della<br />
63<br />
La fontana di “Arrete a llu Fosse”.<br />
L’aula consiliare del Comune di Castiglione dedicata a Michele Candelori.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
64<br />
Personaggi storici<br />
bontà vivificò la luce dell’intelligenza. Chè anzi, per avere egli dedicato<br />
studi, sogni e speranze all’educazione sanitaria e al miglioramento delle<br />
condizioni igieniche della gente della Valle del Fino, tutti quelli che lo<br />
conobbero ne apprezzarono le rare doti di uomo e di studioso, di medico<br />
e di cittadino certamente il più buono e il più bravo di tutti”.<br />
ENNIO DE FILIPPIS<br />
L’ACQUA A CASTIGLIONE - 31 LUGLIO 1921<br />
Da “Il Popolo Abruzzese” del 31 agosto 1921<br />
Fanfulla Bufo: uno degli operai<br />
realizzatori dell’opera.<br />
Il sindaco di Castiglione<br />
cav. Ernesto Candelori, fratello di<br />
Michele Candelori.<br />
Dopo un trentennio di aspettative e di ansie, finalmente il 31 luglio<br />
u.s., vedemmo qui zampillare da una pubblica fontanina, situata<br />
all’entrata del paese, fresca ed abbondante l’acqua del Mortaio D’Angri.<br />
È un sogno lungamente vagheggiato, che alla fine diventa lieta realtà; è<br />
una resurrezione, aspettata in aspre vigilie, quelle che alfine annunziano<br />
le pure linfe sprizzanti accanto alle bianche nostre case, sotto l’ombra<br />
protettrice del nostro maggior Tempio. Esse, nella loro voce sublime, pare<br />
rievochino la memoria del nostro più illustre concittadino, del non mai<br />
abbastanza compianto dott. Michele Candelori, scomparso troppo prematuramente<br />
per poter assistere alla semplice, alla bella ma pur commovente<br />
e solenne cerimonia, alla quale prese parte tutto il nostro popolo nonché<br />
le nostre autorità, con bandiere. La graziosa festa venne aperta con spari<br />
di mortaretti, e dopo la rituale benedizione impartita dal nostro rev.do<br />
parroco don E. Barlaam alle acque salubri, fresche ed abbondantissime<br />
della nuova fontana, sorse a parlare l’illustre signor dottor Antonio De<br />
Filippis. Egli, da vero oratore, come cittadino, inneggiò all’opera santa;<br />
come ufficiale sanitario, ricordò i benefici grandissimi che a noi derivano<br />
da una buona ed abbondante acqua potabile: come amico e collega del<br />
compianto dott. Candelori, lo ricordò con grande passione, come nessun<br />
altro avrebbe potuto saper fare, salutandolo vero apostolo del bene e del<br />
quale la solenne cerimonia era un’alta, purissima glorificazione del suo<br />
sogno più bello, dell’opera sua più poderosa ed imperitura. Riscosse applausi<br />
interminabili, quando ricordò, che il dott. Candelori per quest’ora<br />
sublime, vide per lunghe notti insonni contrarsi la sua bella fibra leonina<br />
ed il viso pensoso impallidire sulle amate carte topografiche, segnanti la<br />
via ideale che strappasse alla nuda roccia d’Angri il suo sangue migliore<br />
e ne rigenerasse per primo questa sua cittadina da Lui tanto amata ed<br />
onorata, e poi buona parte della nostra provincia. Bene egli quindi disse<br />
che il nostro pensiero memore ed il sentimento grato doveva rivolgersi<br />
alla figura del dott. Candelori, assertore primo, zelatore continuo, mente<br />
direttrice e fattiva, vero apostolo delle acque igieniche, e del quale, nella<br />
realtà dell’attuazione, rifulge ora più provvida e sublime la idea ispiratrice,<br />
e, riordinate nel fine, appariscono auguste le fatiche perseveranti<br />
del suo cervello meraviglioso.<br />
Dopo aver parlato dell’acqua in rapporto all’igiene, ricordandosi<br />
ch’essa dev’essere amata come la virtù, soggiunse: “L’acqua che ora offre<br />
qui a noi una visione di forza e di gioia senza limiti, col suo getto lungo e<br />
possente, dice ai Castiglionesi una parola che i migliori cittadini debbono<br />
ascoltare, debbono raccogliere: un’alta parola che annunzia una sanità<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
prosperosa, la quale vuole essere base di tutti gli avanzamenti ulteriori,<br />
di tutte le maggiori fortune; siate uniti nelle opere gloriose di pace, di<br />
amore, di igiene, ed avanzamenti e fortune saranno prossime e grandi.”<br />
Chiuse il suo discorso, moltissime volte interrotto da frenetici applausi,<br />
consegnando in nome del nostro popolo la fontana lustrale al nostro<br />
illustre signor Sindaco ed alla solerte amministrazione comunale, perché<br />
la facciano rispettare da tutti, come una divinità sacra, simbolo del risveglio<br />
del nostro paese, di progresso verace e durevole! Iddio ed il popolo,<br />
conchiuse, ce l’han data, guai a chi volesse togliercela!<br />
Parlò poi il nostro Sindaco Ernesto Cav. Candelori, il quale, nel<br />
prendere in consegna la nuova fontana, inviò un riconoscente saluto a<br />
quanti, professionisti, autorità ed operai, avevano dato le forze del loro<br />
ingegno e del loro braccio per l’attuazione di un’opera tanto benefica,<br />
Parlarono poi il prof. Silvestri Silvestro e l’operaio Bufo Fanfulla, a<br />
nome di anche di tutti i suoi compagni lavoratori, riscuotendo essi pure<br />
calorosi e numerosi applausi.<br />
Terminati i discorsi e ricomposto il corteo numeroso ed ordinato, i<br />
cittadini si recarono nella sala comunale per deporre davanti al ritratto<br />
del dott. Michele Candelori, in segno di gratitudine perenne, una corona<br />
di fiori freschi, tra gli evviva e gli applausi senza fine di tutti.<br />
65<br />
Il Palazzo Candelori.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Gennaro Pensieri
Capitolo 2<br />
Gennaro PENSIERI<br />
1885-1933<br />
Tenente Colonnello - Eroe di Guerra<br />
67<br />
“Nè mai nobile fama si spegne nè il nome di lui,<br />
ma anche sotterra vive immortale colui che<br />
dà prova del suo valore ed a piè fermo resiste<br />
e combatte per la sua terra e i figli.”<br />
(Tirteo)<br />
Questi versi del poeta greco Tirteo, incise sulla tomba che raccoglie<br />
le spoglie mortali del Ten. Colonnello Gennaro Pensieri,<br />
esprimono compiutamente la grandezza e l’eroismo di questo personaggio<br />
che ha fatto onore al proprio paese e che i suoi concittadini non<br />
potranno mai dimenticare.<br />
Nacque l’11 novembre 1885 ad Appignano, dove trascorse l’infanzia<br />
e la prima giovinezza; nel 1905 si trasferì con la sua famiglia nel<br />
comune di Montefino in quanto il padre aveva acquistato lì un terreno<br />
con annessa abitazione. Morì a Penne il 4 novembre 1933, mentre si<br />
svolgevano le celebrazioni per commemorare la vittoria nel primo conflitto<br />
mondiale. Il suo corpo venne sepolto nella cappella di famiglia<br />
presso il cimitero di Montefino.<br />
Prese parte alla Grande Guerra, arruolandosi con il grado di Sottotenente<br />
di complemento. Nel corso del conflitto ottenne due promozioni<br />
per meriti di guerra e si distinse in modo particolare per le<br />
azioni contro le linee nemiche a Korite-Selo, tanto da essere decorato<br />
più volte al valor militare: due medaglie d’argento, due medaglie di<br />
bronzo ed una croce di guerra.<br />
È quanto meno doveroso ricordare un momento significativo del<br />
conflitto.<br />
Settembre 1917: il comandante del Corpo d’Armata saluta la Brigata<br />
Piceno, di cui Pensieri è ufficiale, e distribuisce le decorazioni con moti-<br />
I cippi che ricordano il Tenente<br />
Colonnello Gennaro Pensieri<br />
nel Parco delle Rimembranze.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
68<br />
Personaggi storici<br />
vazioni dalle quali, oltre il valore personale, rifulge ancor più l’eroismo<br />
di tutto il reggimento. Il primo decorato è il Capitano Gennaro Pensieri<br />
già decorato altre volte al valor militare. La motivazione che accompagna<br />
la medaglia è la più eloquente dimostrazione dell’intelligenza, del<br />
coraggio e dell’eroismo del “nostro” Capitano: .<br />
Una poesia in vernacolo del Dott. Antonio Misantone dell’agosto<br />
1955 a celebrazione di Gennaro Pensieri:<br />
Foto di Antonio Misantone insieme<br />
con Mons. Ernesto Barlaam.<br />
T’arvidive a nuvembre bianche, bianche<br />
‘nghi na divise piene di midaje,<br />
durmenne ‘nda nu spose che s’arfranche,<br />
come s’avisse fatte na battaje !<br />
E pinzive: sta feste granne granne<br />
è fatte proprie pi li cumbattinte,<br />
pi quille ch’à dumate lu tiranne,<br />
difinnenne la patrie ‘nghi li dinte !<br />
T’arvidive spavalde e disinvolde<br />
‘n mezze a li bomme, ‘n mezze a li nimice.<br />
Sette vodde arristate, sette vodde<br />
forte di cchiù, senza sbajà birsaje !<br />
Nn’avaste tanta glorie e sacrifice<br />
Pi ssa vite ch’è tutte na midaje !<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
69<br />
Conferimento della Medaglia d’argento al valor militare a Gennaro Pensieri.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Angelo Pompei
Capitolo 2<br />
Angelo POMPEI<br />
1899-1974<br />
Maestro<br />
Ideatore e fondatore della Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione<br />
Messer Raimondo<br />
A<br />
Castiglione, durante gli anni della grande guerra, da un paese<br />
dirimpettaio (Montefino) arrivò un giovanissimo maestro:<br />
Angelo Pompei.<br />
Era nato a Montefino il 10 febbraio 1899 e, appena ventenne fu<br />
mandato a Castiglione per insegnare nella locale scuola elementare.<br />
In paese è rimasto per tutta la vita, dedicandosi con amore ed abnegazione,<br />
all’educazione di più generazioni di giovani, divenendo, in<br />
breve tempo, una delle massime autorità morali e culturali del paese.<br />
Sposò la <strong>castiglione</strong>se Anna Cristina Di Donato da cui ebbe quattro<br />
figli: Livio, Ugo, Lidia e Ruffina, ai quali instillò l’amore per lo studio,<br />
per la sincerità verso il prossimo, per la bontà e per la modestia. Alti<br />
valori che i genitori del tempo avevano nel “DNA” e che cercavano di<br />
trasmettere ai loro figli.<br />
Dopo un’esistenza impegnativa e dinamica, si spense a Castiglione<br />
il 5 maggio 1974.<br />
Fu un appassionato studioso di Diritto, esercitò per lunghi anni<br />
l’attività di Patrocinatore Legale, sapendo sempre dare a tutti coloro<br />
che ricorrevano a lui un parere giuridico imparziale e competente.<br />
Ha ricoperto, anche se per breve tempo, la carica di Sindaco di Castiglione,<br />
negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo<br />
conflitto mondiale.<br />
È stato soprattutto per oltre un quarantennio, un maestro intelligente<br />
e preparato, educando tante generazioni di <strong>castiglione</strong>si.<br />
Quando i sussidi didattici erano quasi inesistenti, egli, dopo aver<br />
attentamente studiato le esigenze e gli interessi dei suoi scolari, ed in<br />
particolare l’ambiente in cui vivevano, preparò dei testi di suo pugno<br />
su cui far studiare i ragazzi; questi testi furono conosciuti ed apprezzati<br />
anche fuori Castiglione, esposti anche in una mostra regionale a Chieti,<br />
nel 1926. Una commissione di esperti gli conferì un diploma con<br />
medaglia di bronzo, per la sua opera: riconoscimento che il Maestro<br />
conservò gelosamente fino alla sua morte.<br />
Quando il maestro Pompei lasciò la scuola, per raggiunti limiti di<br />
età, lo fece in punta di piedi, senza rumore, senza chiedere niente a nessuno<br />
e senza aver sollecitato nemmeno indirettamente una cerimonia di<br />
commiato. Gli bastarono la grande stima e l’affetto dei suoi alunni e di<br />
quanti lo avevano soltanto conosciuto. Nella vita di Angelo Pompei vi<br />
è un’altra data storica, che nessun <strong>castiglione</strong>se potrà mai dimenticare.<br />
Il 13 maggio 1956, frutto della lungimiranza e della tenacia del<br />
“Maestro” e grazie all’appoggio di 92 Soci Fondatori, nacque la Cassa<br />
Rurale ed Artigiana di Castiglione Messer Raimondo; opera meritoria<br />
sua e di 92 cittadini di Castiglione che iniziarono quell’avventura che nel<br />
corso degli anni si realizzò e che oggi con orgoglio possiamo presentare<br />
e ammirare per i numeri raggiunti e per la posizione che occupa nel<br />
panorama bancario regionale. Il primo Presidente della Cassa Rurale fu<br />
71<br />
Di Castijune s’armane ngandate
72<br />
Personaggi storici<br />
Scolaresche del maestro Angelo<br />
Pompei risalenti agli anni venti.<br />
un cittadino <strong>castiglione</strong>se emigrato in America e poi rientrato in paese,<br />
Angelo Emidio Ammazzalorso, un artigiano. Il maestro in quel periodo<br />
ricoprì la veste di Direttore Generale della banca.<br />
Non fu affatto facile quella realizzazione, fu anzi opera da pioniere<br />
se si pensa alle condizioni dell’Italia post bellica, alla instabilità delle<br />
Istituzioni Pubbliche, alla divisione degli animi, conseguenti alle faziosità<br />
politiche, e, soprattutto al fatto che non esistevano precedenti nel<br />
teramano ed in Abruzzo se escludiamo le poche Casse Rurali antecedenti<br />
al periodo fascista.<br />
Il Maestro Angelo Pompei, diventato noto come il Wollemborg<br />
abruzzese, era convinto che l’istituzione di una Cassa Rurale fosse l’unico<br />
mezzo di redenzione morale, sociale ed economica dei piccoli centri<br />
agricoli, che languivano allora nella miseria e che la forzata emigrazione<br />
di quei tempi depauperava sempre più prezioso materiale umano.<br />
La Cassa Rurale ed Artigiana, di cui il Maestro aveva assimilato<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
perfettamente lo spirito, la natura, la tecnica, le nobilissime finalità<br />
morali e sociali, divenne così l’antesignana della rinascita delle Casse<br />
Rurali abruzzesi.<br />
I primi anni della nostra banca furono veramente eroici per l’assoluta<br />
mancanza di spirito cooperativistico da parte dei soci che, come il<br />
maestro ben sapeva, doveva essere recepito ed assimilato piano piano;<br />
infatti ci vollero tutto il coraggio e tutta la forza di volontà di Angelo<br />
per tenere insieme i 92 Soci fondatori, che nessuno aveva mai educato<br />
all’associazionismo ed alla solidarietà, cardini fondamentali di una<br />
Cassa Rurale.<br />
Quando oramai la Cassa iniziò a conseguire buoni risultati grazie<br />
alla intensa e paziente opera del suo fondatore, nel lontano 1966 si<br />
abbatté improvvisamente su di essa una bufera. Per interessi privati di<br />
esponenti locali della politica, iniziarono lotte interne tra il Pompei e il<br />
Consiglio di Amministrazione, che portarono al suo licenziamento da<br />
Direttore. Furono anni davvero bui e drammatici per la Cassa Rurale,<br />
che vacillò ma comunque resistette.<br />
Nel 1970, insediatasi una nuova Amministrazione Comunale, guidata<br />
dal Prof. Ennio Di Cristoforo, si cercò di risollevare e di portare al<br />
centro della discussione le sorti di quella banca; in accordo fu nominato<br />
un nuovo Consiglio di Amministrazione e finalmente gli animi si placarono<br />
e si cercò di remare tutti dalla stessa parte in modo da superare<br />
gli ostacoli che avevano per troppi anni legato le ambizioni ed i sogni<br />
di crescita di questa Istituzione. La Cassa Rurale tornò a crescere come<br />
testimoniano i bilanci di quegli anni, e nonostante questo periodo<br />
negativo che a posteriori possiamo dire la irrobustì facendo tesoro di<br />
73<br />
Foto delle varie sedi della Cassa<br />
Rurale ed Artigiana oggi Banca di<br />
Credito Cooperativo.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
74<br />
Personaggi storici<br />
quelle vicissitudini, ha continuato nel suo percorso di crescita, divenendo<br />
attualmente una realtà ammirata ed invidiata da molti.<br />
Anche Angelo Pompei dopo quelle vicende che lo avevano fiaccato<br />
nel fisico e più ancora nello spirito, tornò nella “sua” Cassa Rurale<br />
nell’aprile del 1971 come Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione<br />
e nell’anno successivo 1972 fu eletto Presidente del Collegio<br />
Sindacale e rimase in carica fino al 1974 anno della morte, confortato<br />
e illuminato dalla gioia di veder crescere sempre più in modo pacifico<br />
la sua creatura.<br />
Il 5 aprile 1986, nel trentennale della fondazione della Cassa Rurale,<br />
il Consiglio di Amministrazione e l’allora Direttore Euclide Di<br />
Donato, che aveva collaborato col maestro Pompei alla crescita della<br />
banca, hanno doverosamente riconosciuto i meriti del “Fondatore”<br />
erigendogli nel bellissimo ingresso della nuova sede un busto in bronzo;<br />
così egli continuerà a vegliare e vigilare sulla Cassa che lui, insieme ai<br />
92 cittadini, fondò.<br />
Ai nostri giorni (2015) l’attuale Banca di Credito Cooperativo (ex<br />
Cassa Rurale) ha raggiunto dei traguardi che nessuno poteva immaginare,<br />
ha esteso il suo territorio di competenza in tre province (Teramo,<br />
Pescara e Chieti) toccando 35 comuni dove la Bcc è presente con 14<br />
sportelli, 2 uffici di rappresentanza ed una Tesoreria. Raggiunge un<br />
territorio che comprende l’intera Valle del Fino, le pendici del Gran<br />
Sasso, la Costa Adriatica da Pescara a Città Sant’Angelo, Silvi e Pineto,<br />
l’area Vestina con Penne, Loreto Aprutino, Pianella e Rosciano.<br />
Tante realtà ricche di arte, cultura, natura, antiche tradizioni, eccellenze<br />
enogastronomiche ed iniziative imprenditoriali sono sostenute<br />
dalla banca, che ne preserva i valori, portando avanti un percorso di<br />
crescita non soltanto economica, con la consapevolezza che sono sempre<br />
gli uomini, i cittadini, le Istituzioni e le realtà aziendali, insieme ai<br />
loro progetti ed alle storie dei luoghi, che migliorano il tessuto sociale.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
75<br />
I 92 Soci Fondatori che diedero vita alla<br />
Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione<br />
Messer Raimondo il 13 maggio 1956<br />
SOCI FONDATORI DELLA CASSA RURALE ED ARTIGIANA DI CASTIGLIONE MESSER<br />
RAIMONDO<br />
Società a responsabilità limitata fondata il 13 maggio 1956 (dall’Atto Costitutivo redatto dall’Avv.<br />
Alessandro Di Marco, notaio in Pianella, nel Palazzo Scolastico, aula prima, in Largo XX Settembre,<br />
repertorio 4675, raccolta 969)<br />
1 POMPEI ANGELO fu Vincenzo,<br />
insegnante elementare<br />
2 CORRADI CANDELORO fu Angelo,<br />
proprietario<br />
3 AMMAZZALORSO EMIDIO fu<br />
Giuseppe, proprietario<br />
4 RAVICINI GIUSEPPE fu Davide,<br />
fabbro<br />
5 SORGENTONE PASQUALE fu<br />
Giacomo, proprietario<br />
6 MOSCHETTA MARIO di Saverio,<br />
veterinario<br />
7 PALUZZI ERNESTO di Vincenzo,<br />
agricoltore<br />
8 DI BATTISTA COSTANTINO di<br />
Raffaele, agricoltore<br />
9 AMMAZZALORSO MARIO fu<br />
Pasquale, muratore<br />
10 BUFO FANFULLA fu Desiderato,<br />
muratore<br />
11 DI DONATO ALESSANDRO fu Elia,<br />
proprietario<br />
12 FERRANTE ANGELO fu Ercole,<br />
agricoltore<br />
13 SFAMURRI NICOLA fu Luciano,<br />
agricoltore<br />
14 PINCELLI RAFFAELE fu Luigi, fabbro<br />
15 DI BATTISTA GIUSEPPE di Antonio,<br />
agricoltore<br />
16 SCHIAPPA RAIMONDO fu Serafino,<br />
sarto<br />
17 FACCIA NAZZARENO fu Marano,<br />
agricoltore<br />
18 RECCHIA ORLANDO di Eugenio,<br />
agricoltore<br />
19 GIANSANTE DONATO fu Antonio,<br />
agricoltore<br />
20 DI ROCCO DOMENICO di<br />
Fioravante, agricoltore<br />
21 FELICIANI RAFFAELE fu Carmine,<br />
agricoltore<br />
22 FECONDO DOMENICANTONIO<br />
fu Nicola, agricoltore<br />
23 FACCIOLINI GABRIELE di Elia,<br />
agricoltore<br />
24 COLICCHIA PASQUALE fu<br />
Vincenzo, agricoltore<br />
25 PALMARICCIOTI DOMENICO fu<br />
Vincenzo, agricoltore<br />
26 CRETAROLA DURANTE di Andrea,<br />
agricoltore<br />
27 BARLAAM DOMENICO fu Antonio,<br />
falegname<br />
28 DI DONATO DONATO fu Enrico,<br />
commerciante<br />
29 DI DONATO ERNESTO di Donato,<br />
impiegato<br />
30 PANTALEONE ITALO di Giuseppe,<br />
impiegato<br />
31 PANTALEONE GIUSEPPE fu Achille,<br />
commerciante<br />
32 SIMEONE MARIO di Nicola, farmacista<br />
33 DI BIAGIO ETTORE fu Carmine,<br />
proprietario<br />
34 FACCIA ANGELO di Giuseppe,<br />
agricoltore<br />
35 FUSCHINI FERRUCCIO fu<br />
Argentino, commerciante<br />
36 CALANDRA GIUSEPPE di Angelo,<br />
agricoltore<br />
37 ROMANO AMERINO fu Alessandro,<br />
commerciante<br />
38 DI DONATO TITO fu Antonio,<br />
agricoltore<br />
39 GIANGRANDE VINCENZO fu<br />
Fiorindo, sarto<br />
40 CAMPANELLI ROCCO fu Giovanni,<br />
agricoltore<br />
Di Castijune s’armane ngandate
76<br />
Personaggi storici<br />
41 CIPOLLONE LEONELLO fu Giuseppe,<br />
agricoltore<br />
42 DE FLAVIIS ENRICO fu Franco,<br />
agricoltore<br />
43 DI BATTISTA PASQUALE fu Giovita,<br />
agricoltore<br />
44 SFAMURRI LEO di Donato, insegnante<br />
45 DI FEDERICO ALTORINO di<br />
Domenicantonio, agricoltore<br />
46 GUARDIANI SABATINO fu Giuseppe,<br />
agricoltore<br />
47 GIANSANTE GABRIELE fu Antonio,<br />
agricoltore<br />
48 MARUCCI ANTONIO fu Giuseppe,<br />
agricoltore<br />
49 DE SANCTIS DONATO fu Daniele,<br />
calzolaio<br />
50 ALTOBELLI FIORINDO fu Donato,<br />
agricoltore<br />
51 ALMONTI ANNA SANTA fu Giovita,<br />
contadina<br />
52 DI ROCCO FRANCESCO fu Marino,<br />
commerciante<br />
53 FAIONE ERCOLE fu Luigi, sarto<br />
54 TREQUADRINI Vincenzo fu Salvatore,<br />
fabbro<br />
55 DI DONATO VITALE di Antonio,<br />
insegnante<br />
56 TRAILANI GIULIO fu Antonio,<br />
agricoltore<br />
57 DI QUINZIO VENANZIO fu Camillo,<br />
agricoltore<br />
58 TREQUADRINI RICCARDO, fu<br />
Giovanni, fabbro<br />
59 ANDREOLI GIUSEPPE di Carmine,<br />
agricoltore<br />
60 DI DONATO MICHELE di Silvino,<br />
agricoltore<br />
61 MARUCCI CANDELORO fu Nicola,<br />
agricoltore<br />
62 PALUZZI ROBERTO fu Carmine,<br />
agricoltore<br />
63 DI BATTISTA DORINO fu Giovanni,<br />
agricoltore<br />
64 FACCIOLINI DOMENICO di Donato,<br />
agricoltore<br />
65 CIANI VINCENZO di Ettore, calzolaio<br />
66 PLANAMENTE VINCENZO fu Carlo,<br />
agricoltore<br />
67 ROMANO ALESSANDRO fu<br />
Alessandro, autista<br />
68 MARUCCI ANTONIO di Giuseppe,<br />
agricoltore<br />
69 MARGANELLA TONINO di Vincenzo,<br />
sarto<br />
70 PICCIRILLI ASCANIO fu Giuseppe,<br />
calzolaio<br />
71 RUSCITTI DANTE fu Fioravante,<br />
agricoltore<br />
72 RUSCITTI GUERINO fu Fioravante,<br />
agricoltore<br />
73 DI DONATO NAZARIO di Donato,<br />
autista<br />
74 SFAMURRI UMBERTO di Elvino,<br />
agricoltore<br />
75 ROMANO REMIGIO di Angiolino,<br />
fabbro<br />
76 MINGIONE LUIGI fu Vittorino,<br />
calzolaio<br />
77 MEDORI ALFONSO fu Eugenio,<br />
calzolaio<br />
78 SCHIAPPA SAVERIO di Giuseppe,<br />
muratore<br />
79 AMMAZZALORSO ANTONIO fu<br />
Pasquale, muratore<br />
80 GROTTA CORINNO fu Giovanni,<br />
calzolaio<br />
81 BARONE GIULIA fu Giuseppe,<br />
proprietaria<br />
82 D’ONOFRIO MARIO fu Vincenzo,<br />
muratore<br />
83 FUSCO ORFEO di Umberto, panettiere<br />
84 DEL ROCINO VINCENZO di<br />
Costantino, sarto<br />
85 TREQUADRINI GALILEO fu Ernesto,<br />
insegnante<br />
86 MARGIOVANNI NICOLA di Giuseppe,<br />
fabbro<br />
87 PLANAMENTE GIUSEPPE fu Carlo,<br />
agricoltore<br />
88 FERRANTE ANTONIO di Arpino,<br />
agricoltore<br />
89 D’EGIDIO SALVATORE di Giuseppe,<br />
barbiere<br />
90 DI VITANTONIO GIUSEPPE di<br />
Enrico, agricoltore<br />
91 DI DONATO LUIGI fu Raffaele,<br />
agricoltore<br />
92 DI GIUSEPPE GUALTIERO di<br />
Telemaco, sarto<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 2<br />
77<br />
I PRESIDENTI DELLA BANCA CHE SI SONO SUCCEDUTI<br />
NEL CORSO DEGLI ANNI<br />
1956 - 1962 Ammazzalorso Angelo Emidio<br />
1963 - 1970 Pantaleone Italo<br />
1970 - 1971 Fazzini Antonio<br />
1971 - 1981 Simeone Mario<br />
1981 - 1996 Romano Alessandro A.<br />
1996 - 2000 Romano Antonio<br />
2000 - Savini Alfredo<br />
Ammazzalorso Angelo Emidio Pantaleone Italo Fazzini Antonio<br />
Simeone Mario Romano Alessandro A.<br />
Romano Antonio<br />
Savini Alfredo<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Borgo Luigi di Savoia in una foto degli anni ottanta.
Capitolo 3<br />
Li suprannume<br />
I soprannomi
Galileo Trequadrini<br />
1922-1976<br />
Maestro - Lu mastre Galilè<br />
Il maggior ideatore di soprannomi a Castiglione è stato il Maestro Galileo<br />
Trequadrini; la sua impagabile ed originale vena scherzosa lo ha portato<br />
ad associare a numerosissime persone dei soprannomi davvero originali. Per<br />
questo il primo ricordo abbiamo voluto riservarlo a lui.
Capitolo 3<br />
81<br />
Li soprannume<br />
i soprannomi<br />
Nelle comunità paesane molto spesso alle persone e anche ad interi<br />
gruppi familiari vengono abitualmente associati dei soprannomi;<br />
talora bizzarri e fantasiosi, che vanno a sostituire a tutti gli effetti i nomi<br />
ed i cognomi originali. Questa usanza è talmente radicata nei piccoli<br />
centri che i soprannomi vengono tramandati di padre in figlio in modo<br />
naturale e spontaneo.<br />
L’origine dei Soprannomi può essere di varia natura e molto spesso<br />
non è facile risalire alla loro corretta etimologia.<br />
Spesso il nomignolo deriva dal nome di un capostipite: … Ndunije<br />
Catalde, Mingenze Catalde, Pippucce Catalde.<br />
A volte il soprannome scaturisce dalla provenienza della famiglia...<br />
Ndunije lu Pujese, Emiglie lu Rutese, Dandine lu Castilindese, Raffaele<br />
Lu Vacucchese.<br />
Talora i soprannomi vengono utilizzati per mettere in evidenza qualche<br />
aspetto fisico delle persone, come… Erneste Lu Manette, Marie Pucette,<br />
Mimì Lu Cioppe; dobbiamo ancora sottolineare che questi particolari<br />
soprannomi non arrivano mai all’insulto o al disprezzo della persona.<br />
Spesso il soprannome viene utilizzato per definire in tono ironico e beffardo,<br />
senza cattiveria, le caratteristiche strane e bizzarre di un personaggio.<br />
Molti sono i soprannomi che richiamano direttamente l’attività lavorativa<br />
tradizionalmente svolta dalla persona o dal nucleo familiare:...<br />
Ndonije Lu Macillare, Custandine Lu Meccaniche, Erneste Lu Bbarbire<br />
o Pippine Lu Mulinare.<br />
In alcuni casi i soprannomi prendono spunto da episodi accaduti alla<br />
persona o alla famiglia come… Fofomme, Lu Fraijelle, Lu spazzaneve.<br />
Risulta un esercizio difficile comprendere l’origine vera e propria e la<br />
scansione temporale dei soprannomi; bisogna prenderli così come sono<br />
stati tramandati: un’usanza simpatica, a volte ironica, di individuare<br />
ed anche di accorciare a volte il nome di un individuo o di un gruppo<br />
familiare.<br />
Di seguito riportiamo alcuni soprannomi particolari con la certezza<br />
della loro origine e con la foto della persona; in ultimo un elenco in<br />
ordine alfabetico di soprannomi esistenti nel nostro comune, sperando<br />
di non averne dimenticato alcuno.<br />
Sottolineiamo che nei soprannomi è assente anche la più piccola<br />
volontà di offendere oppure di deridere qualcuno.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
82<br />
Perché il soprannome?<br />
Testimonianza di Ernesto Giannetti<br />
Li soprannume<br />
Nella prima metà del novecento, il centro storico di Castiglione<br />
M.R. era sovrappopolato e gremito di attività commerciali<br />
ed artigianali; fra la Chiesa ed il Palazzo Comunale vi erano ben tre<br />
bar (Zijette, Gine Cacatore e Pippine Pantalone), una gelateria da sor<br />
Peppe, una cantina da Stefano Romano ed una locanda con mescita<br />
molto apprezzata di Angelina La Ggesse. Non essendoci ancora la<br />
televisione ma solo pochissime radio, gli agricoltori che rientravano<br />
in paese dalle vicine campagne e gli abitanti, assetati di un buon bicchiere<br />
di vino, ma soprattutto di notizie, si riunivano in questi locali<br />
intorno ad un capopopolo, un notabile o un intellettuale, perché<br />
questi avevano la possibilità e la cultura necessaria per poter leggere<br />
e argomentare sulle notizie riportate.<br />
In quelle occasioni si riusciva a parlare di tutto: fatti accaduti in<br />
paese, notizie su qualche cittadino e sport con le cronache radiofoniche<br />
delle imprese di Coppi e Bartali.<br />
Il nostro paese a quei tempi era molto popolato ma i nomi ripetuti<br />
per alcune persone non consentivano una distinzione veloce; i nomi<br />
più comuni come Francesco, Pasquale, Antonio, Giuseppe, Donato<br />
e via dicendo, nel momento della loro chiamata necessitavano di una<br />
ulteriore precisazione, un dettaglio come il cognome del padre o la<br />
contrada dove abitavano.<br />
Quando poi il soggetto in questione era molto popolare e nel bene<br />
o nel male faceva parlare di sé, il “dettaglio” diveniva indispensabile,<br />
e fu così che venne in soccorso il “Soprannome”. Dunque il soprannome<br />
come “titolo nobiliare” veniva coniato su persone (ripeto nel<br />
bene e nel male), in qualche modo chiacchierate… chiedo venia a<br />
coloro che non ce l’hanno!<br />
Chi aveva il compito di dare il soprannome?<br />
Veniva coniato sulla base di un difetto fisico, sulla statura, sulla<br />
corporatura oppure su un avvenimento che aveva coinvolto il soggetto<br />
e veniva pronunciato dalla “gente” (come diceva una compianta attrice<br />
napoletana) oppure da uno specialista benemerito che porta il nome<br />
dell’illustre maestro Galileo Trequadrini.<br />
Luigi Giannetti<br />
Gine Cacatore<br />
Ernesto Giannetti<br />
Erneste La Fumire<br />
Per non parlare d’altri citerò due esempi che riguardano la mia famiglia: io e mio padre!<br />
“Mio padre Gine Cacatore il soprannome se lo guadagnò da piccolo: quando giocava a noci, non essendo<br />
bravo a battere per primo, (chi batteva per primo era favorito, perché batteva nel mucchio compatto di<br />
noci) diceva “io ci caco”, cioè batto per ultimo, così gli spettavano le noci che non erano state abbattute.<br />
Io mi chiamo Ernesto. All’epoca della mia gioventù in paese di “Erneste”, ve n’erano ben sei! Don<br />
Erneste Lu Prete, Erneste Lu Cummissarie, Erneste Lu Frajelle, Erneste Lu Bbarbire, Erneste Belisarije<br />
ed il sottoscritto che modestamente non passava inosservato.<br />
Un pomeriggio, giocando a “bazzica” (biliardo) vinsi una grossa somma. La sera stessa mi sedetti ad un<br />
tavolo per giocare a “bestia” (un gioco d’azzardo con le carte) e persi tutto quanto avevo vinto a biliardo.<br />
Il maestro Galileo venuto a conoscenza del fatto pronunciò la sentenza: “gli ha fatto fare la FUMIRE”<br />
(in riferimento al denaro) e da quel giorno LA FUMIRE fu!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
83<br />
Giuuanne Zurrone<br />
Giovanni FACCIOLINI<br />
Il soprannome gli derivò dal filare la lana. Inventò un aggeggio<br />
che girava come una trottola; a quei tempi la trottola si<br />
chiamava “lu zurre”; da qui Zurrone…<br />
Fofomme<br />
Mario DI GIUSEPPE<br />
Fofomme, Fofò, storico personaggio del paese negli anni<br />
60/70, tuttofare (faceje li mmasciate!): scaricava casse di<br />
birra, faceva il sagrestano a Don Ernesto, tirava il mantice<br />
dell’organo della Chiesa suonato dal maestro Galileo; il tutto<br />
per un bicchiere di vino e pochi spiccioli. Il Venerdì Santo<br />
usciva per il paese suonando “lu tric e tracche” per annunciare<br />
le funzioni religiose. Un giorno fu mandato in farmacia<br />
ad acquistare una boccetta di cloroformio; quando giunse al<br />
cospetto del farmacista, poiché balbuziente, non riuscì a pronunciare<br />
la parola e continuò a ripetere al farmacista di dargli<br />
“una boccetta di fo…foo…fo…”. Da qui gli affibbiarono<br />
subito il soprannome di FoFò e Fofomme!<br />
Nella foto Fofò e un Tommaso<br />
Giancola giovanissimo.<br />
Ernestine Lu Frajelle<br />
Ernesto DI DONATO<br />
Ernesto, giocando al biliardo, effettuò un tiro davvero eccezionale<br />
che gli procurò il massimo punteggio abbattendo<br />
tutti i birilli. Rivolgendosi ai presenti che assistevano alla partita<br />
disse loro: “ohh… so fatte proprie nu sfraggelle!” Nei paraggi<br />
si aggirava il maestro Galileo che subito lo battezzò: “Esse lu<br />
sfraggelle…” che col tempo si modificò in… Lu Frajelle.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
84<br />
Li soprannume<br />
Mimì Culionde<br />
Domenico SFAMURRI<br />
Il soprannome deriva da un antenato che nei mesi autunnali<br />
lavorava in un frantoio. Quando sollevava i sacchi contenenti<br />
le olive, le mani a contatto con l’olio, diventavano scivolose<br />
ed usava pulirsele sul retro dei pantaloni. Alcuni buontemponi<br />
del paese vedendolo sempre con i pantaloni unti sul posteriore<br />
lo soprannominarono “Culionde”.<br />
Tonine Mbanille<br />
Antonio GAMBACORTA<br />
Mbanille deriva da un diminutivo di “Cambanille”. Si racconta<br />
che il nonno di Antonio, portasse degli orecchini<br />
e le persone che lo incontravano in paese gli chiedevano: “Chi<br />
tti messe li cambanille?” Il passaggio fu breve da cambanille<br />
a mbanille.<br />
Bajone<br />
Salvatore D’EGIDIO<br />
Salvatore parlava spesso ad alta voce e dava l’impressione<br />
come se stesse abbaiando. Da qui… Bajone.<br />
C’è anche un’altra versione molto più datata. Durante la Seconda<br />
Guerra Mondiale, a Castiglione arrivarono i soldati<br />
tedeschi e fra questi un cuoco di nome “Baionne”, che non<br />
faceva altro che cucinare e mangiare. Allora suo padre Sor<br />
Peppe, lo paragonò al cuoco e chiamò il figlio col nome del<br />
soldato-cuoco.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
85<br />
Funzine Furbicitte<br />
Alfonso MEDORI<br />
Funzine, oltre a fare il calzolaio, nella sua piccola bottega<br />
aveva dei macchinari per svolgere l’attività di arrotino. Abitava<br />
al Borgo e spesso i <strong>castiglione</strong>si ci si recavano per arrotare<br />
coltelli, forbici e lame. Mentre le persone si avviavano verso<br />
“lu Bborije” chi le incontrava usava chiedere: … “dua vi?...<br />
Vaje arrutà ddù furbicitte da Funzine!” E così il caro Funzine<br />
si prese il nomignolo di “Furbicitte”.<br />
Ndonije Parapatacchije<br />
Antonio DI DOMENICO<br />
Il soprannome fu affibbiato ad un antenato che inciampò in<br />
un piccolo covone di fieno, chiamato “la patacchije”. Da<br />
qui il nomignolo di “Parapatacchije”.<br />
Sandrine Chicocce<br />
Alessandro ROMANO<br />
Sandrino, in compagnia di amici, era solito esagerare su<br />
storie e fatti che raccontava. Chi era presente faceva fatica<br />
a crederci e diceva: “quesse è na chicocce!” e da qui …Sandrine<br />
chicocce!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
86<br />
Li soprannume<br />
Alfrede La Tonne<br />
Alfredo Di Donato<br />
Il soprannome deriva da una antenata, la quale per conformazione<br />
fisica era di statura piccola e piuttosto grassottella;<br />
l’impressione era di una persona un po’ rotonda che in dialetto<br />
si dice “tonne” così assunse il nomignolo di “la tonne”.<br />
Alcide Rossone<br />
Alcide D’ORAZIO<br />
Alcide, cittadino di Castiglione, durante il ventennio era un<br />
esponente del fascio locale. Spesso nominava un gerarca<br />
molto vicino al Duce, un tal Rossoni e, quando le persone lo<br />
vedevano in lontananza dicevano …”mò… arrive Rossone!”<br />
Pippine Lu Zoccolajanne<br />
Giuseppe SFAMURRI<br />
A<br />
quanti gli chiedevano dove andasse, lui spesso rispondeva:<br />
“mo vaje a bballe a li coste a’rcoje ddu zocche di janne pi<br />
lu purcelle!” Da qui “Lu zoccolajanne”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
87<br />
Mincinzine La Macarde<br />
Vincenzo TREQUADRINI<br />
Vincenzo era un appassionato cacciatore; a quei tempi, in<br />
osteria, di fronte a un bicchiere di vino ed in compagnia<br />
di amici, i cacciatori facevano a gara a chi esagerava di più.<br />
E Vincenzo in uno dei suoi racconti disse di aver sparato ad<br />
uno stormo di macarde (volatili) e di averne abbattute una<br />
quindicina. Così lo chiamarono “la macarde”.<br />
Alfrede Lu Fiummunande<br />
Alfredo DI DONATO<br />
Su questo soprannome esistono due versioni: la prima deriverebbe<br />
dalla conformazione della testa con una carnagione<br />
chiara e capelli biondi tendenti al rossiccio, quasi come una<br />
testa di un fiammifero.<br />
La seconda invece da una particolarità: quando giocava a pallone<br />
aveva un tiro fulminante e così assunse il soprannome di<br />
“Lu fiummunande”.<br />
Giuseppe Lu Spazzaneve<br />
Giuseppe MONTELLO<br />
Il soprannome gli derivò da una malformazione fisica. Era<br />
nato con il piede destro un po’ più lungo e girato verso<br />
l’esterno. Possedeva una fiammante lambretta e quando andava<br />
in giro il suo piede sporgeva oltre il parafango. Qualche<br />
buontempone gli affibbiò il nomignolo di … “lu spazzaneve”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
88<br />
Li soprannume<br />
Tiriticche<br />
Remigio ROMANO<br />
Abbiamo due versioni: nella prima si racconta che il padre camminava<br />
dondolando in modo accentuato; nell’altra, giocando<br />
con i bambini li faceva salire e scendere da uno scalino cantando<br />
una filastrocca… “tirite quà….tirite là…tirite ecche” così nacque<br />
il nomignolo di “tiriticche”.<br />
Lu Cummissarie<br />
Ernesto MARGANELLA<br />
Ernesto, impiegato comunale, deve il soprannome<br />
alla carica di Commissario, che ricoprì in paese<br />
nel periodo fascista.<br />
Ernestine Lu Manette<br />
Ernesto LUPINETTI<br />
Ernestino abitava “a llu Bborije” ed era un appassionato<br />
pescatore: passava le sue giornate a pescare lungo il fiume<br />
Fino. Aveva un braccio più corto dell’altro. Era abituato a<br />
raccontare agli amici la sua bravura e indicava la lunghezza<br />
del pesce pescato usando il braccio offeso. Così lo chiamarono<br />
“Lu manette”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
89<br />
Ndunije Cucule<br />
Antonio D’IGNAZIO<br />
Ndunije era un personaggio del Borgo ed era solito sedersi<br />
sulle gambe senza toccare terra col sedere; in pratica<br />
restava “ncuculite” cioè con le ginocchia piegate.<br />
Cacione<br />
Alfonso PROIETTO<br />
Negli anni passati si svolgevano le fiere, mercati dove i cittadini<br />
vendevano e acquistavano di tutto, dal vitello… ai dolci. Un<br />
antenato di Alfonso partecipava alle fiere del paese e spesso tirava<br />
fuori dalla tasca un dolce caratteristico di Castijune: “Lu cacione”.<br />
Così il soprannome passò a tutta la famiglia.<br />
Mimì La Zizzona Mbrattate<br />
Domenico SORGENTONE<br />
Mimì era un bel personaggio, non era sposato e viveva con<br />
la madre. Aiutava il fratello Pasquale che aveva un frantoio<br />
“appite a llà vricciate”. A fine lavoro lo si vedeva sempre unto di<br />
olio e nei momenti di irritazione, usava l’espressione “mannaggia<br />
la zizzona mbrattate!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
90<br />
Li soprannume<br />
Ercoline La Bardascille<br />
Ercole MICOLETTI<br />
Il soprannome gli deriva dalla bellezza fisica della mamma. Era<br />
una bella ragazza, in dialetto “bardasce”… ed essendo piccola di<br />
età, il diminutivo prese il sopravvento… quindi “na Bardascille!”.<br />
La Cavalle<br />
Anna PALUZZI<br />
Anna, detta “La Cavalle”, proveniva da una famiglia che<br />
allevava cavalli. Quando si unì in matrimonio con Riccardo,<br />
gli portò in dote anche il soprannome di “lu Cavalle”.<br />
Ggine Pulciane<br />
Luigi TORRIERI<br />
Il soprannome era del nonno perché quando andava alle<br />
feste da ballo, pare saltasse di qua e di là come una pulce!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
91<br />
Riccarde L’Uijarale<br />
Riccardo TREQUADRINI<br />
Il papà di Riccardo vendeva porta a porta l’olio di oliva<br />
“l’uije”; dall’attività gli derivò il soprannome di “L’uijarale”.<br />
Ruccucce Lu Pitone<br />
Rocco e Vincenzo D’ALONZO<br />
In famiglia si allevavano i tacchini che hanno le zampe molto<br />
più grandi di quelle delle galline e in dialetto si chiamano<br />
“Li pitune”; il soprannome si confezionò da solo!<br />
Mimì Lu Cioppe<br />
Telemaco DI GIUSEPPE<br />
Telemaco, chiamato Mimì, deve il suo soprannome ad una<br />
disgrazia capitatagli durante la Prima Guerra Mondiale.<br />
Sul Carso, per lo scoppio di una granata, perse una gamba e<br />
quindi costretto a portare una protesi di legno. Zoppicava vistosamente<br />
e camminava col bastone. Da qui Mimì “lu cioppe<br />
o Mimì lu scariche”.<br />
“Lu scariche” perché mentre svolgeva funzioni da spazzino,<br />
era solito dire “mo vaje a scaricà la munnezze”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
92<br />
Li soprannume<br />
Ndunije Turelle<br />
Antonio MICOLETTI<br />
Si dice che il suo bisnonno ebbe dalla moglie due bambini di<br />
belle fattezze e fisicamente robusti; in pratica due “Torelli”.<br />
Da qui il soprannome di “Turelle”.<br />
Mimì La Mammine<br />
Domenico DI FLAVIANO<br />
La mamma era la levatrice del paese (la mammine) che ha<br />
fatto nascere diverse generazioni di <strong>castiglione</strong>si. Fino agli<br />
anni sessanta si nasceva in casa con l’aiuto del medico condotto<br />
e della “mammine”. A Mimì fu attribuito il soprannome della<br />
professione della mamma.<br />
Dantine Mezzuchile<br />
Dante BARLAAM<br />
In passato alle fiere di paese si recavano festanti i bambini<br />
insieme ai genitori che usavano fare provviste. Il padre era<br />
solito acquistare sempre mezzo chilo di porchetta.<br />
Da qui il soprannome alla famiglia di “mezzuchile”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
93<br />
Ruscette<br />
Rosa SFAMURRI<br />
“Ruscette” era così chiamata da giovanissima, come diminutivo<br />
di Rosa. Secondo altre testimonianze pare che questo<br />
soprannome le derivasse dal colore degli occhi, uno di colore<br />
castano e l’altro di colore rosa. Da qui “Ruscette”.<br />
Ngiuline Lu Stipette<br />
Angiolino MANNA<br />
Angiolino prese il soprannome di “stipette” per la sua conformazione<br />
fisica: era magrolino e basso di statura tanto<br />
da assomigliare ad un piccolo contenitore che arredava le case<br />
a quei tempi: lu stipette!<br />
Carine L’Africanella<br />
Carina D’ONOFRIO<br />
Aveva una carnagione molto scura tanto da assomigliare ad<br />
una donna africana.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
94<br />
Li soprannume<br />
Pippine Lu Gattone<br />
Giuseppe RAVICINI<br />
Si racconta che il nonno materno, un dongiovanni, quando<br />
rientrava a casa a tarda ora, si toglieva le scarpe e camminava<br />
silenziosamente come un gatto. Il soprannome “Lu<br />
Gattone” fu ereditato poi dalla figlia Carmela e dai nipoti.<br />
La Spaccone<br />
Maria CICCARELLI TRANQUILLI<br />
Moglie di Ernesto Candelori, il soprannome scaturì dal<br />
suo modo di vestire. Era elegante e indossava gioielli e<br />
monili di valore. Per questo motivo il popolo la chiamava “La<br />
Spaccone”, soprannome che poi è passato alla figlia Giuseppina<br />
Silvine La Marrocche<br />
Silvio SCUCCIMARRA<br />
Don Silvio era un gran personaggio, di famiglia benestante<br />
e proprietario di terreni. Anche per questo soprannome<br />
abbiamo due diverse versioni: La prima pare derivasse da un<br />
suo parente, chiamato “la marrocche”, originario di Collemaggio<br />
di Penne, ed esperto allevatore, ospitato nel palazzo<br />
di famiglia a Castiglione.<br />
La seconda: si racconta che fosse il soprannome della moglie di<br />
Don Silvio, che aveva dei capelli con delle sfumature di giallo<br />
proprio come il colore dei fili che fuoriescono dall’involucro<br />
delle foglie che proteggono la “marrocca” (il mais)..<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
95<br />
Magnacasce<br />
Germano DI LORENZO<br />
Il soprannome derivò dall’attività della mamma, signora<br />
Concetta, che produceva formaggi di buona qualità ed era<br />
originaria di Arsita. Fiore, il marito, era soprannominato “lu<br />
pignatare” perché proveniva da Appignano.<br />
Lu Strungare<br />
Ernesto D’Angelo<br />
“Lu strungare” era uno strumento di lavoro; una sega con due<br />
manici che veniva tirata da due persone per tagliare grossi tronchi.<br />
Il padre di Ernesto proveniva da un paese di montagna del<br />
teramano e, nel suo lavoro di legnaiolo, faceva uso di questo<br />
attrezzo che diede il soprannome alla famiglia.<br />
Sabbatine Fasciule<br />
Sabatino Leone<br />
Figura caratteristica del paese. Aveva una famiglia numerosissima,<br />
si occupava di piccole faccende; era sempre presente<br />
“arrete a llu fosse” e, quando arrivava il pullman delle autolinee<br />
Tranquilli di Penne, prendeva i sacchi della corrispondenza<br />
e li portava all’Ufficio Postale. Era chiamato “Sabatine fasciule”<br />
perché gli piaceva mangiare i fagioli.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
96<br />
Li soprannume<br />
Pippine Lu Mulinare<br />
Giuseppe Fazzini<br />
Il soprannome gli derivò dalla professione: gestiva un mulino<br />
ad acqua in Contrada Intagliata. Originario di Castelli, si<br />
sposò a Castiglione e con la famiglia vi rimase per tutta la vita.<br />
Giubbette<br />
Mario DI MARTINO<br />
Era il soprannome del padre Ernesto, accanito fumatore di<br />
sigarette “Giubec”. Il passaggio a “Giubbette” fu proprio<br />
breve.<br />
Ciurille<br />
Ascanio PICCIRILLI<br />
Il soprannome gli fu attribuito perché da bambino era fisicamente<br />
piccolino, in dialetto “picciurille”, da qui il nomignolo<br />
“Ciurille”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
ELENCO DEI SOPRANNOMI PIù CONOSCIUTI<br />
DEL NOSTRO PAESE E DELLA FRAZIONE APPIGNANO<br />
CON L’INDICAZIONE DELLA ZONA DOVE LE FAMIGLIE<br />
ABITAVANO<br />
97<br />
SOPRANNOME FAMIGLIA RESIDENZA ZONA<br />
1 PASQUALE BACCHITTILLE PICCIRILLI PASQUALE PAESE VIA ROMA<br />
2 NDUNIJE BBAFFONE CARMINELLI ANTONIO PAESE LU CASTELLE<br />
3 RAFFAELE BARBECANE D’AGOSTINO RAFFAELE CONTRADA LI FUNTANELLE<br />
4 PIPPINE BARBETTE ALMONTI GIUSEPPE CONTRADA VALLONI<br />
5 CAMILLE BIANCONE DI PIETRO CAMILLO PAESE LA PIAZZE<br />
6 TITINE BIANCUNELLE DI BATTISTA TITO PAESE LU BORIJE<br />
7 GGINE CACATORE GIANNETTI LUIGI PAESE LA PIAZZE<br />
8 FUNZINE CACIONE PROIETTO ALFONSO CONTRADA LU GIARDINE<br />
9 MINGENZE CAJAZZITTE CIANI VINCENZO PAESE LU BORIJE<br />
10 TOTO’ CALANDRELLE CALANDRA ANTONIO CONTRADA GATTOPIO<br />
11 NDUNIJE CAMBRINE MARSILI ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />
13 FRANCISCHE CAMILLOTTE DE SANCTIS FRANCESCO CONTRADA INTAGLIATA<br />
14 GUIDE CANZANE DI BLASIO GUIDO PAESE APPIGNANO<br />
15 NELLUCCE CAPONE BANDINI NELLO PAESE APPIGNANO<br />
16 CAPRIJELE CASCEGNE D’IGNAZIO GABRIELE CONTRADA VICENNE<br />
17 MINGENZE CATALDE D’ORAZIO VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />
18 DUNATE CAZZARELLE DI DONATO DONATO PAESE SIPRIJOLE<br />
19 DUNATE CHIAPPAVENDE DE LUCA DONATO CONTRADA LI VORGHE<br />
20 SANDRINE CHICOCCE ROMANO ALESSANDRO PAESE SIPRIJOLE<br />
21 TONINE CHILLUCCE DI MARTINO ANTONIO PAESE LU CAPIJLME<br />
22 PIPPINE CHINÈ RANALLI GIUSEPPE PAESE APPIGNANO<br />
23 LUIGGE CIAFUCONE D’IGNAZIO LUIGI CONTRADA VALLEPUTOLI<br />
24 GGINE CIAPONE CARDONE LUIGI CONTRADA SELVA<br />
25 MIMI’ CIARAPONE SCARDETTA DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />
26 CAPRIJELE CINCIARILLE DI TOMMASO GABRIELE PAESE APPIGNANO<br />
27 TATUCCE CIUCIONE D’EMIDIO DONATO PAESE SANDANDONJE<br />
28 TONINE CIURILLE PICCIRILLI ASCANIO PAESE LU CAPIJLME<br />
29 FRANCISCHE COCCIASTURTE MARINI FRANCESCO PAESE LU CAPIJLME<br />
30 CAPRIJELE CUCCIONE PERILLI GABRIELE CONTRADA LI PIANE<br />
31 RENATE CUCONE GROSSI RENATO PAESE APPIGNANO<br />
32 NDUNIJE CUCULE D’IGNAZIO ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />
33 CAITANE CULACCHIE DOMENICONE GAETANO PAESE CELLARA<br />
34 MIMI’ CULIONDE SFAMURRI DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />
35 MINGENZE CUTURNE D’AGOSTINO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
36 FERRUCCE DIADATE RUSCITTI FERRUCCIO PAESE VICENNE<br />
Di Castijune s’armane ngandate
98<br />
Li soprannume<br />
37 MIMI’ DI’NGELICHE MARCHESE DOMENICO PAESE LA PIAZZE<br />
38 ERNESTE DUCCIOLE DI NICOLA ERNESTO PAESE APPIGNANO<br />
39 PASQUALE FALICONE IEZZI PASQUALE CONTRADA LI VORGHE<br />
40 SABBATINE FASCIULE LEONE SABATINO PAESE SANDANDONJE<br />
41 TUMASSE FIDELE BUFO LUIGI PAESE SIPRIJOLE<br />
42 FIFI FIDIRICHE DI GIUSEPPE FANTINO CONTRADA CONTROFINO<br />
43 NGIULINE FIRLASCHE DI DOMENICO ANGELO CONTRADA SAN GIORGIO<br />
44 NGIULINE FIRRETTE RAVICINI ANGELO CONTRADA LI PIANE<br />
45 CAPRIJELE FRADDIJAVOLE ALMONTI GABRIELE CONTRADA SANTAMARIA<br />
46 MINGENZE FRANCESCONE FECONDO VINCENZO CONTRADA MARTONE<br />
47 ALFREDE FREDDY BANDINI ALFREDO PAESE APPIGNANO<br />
48 NDUNIJE FRISTICHE FISTOLI ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />
49 FUNZINE FURBICITTE MEDORI ALFONSO PAESE LU BORIJE<br />
50 GIACUMINE FURCONE FABRIZI GIACOMO CONTRADA LI PIANE<br />
51 MIMI’ FURTUNELLE FALASCA DOMENICO PAESE SAND’ANDONIJE<br />
52 TONINE GIUBBETTE DI MARTINO MARIO PAESE CAPIJLME<br />
53 RENATE GIURGIONE MODESTI RENATO CONTRADA BOZZANO<br />
54 RENZE GNILISANDRE IEZZI RENZO PAESE APPIGNANO<br />
55 ERCOLINE LA BARDASCILLE MICOLETTI ERCOLE PAESE LA PIAZZE<br />
56 NAZZARIJE LA BUNARELLE DI GIOVANNI NAZARIO CONTRADA CONTROFINO<br />
57 FUNZINE LA CALATE RAGGIUNTI ALFONSO CONTRADA<br />
PIANE<br />
SANDUNATE<br />
58 RUSINE LA CAMBRILLINE DELLE MONACHE ROSA PAESE LU BORIJE<br />
59 MASSIMINE LA CARRARA DI BERNARDO MASSIMINA PAESE SIPRIJOLE<br />
60 RUSINE LA CAZZONE CARMINELLI ROSA PAESE SAND’ANDONIJE<br />
61 GIUUANNE LA CULICCHIJE CORRADI GIOVANNI PAESE SAND’ANDONIJE<br />
62 DUNATUCCE LA CUPANNE MINGIONE DONATO PAESE APPIGNANO<br />
63 SABBETTE LA FATTICCE DI GIORGIO ELISABETTA CONTRADA CELLARA<br />
64 CARINE LA FRICANELLA GIANCOLA CARINA PAESE SANDANDONIE<br />
65 ERNESTE LA FUMIRE GIANNETTI ERNESTO PAESE LA PIAZZE<br />
66 NGIULINE LA GGESSE D’EGIDIO ANGIOLINA PAESE LA VIE DI SOTTE<br />
67 GIUVINE LA GRILLETTE D’AGOSTINO ANNA PAESE LU CASTELLE<br />
68 NGILETTE LA HATTE DI DONATO ANGELA PAESE SIPRIJOLE<br />
69 GIUUANNE LA LUCCHE MASSIMIANI GIOVANNI PAESE APPIGNANO<br />
70 MINGENZE LA MACARDE TREQUADRINI VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />
71 GIOVANNE LA MAMMINE DI FLAVIANO GIOVANNA PAESE LU CAPIJLME<br />
72 SILVINE LA MARROCCHE SCUCCIMARRA SILVIO PAESE LU BORIJE<br />
73 PALMINE LA MARTILUCCE CORRADI PALMINA PAESE LU CASTELLE<br />
74 MÀRIJE LA MUFFETTE D’ONOFRIO MARIO PAESE LA FIRNACHE<br />
75 MARÌJE LA PALLONE D’EGIDIO MARIA PAESE LU CASTELLE<br />
76 MARÌJE LA PAPAIELLE LEONE MARIA PAESE SANDANDONIE<br />
77 ANNAMARIJE LA PICCIANESE COSTANTINI ANNAMARIA CONTRADA FUNTANELLE<br />
78 GILDE LA PILURE CROCIOLI GILDA PAESE SANDANDONIJE<br />
79 NDUNIJETTE LA PLUPLI’<br />
COSTITUITO<br />
ANTONIETTA<br />
PAESE SANDANDONJE<br />
80 NUNZIJATE LA QUARCHIONE MASSIMI NUNZIATA PAESE SAND’ANDONIJE<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
99<br />
81 GGINE LA SCIRETTE DE FLAVIIS LUIGI CONTRADA VORGHE<br />
82 ALFREDE LA SCRUFETTE ROMITI ALFREDO PAESE SIPRIJOLE<br />
83 MARIJE LA SPACCONA<br />
CICCARELLI TRANQUILLI<br />
MARIA<br />
PAESE LA PIAZZE<br />
84 LISANDRE LA STRIPPONE RIDOLFI ALESSANDRO CONTRADA SELVAGRANDE<br />
85 GIUVITE LA SURACHETTE DI MICHELE GIOVITA CONTRADA PIANE<br />
86 ALFREDE LA TONNE DI DONATO MICHELE CONTRADA INTAGLIATA<br />
87 LA TOSCA ANNINA ORSATTI PAESE LU CASTELLE<br />
88 BITTINE LA TUMMULONE ELISABETTA DI MARTINO CONTRADA SELVAGRANDE<br />
89 LA VALTERRINE DI GIUSEPPE GUALTIERO PAESE LA PIAZZE<br />
90 MIMI’ LA ZIZZONE MBRATTATE SORGENTONE DOMENICO PAESE LA PIAZZE<br />
91 DIEGHE LAMBRASCHE DI MARTINO DIEGO PAESE LU CAPIJLME<br />
92 TATUCCE L’ANGIULELLE LEONE DONATO CONTRADA LI VORGHE<br />
93 TONINE L’AUTOBLINDE LEONE ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />
94 FAMIJE LI RUSCIULE FAMIGLIA GUARDIANI PAESE APPIGNANO<br />
95 LURETE LI SUCCE DEL PAPA LORETO CONTRADA VICENNE<br />
96 PIETRE LU MARESCIALLE GIANFORTE PIETRO PAESE LU CAPIJLME<br />
97 GUERINE LU BANCHIRE DE LUCA GUERINO CONTRADA PIANE<br />
98 TONINE LU BANGIFFE DI MUZIO ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />
99 GIUUANNE LU BANNITE CORRADI GIOVANNI CONTRADA PIANE<br />
100 BAJONE LU BARBIRE D’EGIDIO SALVATORE PAESE LU CAPIJLME<br />
101 ERNESTE LU BARBIRE SFAMURRI ERNESTO PAESE LU CAPIJLME<br />
102 CAPRIJELE LU BARINETTE DI DONATO GABRIELE CONTRADA GATTOPIO<br />
103 SOLINE LU BISINDESE D’ANTONIO SOLINO CONTRADA CONTROFINO<br />
104 PACINE LU BUFETTE BUFO PACINO CONTRADA VALLUNE<br />
105 NDONIJE LU BBUMMONE DI DONATO ANTONIO PAESE SIPRIJOLE<br />
106 DUNATE LU BBUTTONE FERRANTE DONATO CONTRADA LI PIANE<br />
107 TANUCCE LU CAPE DI MICHELE GAETANO CONTRADA LI PIANE<br />
108 PASQUALE LU CARRUZZIRE TINI PASQUALE PAESE LU CAPIJLME<br />
109 DANDINE LU CASTILINDESE DEL ROCINO DANTINO PAESE SANDANDONIJE<br />
110 ERNESTE LU CAVALLARE DI DANTE ERNESTO PAESE LU BORIJE<br />
111 MAURIZIJE LU CCIATTÈ<br />
D’ANGELANTONIO<br />
MAURIZIO<br />
PAESE APPIGNANO<br />
112 PEPPE LU CIAMBANE PLANAMENTE GIUSEPPE CONTRADA LI PIANE<br />
113 ENZE LU CIAPASANDE DOGALI ENZO PAESE SIPRIJOLE<br />
114 MIMI’ LU CIOPPE DI GIUSEPPE TELEMACO PAESE SIPRIJOLE<br />
115 UMBERTE LU CORSE D’EGIDIO UMBERTO PAESE LU CAPIJLME<br />
116 EMILIJE LU CUMMISSARIE MARGANELLA EMILIO PAESE LU CASTELLE<br />
117 NDUNIJE LU DRAGHE PAVONCELLI ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />
118 BRUNE LU DUTTORE DI ROMUALDO BRUNO PAESE APPIGNANO<br />
119 CURRADINE LU FATTORE DE FABRITIIS CORRADO PAESE SIPRIJOLE<br />
120 ALFREDE LU FIUMMUNANDE DI DONATO TEODORO PAESE SIPRIJOLE<br />
121 ERNESTINE LU FRAJELLE DI DONATO ERNESTO PAESE SIPRIJOLE<br />
122 PIPPINE LU GATTONE RAVICINI GIUSEPPE CONTRADA SAN GIORGIO<br />
123 TONINE LU GGESSE D’EGIDIO ANTONIO PAESE LU CASTELLE<br />
124 CAPRIJELE LU GIACCHE DI PAOLO GABRIELE CONTRADA CANTU’<br />
Di Castijune s’armane ngandate
100<br />
Li soprannume<br />
125 DANDUCCE LU GIAPPONE LUCIANI DANTE PAESE LI RINGHIRE<br />
126 CAPRIJELE LU GIGANTE DI BATTISTA GABRIELE PAESE LU BORIJE<br />
127 RICUCCE LU GNIRRE DI MARCO ENRICO PAESE SIPRIJOLE<br />
128 TONINE LU IJCIAROLE PETRINI ANTONIO PAESE SIPRIJOLE<br />
129 NDUNIJE LU LONGHE PERILLI ANTONIO CONTRADA GIARDINO<br />
130 MIMI’ LU LUPETTE MINGIONE DOMENICO CONTRADA GIARDINO<br />
131 GUERINE LU MALIGNE MICOLUCCI GUERINO CONTRADA INTAGLIATA<br />
132 ERNESTINE LU MANETTE LUPINETTI ERNESTO PAESE LU BORIJE<br />
133 GUERINE LU MARRONE DI DONATO GUERINO CONTRADA VICENNE<br />
134 CUSTANDINE LU MECCANICHE<br />
D’AGOSTINO<br />
COSTANTINO<br />
CONTRADA FONTANELLE<br />
135 MARCUCCE LU MILANESE PIAZZOTTA MARCO PAESE APPIGNANO<br />
136 CECCHINE LU MULINARE PINGELLI FRANCESCO CONTRADA LA TAVERNE<br />
137 BIAGGE LU MUNNAZZARE ROMITI BIAGIO PAESE SIPRIJOLE<br />
138 GIUUANNE LU MUNTAGNOLE DI MARTINO GIOVANNI PAESE LU BORIJE<br />
139 FIDUCCE LU MUNTANIRE DI ROCCO FIDO PAESE APPIGNANO<br />
140 PASQUALINE LU PATANARE PANTALEONE PASQUALE PAESE LU CAPIJLME<br />
141 MINGENZE LU PIGNANE RICCI VINCENZO CONTRADA PIANE<br />
142 DANDINE LU PILIROSCE MARUCCI DANTE CONTRADA SELVAGRANDE<br />
143 TONINE LU PIRAZZE<br />
DI GIANDOMENICO<br />
ANTONIO<br />
PAESE APPIGNANO<br />
144 MINGENZE LU PITONE D’ALONZO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
145 EMIGLIE LU PUIJESE<br />
D’ANGELANTONIO<br />
EMILIO<br />
PAESE APPIGNANO<br />
146 MÀRIJE LU PUSTAROLE D’EMIDIO MARIO PAESE SAND’ANDONIE<br />
147 EMIGLIE LU RUTESE DELLE MONACHE EMILIO CONTRADA LI VORGHE<br />
148 MARIUCCE LU SACRISTANE MINGIONE MARIO PAESE LU CASTELLE<br />
149 MUNDINE LU SARTORE SCHIAPPA RAIMONDO PAESE SIPRIJOLE<br />
150 MINGENZE LU SCARPARE CIANI VINCENZO PAESE SANDANDONIJE<br />
151 EMIGLIE LU SGUAZZONE LUCCI EMILIO CONTRADA LI PIANE<br />
152 GIUSEPPE LU SPAZZANEVE MONTELLO GIUSEPPE PAESE APPIGNANO<br />
153 NGIULINE LU STIPETTE MANNA ANGIOLINO PAESE SANDANDONIJE<br />
154 GIUUANNE LU STRIZZE FUSCO GIOVANNI PAESE LU CAPIJLME<br />
155 CARLE LU STRUNGARE D’ANGELO CARLO PAESE APPIGNANO<br />
156 GGINE LU TECCHIE MICOLETTI LUIGI PAESE LA VIE DI SOTTE<br />
157 MARIUCCE LU TORE GIANNASCOLI MARIO PAESE APPIGNANO<br />
158 FRANCISCHE LU TRICHE BARDARI FRANCESCO PAESE LA PIAZZE<br />
159 RAFFAELE LU VACUCCHESE ROMANO RAFFAELE PAESE LA VIE DI SOPRE<br />
160 MINGENZE LU VUZZAROLE GUARDIANI VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
161 TONINE LU VUZZETTE MARGANELLA TONINO PAESE LA PIAZZE<br />
162 PIPPINE LU ZOCCOLAJANNE SFAMURRI GIUSEPPE PAESE LU BORIJE<br />
163 CAMERINE MAGNACASCE DI LORENZO CAMERINO CONTRADA CONTROFINO<br />
164 PAOLINE MANGIALONE GIANCATERINO PAOLINO PAESE APPIGNANO<br />
165 NDONIJE MARCONE MARCHESE ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />
166 NICOLE MARIAGEMME RUSCITTI NICOLA PAESE SANDANDONJE<br />
167 PIPPINE MASCIONE ANDREOLI GIUSEPPE CONTRADA CONTROFINO<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
101<br />
168 TONINE MBANILLE GAMBACORTA ANTONIO PAESE LU BORIJE<br />
169 UMBERTE MBRIZZICACCHIUVE GIANCOLA UMBERTO PAESE APPIGNANO<br />
170 MIMI’ MBRUIJONE DURINI DOMENICO PAESE LU BORIJE<br />
171 MIMI’ MEZZUCHILE BARLAAM DOMENICO PAESE LA VIA DI SOTTE<br />
172 PIPPINE MINOTTE MANNA GIUSEPPE PAESE SANDANDONIE<br />
173 TULLIJE MIRLITTE BANDINI TULLIO PAESE APPIGNANO<br />
174 GIUUANNE MISAELE CHICHI GIOVANNI PAESE APPIGNANO<br />
175 NDONIJE MISCELLE PARIS ANTONIO PAESE APPIGNANO<br />
176 ARIUDANDE MURITTE MENSILE ARIODANTE PAESE APPIGNANO<br />
177 DUNATE MUSCIANE RUBINI DONATO CONTRADA GATTOPIO<br />
179 MINGENZE MUZZONE D’EURISCO VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
180 SABBATINE NATEULE CICCONE SABATINO PAESE LU BORIJE<br />
181 TONINE NDULUCCE ROMANO ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />
182 MICCHELE PACCALARDE DI CRISTOFARO MICHELE CONTRADA GIARDINO<br />
185 FAMIJE PACCHIANE FAMIGLIA GROSSI PAESE APPIGNANO<br />
186 MINGENZE PAJARICCE SIERRI VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
187 TONINE CUCCIONE DEL ROCINO ANTONIO PAESE SANDANDONIJE<br />
188 GERARDE PANAJULE ROMANO GERARDO PAESE LU BORIJE<br />
189 NGIULINE PARAPATACCHIE DI DOMENICO ANGELO PAESE SIPRIJOLE<br />
190 MINGENZE PASSARETTE PARIS VINCENZO PAESE APPIGNANO<br />
191 GUIDE PATACCHE DI LORETO GUIDO CONTRADA SELVA<br />
192 DUMINICHE PATRICARLE DI BATTISTA DOMENICO CONTRADA SANTA MARIE<br />
193 CAPRIJELE PINZIJANE DI MUZIO GABRIELE PAESE LA PIAZZE<br />
194 TATUCCE PIZZICHILLE DE SANCTIS DONATO CONTRADA LA TAVERNE<br />
195 NDUNIJE PRICOCHE LUPINETTI ANTONIO PAESE LA PIAZZE<br />
196 GIUUANNE PRILATE CAVICCHIA GIOVANNI CONTRADA CONTROFINO<br />
197 TATUCCE PRUVULONE<br />
DI GIANDOMENICO<br />
DONATO<br />
PAESE LU BORIJE<br />
198 MÀRIJE PUCETTE RANIERI MARIO PAESE LA PIAZZE<br />
199 GGINE PULCIANE TORRIERI LUIGI PAESE SANDANDONIJE<br />
200 ROSSONE D’ORAZIO ALCIDE PAESE SANDANDONIJE<br />
201 RUSCETTE SFAMURRI ROSA PAESE SANDANDONIJE<br />
202 GGINE SAPPINGELE DI DONATO LUIGI CONTRADA SANTA MARIE<br />
203 GGINE SARACHE DI ROCCO LUIGI PAESE LU CAPIJLME<br />
204 GUGLIELME SCARICARILLE DI BLASIO GUGLIELMO CONTRADA LI VORGHE<br />
205 SAVERIJE SCIAQQUETTE SCHIAPPA SAVERIO PAESE SANDANDONJE<br />
206 FAMIJE SCIAUDATE FAMIGLIA RAIMONDI PAESE APPIGNANO<br />
207 VITTURINE SCOCCHIE SCOCCHIA VITTORINO PAESE LI RINGHIRE<br />
208 NDUNIJE SFASCIAPORTE TRANQUILLI ANTONIO CONTRADA SANTA MARIE<br />
209 MINGENZE DI SFRIJE BELISARIO VINCENZO CONTRADA LI COSTE<br />
210 DURANDINE STRACCIACAPPE CRETAROLA DURANTE CONTRADA LI VORGHE<br />
211 REME STRUSCITTE MASSIMI REMO PAESE APPIGNANO<br />
212 DAMUCCE TAJARANDINIJE FUSCHINI ADAMO PAESE LU CASTELLE<br />
213 MINGENZE TANAZIJE FALONE VINCENZO PAESE LA PIAZZE<br />
214 MINGENZE TAPPELABUSCE TARASCHI VINCENZO CONTRADA PIANE<br />
215 REMIGGE TIRITICCHE ROMANO REMIGIO PAESE LU BORIJE<br />
Di Castijune s’armane ngandate
102<br />
Li soprannume<br />
216 ARTURE TUBBIJE AMMAZZALORSO ARTURO PAESE LU BORIJE<br />
217 RICUCCE TUMMULONE DI MARTINO ENRICO CONTRADA LI PIANE<br />
218 LIUNDINE TURZUTTE MARTELLACCI LEONDINA PAESE LU BORIJE<br />
219 GGINE VARRATE D’ORAZIO LUIGI CONTRADA LU GIARDINE<br />
220 TONINE VISCICUTE<br />
DI MARCANTONIO<br />
ANTONIO<br />
CONTRADA LI VORGHE<br />
221 ROBERTE VLARDINE PICCIRILLI ROBERTO PAESE APPIGNANO<br />
222 CECCHINE ZAPPETTE LABRICCIOSA FRANCESCO CONTRADA INTAGLIATA<br />
223 FRANCISCHE ZUCCUTELLE LA CANALE FRANCESCO PAESE LU CAPIJLME<br />
224 GIUUANNE ZURRONE FACCIOLINI GIOVANNI PAESE LU BORIJE<br />
225 PIPPINE LU MURTALE DI VITANTONIO GIUSEPPE CONTRADA SAN GIORGIO<br />
226 NARDUCCE ZUITTE DI VITANTONIO NARDO CONTRADA SAN GIORGIO<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
103<br />
Dialettando<br />
SENTENZE, MODI DI DIRE<br />
e PILLOLE DIALETTALI<br />
N<br />
elle pagine seguenti facciamo cenno a quanto avveniva ed<br />
avviene ancora oggi nella vita di tutti i giorni: una vita costellata<br />
da sentenze, proverbi, modi di dire, rigorosamente dialettali,<br />
perché proprio nel dialetto sono insite l’immediatezza e l’efficacia<br />
dell’espressione.<br />
In ogni momento della giornata era pronta una frase per sottolineare<br />
nella maniera appropriata l’evento accaduto.<br />
Le sentenze, brevi ma incisive, venivano utilizzate per enunciare<br />
una verità, una norma morale oppure un semplice consiglio.<br />
I modi di dire parafrastici esprimevano sinteticamente, in forma<br />
più ampia, concetti o situazioni.<br />
Si è voluto infine ricordare delle caratteristiche parole dialettali,<br />
di cui purtroppo le giovani generazioni non comprendono più il<br />
significato.<br />
Il dialetto è un idioma che caratterizza un popolo ed il suo territorio<br />
che si evolve nel tempo; è stato utilizzato dai nostri antenati per<br />
tramandarci un ricco patrimonio sociale, umano e culturale permeato<br />
dalla saggezza che è propria delle persone anziane.<br />
Il dovere e la missione di ognuno di noi è e sarà quello di conservare<br />
e continuare a perpetuare nel tempo questo patrimonio.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
104<br />
sentenze<br />
Dialettando<br />
Duve si magne …Ddije mi ci manne<br />
Dio vede e provvede…quando la fame mi porta<br />
dove c’è da mangiare!<br />
Mitte, vicchjie e bardisce…Ddjie l’aiute<br />
Dio aiuta tutti, matti, vecchi e bambini.<br />
Moje marite e fije: Cuma DDije ti li dà… ti li<br />
pije!<br />
Moglie marito e figli, come Dio te li dà, te li devi<br />
prendere.<br />
Li chiacchiere si li porte lu vende, li maccarune<br />
mbiene la panze!<br />
Le chiacchiere sono portate via dal vento, i<br />
maccheroni invece saziano, per dire che c’è<br />
differenza tra le parole ed i fatti reali.<br />
Appresse a lu rite ci vè lu piagne!<br />
Quando si ride troppo, poco dopo si presenta il<br />
pianto, un modo per far riflettere indicando che<br />
bisogna avere moderazione anche nei momenti<br />
più allegri.<br />
Li solde fa ji l’acque annammonte e<br />
annabballe!<br />
Chi è ricco può fare ciò che vuole.<br />
Riunione di vulbe…strippazione di galline!<br />
Riunioni di volpi, strage di galline! Quando si<br />
riuniscono persone particolarmente furbe, si<br />
progetta sempre qualcosa di clamoroso.<br />
Chi è prime nin’è senze!<br />
Chi arriva per primo non rimane mai senza<br />
niente.<br />
Lu belle joche dure poche!<br />
Il gioco che piace dura sempre troppo poco.<br />
Li mmasciate cummanne e fattele!<br />
Puoi comandare qualcosa a qualcuno, ma se la<br />
vuoi fatta bene devi fartela da solo!<br />
Mittite nghi è mije di te e faje li spese!<br />
Un invito che spesso i nostri genitori ripetevano:<br />
bisogna frequentare le buone persone non quelle<br />
poco raccomandabili!<br />
Tutte li scarpe divende scarpune!<br />
Tutte le cose e le persone sono destinate ad<br />
invecchiare…purtroppo!<br />
Fa quelle che lu prete dice e non quelle che lu<br />
prete fa!<br />
Fai quello che il prete predica, e non seguire ciò<br />
che lui fa realmente nella vita.<br />
Fa bene e scurditele, fa male e arpinzice.<br />
Se fai del bene scordalo, se fai del male pensaci a<br />
lungo.<br />
Criste dà lu pane a chi nin tè li dinde!<br />
Il Signore concede molto a chi non può godere<br />
ciò che riceve. Letteralmente Cristo dà il pane a<br />
chi non ha i denti.<br />
Chi nin tè bbona cocce tè bbone hamme!<br />
Chi non ha buona testa ha buone gambe; chi non<br />
fa le cose usando la testa spesso deve poi rifarle.<br />
La cerque mette la janne!<br />
La quercia produce le ghiande, per dire che i<br />
figli assomigliano nel carattere e nella fisicità ai<br />
loro genitori. Una pianta di pere non potrà mai<br />
produrre ciliegie!<br />
Nzi po’ tinè la scarpa onde e l’assogne sane!<br />
Non si può avere la scarpa lucida (unta) ed il<br />
lardo intero! Un tempo si usava il lardo per<br />
lucidare le scarpe, e se lo usavi non poteva<br />
rimanere intero.<br />
Prite e pulle nzi trove mai satulle!<br />
Preti e polli non sono mai sazi.<br />
Fiore mbette cafone perfette!<br />
Chi vuole essere elegante usando accessori in<br />
modo sbagliato.<br />
Ddu recchie bbune ni fa straccà di lengue!<br />
Due orecchie buone stancano diverse malelingue.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 3<br />
MODI DI DIRE<br />
105<br />
Arfà bagatte e bagattelle!<br />
Si dice quando si vuole manifestare l’intenzione<br />
di andare via da un posto; in pratica bisogna<br />
rimettere le cose a posto e rifare le valige per<br />
andare via.<br />
Magnapane a tradimende!<br />
Epiteto rivolto come insulto a persona<br />
che compie atti spregevoli di vigliaccheria.<br />
Letteralmente, mangia pane a tradimento, nel<br />
senso che sta con le persone che lo aiutano,<br />
mentre non pensa a far niente.<br />
Ngi para senne!<br />
Non mette giudizio, non ha ancora imparato<br />
nulla della vita!<br />
Nin mi dice core!<br />
Non ho voglia di fare niente.<br />
Mo ti passe l’orze!<br />
Quando si ha intenzione di dare una lezione a<br />
qualcuno.<br />
Ti pozze n’oma mbenne!<br />
Maledizione rivolta a qualcuno, spesso in forma<br />
ironica: letteralmente …che ti possano appendere!<br />
Pi la scì e pi la nò!<br />
Per un nonnulla… si usa per indicare un<br />
comportamento di chi è molto suscettibile.<br />
Nz’arbatte nu chiove!<br />
C’è poco da fare, non si riesce ad avere alcuna<br />
opportunità.<br />
…e ndranghete!<br />
Si usa dire quando qualcuno insiste nel sostenere<br />
la sua versione in un ragionamento; in pratica<br />
ripete sempre le stesse cose.<br />
Mi li sente pi ll’osse!<br />
Avere un presentimento o la sensazione che possa<br />
accadere qualcosa.<br />
Fa lu file e ttesse!<br />
Indica lo svolgersi di una sequenza di attività con<br />
ritmo incalzante e vertiginoso.<br />
Nghi na carrire!<br />
Modo di dire per chi va di fretta quasi correndo.<br />
Quanta ggire fa la bbocce!<br />
Letteralmente quanti giri compie una boccia; si<br />
utilizza quando si vuole indicare incertezza in<br />
una particolare situazione; come a voler sfidare<br />
e conoscere quanti giri riesce a compiere una<br />
boccia in un determinato percorso… una cosa<br />
impossibile da calcolare.<br />
PILLOLE… DIALETTALI<br />
Dammaje = Danno<br />
Ji cumbinite proprie nu bbelle dammaje!<br />
Ciummunire = Camino<br />
Sceje nu fume nire da la ciummunire!<br />
Frignittone = Scaltro, furbo<br />
Quesse è nu frignittone!<br />
Gnittichite = Spaventato, terrorizzato<br />
Da quande jia successe chi lu fatte stà n’gnittichite!<br />
Ciambane = Zanzara<br />
Ma pizzichite na ciambane!<br />
Mmuttelle = Imbuto<br />
Pije ssa mmuttelle ca tinghe travasà npò di vine<br />
bbone!<br />
Sciarpelle = Ciabatte<br />
Mittite li sciarpelle ca jeme a ffà lu bagne allu<br />
fiume!<br />
Piscoje = Pozzanghera<br />
Attinte a duva pisse ca là ci sta na bella piscoje!<br />
Tirricine = Tuoni<br />
Ohh… i sintite li tirricine!<br />
Visciole = Bolle sulla pelle<br />
Ma pizzichite la striche e m’ha fatte li visciole!<br />
Spizzelle = Malleolo<br />
Ssu ndundite ma date na botte a llu spizzelle!<br />
Mazzemarelle = Folletto<br />
Si diceva per mettere paura ai bambini. Spesso<br />
Di Castijune s’armane ngandate
106<br />
i ragazzi andavano sul campanile a suonare le<br />
campane, e siccome era pericoloso i genitori<br />
incutevano timore ai ragazzi dicendo:<br />
ngi jete su allu campanile ca cià’ rghesce li<br />
mazzemarille!<br />
Minicelle = Morbido, soffice<br />
Ssa fette di pane ere proprie minicelle!<br />
Ciavaje = Balbuziente<br />
Ssu bardasce è mbò ciavaje!<br />
Fuffele = Vuoto, leggero<br />
So truate na noce fuffele!<br />
Mandricchje = Bisaccia, tascapane<br />
Mammà purteje na mandricchie piene di rrobbe da<br />
magnà!<br />
Scingicate = Disordinato<br />
Auarde a ssu matte scingicate!<br />
Papagne = Pugno, schiaffo<br />
A nu certe punte mi fice ncazzà e ji mullive nu<br />
papagne!<br />
Racciappule = Grappolo d’uva<br />
Abballe all i terre javame a coje li racciappule d’uve!<br />
Ndosse = Livido<br />
So pijite na botte su llù vracce e mà fatte nù ndosse!<br />
Scuculite = Restare a tasche vuote<br />
Sò jucate a carte e m’anne scuculite!<br />
Sciapite = Insipido<br />
Ssi maccarune è proprie sciapite!<br />
Si può dire anche per indicare che una persona è<br />
poco assennata:<br />
Quesse è proprie nu sciapite! Nin capisce ninde!<br />
Dialettando<br />
Ngenne = Bruciore<br />
Mi so messe npò di spirite sopra a stà firite e mò<br />
ngenne chi nza ‘rsiste!<br />
Strichite = Scomparso, sparito<br />
Mo steje ecche e ssà strichite chi nu mumende!<br />
Catorce = Cosa o persona logora, vecchia,<br />
inservibile<br />
La Biciclette di nonne ere proprie nu catorce!<br />
Hammatte = gomitolo<br />
Nannò aiuteme affà stu hammatte di lane!<br />
Mmasciate = Faccenda<br />
Mammà vamme affà stà mmasciate ca mò c’arvì ti<br />
dinghe lu pane chi la ciucculate!<br />
Sparatrappe = Cerotto<br />
Mi sò sbuscite lu pete e ci sò messe nu sparatrappe!<br />
Mirgione = Persona poco cordiale<br />
Chillì è proprie na mirgione!<br />
Mbujete! = Fermati<br />
Mbujete nu mumente, fammete arcundà stu<br />
fattarelle!<br />
Scialette = Cosa divertente, da ridere<br />
La litichite tra moje e marite è proprie nu scialette!<br />
Vindajole = Convulsioni, battiti accellerati<br />
Li fice tande ncazzà cà ji vinne li vindajole!<br />
Armuarre = Comò<br />
Li pinne stà dentre all’armuarre!<br />
Lu Spizijale = Il Farmacista<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
Mestieri<br />
E PROFESSIONI
Mestieri: Lu Maccarunare.
Capitolo 4<br />
109<br />
Mestieri e professioni<br />
N<br />
ei decenni successivi al secondo conflitto mondiale in paese<br />
prosperavano un centinaio di attività, fra commercianti,<br />
bar, calzolai, sarti, ecc.; il tempo inesorabilmente ne ha cancellate<br />
tantissime, ma i ricordi delle botteghe, dei locali, ove si svolgevano<br />
queste attività, rimangono ancora forti nella memoria di chi ha<br />
trascorso quel periodo.<br />
Si sentono ancora oggi, nella mente di chi ha vissuto quei<br />
tempi, le voci e le atmosfere che si creavano dentro i bar o nelle<br />
botteghe, dove ci si fermava a scambiare due chiacchiere, parlando<br />
di politica, di tasse, di prospettive per i figli, di sport, del futuro<br />
e… di qualche pettegolezzo!<br />
Magici momenti che mai più si rivivranno, ricordi incancellabili<br />
per chi ha vissuto quel tempo e ora cerca in tutti i modi di fermarlo.<br />
Sentiamo il dovere di mantenere intatta la “cultura del Ricordo”,<br />
storie di donne, uomini, storie belle, storie tragiche, storie esilaranti<br />
che senza una testimonianza andrebbero sicuramente perdute;<br />
ci siamo impegnati a non disperderle e cerchiamo di recuperarle<br />
dando loro, con questa parte del <strong>libro</strong>, una vita nel tempo.<br />
Diciamo spesso di voler vivere all’infinito, certo non si può, ma<br />
una consapevolezza della propria storia deve radicarsi per sempre<br />
negli animi dei veri Castiglionesi, anche quelli nati in paesi diversi<br />
per via della emigrazione; nel loro intimo essi sentiranno per sempre<br />
il richiamo del paese di origine, dei propri genitori, dei propri<br />
nonni e dei loro amici d’infanzia.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
111<br />
Il Sarto<br />
“Lu Sartore”<br />
Tonino Del Rocino, Gabriele Di Battista, Sandrino D’Ignazio,<br />
Vincenzo Del Rocino, Ercolino Micoletti -“Sarti in Piazza Castello”.<br />
Un mestiere molto in voga, testimonianza ne è il numero dei<br />
sarti e lavoranti che vi si dedicavano. Si trattava di una attività<br />
artigianale e venivano prodotti capi di abbigliamento di buona fattura.<br />
Era in voga fino al dopoguerra “Lu Staje”, una sorta di compenso<br />
o baratto; i sarti con i loro apprendisti detti “lavoranti” si recavano<br />
nelle case fuori paese (Contrade e Frazioni) rigorosamente a piedi con<br />
tutto l’armamentario (macchine per cucire, ferro da stiro, stoffe, ecc.)<br />
e cucivano vestiti a tutte le persone della famiglia. A fine giornata in<br />
base al lavoro effettuato e agli abiti ultimati, le famiglie “pagavano il<br />
lavoro” con i prodotti della terra: olio, farina, animali da cortile, vino.<br />
Uno dei migliori sarti del paese raccontava spesso che i bambini ed i<br />
giovincelli delle case di campagna, quando si andava a cucire i vestiti,<br />
erano felici e contenti perché arrivava “lu mastre” (così venivano<br />
chiamati i sarti) e le mamme cucinavano, ma soprattutto si mangiava!<br />
Cosa che a quei tempi non era proprio scontato.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
112<br />
Mestieri e professioni<br />
Costantino Del Rocino<br />
Dandine Lu Castilendese<br />
Vincenzo Del Rocino<br />
Giuseppe Manna<br />
Pippine Minotte<br />
Vincenzo Romano<br />
Mingenze Romanelle<br />
Vincenzo Giangrande<br />
Mingenze Lu Sartore<br />
Antonio Di Muzio<br />
Tonine Pinzijane<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
113<br />
Nicola Perilli<br />
Emidio Torrieri<br />
Middijucce Pulciane<br />
Vincenzo Falone<br />
Mingenze Tanazije<br />
Giuseppe Di Muzio<br />
Pippine Pinzijane<br />
Pierino Scardetta<br />
Vittorio Torrieri<br />
Di Castijune s’armane ngandate
114<br />
Mestieri e professioni<br />
Enzo Ranalli<br />
Chinè<br />
Alberto Mantini<br />
Antonio Del Rocino<br />
Tonine Cuccione<br />
Gabriele Di Battista<br />
Caprijele lu Gigande<br />
Renato Grossi<br />
Lu Cucone<br />
Pasquale Di Battista<br />
Pasquale Biancunelle<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
115<br />
La sarta<br />
“La Sarte”<br />
Sartoria di Angela Andreoli con le sue assistenti<br />
Di Castijune s’armane ngandate
116<br />
Mestieri e professioni<br />
Lelia Marganella<br />
La sposa è Antonietta Di Quinzio<br />
Germana Marganella<br />
Giuseppina Marganella<br />
Dora Chiavone<br />
Giuseppina Ferretti<br />
Amelia Almonti<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
117<br />
Linda Merlocchi<br />
(Camiciaia)<br />
Margherita Ricci<br />
Zi Margarite (Camiciaia)<br />
Filomena Barlaam<br />
Filine (Camiciaia)<br />
Ines Barlaam<br />
Inesse (Tessitrice)<br />
Lucia Barlaam<br />
(Lavoro all’uncinetto)<br />
Di Castijune s’armane ngandate
118<br />
Mestieri e professioni<br />
Il calzolaio<br />
“Lu Scarpare”<br />
Bottega di Ginucce<br />
Nemesije, Don Pasquale, Ginucce e Ciurille.<br />
Anche questo mestiere era largamente praticato. Diverse erano<br />
le botteghe sparse per il paese, dove operavano veri e propri<br />
maestri con i loro aiutanti. Come i sarti anche i calzolai si recavano<br />
nelle varie contrade per riparare le scarpe ai vari componenti del nucleo<br />
familiare; il compenso anche per loro veniva dato in natura. Il più<br />
conosciuto fra i calzolai era “Ginucce” che ha lavorato fino a tarda età.<br />
Faceva ancora le scarpe a mano e su misura, molte anche a persone che<br />
venivano da fuori provincia. Il modesto ricavato, considerati la mole di<br />
lavoro ed i costi dei materiali, veniva compensato dal gusto di operare<br />
con consapevolezza e passione e dal ritrovarsi nella bottega con amici<br />
e paesani per gustare un buon bicchiere di vino e scambiarsi “serene”<br />
opinioni anche politiche. La foto eloquentemente illustra quel tempo!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
119<br />
Antonio Barlaam<br />
Ndunije di Carlucce<br />
Ettore Ciani<br />
Ittirucce<br />
Luigi Mingione<br />
Ginucce<br />
Alfonso Medori<br />
Furbicitte<br />
Vincenzo Ciani<br />
Mingenze Lu Scarpare<br />
Giuseppe Carminelli<br />
Pinucce Bbaffone<br />
Di Castijune s’armane ngandate
120<br />
Mestieri e professioni<br />
Guerino Grotta<br />
Guerine Bonasere<br />
Donato De Sanctis<br />
Tatucce Pizzichille<br />
Pierino Catulini<br />
Zi Pierine<br />
Raimondo Micoletti<br />
Mundine<br />
Ascanio Piccirilli<br />
Ciurille<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
121<br />
Il Muratore<br />
“Lu Muratore”<br />
Manfrede, Zi Ndandò e Saverije.<br />
Mestiere spesso tramandato di padre in figlio. I capimastri,<br />
gli operai e i manovali erano uomini muscolosi; esperienza,<br />
forza fisica, colpo d’occhio, hanno fatto degli ultimi muratori veri e<br />
propri maestri, quasi ingegneri. Le nuove tecniche edilizie, l’uso di<br />
materiali sempre più ricercati, adatti e pronti all’uso, e soprattutto la<br />
meccanizzazione e le normative sulla sicurezza hanno completamente<br />
trasformato questo mestiere.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
122<br />
Mestieri e professioni<br />
Remo Ruscitti<br />
Rimucce<br />
Manfredo Ruscitti<br />
Mario D’Onofrio<br />
La Muffette<br />
Sergio D’Onofrio<br />
La Muffette<br />
Mario Ammazzalorso<br />
Zi Marije<br />
Pio Altobelli<br />
Pijucce Ciarrocche<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
123<br />
Domenico Fabrizi<br />
Mimì Furcone<br />
Giovanni Profeta<br />
Giuuanne Cascione<br />
Saverio Schiappa<br />
Saverije Sciaqquette<br />
Donato Rubini<br />
Dunate Musciane<br />
Francesco Labricciosa<br />
Cecchine Zappette<br />
Donato Labricciosa<br />
Sanzone<br />
Di Castijune s’armane ngandate
124<br />
Mestieri e professioni<br />
Il fabbro<br />
“Lu Firrare”<br />
Mastro Riccardo Trequadrini e Zi Ndandò.<br />
Diverse le botteghe: quella di Ferrucce, di Tiriticche, di Riccarde,<br />
di Mingenze e altri. Dentro c’erano gli arnesi del mestiere:<br />
“la furnacelle” con una manovella per fare aria sul fuoco, un incudine<br />
e i martelli. All’esterno, fissati a muro, degli anelli di ferro o di pietra<br />
per tenere legati gli animali al momento della ferratura. Il lavoro di<br />
routine che i fabbri svolgevano, fino alla fine degli anni sessanta, era<br />
quello di fabbricare arnesi agricoli in ferro, e sistemare e aggiustare<br />
quelli già in uso in campagna (zappe, vanghe, falci, martelli, scalpelli,<br />
punteruoli) o in cucina (manici della “tijelle”). Con lo sviluppo edilizio<br />
il fabbro cominciò anche a produrre gli accessori per le case: ringhiere,<br />
finestre, porte di ferro e alluminio.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
125<br />
Vincenzo Trequadrini<br />
Mingenze La Macarde<br />
La puteche di La Macarde<br />
Camillo Di Pietro<br />
Bbiancone<br />
Remigio Romano<br />
Tiriticche<br />
La puteche di Remigge<br />
Bruno Trequadrini<br />
Brune di Riccarde<br />
Alberino Di Romualdo<br />
Lu Duttore<br />
Raffaele Pincelli<br />
Ferrucce<br />
Nicola Ruscitti<br />
Nicola Mariagemme, oltre a fare<br />
il fabbro gestiva il lavaggio delle<br />
automobili a fianco della bottega<br />
di “Compagno Riccardo”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
126<br />
Mestieri e professioni<br />
Il Falegname<br />
“Lu Faligname”<br />
Costantino D’Agostino, Renato e Alfredo Fazzini.<br />
Nel secondo dopoguerra a Castiglione vi erano diverse botteghe<br />
in cui operavano valenti falegnami. Naturalmente i vecchi<br />
artigiani sono stati i precursori dell’attività industriale. Con la nascita<br />
della Cassa Rurale e il conseguente aiuto economico, sono diventati<br />
degli imprenditori e sono sorti nel territorio alcuni mobilifici: F.lli<br />
Fazzini, Mucciola e Ferretti e ILL (Industria Lavorazione Legno).<br />
Molti operai negli anni 70/80 lavoravano alla produzione di mobili,<br />
porte e accessori di legno. È stato un periodo molto significativo per<br />
la crescita economica delle famiglie di tutta la vallata.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
127<br />
Domenico Barlaam<br />
Mimì Mezzuchile<br />
Gino D’Orazio<br />
Ggine Varrate<br />
Natale Mucciola<br />
Duilio Ricci<br />
Nello Bandini<br />
Nillucce<br />
Di Castijune s’armane ngandate
128<br />
Mestieri e professioni<br />
Il mulino ad acqua<br />
Contenitori per farina all'interno del mulino ad acqua.<br />
Era un impianto semplice che imbrigliava l’acqua del fiume,<br />
sfruttandola per far girare le pale per poi reimmetterla nel<br />
corso del fiume. Un marchingegno primitivo ma con un particolare<br />
ingranaggio: l’acqua deviata scorreva in un canale detta “la forme”,<br />
arrivava alle pale e metteva in movimento la ruota. Il cigolio delle<br />
macine, il profumo della farina e la figura di “lu mulinare” tutto<br />
imbiancato, erano uno spettacolo. Ricordiamo il mulino ad acqua di<br />
Luigi Pincelli sulla sponda sinistra del Fino, e quello di “Pippine lu<br />
mulinare” sulla sponda destra.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
129<br />
Macine del mulino ad acqua di Giuseppe Fazzini.<br />
Luigi Pincelli<br />
Giuseppe Fazzini<br />
Antonio Fazzini<br />
Macchinario per raffinare la<br />
farina.<br />
Francesco Luciani<br />
Ciccucce<br />
Negli anni sessanta “Ciccucce di<br />
Don Gerarde” insieme con il fratello<br />
“Danducce” detto “lu Giappone”,<br />
attivò nel paese un mulino elettrico<br />
dove i contadini portavano a<br />
macinare il grano raccolto.<br />
Dante Luciani<br />
Dantucce Lu Giappone<br />
Di Castijune s’armane ngandate
130<br />
Mestieri e professioni<br />
La cantina<br />
“La Candine”<br />
La Puteche e la Candine di Zijette.<br />
Nel secondo dopoguerra e con l’avvento della televisione le<br />
cantine ed i bar erano molto frequentati ed erano luoghi di<br />
ritrovo di tutti dopo una giornata di duro lavoro. C’erano anche quelli<br />
che passavano tutta la giornata al bar perché non lavoravano. Diversi i<br />
motivi che spingevano i concittadini a passare qualche ora di relax nei<br />
bar o nelle cantine; chi giocava a carte, chi a biliardo, chi osservava, chi<br />
preferiva sorseggiare vino e intavolare ragionamenti con gli astanti e<br />
infine tanti ragazzini che seguivano curiosi le fasi del gioco desiderosi<br />
di apprenderle. Inoltre nei locali si discuteva animatamente di partite<br />
di calcio: epocali gli scontri verbali fra Juventini, Interisti, Milanisti e<br />
qualche tifoso del Toro!...e di gare ciclistiche: interminabili le discussioni<br />
tra i tifosi di Coppi e Bartali, Zilioli e Taccone, Moser e Saronni!<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
131<br />
Iole Di Martino<br />
Zì Iole<br />
Umberto D’Egidio e Leonardo<br />
Li Curse<br />
Albina Romano<br />
Albine di Tiriticche<br />
Giovanni Massimiani<br />
La lucche<br />
Vincenzo Di Battista<br />
Biangunelle<br />
Adelchi Pantaleone<br />
Adelche<br />
Di Castijune s’armane ngandate
132<br />
Mestieri e professioni<br />
La Candine di La Ggesse<br />
Donato D’Emidio<br />
Ciucione<br />
Elpina Giangrande<br />
Emidio Catulini<br />
Middijucce<br />
Ariodante Mensile<br />
Ariulande<br />
Grazietta D’Orazio<br />
Zijette<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
133<br />
Il commerciante<br />
“Lu Commerciande”<br />
La puteche di Zijette a llu Castelle.<br />
Anche l’attività del commerciante era molto sviluppata. Le diverse<br />
categorie rifornivano i cittadini delle necessità basilari ma,<br />
di qualsiasi cosa si avesse bisogno, si riusciva a soddisfare le esigenze<br />
di tutti. Diversi i negozi di generi alimentari (cinque solo nel paese<br />
senza contare le frazioni), diversi negozi anche di tessuti e confezioni.<br />
Molto in voga in quel periodo il famoso “Libretto” dove si annotava<br />
la merce non pagata; quando si vendeva qualcosa o arrivava qualche<br />
rimessa dai congiunti emigrati si regolava il conto. Questo contratto o<br />
libretto veniva chiamato in dialetto “La cridenze” in pratica una sorta<br />
di credito, concessa alle famiglie che non riuscivano a pagare subito in<br />
contanti la spesa. Per l’acquisto di vestiario era spesso il capofamiglia<br />
che accompagnava le donne in fiera o nei negozi. Le contrattazioni con<br />
i commercianti erano scene indimenticabili: si sceglievano le stoffe, si<br />
chiedevano i prezzi e poi gli sconti, fino a quando non ci si accordava.<br />
Da ricordare le litigate tra “li pannarule” (commercianti che partecipavano<br />
alle fiere di paese) per accaparrarsi il posto migliore a “Siprijole”.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
134<br />
Mestieri e professioni<br />
Erlinda Romano<br />
Amerino Romano<br />
Merine<br />
Teresa Baldassarre<br />
Giuseppe Planamente<br />
Lu Ciambane<br />
Nella e Donato Di Donato<br />
Cazzarelle<br />
Agata Del Medico<br />
Chetine<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
135<br />
Luigi ed Eva Di Donato<br />
Amelia e Francesco Di Rocco<br />
Ciccucce Sarache<br />
Vittorino Scocchia<br />
Vitturine<br />
Franceschina Giannetti<br />
Franceschine<br />
Carlo Guardiani<br />
Iolanda Mucciola<br />
Lola<br />
Di Castijune s’armane ngandate
136<br />
Mestieri e professioni<br />
Il macellaio<br />
“Lu Macillare”<br />
Stefano Romano<br />
Stefane Panajule<br />
Antonio Di Quinzio<br />
Ndonije di Quinzije<br />
Italiano Andreoli<br />
Loreta De Lauretis<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
137<br />
Il commerciante<br />
di bestiame<br />
“Lu Cummerciande di bistiame”<br />
Giovanni Andreoli<br />
Giuuannucce Mascione<br />
Carmine Andreoli<br />
Zi Carminucce<br />
Giuseppe Andreoli<br />
Pippine Mascione<br />
Il Venditore<br />
di porchetta<br />
“Lu Purchettare”<br />
Fantino Di Giuseppe<br />
Fifì di Fidiriche<br />
Luigi Andreoli<br />
Ggine<br />
Di Castijune s’armane ngandate
138<br />
Mestieri e professioni<br />
Il Fornaio<br />
“Lu Furnare”<br />
Giulio Nepa<br />
Lu Furnare<br />
Legrina Zizi<br />
Giuseppe Ravicini<br />
Lu Furnare<br />
Il fotoGrafo<br />
“Lu Fotografe”<br />
Ercolino Micoletti<br />
La bbardascille<br />
Ernesto Giannetti<br />
La Fumire<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
139<br />
Il VenditorE<br />
di elettrodomestici<br />
Camillo Di Pietro<br />
Camille Bbiangone<br />
Paolo Giancaterino<br />
Pauline Mangialone<br />
Il Benzinaio<br />
“Lu Benzinare”<br />
Guido Di Rocco Ernino D’Agostino Nicola e Maria Margiovanni<br />
Di Castijune s’armane ngandate
140<br />
Mestieri e professioni<br />
Il Lattaio<br />
“Lu Lattare”<br />
Bertino Paluzzi Seriuccio Paluzzi Francesco De Sanctis<br />
Camillotte<br />
L’Ambulante<br />
“L’Ambulande”<br />
Banchetto della Tosca<br />
Palmina Corradi<br />
La Martilucce<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
141<br />
Sali e tabacchi<br />
“Lu Spacciarole”<br />
Walter Di Giuseppe<br />
Assunta Erasmi<br />
Ssundine<br />
IL barbiere<br />
“Lu Barbire”<br />
Salvatore D’Egidio<br />
Bajone<br />
Ernesto Sfamurri<br />
Ernestine<br />
Di Castijune s’armane ngandate
142<br />
Mestieri e professioni<br />
La parrucchiera<br />
“La Parrucchijre”<br />
Naide Sfamurri<br />
Marisa D’Orazio<br />
L’Orefice<br />
“L’Orefice”<br />
Antonio D’Egidio<br />
Tonine Sor Peppe<br />
Balillina Di Donato<br />
Marije Cazzarelle<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
143<br />
Il FattorE<br />
“Lu Fattore”<br />
Era persona incaricata dal proprietario di terreni a vigilare sui<br />
lavori della campagna. Esaminava insieme con il padrone, (se<br />
non aveva carta bianca), i problemi delle masserie; dava le direttive “a<br />
llu socce” e in generale alla manovalanza. Era in pratica il referente di<br />
quanto succedeva sui possedimenti del proprietario, sempre attento<br />
a verificare e riferire, anche perché più controllava e più riusciva a<br />
guadagnare.<br />
Corrado De Fabritiis<br />
Lu Fattore<br />
Giuseppe Di Michele<br />
L’Agente del dazio<br />
“Lu Dazijre”<br />
Mario De Colli<br />
Lu Dazijre<br />
Di Castijune s’armane ngandate
144<br />
Mestieri e professioni<br />
Il Medico<br />
“Lu Metiche”<br />
Francesco Savini<br />
Giuseppe De Filippis<br />
Nicola Luciani<br />
Rocco Salini<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
145<br />
Il Farmacista<br />
e Il veterinario<br />
“Lu Farmaciste e Lu Vitrinarije”<br />
Mario Simeone<br />
Lu Farmaciste<br />
Mario Moschetta<br />
Lu Vitrinarije<br />
La levatrice<br />
“La Mammine”<br />
Giovanna Di Flaviano<br />
La Mammine<br />
Di Castijune s’armane ngandate
146<br />
Mestieri e professioni<br />
Il DipendentE del Comune<br />
“Lu Mbijgate”<br />
Italo Pantaleone<br />
Ernesto Di Donato<br />
Emilio Marganella<br />
Il Vigile<br />
“La Guardije”<br />
Nemesio Trippetta<br />
Enrico Di Marco<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
147<br />
Il Fontaniere<br />
“Lu Fundanire”<br />
Mario Giannascoli<br />
Lu Tore<br />
Vincenzo Trequadrini<br />
La Macarde<br />
L’OperatorE ecologico<br />
“Lu Munnazzare”<br />
Antonio Micoletti<br />
Turelle<br />
Francesco La Canale<br />
Zuccutelle<br />
Giuseppe Montello<br />
Mondelle<br />
Pasquale Torrieri<br />
Pulciane<br />
Di Castijune s’armane ngandate
148<br />
Mestieri e professioni<br />
IL dipendentE<br />
dell’ufficio postale<br />
“Lu Pustarole”<br />
Mario Di Emidio<br />
Elisa Di Francesco<br />
Emiliano Matani<br />
Pippo Maranci<br />
Maria Luisa e Tonino Marganella<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
149<br />
Il Cantoniere<br />
“Lu Candunire”<br />
Gaetano Di Michele<br />
Tanucce lu cape<br />
Aurelio Antonelli<br />
Lu candunire<br />
Guido Di Michele<br />
Lu casine<br />
Mario Ferretti<br />
Lu Presidende<br />
Tommaso Bufo<br />
Tumasse fidele<br />
Aladino Crescia<br />
Brillantino Leone<br />
Di Castijune s’armane ngandate
150<br />
Mestieri e professioni<br />
Il camionista<br />
“Lu Camijuniste”<br />
Antonio Di Martino - Giubbette.<br />
Il Camionista, alcuni anni fa, era un mestiere molto praticato,<br />
ma massacrante e gestito con enormi sacrifici. Gli automezzi<br />
erano molto costosi e fare investimenti significava mettersi al lavoro<br />
di buona lena, giorno e notte a caricare e scaricare merci per le varie<br />
destinazioni. Parecchi compaesani si erano dedicati a questa attività<br />
con passione. Curavano i loro automezzi nei particolari sempre<br />
pronti ed efficienti per affrontare lunghi viaggi. Negli anni sessanta<br />
da Castiglione, con periodicità mensile “Giubbette” effettuava viaggi<br />
a San Remo e dintorni, dove nel dopoguerra si erano trasferiti molti<br />
Castiglionesi per lavoro.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
151<br />
Riccardo De Sanctis<br />
Lu Cavalle<br />
Filippo De Sanctis<br />
Pizzichille<br />
Nazario Di Donato<br />
Nazzarije Cazzarelle<br />
Sandrino Romano<br />
Tonino Catulini<br />
Alberino Giannascoli<br />
Laurandine<br />
L’Autista<br />
“L’Autiste”<br />
Angelo Ravicini<br />
Ngiuline Firrette<br />
Eraldo Almonti<br />
Narducce Barbette<br />
Ferruccio Luciani<br />
Ferrucce<br />
Di Castijune s’armane ngandate
152<br />
Mestieri e professioni<br />
Il parroco<br />
“Lu Prete”<br />
Don Ernesto Barlaam<br />
Don Nicola Chioditti<br />
Don Camillo Di Berardino<br />
Don Bruno Valente<br />
Don Rodolfo Soccio<br />
Don Luciano Volpe<br />
Don Icilio Sforza<br />
Don Giorgio Soave<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
153<br />
Il frate<br />
“Lu Frate”<br />
Padre Francesco<br />
Saverio Sfamurri<br />
Padre Raimondo<br />
Pietro Micoletti<br />
Padre Francesco Saverio<br />
Domenico D’Agostino<br />
Padre Luigi<br />
Luigi Pingelli<br />
Don Palmerino Di Battista<br />
Il sagrestano<br />
“Lu Sacrestane”<br />
Mario Di Giuseppe<br />
Fofomme<br />
Mario Mingione<br />
Mariucce<br />
Luciano Mingione<br />
Cijane<br />
Di Castijune s’armane ngandate
154<br />
Mestieri e professioni<br />
Il maestro<br />
“Lu Mastre”<br />
Lu Mastre Catalde (Giuseppe D’Orazio) e una scolaresca - 1928.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
155<br />
Angelo Pompei<br />
Costantino Di Donato<br />
Vitale Di Donato<br />
Leo Sfamurri<br />
Duilio Di Battista<br />
Ennio De Filippis<br />
Ugo Dogali<br />
Galileo Trequadrini<br />
e l’alunno Bruno Bufo<br />
Francesco Pincelli<br />
Luigi Mantini<br />
Di Castijune s’armane ngandate
156<br />
Mestieri e professioni<br />
La maestra<br />
“La Mastre”<br />
Maestra Corinna<br />
Maestra Delia<br />
Maestra Dina<br />
Maestra Concetta<br />
Maestra Erminia<br />
Maestra Scuccimarra<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
157<br />
Maestra Dorina<br />
Maestra Lina<br />
Maestra Teresa<br />
Maestra d'asilo Grazia Masellis<br />
Maestra Patrizia<br />
Il Bidello<br />
“Lu Bidelle”<br />
Giuseppe Di Pietro<br />
Peppe Biancone<br />
Mario Mingione<br />
Mariucce<br />
Maria Torrieri<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
159<br />
Personaggi<br />
da ricordare<br />
Se volessimo ricordare il tempo della nostra infanzia, non potremmo<br />
non avere ricordi che includono persone che hanno<br />
percorso insieme a noi un pezzo di vita. Uomini e donne semplici,<br />
particolarmente incastonati in uno spicchio di tempo che sollecitano<br />
i nostri pensieri. Ognuno di essi è una storia, una lunga storia che<br />
andrebbe raccontata per dare vita e insegnamento a chi oggi ascolta<br />
o legge.<br />
Le vicissitudini di quel tempo, le speranze, le delusioni, le necessità,<br />
messe cronologicamente in fila, restituiscono figure che hanno<br />
il loro fascino e suscitano a seconda del racconto apprensione, ilarità,<br />
curiosità, voglia di sapere, voglia di conoscere.<br />
Difficile per le nuove generazioni avere la rappresentazione del<br />
vero significato di parole come sacrificio, fame, miseria, sopravvivenza;<br />
difficile non perché non conoscano il significato, ma perché non hanno<br />
convissuto con le difficoltà che hanno dovuto affrontare i loro antenati.<br />
Le foto delle persone, che abbiamo inserito di seguito, raffigurano<br />
uno spaccato della società che ha vissuto tra la guerra ed il dopoguerra.<br />
Quello che ci preme evidenziare è che ognuno di questi personaggi<br />
ha dietro di sé una storia, una vera storia. Un romanzo infinitamente<br />
lungo, affascinante, identitario, che potrebbe illuminare la via alle<br />
nuove generazioni, perché crediamo che riflettendo sul passato si possa<br />
poi guardare con fiducia al futuro.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
160<br />
Personaggi da ricordare<br />
Giuseppe D’Egidio<br />
Sor Peppe<br />
Alessandro Di Donato<br />
Lisandre D’Alije<br />
Giovanni Corradi<br />
Giuuanne La Culicchije<br />
Menotti Manna<br />
Lino Barlaam<br />
Angelo Emidio Ammazzalorso<br />
Middijucce<br />
Giuseppe Pantaleone<br />
Pippine Pantalone<br />
Nunzio Ruscitti<br />
Zi Nnunzije lu vitturale<br />
Fiore Petrini<br />
Fiore Lu Ijciarole<br />
Mario Ranieri<br />
Marije Pucette<br />
Antonio Lupinetti<br />
Ndunije Pricoche<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
Pasquale Iezzi<br />
Falicone
Capitolo 4<br />
161<br />
Pasquale Fusco<br />
Lu Strizze<br />
Antonio Romano<br />
Ndulucce<br />
Arturo Ammazzalorso<br />
Tubbije<br />
Ennio Di Cristofaro<br />
Pasquale Sorgentone<br />
Santino Bufo<br />
Lu Bufette<br />
Pietro Micolucci<br />
Pierine Lu Maligne<br />
Giacomo Fabrizi<br />
Giacumine Furcone<br />
Antonio Di Martino<br />
Chillucce<br />
Tito Di Battista<br />
Titine Biancunelle<br />
Vittorio Catulini<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
Italo Di Muzio<br />
Itucce
162<br />
Personaggi da ricordare<br />
Francesco Marini<br />
Francische Cocciasturte<br />
Antonio Marucci<br />
Ndonije Marucce<br />
Vincenzo Belisario<br />
Mingenze di sfrije<br />
Antonio Faione<br />
Ndunije Fajone<br />
Umberto Ciani<br />
Mbertucce<br />
Venanzio Di Quinzio<br />
Minanzie<br />
Antonio Carminelli<br />
Bbaffone<br />
Gelormine e Palmine<br />
Carmela Chiavone<br />
Zi Carmela La Caiazze<br />
Ciriaca D’Agostino<br />
Ciriche<br />
Carmela D’Onofrio<br />
Carmillette la muffette<br />
Di Castijune s’armane ngandate<br />
Alessandrina Londri<br />
Sandine
Capitolo 4<br />
163<br />
coro di Castiglione<br />
MESSER RAIMONDO<br />
Con l’intraprendente iniziativa di persone volenterose come<br />
il maestro Ennio De Filippis, Luciano Mingione, Emiliano<br />
Matani ed altri, nel nostro paese furono costituiti in epoche diverse<br />
formazioni coristiche. Qui di seguito riportiamo alcune foto, nelle<br />
quali sono presenti molti cari amici.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
164<br />
Il coro<br />
Coro degli alunni di Appignano.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
165<br />
Gli amici<br />
dell’allegria<br />
Negli ultimi decenni del ’900 i cittadini di Castiglione hanno<br />
potuto godere delle performance di un gruppo folk che<br />
in molte occasioni di festa, con la loro simpatia e la loro bravura, li<br />
hanno allietati con canti e rievocando tradizioni popolari. Il gruppo<br />
denominato “Gli Amici dell’Allegria” aveva come leader indiscusso<br />
“Ercolino Micoletti” che veniva chiamato “il maestro”; altro componente<br />
di spicco era “Cijane”, Luciano Mingione valente fisarmonicista<br />
autodidatta; poi “Gine, cantante solista e Pasquale Pulciane” (Luigi e<br />
Pasquale Torrieri); Emilio Delle Monache e Quintino Di Domenico al<br />
tamburello; Gabriele Petrini alla grancassa; Guglielmo Di Blasio e Antonio<br />
Catulini ai piatti; ed altri di paesi vicini che spesso si aggregavano<br />
al gruppo. Ci piace ricordarli per la loro bravura, per l’impegno assiduo<br />
dimostrato, per i momenti di spensieratezza regalati ai concittadini.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
166<br />
Prof. Gabriele Faccia<br />
(1942-1988)<br />
Il Professor Faccia è stato un educatore di giovani leve che utilizzò<br />
metodi innovativi nell’insegnamento delle discipline letterarie.<br />
I giovani allievi lo ricordano con il suo sorriso speciale che denotava<br />
tutta la sua bontà. Nel corso della sua breve esistenza si dedicò all’educazione<br />
culturale delle giovani generazioni, approfondendo senza<br />
sosta le sue conoscenze. Era solito, nei momenti di relax, quando<br />
sentiva presente la vena poetica, dedicarsi alla composizione di rime.<br />
Alcune di queste davvero belle e toccanti abbiamo voluto proporle,<br />
affinché il suo ricordo non venga cancellato dal trascorre del tempo.<br />
Sono liriche tratte dalla raccolta “Le cicale” – Firenze febbr. 1966<br />
*Nessuno affoga<br />
nel lago della luna.<br />
È lontano lontano<br />
e sta per tramontare!<br />
Nessuno, mai nessuno<br />
può affogare.<br />
*Nell’ultime notti di maggio<br />
quando ardente mi divora<br />
desiderio di baci,<br />
fra le foglie rinate<br />
le pallide ciliegie<br />
sognano il sole<br />
e arrossano di gioia.<br />
*Non è più come allora,<br />
ogni giorno rinasco<br />
con un respiro più breve,<br />
i miei passi<br />
fan meno rumore,<br />
ho la voce piegata<br />
al sussurro.<br />
*Non amo che poche cose<br />
oggi, mia vita:<br />
il vento che mi penetra<br />
gli abiti e mi ride<br />
il vento impertinente,<br />
la luna lucente<br />
rossa delle notti d’autunno,<br />
la luna che si cala<br />
piano dietro i monti<br />
e i tuoi occhi liquidi<br />
e le tue labbra morbide<br />
e tutte le favole sciocche<br />
che mi racconterai di te.<br />
*Se almeno sapessi<br />
cosa desiderare<br />
la vita sarebbe<br />
un facile gioco.<br />
Mi dimena l’assurdo<br />
chi parte non torna.<br />
Nella nuca il vuoto di un anno<br />
nella gola il sapore di nulla.<br />
*Quando avrò fra le mani<br />
lo spasimo estremo dei sensi<br />
sentendo la fuga ventosa di vita<br />
da tutte le membra<br />
terrò la mia faccia nascosta<br />
nel cavo tuo collo segreto…<br />
Avrai d’improvviso<br />
le lagrime sparse sul seno<br />
e l’anima mia<br />
già certa del mondo che manca,<br />
abbracciata, sentendosi vana<br />
col cuore in sussulto, più acerba.<br />
*Me ne andrò lontano<br />
più lontano delle stelle<br />
e solo a me racconterò la storia<br />
di un viaggio così lungo.<br />
Non mi vedrete più dopo l’estate<br />
avrete tutti soli con voi<br />
la malinconia delle piogge lunghe,<br />
la gioia strana della nevicata<br />
e l’altra estate e l’altra primavera.<br />
Io per me sono l’esule<br />
che non conosce il suo destino<br />
e sa soltanto di dover fuggire.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
167<br />
Foto di un tempo<br />
passato...<br />
La Cantina di Ciucione, con Gino Bartali, Ndonije di Quinzije, La Valterrine,<br />
Falcone e Tonine sor Peppe.<br />
“Lu Trappite” di Pasquale Sorgentone con alcuni aiutanti: si riconoscono Dunate<br />
Pulciane e Ndunije Turelle.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
168<br />
Foto di un tempo passato...<br />
La Meglio gioventù degli anni ’60.<br />
Solenne cerimonia delle Ascensioni, venivano portate in processione tutte le statue dei Santi. Foto inizi del 1900.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
169<br />
I cittadini di Castiglione ricordano i caduti della Grande Guerra con una cerimonia davanti al Municipio. Foto anni ’30.<br />
Foto di gruppo cittadini <strong>castiglione</strong>si - 1933.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
170<br />
Foto di un tempo passato...<br />
La “Vije di Sopre” oggi via Vittorio Emanuele II. Nel centro storico si svolgevano gran parte delle attività commerciali<br />
e artigianali. Le case sulla destra sono state abbattute agli inizi degli anni sessanta.<br />
Parrocchia di San Nicola di Bari oggi intitolata a San<br />
Donato Martire.<br />
Il campanile.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
171<br />
Di Castijune s’armane ngandate
172<br />
Foto di un tempo passato...<br />
“La vricciate”, via Mazzini.<br />
“Li ringhire”, rione di Sant’Antonio.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Capitolo 4<br />
173<br />
“Li coste”, foto da contrada Intagliata.<br />
“La ruve di Fajone”, vico Altobelli.<br />
“Lu suppurte”, via Roma.<br />
Di Castijune s’armane ngandate
175<br />
Bibliografia<br />
L. De Carolis “Bisenti Storia Leggende” Edigrafital, 1970<br />
L. Franchi Dell’Orto-C. Vultaggio, Dizionario topografico e storico, in Dalla valle del Piomba alla<br />
valle del basso Pescara, Documenti dell’Abruzzo teramano, Carsa, Pescara 2001<br />
A. Putauro Murano, Oreficerie sacre, in Dalla valle del Piomba alla valle del basso Pescara, Documenti<br />
dell’Abruzzo teramano, Carsa, Pescara 2001<br />
G. Alessio, Toponomastica storica dell’Abruzzo e Molise, Napoli 1963<br />
C. Battisti-G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze 1950, I.<br />
C. Greco, Liber Capitolorum Universitatis Terrae Castileonis Messer Raimundi con Cenni storici di<br />
Castiglione Messer Raimondo, Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione, Castiglione Messer Raimondo 1991.<br />
E. Di Nicola, Piccole storie di piccoli paesi, Bisenti 2003<br />
G. Giannini, Appignano breve storia di un borgo, InStoria, n. 8 – Agosto 2008 (XXXIX)<br />
G. Giannini, Capitoli <strong>castiglione</strong>si, gli statuti di Castiglione Messer Raimondo, InStoria, n. 29 –<br />
Maggio 2010 (LX)<br />
G. Iaculli, Il tempio italico di Colle S. Giorgio (Castiglione Messer Raimondo), Cassa rurale ed artigiana<br />
di Castiglione, Castiglione Messer Raimondo 1993<br />
F. L. F. Blondus, Roma ristaurata et Italia illustrata, Venezia 1553<br />
D. Lupinetti, Castiglione Messer Raimondo e il suo tesoro. Breve studio monografico sul Paese e sulla<br />
devozione a San Donato, Penne 1950<br />
L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Giovan Maria Bonelli, Venezia 1553<br />
I. Addari, Tossicia tra storia e mistero, Comune di Tossicia, S. Gabriele 2010<br />
La Voce di Castiglione Marzo 1967 a cura di Francesco Pincelli<br />
L. Franchi Dell’Orto. C. Vultaggio, Dizionario Topografico e Storico, in “Dalla Valle del Piomba alla<br />
Valle del basso Pescara” - Documenti dell'Abruzzo Teramano. Carsa ed. Pescara 2001<br />
F. Barillaro. La Valle del Fino - Una Storia per Immagini fra ’800 e ’900 Chieti 2004<br />
Tesori d'Abruzzo anno 2 n°4<br />
Il Fino anno 2005 n°26<br />
Il Fino anno 2006 n°52<br />
“Il Risorgimento d'Abruzzo e Molise” - Roma anno V n°397 - giugno 1923<br />
F. L. F. Blondus, Roma Ristaurata et Italia Illustrata Venezia 1553<br />
E. Boaga “La soppressione Innocenziana” Roma 1971<br />
Odoardi - I frati Minori Conventuali - 1864<br />
P. N. Petrone “Relazione sui conventi d'Abruzzo” redatte nel 1650<br />
Bibl. Tommasiniana, Tagliacozzo 1998<br />
E. Santangelo - Opuscolo in occasione della 18 giornata F.A.I.<br />
Comune Castiglione Messer Raimondo. Marzo 2010<br />
Cappelli, Faranda, Storia della Provincia di Teramo dalle origini al 1922, Abruzzo, ed. Tercas, Anno 1979<br />
Lido Panzone “Lu quadernucce di lu Mastre” HATRIA ed. 2003<br />
F. Ammazzalorso, Analisi Fonetica, Morfosintattica e Lessicale delle parlate di Castiglione Messer<br />
Raimondo e Roccafinadamo - Chieti - Facoltà di Lettere e Filosofia - Tesi 1979<br />
Di Castijune s’armane ngandate
Finito di stampare nel dicembre 2015<br />
dalle Arti Grafiche Cantagallo, Penne PE