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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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stavano lavorando a pieno ritmo per realizzare la serie di test atomici più imponente mai<br />

avvenuta sul suolo degli Stati Uniti.<br />

Mingus rimase in coda per un sacco di tempo. Finalmente, un sergente gli prese le<br />

impronte digitali e gli chiese se avesse esperienza militare. Quando Mingus rispose che<br />

aveva combattuto in Corea, il sergente annuì in segno di approvazione e lo mandò in una<br />

stanza separata. Negli anni Cinquanta, <strong>La</strong>s Vegas era una città frequentata soprattutto da<br />

giocatori d’azzardo, truffatori e gente in cerca di fortuna. Il fatto che Mingus fosse un ex<br />

soldato congedato con onore lo rendeva il candidato ideale per il governo, che cercava<br />

uomini onesti cui rilasciare l’autorizzazione top-secret necessaria per un impiego<br />

riguardante gli armamenti nucleari. Mingus riempì moduli e rispose a una batteria di<br />

domande. Nel giro di poche ore gli venne offerto un lavoro. Cosa dovesse fare<br />

esattamente non era chiaro, ma la paga era oltre il doppio di quello che i camerieri più<br />

bravi guadagnavano in una serata eccezionale al Sands. Ancora più importante, gli veniva<br />

offerta una copertura sanitaria, il sogno di Gloria. Avrebbe potuto iniziare non appena<br />

fosse arrivata la sua autorizzazione top-secret, per cui ci sarebbero potuti volere cinque<br />

mesi.<br />

Richard Mingus non aveva idea che stava per diventare una delle prime guardie della<br />

sicurezza della Federal Services assegnate all’<strong>Area</strong> <strong>51</strong>. O che il primo test nucleare per cui<br />

gli sarebbe stato chiesto di lavorare sarebbe stato il Progetto 57, la prima bomba sporca<br />

dell’America 14 .<br />

Dalle prime esplosioni atomiche dell’operazione Crossroads, nel 1946, fino all’apertura<br />

del Nevada Test Site, nel 19<strong>51</strong>, l’America aveva testato le sue armi nucleari sugli atolli e<br />

nelle isole dell’oceano Pacifico dove, in un’estesa area aperta grande all’incirca due volte<br />

il Texas, il Pentagono aveva tutta la privacy che voleva. Le isole Marshall erano a un<br />

milione di chilometri dalla psiche degli americani, cosa che rendeva facile mantenere il<br />

segreto. Ma il Pacific Proving Ground 15 era un incubo per il Pentagono in termini di<br />

movimentazione di migliaia di persone e di milioni di tonnellate di equipaggiamento<br />

avanti e indietro dagli Stati Uniti per ogni serie di test. Sorvegliare quei trasporti militari<br />

diretti nel Pacifico implicava una mobilitazione quasi bellica. <strong>La</strong> nave che trasportava il<br />

materiale nucleare ospitava a bordo anche il fior fiore dei fisici, degli scienziati e degli<br />

ingegneri nucleari degli Stati Uniti. Il prezioso cargo doveva essere costantemente<br />

sorvegliato dal cielo e scortato da cacciatorpediniere da guerra mentre navigava a<br />

zigzag 16 sull’oceano. Quando il dottor Edward Teller, l’immigrato ungherese padre della<br />

bomba a idrogeno, iniziò a chiedere un poligono nucleare 17 in America per rendere le<br />

cose più facili a tutti, da Washington non si levò quasi nessuna voce contraria. I funzionari<br />

del Pentagono, dell’Armed Forces Special Weapons Project 18 e dell’Atomic Energy<br />

Commission si dissero tutti d’accordo con Teller e cominciarono a fare pressioni sul<br />

presidente perché autorizzasse un poligono continentale.<br />

<strong>La</strong> scienza procede per tentativi ed errori, spiegò il dottor Teller. Via via che le bombe<br />

nucleari diventavano più potenti, che gli ordigni passavano da chilotoni a megatoni, gli<br />

scienziati del laboratorio nazionale di Los Alamos si ritrovavano a dover affrontare le<br />

discrepanze tra i calcoli teorici – le equazioni scritte sulla carta – e i risultati reali prodotti

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