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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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ammontava a due bombe atomiche. Nel 1955, la scorta era salita a 2.280. Il motivo per<br />

cui LeMay si opponeva al programma missilistico era ovvio: se il Pentagono avesse<br />

iniziato a finanziare la fabbricazione di missili in grado di montare testate nucleari, i suoi<br />

bombardieri avrebbero perso d’importanza. Già così, gli stavano portando via fondi e<br />

uomini per quell’assurdità di progetto di spionaggio dal cielo capeggiato da Richard Bissell<br />

all’<strong>Area</strong> <strong>51</strong>.<br />

All’inizio del 1956, l’aeronautica militare ribatté alla guerra delle parole di Chrušcëv con<br />

il genere di risposta che il generale LeMay conosceva meglio: minacce, intimidazioni e<br />

uso della forza. LeMay mise insieme quasi mille bombardieri B-47 13 per un attacco<br />

simulato alla Russia con aerei in grado di trasportare ordigni nucleari. I piloti decollarono<br />

da basi aeree in Alaska e in Groenlandia, si diressero sopra l’Artide e sorvolarono i confini<br />

sovietici prima di fare inversione e tornarsene a casa. Dev’essere stata un’esperienza<br />

terrificante per i russi, i quali non avevano idea che i bombardieri di LeMay avessero<br />

ordine di invertire la rotta. Con un’ulteriore provocazione, il 21 marzo 1956, i piloti di<br />

LeMay iniziarono a effettuare missioni top-secret per l’operazione Home Run 14 ,<br />

classificata fino al 2001. Dalla base di Thule, in Groenlandia, LeMay diede ordine che<br />

versioni modificate del bombardiere americano più veloce, il B-47, sorvolassero il circolo<br />

polare artico e si inoltrassero sulla tundra siberiana russa per spiare. Lo scopo era di far<br />

capire all’ELINT (Electronic Signals Intelligence, “Spionaggio di segnali elettronici”) come<br />

funzionassero i radar sovietici costringendoli a usarli. Quando i russi iniziavano a seguire<br />

con il radar i bombardieri di LeMay, i tecnici raccoglievano le informazioni per poi<br />

decifrarle una volta tornati in patria. Interrogato su questo genere di rischiose<br />

provocazioni, LeMay sottolineò: «Con un pizzico di fortuna in più, avremmo potuto<br />

scatenare la Terza guerra mondiale».<br />

Sam Pizzo lavorò come navigatore nel corso delle operazioni di spionaggio dello<br />

Strategic Air Command, pianificando i voli sulle installazioni nucleari, i siti missilistici, le<br />

infrastrutture navali e le postazioni radar. Le 156 missioni furono eseguite dal 21 marzo al<br />

10 maggio 1956 nella zona in cui il territorio russo si affaccia sull’oceano Artico, il che<br />

significava ventiquattro ore al giorno di buio totale. <strong>La</strong> temperatura esterna variava tra i -<br />

37 e i -56 °C. Sam Pizzo ricorda queste missioni della Guerra Fredda: «Ambarchik, Tiksi,<br />

Novaja Zemlja, erano questi i territori che coprivamo. Era quello il vero obiettivo. Le<br />

missioni non avvenivano a dodici miglia dalla costa, per studiare la propagazione delle<br />

onde elettromagnetiche [come veniva detto]. Noi entravamo».<br />

Un numero imprecisato di piloti furono abbattuti. Si credeva che parecchi fossero<br />

sopravvissuti all’espulsione solo per essere catturati dai sovietici e rinchiusi nei gulag.<br />

Tutti quanti sapevano che una condanna al gulag era un destino peggiore della morte. Le<br />

missioni erano a tal punto top-secret, spiegò Pizzo, che pochissimi a Thule avevano idea<br />

di dove fossero diretti i piloti. In qualità di navigatore, Pizzo faceva parte del gruppo<br />

ristretto che pianificava nel dettaglio le rotte di volo. Sorvolare l’Artide richiedeva una<br />

particolarissima esperienza, conoscenze differenti da quelle necessarie per qualunque<br />

altra zona del pianeta. All’estremità della terra i campi magnetici subiscono fluttuazioni<br />

radicali, il che significa che le bussole semplicemente non funzionano. I navigatori come<br />

Sam Pizzo usavano foto astronomiche della stella Polare per tracciare le rotte. Un’abilità

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