Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen
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l’opportunità di spionaggio e diede il via a un progetto denominato operazione Dragon<br />
Return 11 . Gli agenti della CIA furono spediti in Germania per dare la caccia agli scienziati<br />
che avevano lavorato in Russia e ottennero parecchie informazioni, tra cui dati tecnici sui<br />
progressi sovietici nell’ambito della tecnologia radio, dell’elettronica e della progettazione<br />
di sistemi d’arma. Ma con grande frustrazione delle spie americane, quando chiesero<br />
dell’NII-88 gli scienziati rimpatriati sostennero di non avere idea di cosa stesse davvero<br />
succedendo in quel posto. A quanto pare l’NII-88, come l’<strong>Area</strong> <strong>51</strong>, funzionava con rigidi<br />
protocolli sulle informazioni strettamente necessarie, e gli scienziati tedeschi non erano<br />
stati autorizzati ad avere quel genere di informazioni. Tutto quello che potevano dire agli<br />
agenti della CIA era che gli scienziati e gli ingegneri più qualificati di Mosca stavano<br />
lavorando a qualcosa di segretissimo. A differenza di quanto accadeva in America, dove<br />
gli scienziati tedeschi erano responsabili del programma missilistico più riservato al White<br />
Sands Missile Range, le loro controparti tedesche in Russia erano state relegate in<br />
secondo piano. Senza alcuna informazione concreta su ciò che si stava preparando all’NII-<br />
88, la CIA dovette limitarsi a fare ipotesi. <strong>La</strong> conclusione fu che i russi stavano mettendo a<br />
punto missili balistici intercontinentali, o ICBM, che avrebbero potuto raggiungere gli Stati<br />
Uniti volando ad altissima quota.<br />
<strong>La</strong> minaccia missilistica doveva essere affrontata, e in fretta. Nel 1956 i media<br />
ricordavano costantemente agli americani il catastrofico pericolo rosso. Nel gennaio di<br />
quell’anno, un numero della rivista «Time» uscì con un servizio di copertina dedicato alla<br />
tecnologia missilistica sovietica, illustrato dal disegno di un razzo dalle sembianze umane,<br />
completo di occhi e cervello, che trasportava una bomba nucleare sopra un’importante<br />
città americana. Gli esperti del giornale affermavano che in poco più di cinque anni i russi<br />
avrebbero vinto la corsa agli armamenti. Gli editori della rivista si spinsero fino a<br />
profetizzare un attacco nucleare sull’oceano Pacifico che avrebbe causato l’arrivo sopra gli<br />
Stati Uniti di «una nube di morte radioattiva sospinta dal vento». A far sembrare il<br />
pericolo ancora peggiore erano le continue sparate del premier sovietico. «Sforniamo<br />
razzi come salsicce» dichiarò alla tv Nikita Chrušcëv. Se l’Unione Sovietica fosse riuscita a<br />
costruire gli IBCM, come si temeva, allora i russi avrebbero potuto montare una testata<br />
nucleare sui missili e colpire qualunque punto degli Stati Uniti. «Sono sicurissimo che<br />
molto presto avremo un missile teleguidato con una testata nucleare in grado di colpire<br />
qualunque punto del pianeta» si vantò Chrušcëv poco tempo dopo la comparsa<br />
dell’articolo di «Time».<br />
Mentre i sovietici concentravano i loro sforzi sullo sviluppo della tecnologia missilistica,<br />
il potente generale LeMay aveva convinto lo stato maggiore congiunto che la cosa<br />
migliore per gli Stati Uniti erano i bombardieri a lungo raggio. LeMay non si peritava di<br />
esprimere il proprio disprezzo per i missili, al contrario: vi si opponeva con arroganza. Il<br />
massimo responsabile della ricerca e sviluppo di LeMay, il generale Thomas S. Power,<br />
disse agli ufficiali del Pentagono che i missili «non sono in grado di affrontare gli<br />
imprevisti» 12 come invece fa il pilota di un bombardiere. Mentre lo stato maggiore<br />
congiunto stava decidendo se fosse meglio avere un arsenale di missili o di bombardieri,<br />
le linee produttive di Sandia, in New Mexico, continuavano a sfornare testate nucleari a<br />
velocità sbalorditiva. Dieci anni prima, nel 1946, lo stock atomico degli Stati Uniti