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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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Group, di stanza sull’isola Tinian, per sganciare le atomiche su Hiroshima e Nagasaki.<br />

Curtis LeMay sorrideva di rado 18 . Quando parlava, lo faceva in un modo che<br />

«assomigliava a un ringhio». I critici lo definivano uno stratega militare dal cuore di pietra<br />

e sebbene il giornalista I.F. Stone lo avesse definito «un uomo delle caverne in un<br />

bombardiere» 19 , i suoi uomini lo adoravano. Durante la guerra nel Pacifico, LeMay spesso<br />

volava in testa alla formazione durante i raid. Ma adesso la guerra era finita e LeMay<br />

pensava a una strategia militare per il futuro. A partire da Crossroads, avrebbe modellato<br />

l’aeronautica militare statunitense come nessun altro aveva fatto fino a quel momento. In<br />

qualità di vicecomandante dello staff per la ricerca e lo sviluppo dell’aeronautica militare<br />

americana, LeMay era a Bikini per stabilire 20 quanto la bomba fosse efficace in una<br />

battaglia nucleare sui mari contro l’Unione Sovietica.<br />

L’operazione Crossroads fu un avvenimento grandioso 21 , descritto come «l’apocalisse<br />

con i fuochi d’artificio». Se qualcuno fosse stato all’oscuro del fatto che la Seconda guerra<br />

mondiale era finita, la scena sulla laguna di Bikini quel giorno sarebbe potuta sembrare<br />

surreale. Una flotta di navi da guerra tedesche e giapponesi era stata allineata accanto a<br />

cacciatorpediniere e incrociatori americani in disarmo. C’erano navi da guerra grandi<br />

come campi di calcio, le cui dimensioni impressionanti erano sminuite solo dalla potenza<br />

combinata di tutto quel naviglio. Otto sommergibili erano stati ancorati sul fondale<br />

oceanico. C’erano più di un milione di tonnellate di acciaio bellico 22 che galleggiavano<br />

sull’oceano <strong>senza</strong> un’anima viva a bordo. Sotto il sole del Pacifico meridionale c’erano<br />

invece migliaia di maiali, pecore e topi, in gabbia o incatenati, destinati ad affrontare<br />

l’imminente esplosione nucleare. Alcuni degli animali portavano al collo targhette di<br />

metallo, altri avevano contatori Geiger attaccati alle orecchie. <strong>La</strong> marina voleva stabilire<br />

in che modo gli esseri viventi avrebbero reagito alle bombe nucleari.<br />

Sessantacinque chilometri a ovest della laguna, Alfred O’Donnell era in piedi<br />

sottocoperta 23 nella sala controllo di una nave osservatorio intento a guardare un<br />

pannello di comandi. Sopra di lui, in coperta, scienziati di Los Alamos, generali, ammiragli<br />

e personalità aspettavano impazienti la bomba. Indossavano occhiali di protezione scuri,<br />

con lenti in materiale ad alta densità, necessari per evitare di rimanere accecati dal<br />

lampo dell’esplosione nucleare. O’Donnel manovrava il pannello davanti a sé. Mancavano<br />

sessanta secondi al via. Osservò il conto alla rovescia eseguito dal timer. A meno di un<br />

minuto, il sistema di innesco entrò in modalità automatica. Gli aghi degli oscilloscopi si<br />

muovevano da sinistra a destra mentre i segnali passavano attraverso il sistema di relè<br />

DN-11 24 . Mancavano dieci secondi. Cinque secondi. <strong>La</strong> spia che segnalava l’innesco della<br />

bomba si accese. Due secondi. Il segnale di fuoco lampeggiò.<br />

Era l’ora zero.<br />

O’Donnell tenne gli occhi fissi sul pannello fino all’ultimo secondo, com’era suo dovere.<br />

In caso di un’avaria, sarebbe toccato a lui riferirlo al comandante. Ma il segnale era stato<br />

inviato <strong>senza</strong> problemi e adesso stava percorrendo i cavi sott’acqua, diretto alla bomba<br />

Baker. Se si fosse mosso in fretta, O’Donnell avrebbe fatto in tempo a salire in coperta<br />

per vedere l’esplosione nucleare. Mentre si precipitava fuori dalla sala controllo, indossò<br />

gli occhiali di protezione. Una volta in coperta inspirò a fondo l’aria salmastra. Non c’era

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