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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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nuovo impegnate nei cieli; esse avrebbero modellato la propria collaborazione ispirandosi<br />

all’epoca del progetto dell’aereo spia U-2 all’<strong>Area</strong> <strong>51</strong>. Mentre la guerra al terrore si<br />

allargava, i fondi per i droni, prima scarsissimi, divennero praticamente illimitati da un<br />

giorno all’altro. Per quanto riguarda lo sviluppo di armi con mezzi scientifici e tecnologici<br />

all’avanguardia, era come trovarsi di nuovo nel 1957, dopo lo Sputnik.<br />

Non più usato solo per lo spionaggio, il Predator si vide assegnare una nuova<br />

denominazione 14 . In precedenza si era chiamato RQ-1 Predator: “R” per “ricognizione” e<br />

“Q” per indicare che era <strong>senza</strong> pilota. Subito l’attacco in Yemen, il Predator cambiò nome<br />

in MQ-1, dove la “M” stava a indicare il suo uso “polivalente” (multirole). <strong>La</strong> società che<br />

costruiva l’aereo era la General Atomics 15 .<br />

Stava per fare il suo ingresso in scena anche un secondo Predator, inizialmente<br />

chiamato Predator B. Descritto dall’aeronautica come «il fratello più giovane, e tuttavia<br />

più grosso e più forte del Predator», aveva bisogno di un nome. Reaper (“mietitrice”) era<br />

perfetto: la personificazione della morte. «Una delle grandi differenze tra il Reaper e il<br />

Predator 16 è il fatto che quest’ultimo può trasportare solo 90 chili [di armi]. Il Reaper<br />

invece ne può trasportare una tonnellata e mezzo, e oltre ai missili Hellfire, ha a bordo<br />

più bombe GBU-12 a guida laser» disse il capitano Michael Lewis del 42° stormo della base<br />

aerea di Creech. I droni della General Atomics stavano cambiando da soli i rapporti tra la<br />

CIA e l’aeronautica: nella guerra al terrore c’erano di nuovo due entità che cooperavano,<br />

esattamente com’era successo con l’avvento dell’U-2. Non si trattava di una semplice<br />

coincidenza. Era invece la realtà simbiotica della guerra. <strong>La</strong> CIA e l’aeronautica possono<br />

anche essere rivali in tempo di pace – scontrandosi per i finanziamenti, il potere e il<br />

controllo –, ma in guerra lavorano di concerto come una freccia e il suo arco. Ognuna<br />

delle due organizzazioni ha qualcosa di fondamentale che l’altra non ha. I droni della CIA<br />

erano in grado di fornire ai comandanti dell’aviazione sul campo immagini visive dalle<br />

quali essi potevano individuare e colpire le persone in tempo reale. Risorse di intelligence<br />

e risorse militari si saldavano assieme in un tutt’uno. Esattamente come successe quando<br />

la guerra al terrore si allargò coinvolgendo l’Iraq.<br />

<strong>La</strong> notte del 29 marzo 2004 un Predator MQ-1 che sorvegliava i dintorni della base<br />

americana di Balad nell’Iraq settentrionale vide tre uomini che scavavano una trincea<br />

nella strada usando dei picconi. Il brigadier generale Frank Gorenc osservava a distanza 17<br />

ciò che succedeva in un luogo segreto da qualche parte in Medio Oriente. Vide gli uomini<br />

mettere nella trincea un cosiddetto ordigno IED, una bomba rudimentale costruita<br />

artigianalmente. Gorenc riuscì a capire che stavano piazzando una bomba perché la<br />

risoluzione delle immagini trasmesse dalla telecamera di ricognizione del Predator era<br />

così precisa da consentirgli di vedere i fili. Gorenc e altri comandanti in Iraq sapevano di<br />

cos’era capace il Predator. Il brigadier generale disse che quella tecnologia gli consentiva<br />

di «far arrivare un’arma su un obiettivo nel giro di pochi minuti» 18 e diede l’autorizzazione<br />

a colpire. L’operatore del Predator, seduto a un quadro di comando di fianco a Gorenc,<br />

lanciò un Hellfire uccidendo in un colpo solo tutti e tre gli uomini. «Questo attacco»<br />

spiegò Gorenc «dovrebbe mandare ai nostri nemici il messaggio che li stiamo osservando<br />

e che agiremo contro di loro in qualunque momento, di giorno o di notte, se continuano a

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